Nota legale: La qui
presente storia introspettiva è da considerarsi
proprietà esclusiva dell'autrice; pertanto, non
può essere riprodotta - totalmente o parzialmente
- senza il consenso di quest'ultima.
Avvertimenti: aaaaangst
a palate.
Note: //
Sono
felice, qui.
Esiste
una stanchezza dell’intelligenza astratta,
che è la più spaventosa delle stanchezze.
Non pesa come la stanchezza del corpo,
né inquieta come la stanchezza della conoscenza emotiva.
È un peso della coscienza del mondo, un non poter respirare
con l’anima.
(Fernando Pessoa)
Sapete cosa
c’è?
Sono stanca, davvero.
Esausta di sentirmi
dire cosa fare. Cosa sostenere, come comportarmi.
Devo cambiare, lo
accetto. Ne prendo atto. Riconosco la mia incapacità e il
mio continuo essere inopportuna. Sbagliata.
Ma non lo
farò. Mi conoscete da così tanto tempo, e ancora
vi illudete?
Non scendo a
compromessi con me stessa, figurarsi con voi, inquietanti maschere di
cartapesta.
Ma come,nonostante la
vostra onniscienza, non sapete che la cartapesta con l’acqua
si scioglie? Forse è per questo che nei giorni uggiosi
girate con i vostri belli ombrelli colorati, non è
così?
Cos’è,
avete paura che il vostro teatrino cada?
Avete paura? Buffo,
dato che mi rimproverate sempre di essere troppo codarda.
Sono spossata. Di me
non è che rimasto un guscio vuoto - svuotato - dentro a cui si ode
l’eco di troppe parole abortite, troppe lavate di capo,
troppi singhiozzi.
Confessioni mai fatte
mi devastano l’anima, o quei brandelli che restano.
Ho sperato con tutto
il cuore, e ho amato. Impossibile crederlo, ma quest’essere
cinico un tempo sapeva amare. Ora non ne vuole essere più in
grado.
La mia passione mi ha
corroso.
La mia
incapacità di reagire mi ha lacerato.
E nonostante tutto
sono ancora qui, gli occhi sbarrati, bianchi. Non voglio vedere.
Solo sentire il sangue
nelle vene sobbalzare a ritmo di una qualsiasi melodia. Il cuore
battere nella cassa toracica, spingere quasi per uscire, per ballare
davanti al mio viso quella musica, sia essa la ballata più
romantica o il grunge più fottutamente scadente.
Desidero sentirmi
viva, come una volta.
Bramo non essere
più me stessa, ma essere - felice.
Felicità:
strano vocabolo, così estraneo alla mia condizione.
Mi viene da sorridere
nel rileggere il mio desiderio.
Mi sono sentita dire
di credermi troppo superiore alle masse, ma è
l’esatto opposto.
Così
dannatamente imperfetta, così fragile, mi sono preclusa
tante occasioni per il semplice fatto che ritenevo non meritarle.
Ritenevo non essere giusta nemmeno per lui, ecco perché ho
lasciato scorrere.
Lei era quella
meritevole, non io.
Sento che il mio corpo
oramai inizia a cedere. Che la mia testa sta per esplodere.
Vorrei piangere, ma ho
troppo orgoglio per farlo.
Per ammettere che
avevate ragione voi.
Che non avrei mai
combinato nulla di buono, niente adatto a regalarmi quel piacere tanto
bramato.
Non sarò
mai importante per nessuno. Non è amore, quello che cerco
ora.
È
l’essere indispensabile per qualcuno, il suo punto fisso.
Voglio sentirmelo dire.
È un
puro e semplice bisogno egoistico che deve essere saziato.
Dovrei rimboccarmi le
maniche, smetterla con i congiuntivi e i
condizionali, lo so.
Ma è
così difficile rompere il guscio che mi sono creata. Nel mio
mondo perfetto, scaricando ad altri i miei pesi. Le mie colpe.
Diventando
semplicemente invisibile, crogiolandomi in quella situazione, fra i
ricordi di vecchi sorrisi e ricordi da cartoline raggrinzite.
Sono
così stanca.
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