Scritta per la Gift Box Challenge,
pacco rosa, Vigilia di Natale, "Va bene così, non ti preoccupare".
He shot me down
John si stava radendo la barba quando Sherlock lo raggiunse,
appoggiandosi allo stipite della porta del bagno col giornale in mano,
lo sguardo sepolto in esso.
Il dottore gli rivolse giusto un'occhiata prima di ritornare alle
proprie occupazioni, sperando che il coinquilino non riprendesse con la
solita tiritera su quanto Mycroft fosse una pessima persona, cosa che
John aveva abbondantemente appurato non vera durante numerosi incontri
per prendere il tè e passarsi informazioni sul lavoro di Sherlock e la
sua sopravvivenza. Lo trovava anzi molto interessante, motivo per il
quale aveva accettato immediatamente quell'invito a cena.
"Non credevo ti sarebbe mai potuto interessare uscire con Mycroft."
John sorrise, senza smettere di pulire via dalle guance quel che
restava della schiuma da barba.
"Perché? Perché è il tuo arcinemico?"
"No," Sherlock continuò a sfogliare il giornale con aria
imperturbabile. "Perché tu sei più tipo da relazioni serie e lunghe."
Il dottore ci pensò per un po', l'asciugamano ancora in mano,
fissandosi nello specchio.
"Nel senso che Mycroft non ha mai avuto una relazione seria con
qualcuno?"
Il detective alzò lo sguardo divertito su di lui.
"Ah! Solo con la sua poltrona!"
Senza lasciar cadere il proprio sorriso saccente Sherlock si scostò
dallo stipite, tornandosene in salotto. John rimase per qualche secondo
ancora a fissarsi allo specchio, borbottando.
"Questo non vuol dire..."
Dopo poco però lo seguì nell'altra stanza.
"Aspetta, tuo fratello ha mai avuto relazioni?"
Dalla poltrona Sherlock lo guardò divertito, come quando John si
avvicinava alla risoluzione di un caso.
"Sì, ma lui è più il tipo da una notte e via."
"Mycroft?"
Sherlock annuì al suo tono incredulo, tornando a guardare il giornale
vagamente corrucciato.
"Anche se... chiamarle relazioni... non credo abbia mai nemmeno baciato
uno di loro, probabilmente lo reputa troppo personale."
John lo guardò a metà tra il perplesso e l'irritato, ascoltando
Sherlock continuare a blaterare.
"E davvero non capisco perché ora si sia buttato su di te. Che i suoi
scagnozzi non gli abbiano trovato nessun altro? Eppure tu sei il mio
coinquilino, dovrebbe saperlo che in futuro non potrà completamente
evitarti come suo solito."
Improvvisamente l'ex militare ne ebbe abbastanza di quella discussione
e di quei pensieri che ora gli si erano installati nella testa, si
voltò e tornò nella propria stanza senza più una parola.
Sebbene all'inizio della serata John avesse cercato di non mostrare
troppo il nervosismo che era andato montando in lui, questo era scemato
grazie alle maniere e al sorriso che Mycroft aveva mostrato durante la
cena. Davanti ad un bicchiere di Brandy però John aveva provato sempre
più il desiderio di andare a fondo alla questione "una notte e via"
sollevata da Sherlock, e così aveva ricordato vagamente perché il
binomio Watson-alcolici non funzionava bene.
"Allora, tuo fratello mi ha detto che per te è... raro, diciamo,
incontrare la stessa persona per due appuntamenti consecutivi."
Forse chiamarlo "appuntamento" era un po' troppo, erano arrivati giusto
a chiarmarla "cena", ma altro termine non gli veniva, e già per lui era
stato tanto riuscire a tenere in conto sia il proprio linguaggio che il
proprio tono di voce, facendo sì che nessuno seduto ai tavoli vicini si
voltasse.
Di fronte a lui Mycroft abbassò il proprio bicchiere, schiarendosi la
gola con quello che sembrava imbarazzo.
"Non ho mai trovato qualcuno... con cui passare più di una serata."
La frase non ebbe un effetto positivo su John, facendolo infuriare per
la supponenza che quelle parole gli mostravano e che lui proprio non
era riuscito ad afferrare nei loro precedenti più brevi incontri.
"E allora perché sei uscito con me?"
Il politico lo guardò sorpreso, lo sguardo che si muoveva rapidamente
attorno, scioccato dalla forza con cui John gli si era rivolto.
"Tu sei il coinquilino di mio fratello. Se non sei scappato da lui..."
"Non sarei scappato nemmeno di fronte ad un invito a cena?"
Mycroft alzò una mano al tono basso e rancoroso del proprio
accompagnatore, cercando di fermarlo.
"No, no: mi fraintendi..."
Ma ancora una volta John lo interruppe, negando secco col capo, un "Non
mi importa." appena borbottato ed il Brandy andato in un ultimo sorso.
Mycroft respirò a fondo e chiamò un cameriere, chiedendo il conto,
conscio che sarebbe stato meglio provare forse a cambiare aria.
Ripresero il discorso solo quando ebbero preso posto entrambi nella
macchina scura del politico, il finestrino a dividerli dall'autista e
John che ancora non lo guardava nemmeno in faccia.
"In effetti mi piacerebbe rivederti ancora, sempre che tu sia disposto
a rivedermi."
A quelle parole John sollevò un sopracciglio, le labbra strette, ma
voltandosi finalmente verso di lui. La frase di Mycroft andava contro
l'affermazione di Sherlock che, in effetti, non si poteva definire un
esperto di relazioni umane anche se era colui che meglio conosceva
l'uomo che gli sedeva affianco.
"Il martedì, come al solito?"
Mycroft sorrise alla distensione nel tono di John, guardandolo con
quello che pareva affetto.
"A dire il vero dovrò partire per due settimane, perciò dovremo far
slittare i prossimi incontri. Appena sarò di ritorno..."
Quella parve essere la goccia capace di far traboccare il vaso della
pazienza di John e d'improvviso Mycroft capì che la serata si era messa
male: a giudicare dal cipiglio di John ed al modo in cui quello ora si
ostinava a fissare il finestrino dall'altra parte dell'auto, le sue
speranze per un futuro appuntamento stavano velocemente sfumando
nonostante tutti i suoi tentativi di rasserenare e compiacere l'uomo
seduto al suo fianco.
Mycroft strinse i denti, voltandosi anche lui verso il panorama
londinese che scorreva all'esterno. Aveva puntato molto su
quell'appuntamento e ora vederlo andare a male gli provocava un dolore
simile ad una bruciatura. E tuttavia continuava a sperare che non tutto
fosse perduto.
Quando la macchina scura si fermò davanti al 221 di Baker Street
entrambi gli uomini uscirono da essa, avvicinandosi al palazzo.
"John."
Il dottore si voltò verso il politico senza un briciolo di pazienza,
aspettandosi qualsiasi cosa, qualsiasi frase fatta, qualsiasi azione,
tranne quella che Mycroft stava attuando, sporgendosi verso di lui per
baciarlo. Sconvolto, John si tirò indietro, gli occhi sbarrati, la
mente completamente bianca.
"Io... Sherlock..."
Mycroft sbatté le palpebre, un'espressione umiliata, ferita, sul viso,
e John non seppe se era stato per via del suo ritrarsi o delle parole
che aveva balbettato, troppo scioccato da quell'azione che andava
decisamente contro tutto ciò che nelle ultime ore si era aspettato.
Nel silenzio che si estese fra loro Mycroft si ricompose, una mano che
scivolava sulla cravatta, facendo un passo indietro e lasciandogli di
nuovo il suo spazio personale.
"Va bene così, non ti preoccupare. Non sei il primo, e temo non sarai
l'ultimo." L'uomo abbassò lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe
prima di ritornare a guardarlo dritto in faccia. "So bene che non è
facile anche solo pensare di instaurare una relazione con un uomo senza
privacy, con la costante presenza del mio corpo di sorveglianza. La
possibilità di diventare un bersaglio a causa della vicinanza a me..."
Mycroft prese un respiro profondo e John iniziò a capire tutte le frasi
che aveva frainteso quella serata, fuorviato dall'uomo con cui
condivideva l'appartamento e che chiaramente non era solo un ignorante
in fatto di relazioni umane, ma anche sul proprio fratello. O forse era
solo lui che aveva capito male, ed in quel momento era orripilato
all'idea di cosa Mycroft avesse tratto dal suo comportamento.
"Tuttavia, dopo i nostri incontri non pensavo di aver frainteso così
tanto i segnali, ma evidentemente... Chiaramente non mi ero accorto,
forse per mia stessa volontà, della tua preferenza per mio fratello,
cosa che sinceramente nemmeno mi sorprende troppo. Suppongo..."
Nel momento in cui Mycroft faceva un passo indietro, aumentando le
distanze tra loro, John provò l'intenso desiderio di colpire il portone
di casa con la testa, ferocemente, e decise di buttare al vento
qualsiasi freno. Con forza afferrò il bavero del cappotto di Mycroft e
lo fece abbassare, premendo le labbra su quelle sottili dell'altro uomo.
Mycroft aveva presentato John a loro madre in occasione di quel Natale,
in viso un sorriso orgoglioso che non aveva sfoggiato in famiglia da
quando era stato assunto dal governo.
John, seppur imbarazzato, aveva sorriso a sua volta, in qualche modo
toccato dal calore con cui l'anziana donna era stata felice che il suo
figlio maggiore avesse trovato qualcuno capace di amarlo veramente.
Sherlock aveva passato buona parte della vigilia a guardare con
espressione nauseata le loro mani strette quando si erano seduti l'uno
affianco all'altro, ma per una volta non aveva dato fondo a tutta la
sua arte oratoria nel tentativo di imbarazzare e umiliare il fratello,
limitandosi giusto a rannicchiarsi sulla poltrona con le ginocchia
contro il petto a guardarli storto e borbottare "Io non li capisco.".
|