Daughter, niece, problem di Nadia_92 (/viewuser.php?uid=110752)
Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Capitolo 12
Non
ci sai fare con le ragazze!
"Mello sono a casa!"
"Nnn..."
"Il tuo grugnito di bentornato mi rallegra sempre. Che ci fai
lì steso sul divano?"
"Penso."
"Non ti sforzare troppo. ... ... Mello che non mi uccide. Ti senti bene
figliolo?"
"Matt che cazzo credi di fare seduto su quella sedia con carta e penna
in mano?"
"Ti psicanalizzo. Tu resta steso. Confessati ora ragazzo!"
"Ho un amico coglione..."
"Bravo... comincia ad aprirti."
"Se avessi la forza ti aprirei io... Matt come hai potuto?"
"Cosa?"
"Con quella ragazza! Cosa pensavi quando... uff!"
"Mi piaceva molto. Lucrecia ha un carattere forte, ma nasconde un lato
emotivo che la rende davvero tenera. Quando mi ha detto di essere
incinta sono rimasto shoccato! Ma poi ho capito che l'amavo davvero e
dato che la mia vita si prospettava breve, pensavo che potevo
permettermi il
lusso di godermi qualche gioia."
"Io ti conosco meglio di chiunque altro. Per te le donne erano solo un
passatempo. Nulla contava più di me e di quei stupidi
videogiochi! Perchè lei? Come hai capito che... arg!"
"L'ho capito quando il mio cervello smetteva di funzionare in sua
presenza. Quando non riuscivo a pensare, perchè ero
totalmente
preso da lei. Lì ho capito. Ma non capisco perchè
dopo
tre anni mi fai queste domande. Sarà mica per..."
"Non dirlo neanche per scherzo! Lei non c'entra!"
"Chi vuoi prendere in giro Mello? Pensi più a lei che a
Near."
"Questo mai! Near sarà sempre la mia meta, non lo
perderò mai di vista!"
"Hai mai pensato di trovare un'altra meta? Magari una che ti renda
felice?"
"Battere Near mi renderà felice!"
"No, Mello. Dove vai? Uff, sbatti anche le porte adesso?"
Isabelle. Near stava lavorando al caso di un importante ladro di
dipinti preziosi. Sapeva tutto di lui. Hidetoshi Kichida, ventiquattro
anni, originario di Osaka, aveva rubato quadri importantissimi dalle
più prestigiose collezioni private del Giappone. Isabelle.
Quando aveva tentato di derubare il museo di Tokio, la polizia aveva
chiesto l'aiuto del grande L.
Near non aveva nemmeno potuto rifiutarlo, perchè anche i KJ
stavano lavorando su quel caso e l'ennesima sconfitta non era
concepibile. Isabelle. Quindi Near concentrava tutte le sue forze su
quel caso. Erano quattro giorni che praticamente non dormiva, aveva
scoperto ogni cosa sul colpevole, conosceva tutto, tranne dove si
trovava. Isabelle. Quattro giorni a scervellarsi, i capelli ancora
miracolosamente attaccati alla testa, dopo aver arrotolato ogni ciocca
possibile. Quattro giorni che non erano serviti ad un ben niente! Da
quando se ne era andata, Isabelle era sempre nella sua testa.
Nonostante
fosse stata adirittura crudele durante il loro ultimo dialogo, Near
continuava a pensare a lei. L'albino non ce la faceva più.
Era
una situazione snervante. Margaret gli parlava a mala pena e lui non
sapeva proprio come gestirla. Gli mancava terribilmente la sua vocina
soave che lo chiamava e la sua espressione sorridente ogni volta che
risolveva un caso. Era più di un mese che le cose andavano
avanti così e lui per la prima volta non sapeva cosa fare.
Non
aveva mai avuto problemi del genere, riguardanti il rapporto con altre
persone. Si era ritrovato spesso a maledire Matt per aver lasciato
proprio a lui quella patata bollente, ma si pentiva subito per essere
stato tanto scortese con un morto.
"Near ho controllato quelle informazioni che ci ha passato la polizia
Giapponese, ma non credo siano sufficienti."
Halle che gli dava l'ennesima brutta notizia, fantastico.
"I loro agenti sotto copertura si sono infiltrati nei mercati neri
più conosciuti e importanti, ma..."
"Ma non è lì che il nostro uomo vende, giusto?"
Il solito saccente, ma Lidner si era ormai abituata.
"Crediamo che un semplice infiltrato non arriverà mai a
loro. Ci vorrebbe qualcuno che ci è dentro fino al collo."
Fu la costatazione della donna.
"Sono dell'idea che i KJ
abbiano un elemento che soddisfa questi
requisiti, altrimenti non ci starebbero costantemente un passo avanti."
Ok, quella ciocca di capelli se la sarebbe staccata. Near era stato
costretto ad ammettere, ad alta voce, che probabilmente questo caso non
lo avrebbe risolto. L
non avrebbe mai fallito. Near si sentiva
così dannatamente inferiore ed Halle riusciva a leggere
benissimo il suo stato d'animo in quegl'occhi freddi e vuoti. Ormai
aveva imparato a comprenderlo, ma ancora non sapeva come aiutarlo da
quel punto di vista. Come un miracolo provvidenziale una manina prese
quella più grande e adulta di Near per impedirgli di
strapparsi
i capelli.
"Near non vinceranno. Ce la possiamo fare."
Era la prima volta, dopo settimane, che Margaret tentava un approccio
dolce con lui. Near ne fu meravigliato e molto felice. Ma comunque
sconfortato.
"Davvero e come?"
Chiese stizzito. Si maledisse subito per il suo comportamento
scorbutico, ma era troppo nervoso. Si scusò con Margaret
nell'unico mdo che conosceva, con i gesti. Strinse un poco la sua
manina, per chiederle perdono di tante cose e per confessarle che aveva
bisogno d'aiuto. Che situazione stupida e inconcepibile. Aveva
ventiquattro anni e cercava conforto e sicurezza in una bambina di
sette. Che idiota! Era patetico e poi non era proprio da lui. Quando
ancora non si vedeva come un essere umano era tutto più
facile.
Vivere veramente era così dannatamente complicato. Margaret
lo
guardò con i suoi occhioni smeraldini e potè
capire quasi
tutto. Ovviamente non potè comprendere i ragionamenti di
Near
legati all'orgoglio, perchè era una sentimento che non
conosceva, quindi cercò di esprimere i suoi dubbi e i suoi
pensieri come meglio potè.
"Io non capisco bene perchè sei così distante, ma
vorrei tanto, davvero."
Certo che se anche lei era così dannatamente adorabile, lui
come poteva resisterle.
"Sei ancora arrabbiata con me?"
Le chiese in un sussurro. Solo dopo si accorse che Lidner li aveva
lasciati soli, allora si concesse il privilegio di accarezzarle
lievemente la testa rossa. Lei arrossì e si
rilassò,
grata di quelle piccole attenzioni che al detective costavano molto.
"Sì, però ti sto perdonando."
Disse lei con voce flebile, quasi inudibile. Una cosa che non si
sarebbe mai aspettata le fece perdere un battitto cardiaco. Near aveva
appena posato le sue labbra sulla sua fronte, in un bacio dolcissimo e
carico di affetto. Stranamente non tremava come tutte le volte che era
dolce con lei e si affrettò a rispondere allo sguardo
incredulo
della piccola.
"Ho riflettuto molto. L
per noi rappresentava una figura paterna,
quella che nessuno di noi avrebbe mai più avuto, ma che
desiderava sopra ogni altra cosa. Io non potrò mai
sostituire
Mail o Lucrecia, ma ti ho adottata. Prima solo legalmente, ora anche..."
Fin lì era andato bene. Perchè non riusciva
più a
continuare. Ci aveva pensato molto e se proprio avesse dovuto avere una
famiglia, la prima persona che vi avrebbe fatto entrare era di sicuro
Margaret. Provare tanti sentimenti era strano e nuovo per lui, ma aveva
capito che combatterli serviva a poco, meglio accettarli e imparare a
conviverci.
"Vorrei darti una famiglia, ma non so ancora bene come fare. Ma mi
impegnerò."
Disse infine. Non aveva mai staccato lo sguardo dalla bambina e si
spaventò quando la vide piangere. Prima erano solo poche
lacrime,
poi iniziò a singhiozzare. Near sperava fossero lacrime di
gioia
e la conferma gli arrivò quando la piccola lo
abbracciò.
"Ti... sigh.... ti voglio.... tanto bene."
Near ricambiò l'abbraccio, in tutta risposta.
"Senti Margaret, io un piano per battere i KJ ce
l'avrei anche, ma ho
bisogno del tuo aiuto. Non te l'ho chiesto prima perchè non
me
ne sentivo in diritto."
La piccola sciolse l'abbraccio e lo guardò negl'occhi. Poi
sorridendo gli carezzò la testa, come lui aveva fatto poco
prima.
"Va bene, ma tu dormi un po', quelle occhiaie sono brutte."
Near sorrise, ma durò poco. Perchè quando la
piccola gli
schioccò un bacino sulla guancia si irrigidì.
"Sei proprio buffo zio quando fai così."
Quel piccolo demonietto voleva priprio fargli esplodere il cuore. Altro
che Kira!
Ovviamente quella dolce scenetta privata venne seguita in diretta da
tre paia di occhi indiscreti, al di là di telecamere
nascoste.
"Ancora non capisco... dov'è finita la vostra
professionalità?"
Chiese Rester, seriamente imbarazzato. Lui, sempre così
ligio al
dovere, serio e composto, si riscopriva felice per il suo capo.
Accettando di lavorare con Near aveva accettato di estraniarsi da
qualsiasi rapporto personale che potesse nascere tra colleghi. Ma da
quando c'era quella bambina era diventata un'impresa impossibile.
"Eddai Rester. Davvero vuoi dirmi che in questi anni non ti sei
affezionato almeno un po' a Near?"
Chiese Jevanni con aria bonaria.
"Da quando hai perso la tua solita freddezza Jevanni? Sai che cominci
ad assomigliare a quel tizio... come si chiamava quell'ingenuo della
polizia giapponese... ah sì, Matsuda."
Jevanni ringhiò.
"Dammi pure del sentimentale, ma evita di offendermi così
pesantemente!"
Lidner rise e fu seguita a ruota dai colleghi.
"Ammettiamolo, anche L
e Watari erano una squadra, ma anche una specie
di famiglia. E' vero che con un lavoro come il nostro i sentimenti
vanno spesso messi da parte. Ma io mi sto riscoprendo felice e lavoro
meglio da quando la situazione con la piccola è migliorata."
Ammise Lidner, la saggia in quella organizzazione di cuori di pietra,
più friabile di quello che sembrava.
"Ok, avete vinto."
Ammise Rester alzando le mani al cielo.
Altra risata generale.
"Se Near ci becca..."
"Per l'appunto Jevanni. Ora mettiamoci al lavoro. Risolviamo questo
caso prima dei KJ."
Lidner e Jevanni annuirono e Rester sorrise.
Il piano era il seguente. Non potendo inserire una spia nei mercati
neri meno conosciuti e più intimi, Near decise che potevano
anche farsi scoprire. Se uno dei loro si fosse fatto catturare, magari
sarebbe stato portato in qualche base che loro non conoscevano. Una
volta lì, gli agenti avrebbero dovuto recuperare l'uomo e
reperire più informazioni possibile.
"E' molto rischioso e non so quanti agenti accetteranno, dato che
c'è anche l'eventualità che vengano uccisi
subito. Ma per
ridurre il più possibile questa spiacevole
eventualità,
avremo bisogno di un team efficace, che tenga d'occhio la situazione
senza farsi sfuggire il benchè minimo dettaglio. Margaret,
ho
bisogno che tu coordini questa squadra. Sei l'unica qui che riesce ad
avere un'occhio globale quando si tratta di monitor. Dovrai controllare
contemporaneamente onde radio, infrarossi, video e quant'altro
riuscirai a captare, per evitare perdite."
Near era serio, monotono come al solito, ma chi lo conosceva bene
poteva notare una vena di entusiasmo per quel caso che sembrava
insormontabile.
"Conta su di me."
Disse la piccola, cominciando a sfogliare i dossier dei dipendenti di
Near, in modo da selezionare i più adatti.
"La seconda parte del piano sarà incentrata sul lavoro di
ricerca. Una volta fatto questo giochetto più volte,
dovremmo
aver raccolto abbastanza indizi da poter almeno sapere chi
c'è
dietro gli eventi a cui miriamo. Rester, Lidner e Jevanni, questo
sarà compito vostro e mio. Infine deciderò, se
mandare
altri agenti sotto copertura o se seguire Hidetoshi e irrompere
all'asta. La seconda opzione è più rischiosa
perchè rischiamo che l'uomo ci sfugga fisicamente, ma la
preferisco alla prima, dove rischiamo che capiscano che gli siamo alle
costole e prendano provvedimenti. A quel punto saremmo fuori dal gioco."
Nessuno voleva vedere il verificarsi di quell'opzione, anche
perchè avrebbe significato la vittoria dei KJ.
"Ti metterai in contatto con i KJ? Loro
non dovrebbero sapere che hai
individuato dei loro possibili uomini?"
Chiese Jevanni.
"Il vero problema è che credo che uno dei due sia un
infiltrato.
Se così fosse si aprirebbero due strade. O per mantenere la
sua
identità, non si presenterà agli eventi e ci
lascerà campo libero o più probabilmente
manderà
tutto all'aria, pur di non darmela vinta."
Near ricominciò a tormentarsi una ciocca e Margaret gli
tirò lievemente la manica del pigiama, per farlo desistere
dal
staccarsi i capelli.
"Ma perchè dovrebbero reagire in maniera così
infantile?
E' un criminale, la rivalità tra noi non dovrebbe
interferire
col caso."
"Oddio Jevanni! Parli davvero come quello sciocco di Matsuda!"
"Bhe potrei spararti al fianco, come fece lui con Yagami!"
Lidner li fucilò entrambi con lo sguardo e fece cenno verso
la
bambina, che però serenamente continuava il suo lavoro.
Evidentemente non aveva mai criptato i file su Kira.
"Mi ricorda molto il modo di agire di qualcunaltro. Qualcuno che
avrebbe fatto di tutto per vincere."
Disse Lidner rimanendo vaga. Questa volta la piccola alzò
gl'occhi, sicura di essersi persa qualcosa. Near fissò il
vuoto
per qualche secondo, prima di riprendersi e ricominciare a tormentarsi
i capelli.
"Bhe, lui non può."
Sussurrò il detective.
"Ma credo che la mentalità sia simile. Li
chiamerò,
magari vorrando darmi qualche indizio utite o smentire qualche pista
falsa."
Lidner colse l'ultimo riferimento ed anche lei fu pervasa dalla
malinconia e dai ricordi.
"Bene è tutto. Al lavoro."
Near aveva chiesto a tutti di non ascoltare la sua conversazione. Si
era chiuso nel suo studio, eventuali apparecchi di registrazione
spenti. Sapeva quali erano le condizioni e infrangere le regole andava
a suo sfavore.
"Ti deve servire qualcosa di importante, non usi mai tanta premura con
noi, L."
La voce elettronica che lo raggiunse era sprezzante e fiera. Traboccava
di superbia e faceva intendere a Near, come sempre del resto, che non
era una conversazione gradita quella con lui.
"Gradirei di più parlare con il tuo collega."
Disse fraddamente l'albino e la risposta che si aspettava gli giunse
veloce e rabbiosa.
"Troppe pretese. Se non vuoi parlare con me, arrangiati."
Ma come previsto, prima di chiudere il collegamento, l'altro mebro
della squadra di detective fece la sua comparsa.
"Scusalo L,
è suscettibile in questi giorni del mese."
La battuta non doveva essere troppo piaciuta al suo collega, tanto che
sentì uno sparo dall'altra parte della linea.
"A cuccia! Comunque che possiamo fare per te?"
"Mi servirebbe il satellite 46ks9LO2."
"La Luna no eh?"
Chiese il mebro più agguerrito del due.
"Ed io dovrei violare i server della Nasa, la quale tra l'altro non ha
molta simpatia per me, per quale buon motivo?"
"Dovrò mettere su una missione delicata e c'è il
rischio
che perda diversi uomini. Quel satellite mi aiuterebbe a mantenere viva
la mia squadra."
"Allora alza la cornetta e chiama i tuoi amichetti incravattati, sono
sicuro che per te questo ed altro."
Near cominciava a seccarsi, ma doveva stare al gioco.
"Non mi lascerebbero mai il completo controllo del satellite per una
missione che non riguarda la salveza dell'umanità, ma io ho
bisogno di averlo a completa disposizione dei miei uomini, non volgio
che muoiano inutilmente, se si può evitare."
Near sentì l'aria come tremare. Come se dall'altra parte
dello
schermo con KJ
in "Old English" fosse avvenuta un'esplosione nucleare.
"Per quando ti serve?"
Chiese il mebro più tranquillo, con una nota di nervosismo
nella voce meccanica.
"Tra tre giorni, per almeno quattro o cinque giorni."
"Chiedi troppo."
"Siete gli unici a cui posso rivolgermi."
Non era una sviolinata, ma la pura verità e a Near
costò molto ammetterla.
"Ok, tra tre giorni. Ci devi un favore."
Near tirò un sospiro di sollievo e andò ad
ultimare i preparativi per la missione.
"Ma sei cretino! Come ti sei permesso di deridermi davanti a lui! EH?"
Un tavolo volò dall'altra parte della grande stanza buia,
illuminata solo dagli schermi dei computer.
"Considerala una vendetta per non avermi fatto parlare e per avere
deciso per me che la conversazione era finita!"
Il ragazzo si accese una sigaretta e guardò in tralice il
compagno, che non accennava a calmarsi.
"Non mi risulta che nel team di Near ci sia qualcuno in grado di
manovrare quel coso. Ci siamo persi qualcosa."
Le parole del fumatore riscossero l'altro, che si fece pensieroso.
"Nuovi reclutamenti di cui non si hanno nemmeno documenti cancellati?"
"Nulla dal cestino e dall'inceneritore di Near. Dev'essere qualcuno di
molto bravo e particolare. Scommetto che è il motivo del suo
recente incremento lavorativo. Segue più casi, usa metodi
più tecnologici e ricercati..."
"Che sia un bambino dalla Wammy'House?"
"So che non se ne cura molto. E' Roger e il suo successore, Armand, che
mandano avanti la baracca. Non ha mai degnato di uno sguardo i suoi
possibili eredi."
"Si sentirà al sicuro nel suo candore, quel bastardo!"
Altro mobile per aria.
"Un bambino prodigio al suo fianco, ma non della House... è
davvero assur..."
Si guardarono allibiti e la sigaretta cadde dalle labbra del giovane.
"E' una conclusione affrettata. Una possibilità remotissima.
Non farti prendere dal panico..."
"Non controllo la sua cartella clinica da mesi, troppo preso dal
lavoro. No... no... NO! NON LO ACCETTO!"
Alzandosi il giovane ribaltò la sedia e la prese a calci.
"Calmati!"
Disse il collega prendendolo per le spalle.
"Non è certo. Vedrai che c'è un'altra
spiegazione."
"Se la sta sfruttando... SE LA STA FACENDO DIVENTARE COME LUI...."
"Pensavo che fosse sempre stato il piano B, mandarla da lui!"
"Sì, ma credevo l'avrebbe spedita alla House! Oddio..."
"Adesso concentriamoci sul satellite."
"CHE COSA?!"
"Una settimana. Ti chiedo di resistere una settiamana. Poi ti prometto
che me ne occuperò personalmente!"
"Abbiamo il satellite."
Disse Near senza un briciolo di entusiasmo.
"Dovresti essere contento, no?"
Chiese, con quell'ingenuità che la rendeva adorabile, la
piccola Margaret.
"Mmm."
Fu la risposta di Near, mentre si sedeva e visionava la lista dei
possibili boss da trarre in inganno.
Margaret stava leggendo la lista dei suoi collaboratori ed ogni tanto
guardava l'albino di sottecchi. Lei non riusciva ancora a leggere e
scrivere bene in giapponese, quindi quando lavorava teneva sempre il
dizionario con sè. Ma con lui vicino si vergognava da
morire.
Non voleva fare altre brutte figure, come nel caso del killer norvegese.
"Riesci a leggere bene?"
Ma che cavolo! Possibile che lui leggesse nel pensiero?!
"Tu leggi nel pensiero."
Un'affermazione detta con i brividi lungo la schiena, che fece
sorridere Near.
"Margaret..."
Era ora per il giovane detective di attuare il suo piano speciale.
"...come ti era parsa camera mia, quella volta che ci entrasti senza
permesso?"
La frecciatina era d'obbligo, sia perchè non doveva provarci
mai
più, sia perchè così avrebbe risposto
sinceramente
alla sua domanda. Difatti la piccola arrossì, colta con le
mani
nella marmellata e si mise a pensare per dare al ragazzo una risposta
soddisfacente.
"Tieni molto ordinato."
Pausa. Near non dovette nemmeno guardarla per intimerle di proseguire.
"E' tutto bianco. E' triste e vuoto. Dovresti dipingerla con motivi
più... allegri."
"Anche la tua stanza non ti piace allora."
Quando Near se ne usciva con quelle deduzioni che sembrava conoscere da
una vita, la piccola ci rimaneva sempre spiazzata. Dopotutto le aveva
appena detto che si sarebbe impegnato a fare il 'genitore',
perciò forse cercava solo un punto da cui cominciare.
"Già. E poi mi piacevano i giocattoli. Però il
più carino era il coniglietto sul letto."
Roger. No, Roger no. Accidenti!
Near è ora di
crescere un po'! E' per Margaret!
"Mmm."
Che gran conversazione. Meglio del solito.
Tutto era pronto. Erano state scelte tre aste e i mal capitati erano
tre boss della mafia Giapponese. Tutti e tre trafficavano anche oltre
mare, ovviamente.
Yusuke Okamoto, tra casa sua e il museo del Louvre non c'era molta
differenza.
Secondo Near c'era una probabilità dell'87% che buona parte
dei
suoi quadri fossero gli originali, mentre i musei giapponesi esponevano
fieramente dei falsi ben confezionati. Era un collezionista
appassionato e quale posto migliore di aste nere per procurarsi i suoi
tesori.
Kazue Tanigichi, detta 'La Gemma', poichè è
l'unica donna ad essere a
capo dei una banda mafiosa, sanguinaria e sadica, ma evidentemente con
una vena artistica piuttosto estroversa. In realtà
probabilmente
il suo era solo mercato. A certe aste il prezzo dei dipinti cala, dato
che i costi per nascondere certi traffici sono maggiori. Quindi La
Gemma si dava alla compra/vendita, semplici investimenti.
Infine Shuzo Ueda, presidente di due delle collezioni private derubate
da Hidetoshi.
La sua era al 98% frode assicurativa e Near sospettava che non fosse la
prima volta. Le aste per lui erano solo un modo di pagare i ladri che
assoldava. Poi forse scambiava i dipinti 'rubati', con altri di suo
gusto o futuri oggetti di furti.
Margaret teneva la situazione sotto stretto controllo e mandava
direttive alla sua squadra come una vera leader. Near credeva che
ricevere ordini da una bimba avrebbe atterrito gl'uomini, invece tutti
erano motivatissimi. L'albino si chiedeva come ciò fosse
possibile, ma la piccola sembrava in grado di compiere miracoli.
"Secondo me gli agenti possono entrare in azione. Il satellite ha
registrato tutti gli uomini presenti. Per persona ci sono almeno tre
dispositivi elettronici che potranno rivelarci l'eventuale loro
posizione."
Nonostante anche Near fosse stato un bambino prodigio, si rese conto di
non essere mai stato altrettanto brillante alla sua età.
Allora
si faceva ancora spaventare da molte cose, lei invece sembrava a suo
agio e riusciva a comprendere situazioni complesse, che nemmeno un
dodicenne avrebbe afferrato appieno. Sicuramente oltre ad un talento
innato le capacità della bambina erano state adeguatamente
coltivate, probabilmente opera della madre. Ma il talento deve sempre
misurarsi con l'esperienza e qui Near era in vantaggio.
"Dobbiamo aspettare ancora un po'. L'asta deve almeno iniziare. Bisogna
cogliere l'occasione giusta, se dovessero anche solo sospettare che i
nostri uomini si sono fatti scoprire apposta la missione salterebbe e
gli agenti morirebbero."
Margaret lo guardò con ammirazione e Near provò
qualcosa
di nuovo. Era come se con quello sguardo la piccola lo avesse accettato
come mentore, una figura che certi bambini scelgono con molta
attenzione. Si sentiva orgoglioso di se stesso e sentirsi importante a
livello affettivo per qualcuno lo fece sorridere appena.
Dopo quasi due ore ecco il momento cruciale. Uno degli agenti prese con
sè il quadro che Shuzo aveva appena comprato e
copiò un
codice scritto dietro la cornice, visibile solo con un particolare
reagente. Accidentalmente un mafioso lo scoprì e
scoppiò
il finimondo. Come mai cercava quel codice? Cosa significava
quest'ultimo? Ce ne sono altri come lui?
Ogni uomo venne controllato e gli altri due agenti sottocopertura
vennero smascherati. Kazue aveva in mano una pistola. Gli avrebbe
sparato senza nemmeno verificare il motivo. Ma ecco che
entrò in
scena il Jolly, come lo schiamava Margaret, un loro uomo che
spiegò ai presenti che quei codici servivano alla polizia
per
rintracciare i quadri di alcune collezioni private. Disse che
i
reagenti chimici per rilevare questi codici erano due, quindi c'era
sicuramente un altro infiltrato per fazione, dato che addosso ai
traditori ve ne era solo uno. Così i tre pesci abboccarono
all'amo e portarono via le spie per interrogarle successivamente. Ci
volle del tempo, ma alla fine Near ottenne ciò che voleva.
Dagli uomini di Yusuke ottenne il luogo dell'asta a cui Hidetoshi
voleva vendere i suoi quadri e da Shuzo il giorno e l'ora. Ma ci voleva
una parola d'ordine. L'unica possibilità di ottenerla
risiedeva
nell'infiltrato mandato da Kazue, ma insorse un problema. A causa di un
malfunzionamento del satellite, Margaret perse il segnale video e le
coordinate del loro uomo. La base era troppo grande e un'irruzione di
massa avrebbe rovinato tutto. Per un ladro non valeva la pena
sacrificare una vita, questo lo sapevano tutti, ma Near
cercò
fino all'ultimo momento di elaborare un rimedio.
"Key, mi ricevi?"
"Sì Maddie, cosa succede?"
La bambina spiegò a malincuore l'accaduto.
"Se l'audio funziona posso tentare di strappare la password a Kaz..."
"NO! Ti ucciderebbe! L?"
Near era combattuto e allo stesso tempo furioso. Non era possibile che
quel maledetto satellite avesse smesso di funzionare così,
era
sicuramente opera di quei maledetti ed ora lui stava per perdere un
agente e il caso per quel tiro mancino.
"Key."
"Sì L?"
"Procedi, noi intanto mandiamo una squadra all'interno. Mettila alle
strette e cerca di trovare una scusa per rimanere vivo."
"Sì signore."
Margaret sgranò gl'occhi, chiuse il suo microfono e
sfogò tutte le sue ansie.
"Lo uccideranno!"
Strillò. Lo sguardo glaciale di Near la
paralizzò. Come
poteva essere così dolce con lei e poi giocare come se
niente
fosse con la vita della gente?! Sconvolta la piccola lasciò
la
sua postazione, non voleva sentire quell'uomo morire.
"Allora... allora... allora... qual'è il tuo nome?"
"Victor."
"Il tuo nome in codice mi sarà più utile di
quello vero."
"Ne sono consapevole Gemma, per questo non te lo dirò."
Un ulro disumano squarciò la sala di controllo. Near rimase
impassibile mentre gli altri rabbrividirono. Qualcuno si
tappò
le orecchie.
"Tu sei vivo per rispondere alle mie domande, non alle mie
provocazioni. Fallo ancora e non mi limiterò a tagliare, ma
comincerò ad affettare!"
"Non ti conviene...anf uccidermi. Oppure anf... non potrai
partecipare.... all'asta di Hidetoshi e questo ti farà...
ah....
perdere punti alla vista della mafia."
"Ahahah, chi credi di fregare! Dunque era questo che volevi sapere.
Dove, quando si terrà l'asta. Allora lavori per L.
So che
è lui che segue il caso, oltre ai KJ si
dice."
"In realtà quelle informazioni le abbiamo già,
anche la password."
"la password? Impossibile!"
Altro ulro.
"In... ah... invece sì. L...
non... ah... verrà a
prendermi. Ha già ciò che vuole.... ah ma ti
arresterà ugualmete."
"Allora adesso ti sparo, ma prima dimmi, tu conosci la
password?"
"Sì... altri ag... agenti me l'hanno comunicata..."
"Allora muori da perdente. Gray!"
Uno sparo. Poi più nulla.
Margaret stava piangendo nella stanza di Halle. Near le aveva detto che
la sua aveva un tubo che perdeva e che non poteva entrarci per quel
giorno. Un uomo era morto ed era colpa sua. Improvvisamente aveva perso
il controllo del satellite e le cose erano precipitate. Non si era
ancora capacitata dell'accaduto. Non era possibile, si ripeteva. Non
è colpa mia, cercava di imprimere nella sua mente, che
però rifiutava quelle parole.
"E' tutta colpa mia! Tutta colpa di Near!"
Urlò durante uno spasmo dovuto al pianto disperato.
Quando
Near entrò usò tutto il suo auto controllo per
non
fiondarsi ad abbracciare la piccola. ma doveva trattenersi e spiegarle
l'accaduto.
"Abbiamo la password. I nostri hanno fatto irruzione, abbiamo trovato
l'agente vivo."
margaret alzò gl'occhi gonfi e fissò Near per
cercare di
capire se le stava mentendo. Near lo comprese e le permise di leggergli
dentro affinchè si calmasse. la piccola corse ad
abbracciarlo e
l'albino ricambiò accarezzandole i capelli per farla calmare.
"Scusa... sigh.. è stata tutta colpa mia!"
"No, non è così. So io chi è stato ed
ora andrò a parlarci."
Margaret si allontanò e Near sapeva perfettamente il
perchè.
"Poteva morire e tu non avresti fatto niente! Perchè devi
essere
così cattivo con gli altri?! Tutti pensano che L
rappresenti
la
giustizia, ma si sbagliano! Perchè non è giusto
sacrificare qualcuno per degli stupidi quadri! Io non so più
cosa pensare di te! A volte ti voglio bene, altre mi spaventi! Io non
so chi sei! E non sono sicura di volerlo scoprire!"
Dopo quello sfogo Margaret riprese a singhiozzare. Voleva andare via,
voleva stare lontano dal quel ragazzo candido che le faceva
più
paura dell'uomo nero. Ma Near se ne andò immediatamente,
lasciandola sola.
Avrebbe chiamato i KJ
immediatamente, ma si trovò costretto ad
aspettare. Dopo le parole di Margaret, Near pianse. Due lacrime scesero
dai suoi occhi, solo due. Ma per gente come lui equivalevano ad uno
sfogo tremendo. La bambina si era evidentemente sforzata di non
chiamarlo mostro o peggio. Anche se dalle sue parole era quello che
trapelava. Si sentiva meschino, ferito e gli sembrava di essere uno di
quei killer psicopatici con cui aveva sempre a che fare. Era ad un
passo così dal riguadagnarsi la fiducia della sua bambina.
Sua.
Mia.
Ma chi voleva prendere in giro! Quella era la figlia di
Matt e
Lucrecia. Tra l'altro quest'ultima era ancora viva e ci avrebbe messo
poco a ricordarsi della figlia. Ogni giorno faceva sempre
più
miglioramente, ma sembrava aver rimosso la piccola e Matt, forse a
causa del dolore che, non volendo, le causavano. C'era da aggiungere
che
l'unico responsabile della morte del padre era lui. Sapeva che Mello
aveva in mente qualcosa e quando ha visto l'inseguimento, quando halle
gli aveva chiesto il perrmesso di andare ad aiutarli, lui lo aveva
negato. Se avesse mandato loro aiuto, Matt e Mello sarebbero ancora
vivi. Ma lui non voleva battere Kira facendolo saltare in aria, voleva
rispettare L.
Mello avrebbe teso la trappola e sapeva bene a quale
prezzo. Se Near avesse permesso ai suoi uomini di sparare a yagami
molto prima, nulla sarebbe mai accaduto. Si era convinto che piangersi
addosso non servisse a niente, ma come poteva reagire adesso che tutto
il dolore e la sofferenza che aveva causato con il suo egoismo,
piangevano poche stanze distanti da lui. Era così frustrato!
Margaret gli aveva dato un sacco di possibilità, lo aveva
trattato come una persona, gli aveva voluto bene! E lui come un idiota
si era lasciato trasportare! Se non avesse mai aperto il suo cuore, se
non avesse permesso a quei sentimenti di varcare le sue difese, ora non
si sentirebbe così male. In realtà non proverebbe
niente.
Improvvisamente Near ridacchiò, pensando a quella volta che
era
successa una cosa simile. Evidentemente lui proprio non ci sapeva fare
con le ragazze.
Le sette buone azioni di
Mello: invitala in giardino e offrile una caramella
Alla Wammy's House erano coltivate le menti più
intelligenti di tutto il pianeta. Bambini che da grandi sarebbero stati
grandi uomini e grandi donne, che sarebbero diventati importanti. Uno
di loro sarebbe stato scelto per diventare il nuovo L,
cosa che molti bimbi desideravano, almeno fino al suicidio di A.
Da quel giorno diventare L
sambrava più una condanna e c'erano anche alcuni bambini che
erano felici di non essere tra i più intelligenti. Matt
faceva
parte di questa categoria. Prima di tutto c'è da specificare
che
a Matt di diventare L
non importava assolutamente niente. Da quando i suoi genitori erano
morti il mondo aveva perso ogni attrattiva per il piccolo irlandese.
Meglio una realtà virtuale, dove se i tuoi eroi muoiono, poi
tornano in vita. Nonostante questo Matt non perdeva mai. Non aveva mai
visto un game over, perchè si era ripromesso che i suoi eroi
non
sarebbero morti mai più. Poi un giorno conobbe un nuovo
eroe,
uno in carne ed ossa, capelli biondi ed occhi azzurrissimi. Quando lo
avevano portato in quell'orfanotrofio per geni, lo avevano bollato
subito come cervello liquefatto, per via dei videogiochi, ma Mello
aveva capito che quel bambino dai capelli rossi aveva molto di
più da offrire. Per la precisione Mello aveva 'scoperto'
Matt la
prima volta che aveva parlato. Dopo tre settimane passate nel
più assoluto silenzio, il bimbo dai capelli rossi lo aveva
insultato, dicendogli che con le sue grida gli faceva perdere la
concentrazione. In quel momento tutti gli altri bambini erano fuggiti,
l'ira di Mello era funesta nonostante avesse solo sette anni. Matt
aveva alzato lo sguardo e incrociando quello di Mello aveva capito di
aver fatto una cavolata enorme. Chiuse gl'occhi quando vide il biondo
avvicinarsi. Avrebbe preso il suo pugno e sarebbe andato via. Si
sarebbe chiuso in camera, forse avrebbe pianto un po', infine avrebbe
ripreso il suo gioco. Ma accadde qualcosa di differente.
"Dopo faremo le squadre per giocare a calcio. Tu stai con me, senza
storie!"
Mello giurava continuamente che mai gl'occhi di Matt erano brillati
come in quel momento. Il rosso stupito annuì debolmente e da
allora nacque una delle più belle amicizie dell'orfanotrofio.
Mello e Matt divennero inseparabili e presto Mello scoprì
che
anche se a Matt non piaceva molto stare in compagnia di altri esseri
umani, in compenso ci sapeva proprio fare con le persone, specialmente
con le bambine. Col suo sorrisetto dolce e affidabile, Matt riusciva ad
abbindolare tutti e soprattutto tutte. Prima di conoscere Matt, Mello
era sempre sommerso da mocciosette che gli davano il tormento e
nonostante le scacciasse in malo modo, loro tornavano alla carica
più forti di prima. Il rosso fu una benedizione. Con qualche
parola gentile e con un sorriso da far invidia ai bambini del mulino
bianco, Matt conquistava ogni cuore e poi lo manovrava a suo piacimento.
Mentre da una parte c'erano cip e ciop che facevano i loro comodi, un
altro bambino meno carismatico si trovava sempre in serie
difficoltà nel rapportarsi col prossimo. Near, il numero uno
dell'orfanotrofio, era un bimbo fuori dal mondo, come Matt. Lui viveva
dentro delle mura costruite con le carte da gioco, fisicamente erano
una difesa scarsa, ma per il piccolo Near erano le più
solide
che la sua mente potesse edificare. Robot e trenini erano i suoi amici
e la sua mente geniale l'unica compagna fedele che avesse. L'albino non
sentiva il bisogno di legarsi a qualcuno, soprattutto subito dopo la
perdita dei genitori, per questo col tempo dimenticò le basi
per
avere un rapporto col prossimo. Crescendo Near aveva completamente
perso il tatto e la gentilezza necessaria per instaurare un legame con
qualcuno e un giorno, a dodici anni, si rese conto di avere dei
problemi. Era arrivata da poco una nuova ragazzina, si chiamava Grill.
In realtà il suo vero nome era Grace Sunderson, ma
lì
c'erano delle regole sul salvaguardare la propria identità.
Lei
aveva vissuto per quattro anni in un orfanotrofio in California, la sua
città natale, poi da un test attitudinale era risultata che
il
suo Q.I. superava 200 e quindi Roger l'aveva fatta trasferire
immeditamente. Lei aveva il dono di saper creare codici con i colori.
Con i colori poteva scrivere messaggi anche lunghi pagine e
racchiuderli in un A4. Tutti erano impressionati da questa ragazzina di
undici anni, soprattutto per i suoi modi di fare. Era molto gentile e
aperta, solare ed energica, ma spesso lasciava trasparire un lato
timido ed insicuro che incantava ogni ragazzo. Praticamente in poche
settimane ogni ragazzo della House era ai suoi piedi, non che lei lo
volesse. Presto se ne accorse, così Grill cercava di essere
meno
sgarbata possibile nel laciar intendere che non voleva ricevere troppe
attenzioni. Così per librarsi di tutti quei ragazzini, Grill
decise che avrebbe stretto amicizia con uno degli unici tre che non
sbavavano per lei. Mello, Matt o Near? Bella domanda. Ma Grill
conservava quell'umanità che le fece prendere la decisione
migliore per entrambi. Near. Matt e Mello avevano già molti
amici, ma quel bambino bianco sembrava così solo.
Così
una mattina di primavera, Near capì che gli mancava qualcosa.
"Ciao Near."
Chi lo stava salutando? L'albino alzò lo sguardo e si
ritrovò a fissare due occhi scuri, color cioccolata. I
capelli
del medesimo colore, incorniciavano il viso roseo di Grill, ricadendo
sulle spalle in dei boccoli leggeri.
"Ciao Grill."
L'ennesima ragazzina che provava a parlargli. Dopo qualche risposta
monosillabica se ne sarebbe andata anche lei, come tutti gli altri.
"Ascolta Near avrei bisogno di un favore."
Quella richiesta così diretta e allo stesso tempo dolce fece
sobbalzare il cuore di Near, che si limitò a fissare Grill
interessato.
"I ragazzi di quest'istituto sono un po' assillanti e mi dispiacerebbe
ferirli, perciò ho pensato che magari stando in tua
compagnia..."
"Sarebbero stati alla larga da te. Bhe se è solo questo puoi
sederti dove vuoi, io devo finire questo puzzle."
Grill rimase triste per quella risposta. L'atteggiamento sgarbato di
Near aveva suscitato in lei una gran tenerezza per quel ragazzino solo.
"Io non sfrutto la gente Near. Vorrei aprofittare di questa vicinanza
per diventare amici, ma anche solo conoscerci un po' andrebbe bene. Mi
piacerebbe parlare con te."
Prima di continuare Grill arrossì e Near sentì
qualcosa vorticare nel suo stomaco.
"Sai ti trovo interessante, sarei davvero felice di porti conoscere
meglio."
L'albino non sapeva come replicare. Da una parte non voleva seccature
che potessero disturbare la sua routine, dall'altra si sentiva
leggermente onorato. Near scosse impercettibilmente la testa, come a
voler scacciare dei pensieri. Il ragazzo stava per proferire parola, ma
Grill lo precedette.
"Non fa niente, se non te la senti, per me va bene."
Grill stava per uscire dalla sala, quando singhiozzò.
"A presto Near."
Tentò di dire col tono più naturale possibile. Il
dodicenne rimase interdetto, ma sentiva qualcosa stringergli il petto e
presto si rese conto di sentirsi in colpa. Aveva fatto piangere diverse
bambine con il suo atteggiamento menefreghista e spesso i ragazzi
dell'istituto organizzavano degli scherzi per vendetta. Conoscendo la
popolarità di Grill poi ci sarebbero andati giù
pesante
sicuramente. Ma Near non era preoccupato per quello. Le altre lo
avevano avvicinato per curiosità e per poter far mostra di
lui,
mentre Grill voleva essere gentile e farlo sentire meno solo, senza
però invadere la sua intimità.
Arrivata sera Near era ancora tormentato dal suono di quel singolo
singhiozzo, così decise che avrebbe provato a rimediare. Ben
presto si scontrò con il primo di una lunga serie di
problemi.
Non sapeva da dove cominciare. Quella considerazione lo fece sentire
inetto, inadatto. E quella prima difficoltà portava dritta
dritta ad un altro scoglio. Avrebbe dovuto chiedere aiuto a qualcuno.
Cominciò allora a varare le possibilità.
Le bambine erano da escludere. Erano veramente poche quelle che almeno
lo salutavano e di certo non si sarebbero avvicinate di più.
I ragazzi, non se ne parlava. Lo avrebbero picchiato immediatamente e
come minimo gli avrebbero di nuovo rubato il suo puzzle.
Rimanevano due sole vie: Matt o Mello.
Matt era sicuramente il più adatto, con lui fare pace con
Grill
era assicurato. Ma se Mello lo avesse scoperto sarebbero stati guai per
entrambi. Se invece avesse chiesto prima a Mello, questo avrebbe
sicuramente rifiutato, lo avrebbe preso in giro, poi sarebbe stato
libero di parlare con Matt.
Caso volle che Mello fosse nei pressi della sua stanza in quel momento,
così l'albino non perse tempo.
"Ciao Mello."
Il biondo si girò con gl'occhi fuori dalle orbite, incredulo
di ricevere la preziosa attenzione del rivale.
"Ciao Near."
Si limitò a dire il quattordicenne, aspettando che il
ragazzo
davanti a lui si esprimesse. Near sembrava in difficoltà e
dopo
un momento di smarrimento, Mello ghignò.
"Allora pecorella, non ho tutto il giorno!"
"Scusa, ma dovrei chiederti un favore."
A Mello andò di traverso un po' di saliva, a momenti si
strozzava.
"Cosa?!"
Chiese tossendo.
"Questo pomeriggio ho fatto piangere Grill. Non era mia intenzione, non
mi ha fatto finire di parlare e deve avermi frainteso. Non le do torto
dato che in precedenza non mi ero mostrato molto incline ad averla
intorno. Sono stato maleducato, ma desidero rimediare. Però
non
so da dove cominciare e mi chiedevo se tu volessi aiutarmi."
Mello aveva ascoltato ogni parola con avidità.
Già era
raro che Near gli rispondesse. Che gli parlasse rasentava
l'impossibile. Ma mai, mai, avrebbe anche solo sperato di ricevere dal
rivale una richiesta di aiuto. Mello si trattenne per non scoppiare a
ridere in faccia all'albino.
"Ed esattamente come speri che possa aiutarti?"
Lo stava prendendo in giro. Come da programma.
"Non so, magari potevi darmi qualche consiglio. Su queste cose ne sai
più di me."
"Queste cose, Near, si chimano contatto con gli altri esseri umani e
sentimenti. Entrambi ti sono fortemente estranei. E poi cosa ti importa
se l'ennesima ragazza della House ti odia?! Tanto anche una volta che
le avrai chiesto scusa ti apparterai nel tuo mondo bianco, fatto di
stupidi giocattoli e non ti importerà più nulla
di lei."
Mello aveva sparato quelle parole come i serprenti sputano il loro
veleno. Near chinò leggermente il capo, in modo da poter
osservare l'altro attraverso la frangia.
"Ok."
Si limitò a dire l'abino. Aggiungere un 'grazie' o che
avrebbe
chiesto a qualcun'altro sarebbe stata una bella e buona provocazione,
cosa da evitare con Mello.
"Ehi pecora, non ho ancora finito con te! Non puoi trattare la gente in
questo modo! Prima vieni a chiedermi aiuto e poi mi liquidi
così?! Chi ti credi di essere? Quando capirai che le persone
non
sono burattini o bambole? Sei solo uno stupido, peggio di un autistico!"
A quelle parole il cuore di Near perse una battito per poi cominciare a
battere più forte. Abbassò il capo, si
voltò e
fece per andarsene. Mello aveva esagerato e in quei momenti era meglio
battersela. Se l'avesse visto piangere lui avrebbe solo infierito,
capendo di aver colpito, proprio come tutti gli altri.
"Ehi, non ho finito con te!"
Urlò il biondo, che stava stringendo i pugni fino a far
sbiancare le nocche. Nonostante Near non gli avesse fatto nulla, solo
l'avercelo di fronte lo faceva ribollire di rabbia.
"Io invece ho finito. Se hai finito di insultarmi e ti senti meglio, io
ho da fare."
La sua voce non tradiva il rpofondo dispiacere che provava, ma i suoi
occhi erano già appannati. Mello non doveva assolutamente
scoprirlo.
Nel giro di pochi attimi, Near si sentì strattonare e
sbattere
contro un muro.Iil colpo gli fece male e trattenne un gemito.
"Come ti permetti?"
Mello lo stava strattonando per il colletto della lunga camicia e Near
teneva gl'occhi chiusi, anche se avrebbe voluto spalancarli
perchè l'aria gli mancava.
Dammi un pugno, un
calcio, uno schiaffo, ma fai in fretta!
Poi un rumore di passi. Near aprì gl'occhi,
piegò
un po' la testa e scorse Grill accerchiata da dei ragazzi. Lei
incrociò il suo sguardo, ma tirò dritto, come lo
avesse
trapassato. Sentendosi ignorato, come spesso faceva lui con gli altri,
Near assunse un'espressione così sconfortata che Mello si
paralizzò. A differenza di Grill, per lui Near non era
invisibile, anzi matt lo prendeva in giro, dicendo che lo
scannerizzava. Il maggiore rimase impietrito davanti a quei pozzi
grigi, che normalmente risucchiavano tutto, creando il vuoto intorno al
ragazzo, ma che in quel momento esprimevano tutto il suo dolore. Si
accorse anche che erano leggermente velati e a quella scoperta Mello
lacsiò la presa, come se si fosse scottato.
"Lei ti piace?"
Chiese titubante il biondo, che ora parlava a Near come si parla ad un
bambino che si è appena sbucciato il ginocchio. Dal quel
tono di
voce Near si rese conto di essersi scoperto troppo, ma ormai il danno
era fatto. No invece. Mello non lo stava prendendo in giro, anzi a
guardarlo meglio sembrava persino dispiaciuto per lui.
"Non lo so. Forse. E' particolare."
Rispose Near ricordandosi che poco tempo prima, a cena, lo stomaco gli
si era chiuso quando la ragazza gli era passata accanto ed uno strano
calore lo aveva avvolto.
"Allora... ehm... mi farò venire in mente qualcosa."
Near non credeva alle sue orecchie. Alzò lo sguardo su Mello
e inebetito chiese conferma.
"D... davvero?!"
"Non fare quella faccia da pesce lesso. E' che mi fai pena, quindi ti
aiuterò. SOLO per quello!"
Mello era diventato blu, neanche rosso e Near accennò un
sorriso che per poco non stese il biondo.
"Grazie, am..."
Forse era meglio fermarsi a grazie.
"Prego, per..."
Forse era meglio fermarsi a prego.
La loro era un'intesa particolare, un'amicizia non dichiarata, ma che
esisteva, c'era sempre stata e sarebbe durata. Il loro legame era
indissolubile, ci sarebbe stato per sempre ed entrambi sapevano che su
qualcuno potevano sempre contare.
Il piano di Mello era il seguente. Near avrebbe dovuto prima di tutto
lasciare un bigliettino a Grill con scritto che l'aspettava nel
giardino. Se poi avesse aggiunto che voleva chiederle scusa, lei
sarebbe andata sicuramente. Poi le avrebbe offerto una caramella alla
menta, le sue preferite e le avrebbe chiesto scusa di persona. Pochi
semplici gesti e tutto si sarebbe risolto. Arrivò il momento
cruciale. Mello era nascosto dietro un albero. Grill arrivò.
"Ciao Near."
"Ciao Grill."
Near era teso, ma solo Mello se ne accorse.
"Tieni."
Si avvicinò alla ragazza e le diede la caramella.
"Scusami per l'altro giorno, sono stato scortese. Mi piacerebbe passare
del tempo insieme a te. Se ancora vuoi."
L'albino la guardava a tratti e la ragazza sbigottita strinse tra le
man il dolciume.
"Credi che sia davvero possibile?"
A quella domanda Near tremò. Una strana consapevolezza lo
colpì, peggio di un gancio ben assestato. Fissò
quegl'occhi color cioccolato e sconsolato capì.
"No."
Lui sarebbe diventato L.
Lui non poteva. Lei lo sapeva e con un sorriso
amaro lo lasciò.
Mello non si era perso un respiro. era senza parole. Quei due avevano
praticamente comunicato telepaticamente e lui non aveva afferrato una
mazza.
"ma si può sapere che ti è preso?!"
Urlò furioso, si sentiva preso in giro.
"E' meglio così."
E l'unico motivo per cui il biondo non disse nulla furono gl'occhi
tristi dell'albino.
"Secondo me è solo perchè voi due non ci sapete
fare con le ragazze. Siete proprio negati."
Matt, sbucato fuori dal nulla, aveva espresso il suo parere. Tutto
seguito dal sonoro vaffanculo di Mello e dal dolce risolino di Near.
Fine
"Si, chi è?"
troppo palese che aspettassero la sua chiamata.
"Non prendetemi in giro."
In quel momento Near non aveva proprio voglia di essere pacato.
"Oh dai. L
non ti sarai davvero offeso?"
"Un mio agente ha rischiato la vita per un vostro scherzo, ho tutto il
diritto di essere alterato. Se volevate sapere il motivo delle mie
ricerche bastava chiedere. Comunque grazie per aver freddato Kazue
prima che lei uccidesse Key."
Avevano trovato la donna con un buco nel craneo e il loro agente
ferito, ma vivo.
"Se tu fossi stato sincero fin dall'inizio... praticamente ci hai usato
per superarci! Ci credevi così idioti? E poi tu hai messo in
repentaglio la vita del tuo uomo. Dovevi annullare la missione se ci
tenevi tanto."
Quella voce metallica dava i nervi e Near si ritrovò nei
panni dei suoi sottoposti quando parlava attraverso i monitor.
"Vi diverte giocare con le vite altrui?"
Chiese senza riflettere l'albino.
"E tu, L,
non hai mai scommesso con la vita di nessuno?"
La chiamata venne bruscamente interrotta.
Nonostante la pessima giornata Near aveva trovato un regalo per
Margaret e c'era il 48% di possibiltà di essere perdonato.
Finalmente avrebbe rivisto il suo dolce sorriso non solo quando lei
voleva consolarlo, ma sempre. Poi il telefono del
suo studio squillò. Near scattò sul chi va
là. La
prima e ultima volta che aveva risposto a quel telefono, la sua vita
era stata sconvolta dalla figlia di Matt. Titubante, l'albino
alzò la cornetta e rispose con la solita voce atona.
"Pronto?"
"Pronto, Near?"
Nonostante la voce fosse metallizzata dall'apparecchio, Near riconobbe
subito Isabelle. Il suo cuore perse un battito.
"Isabelle... sono io."
Possibile che ogni volta che parlava con lei non riuscisse a mettere
insieme una frase?!
"Prima di tutto volevo dirti di non preoccuparti, è stata
Margaret a darmi questo numero."
"Sì, lo immaginavo."
Stupido! Near devi
cercare di essere meno freddo, non devi rovinare le cose di nuovo!
"Oh... ok."
"Comunque posso fare qualcosa per te?"
Near si complimentò con se stesso per essere riuscito a dire
la
cosa giusta. Il tono freddo di sempre c'era per abitudine, ma l'albino
cercava di dargli un' inclinazione gentile.
"Ehm... sì. Vedi Near... ci sarebbe una cosa che dovrei
dirti... ma vorrei farlo di persona."
Il cuore dell'abino accellerò nuovamente.
"Capisco. Quando hai intenzione di venire?"
Presto, presto, presto...
"Tra un paio di mesi, nel periodo natalizio. Ho molto
lavoro,
perciò devo attendere le ferie. Immagino che tu lavorerai lo
stesso, quindi se non distur..."
"Andrà benissimo. Sono certo che troverò un po'
di tempo."
La conversazione stava prendendo una piega decisamente migliore e Near
sorrise quando sentì sospirare di solievo dall'altra parte
del
ricevitore.
"Ok.. prima di attaccare dovrei chiederti una cosa?"
Near non le avrebbe mai detto di no, se usava quel tono di voce timido
e dolce.
"Dimmi."
Essere neutri era sempre più difficile.
"Tu avevi già risolto il caso Leclerc. Pensavo di aver
notato
quel dettaglio prima di te, visto che non chiudevi il caso, ma ho
peccato di vanità. Perchè non l'hai chiuso
subito?"
In effetti subito dopo la partenza di Isabelle, Near aveva chiuso il
caso. Quella famosa multa poteva sviare i sospetti, ma era la chiave
per incastrare Hunt, che quel giorno, vestendo i panni di Leon, aveva
concluso un affare con l'amico di Duquesne. In quei documenti
che non aveva
consegnato ai Francesi c'era la
risposta, ma qualcosa l'aveva trattentuto.
"E' meglio se te lo dico di persona."
Near era certo che Isabelle stesse sorridendo, l'aveva intuito dal
leggero sbuffo al telefono.
"Ok... allora a presto."
Prima che Isabelle potesse riattaccare Near disse qualcosa di getto,
senza pesarci.
"Non vedo l'ora."
Un sussurro. Near aveva sussurrato i suoi pensieri e la lunga pausa che
ne seguì gli diede la speranza di non essere stato udito.
"Anch'io."
Tu... tu... tu...
Anch'io.
Near non uscì dal suo studio per tre ore buone
e non
permise a nessuno di entrare, perchè sorrideva e non
riusciva a
smettere. Ora la possibilità che Maragret lo perdonasse era
del
100%.
"Che cosa vuoi?"
Ogni volta che Margaret usava quel tono arrabbiato con lui si sentiva
il babau.
"Camera tua è pronta."
Si limitò a dire Near con il solito tono piatto. La bambina
si
alzò e senza guardarlo si diresse nella sua stanza. Quando
entrò rimase di stucco. Le pareti erano di un giallo tenue,
verdi pisello e azzurre. I mobili erano cambiati. la scrivania era di
un caldissimo color scuro, così come l'armadio a due ante.
Il
lampadario sembrava un sole in mezzo alla stanza. La libreria conteneva
tutte le sue cose e i suoi lavori ben ordinati e sul comodino c'era la
foto dei suoi genitori. Il letto era il pezzo forte. Grande, immenso,
ad una piazza e mezzo. C'erano tantissimi cuscini, verdi e rossi, come
le lenzuola e la coperta. Ed in bella vista... il coniglio di Near.
Alla bambina vennero le lacrime agl'occhi e dovette sforzarsi per non
strillare dalla gioia.
"Buon compleanno!"
Esclamarono Halle, Rester e Jevanni, il più euforico di
tutti.
La piccola si girò, ma non riusciva a dire grazie tra i
singhiozzi. C'erano anche Roger e Near.
"In cucina c'è una torta che ti aspetta e il resto dei tuoi
regali piccola."
Disse Roger sorridendo, ma mantenendo un atteggiamento composto.
"Davvero... sigh... non so cosa dire... sigh."
Era l'8 ottobre, il suo compleanno, ma non pensava che gli avrebbero
mai fatto una festa. Massimo gli auguri. Poi una sorpresa del genere
era del tutto fuori dai calcoli. Improvvisamente la bambina
ripensò alle domande di Near e cercò il suo
sguardo. Non
riuscì ad incrociarlo, perchè il detective se ne
stava
fuori dalla porta e guardava altrove. Così gli
andò in
contro e strattonò il suo pigiama.
"Io non capisco zio Nate."
Gli confessò asciugandosi le lacrime. Prima di rispondere il
detective attese di essere lasciato solo con la piccola.
"Anch'io, ma non mi dispiace. Vorrei davvero che tu non mi vedessi
come..."
Sospirò.
"Sul lavoro, perchè per quanto tu sia intelligenete ancora
non puoi capire. Ma io..."
Non sapeva più cosa dire. Nulla avrebbe avuto senso o
sarebbe servito.
"Voglio davvero..."
Cosa dire?
"Ok zio. E' colpa mia. Ti avevo promesso niente problemi e che sarei
stata all'altezza, ma non ci sono riuscita. mi perdoni?"
E di cosa? Lei non aveva fatto nulla di male se non riflette col
candore tipico dei fanciulli.
"Non hai nulla da farti perdonare. Sono io che ti chiedo scusa. Dovevo
capire quali erano i limiti."
Dopo un momento di imbarazzante silenzio la piccola chiese.
"Come si chiama?"
"Roger."
Era ovvio che si riferisse al coniglio.
"E un'ultima
cosa. A Natale
Isabelle verrà a trovarci. So che siete rimaste in contatto
via
mail, ma immagino vorrai vederla di persona."
Margaret gli saltò al collo ed emise un urletto di gioia.
"Grazie, grazie zio Nate. Sei perdonato!"
Lo sapevo!
"Ci ha riattaccato in faccia."
"Forse..."
"Già... forse... ma non cancella il passato."
"Piuttosto pensiamo al presente. Voglio, devo sapere cosa ne
è stato della mia bambina!"
Note dell'autrice:
E dopo un ritardo di quattro mesi, che mi fa vergognare da morire, ecco
il capitolo 12. Non so cosa scrivervi se non scusa... scusa... e ancora
scusa! Un vuoto di ispirazione, ma vi assicuro che se lo avessi scritto
mesi fa, questo capitolo sarebbe stato un aborto e non mi avrebbe
soddisfatto tanto. Spero sia di vostro gradimento e che soddisfi le
aspettative. -4 all'evento che sconvolgerà la storia.
Prossimo
capitolo non ne parliamo, causa esami che incombono come una spada di
Damocle. Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e le piccole
storie che ho pubbòlicato nel mentre. Per chi non le avesse
viste, sappia che ho aggiunto delle piccole storie a se stanti, molto
smielate, infatti la prossima (te voia a quando) sarà
più
allegra. Così da tappare dei buchi nella storia principale e
per
analizzare meglio alcuni personaggi che fino ad adesso non hanno avuto
molto spazio.
Alla prossima e grazie!
Nadia_92
|
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=924265 |