Ho
trovato questa one-shot nei meandri del mio
computer… era lì da qualche mese e non mi ero
ancora decisa a pubblicarla.
Racconta
di una delle scene finali di X-men – L’inizio
dal punto di vista di Moira.
È
una one-shot senza pretese, scritta di getto…spero
che vi piaccia ^.^
Estrassi la pistola e la puntai contro Erik e Charles.
I due mutanti, che fino a poco prima avevano collaborato per
raggiungere lo stesso scopo, adesso lottavano furiosamente
perché ognuno voleva
impedire all’altro di compiere quello che riteneva sarebbe
stato il più grande
errore della sua vita.
Non sentivo il bisogno di intervenire: ero certa che nessuno
dei due aveva davvero intenzione di fare del male all’altro.
Ma tenevo salda la
pistola, pronta ad usarla se necessario.
L’occasione si presentò poco dopo, quando Erik,
spinto dalla
sua rabbia, scattò in piedi, mentre Charles, dolorante e
turbato di fronte alla
furia di cui era testimone, si rialzava lentamente.
Erik prese il controllo dei missili, dirigendoli verso le
navi da cui erano provenuti.
Fu allora che iniziai a sparargli, perfettamente consapevole
che i miei proiettili non lo avrebbero neanche sfiorato, ma sperando di
fargli
così perdere la concentrazione.
Erik si voltò verso di me, infastidito appena, mentre senza
troppo sforzo deviava le pallottole che gli si avvicinavano.
In quel momento di tensione non si accorse che Charles si
trovava pericolosamente vicino ai colpi che schizzavano via.
Neanche io ci feci caso all’inizio: ero troppo concentrata
sul mio obiettivo.
Poi all’improvviso… sentii un rumore diverso.
Abbassai immediatamente la pistola, mentre un cieco terrore
m’invadeva: uno dei proiettili che Erik aveva deviato aveva
colpito Charles.
Il tempo sembrò fermarsi, poi rallentare, mentre trattenevo
il respiro.
Erik si voltò lentamente verso il suo amico, sorpreso e
spaventato da quello che aveva causato…o che io avevo
causato?
Charles si portò una mano alla schiena, nel punto in cui la
pallottola l’aveva colpito. Non aveva emesso suono in quegli
interminabili
istanti, ma il suo volto era stravolto dal dolore.
Le sue gambe cedettero e cadde sulla sabbia, mentre Erik
correva verso di lui.
S’inginocchiò al suo fianco ed estrasse il
proiettile.
Solo in quel momento l’urlo di dolore di Charles
squarciò il
silenzio carico di tensione.
<< Mi dispiace >> mormorò Erik.
Ogni traccia di
rabbia era scomparsa dai suoi occhi: c’era solo paura
e… colpa.
<< Vi ho detto di stare indietro! >>
esclamò
quando tentai di avvicinarmi.
Poi i suoi occhi penetranti incontrarono i miei. <<
Tu… >> disse << Sei stata
tu… >>.
In quel preciso istante la medaglietta di metallo che
portavo al collo si strinse, impedendomi di respirare.
Sì, sono stata io, pensai.
Io ho sparato.
Fu la piena consapevolezza di ciò che avevo fatto a
soffocarmi, mentre lo sguardo accusatore di Erik scrutava la mia anima
colpevole.
<< Erik… >> sussurrò
Charles con un filo di
voce. << Ti prego… >>.
Ma il filo di metallo attorno al mio collo si strinse
ulteriormente.
<< Non è stata lei…
>> insistette Charles <<…
sei stato tu >>. Ogni parola sembrava costargli uno
sforzo enorme, tanto
che nemmeno Erik fu in grado di ignorarlo.
Questi distolse lo sguardo e finalmente mi fu concesso di
respirare.
Ebbi un attimo di sollievo al pensiero che Charles
non mi riteneva colpevole.
Mentre assaporavo l’aria nei polmoni, non osando muovermi
né
parlare, ascoltai quello che dicevano i due mutanti.
<< Metterci uno contro l’altro… era
questo che
volevano. Ho provato ad avvertirti >> disse Erik.
<< Io ti voglio
al mio fianco… tu e io siamo fratelli. Tutti noi insieme,
per difenderci l’un
l’altro: vogliamo la stessa cosa. >>.
<< Amico mio >> rispose Charles, mentre una
lacrima gli scivolava lungo la guancia << Mi
dispiace… ma non è vero
>>.
Erik rimase in silenzio per qualche secondo, poi mi fece
cenno di avvicinarmi e si allontanò.
Io corsi da lui, m’inginocchiai e mi ritrovai a piangere non
appena incrociai gli occhi azzurri di Charles. Erano limpidi e
profondi, senza
traccia di risentimento, solo di un enorme dolore.
<< Mi dispiace tanto >> tentai di dire, con
la
voce scossa dai singhiozzi.
<< Non è niente >>
tentò di rassicurarmi
Charles, con un tono totalmente privo della sicurezza che avrebbe
voluto
infondervi.
Erik si rivolse ai mutanti, ma non feci caso a quello che
diceva.
Charles respirava con affanno: il dolore che provava
sembrava insopportabile.
Intrappolato nella sua sofferenza, appariva più indifeso che
mai, tanto che provai il forte istinto di proteggerlo.
<< Andrà tutto bene >> mormorai.
Tentai di ragionare a mente fredda su quello che era
successo, ma riuscivo solo a ripercorrere quel terribile istante in cui
il mio proiettile aveva colpito
Charles.
Considerai che la tuta doveva averlo protetto, ma che la
pallottola poteva essersi insinuata tra le vertebre, il che avrebbe
potuto
causare…
Ricordai che Charles poteva sentirmi, e probabilmente lo
stava facendo, allora mi imposi di pensare ad altro.
Volsi la mia attenzione alle parole che Erik stava
rivolgendo ai mutanti.
<< Basta nascondersi >> disse, tendendo una
mano
verso Mystica.
Non mi ero mai fidata molto di lei.
Come avrei potuto fidarmi di qualcuno che poteva cambiare il
proprio aspetto a piacimento?
Forse sono solo gelosa
del fatto che lei conosce Charles da tutta la vita…pensai.
Mystica avanzò lentamente ma con sicurezza, dirigendosi
verso Charles.
S’inginocchiò alla sua sinistra e per qualche
istante si
guardarono.
<< Tu… dovresti andare con lui
>> iniziò lui.
<< E’ quello che vuoi >>.
Era una frase che non mi sarei mai aspettata in quel
momento.
Sapevo che erano come fratelli ed ero certa che Charles non
le avrebbe mai concesso di unirsi ad Erik.
Invece… lui stesso le stava dicendo di andare.
Mystica sembrò leggermente sollevata. << Avevi
promesso di non leggermi mai nel pensiero >> disse con
dolcezza, mentre
accarezzava i capelli di Charles.
<< Lo so >> rispose lui. <<
Ti ho promesso
troppe cose purtroppo… mi dispiace >>.
A quel punto Charles prese la sua mano e le diede un piccolo
bacio d’addio, mentre un’altra lacrima silenziosa
sfuggiva al suo controllo.
<< Abbi cura di lui >> disse Raven, questa
volta
rivolgendosi a me.
Lo farò. Te lo
prometto, pensai.
Mystica si alzò e prese posto al fianco di Erik.
<< E tu, Bestia, non dimenticarlo mai. Mutante e
fiero! >> disse ad Hank, prima di sparire.
Non appena i mutanti di Magneto si smaterializzarono, i
restanti corsero da noi.
<< Aiutatemi!! >> li implorai, finalmente
libera
dallo sguardo accusatore di Erik.
<< Ti portiamo in ospedale >> rassicurai
Charles.
Lui si aggrappò a me e ad Hank e, con un gemito di dolore,
tentò di alzarsi, ma non ci riuscì.
<< Aspetta, aspetta! >> esclamò
Hank. <<
Charles, non ti muovere! >> disse con aria allarmata.
Allora iniziai ad ipotizzare la gravità di quello che era
successo.
Charles, dal canto suo, sembrava non riuscire a trovare le
parole per esprimersi. << E’…strano
>> mormorò.
<< Non riesco… >>.
Poi sembrò realizzare.
<< Non… mi sento più le gambe
>> sussurrò.
<< Cosa? >> chiesi, sperando di non aver
capito.
<< Non mi sento più le gambe >>
ripeté lui.
Per un attimo lessi nei suoi occhi la paura, il dolore, il
panico, ma durò soltanto un attimo: quei sentimenti furono
ben presto repressi
dal rigido autocontrollo di Charles.
I secondi successivi a quella affermazione furono dominati
da un assordante silenzio.
Hank fu il primo a parlare
<< Dobbiamo sistemare l’aereo… e
farlo in fretta
>> disse con aria sbrigativa.
<< Moira, posso parlarti un attimo? >>
aggiunse.
Lanciai un’occhiata a Charles, che annuì.
Allora seguii malvolentieri Hank poco lontano da lì.
<< E’ grave >> iniziò.
Io lo fissai perplessa.
<< Il proiettile non l’ha ferito: la tuta
l’ha
protetto >> osservai.
Hank abbassò lo sguardo.
<< Non è questo il problema. Un colpo del
genere alla
schiena può causare seri danni >>.
<< Ad esempio? >> chiesi, temendo la
risposta.
<< Potrebbe aver perso l’uso delle gambe
>>
rispose lui.
Ignorai la paura che sovrastava tutte le mie emozioni e
tentai di parlare con voce ferma.
<< Probabilmente adesso sta ascoltando i nostri
pensieri >> avvertii Hank.
<< Anche in tal caso, suppongo che abbia già
considerato questa eventualità >> rispose lui.
<< Allora sistemiamo l’aereo… e
andiamocene di qui al
più presto >>.
Hank annuì, e chiamò Sean e Alex.
<< Voglio aiutarvi >> dissi.
<< Resta con Charles, per ora… forse non lo
ammetterà,
ma ha bisogno di te >> rispose Hank.
Non sapevo fino a che punto lui avesse bisogno di me, sapevo
solo che in quel momento ero io ad aver bisogno di lui.
Mentre Sean e Alex raggiungevano Hank, io tornai da Charles.
<< Ci sono problemi? >> mi chiese lui,
sollevandosi leggermente sulle braccia.
<< No >> risposi, tentando di sembrare
tranquilla.
Mi sedetti dietro di lui, e lasciai che poggiasse la testa
sulle mie gambe.
Accarezzai lentamente i suoi capelli mossi, scompigliati
dalla sabbia.
<< Come stai? >> chiesi dopo un
po’.
<< Bene >> rispose semplicemente.
<< Davvero >>, aggiunse, quando alzai un
sopracciglio e lo scrutai con fare scettico, << Non sento
più dolore
adesso. Non sento più nulla… >>
Ricacciai indietro le lacrime e risposi, << Presto ce
ne andremo da qui. Si sistemerà tutto,
vedrai…>>
<< E’ troppo tardi, Moira. So quello che
è successo,
l’ho saputo non appena quel proiettile mi ha colpito
>>, m’interruppe,
<< Ma va bene così. Non ho paura di quello che
mi riserverà il futuro
>>.
Aveva parlato con tono tranquillo, sincero. Da parte mia,
provai un profondo sconforto e un’altrettanto profonda
ammirazione per lui.
<< Allora cos’è che temi, Charles?
>> gli
chiesi.
Lui rifletté qualche secondo, poi sospirò e
rispose,
<< So che è egoistico da parte mia, ma
ciò che mi spaventa è rimanere
solo. Condannato a poter comprendere gli altri grazie al mio potere, ma
mai
essere compreso >>.
Capii dal primo momento che quella era una confessione
spontanea, forse la più spontanea che lui avesse mai fatto.
<< Non è egoistico. E’ naturale, ma
infondato
>>, risposi, << Tu non sarai mai solo.
Qualsiasi cosa accada, io
sarò al tuo fianco >>.
Charles mi prese la mano con dolcezza.
<< Perché lo faresti? >> mi
chiese in tutta
innocenza.
Perché ti amo, avrei
voluto rispondere. Semplice, ma sufficiente: non avrei dovuto dare
altre
spiegazioni.
<< Perché tengo molto a te >>
risposi invece.
<< Perché mi hai dato un ideale per cui
lottare. Perché non c’è altro
posto in cui vorrei stare >>.
Charles sorrise.
Anche io ti amo, disse
la sua voce nella mia mente.
Ok,
ora siete liberi di dire che è
orrenda-insensata-noiosa-inutile o qualsiasi altro aggettivo vi venga
in mente.
Alla
prossima!
Jadis.
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