Nickname:
Only_ (Only_Me)
Titolo:
Ti amo e continuerò ad
amarti
sempre, fino alla morte. (E anche dopo, se esiste davvero un'altra
vita.)
Personaggi:
Charlie Weasley, OC (Julien
Bertrand)
Pairing:
Charlie/Julien
Genere:
romantico,
introspettivo
Avvertimenti:
Slash, One-shot
Rating:
arancione
Citazioni:
"L'amor che move il sole e
l'altre stelle." "E’ latino?" "Italiano,"
disse, "Dante." "Non parlo italiano," "Vuol
dire," disse, "Che l’amore è la più
potente forza del
mondo. Che può fare qualsiasi cosa." {Città degli
Angeli
Caduti. | Io ti amo, Jocelyn. Sono vent’anni che ti amo.
{Città di
vetro.
NdA:
ero partita con l'idea di
scrivere una shot sulla nuova generazione , ma alla fine il mio amore
incondizionato per Charlie mi ha fatta desistere. Ecco, l'amore per
Charlie e per il mio Julien. Una cosa da dire è che
purtroppo non
sono riuscita a trattenermi dal ficcare qua e là altre
citazioni –
parafrasate e non – di quelle che avevate messo nell'elenco
– e
non solo – oltre a quelle scritte qui sopra; mea
culpa, mea maxima culpa
(ah, eccone un'altra! >//<). Per adesso non mi sento di
aggiungere altro, nel caso metterò delle note alla fine
della shot.
Buona lettura!
Ti
amo e continuerò ad amarti sempre, fino alla morte.
E
anche dopo, se esiste davvero un'altra vita.
Quando si
Materializzò nel suo appartamento di Bucarest, Charlie non
riuscì a
fare a meno di notare quanto fosse cambiato, ancora, dall'ultima
volta che si erano visti. Infagottato in quel mantello troppo leggero
per il clima gelido della Romania, Julien si guardò intorno
fino a
che i suoi occhi castani non si posarono finalmente sul suo ospite.
Era sempre
bellissimo, realizzò il domatore sentendo il suo stomaco
contrarsi
dolorosamente, splendido come solo gli occhi di un innamorato
potevano vederlo; si gettò ad abbracciarlo come se venti e
più anni
che si portava sulle spalle si fossero volatilizzati in un istante,
facendolo tornare ad essere un adolescente per qualche attimo.
Julien si
aggrappò alle sue spalle con forza, premendo il volto tra il
collo e
la spalla, inspirando forte. Charlie fece lo stesso, cercando l'odore
caldo della sua pelle sotto quel profumo probabilmente appartenente
ad un costosissimo dopobarba che sua moglie gli aveva regalato come
ultimo, disperato tentativo di convincerlo a restare con lei.
– Charlie, –
mormorò contro la maglia di lana che l'altro indossava per
far
fronte alle temperature polari di quel periodo, affondando di
più le
dita nelle sue spalle. – Mi sei mancato tantissimo,
– continuò
con quel suo marcatissimo accento francese che gli dava un'aria
stucchevole e terribilmente dolce.
– Anche tu mi
sei mancato da morire, – ribatté l'uomo, facendo
scivolare le
braccia sui suoi fianchi. L'abbraccio divenne languido, quasi
malinconico, e Charlie non poté fare a meno di sorridere
ancora una
volta. Le sue parole erano riduttive: prima che Julien tornasse da
lui, si era sentito come se gli fosse stato strappato un arto, come
se gli mancasse un organo senza cui vivere era impossibile. –
Da
morire.
L'ex Serpeverde
spostò il viso dal nido di calore che aveva trovato, alzando
di
nuovo gli occhi su quelli dell'amante e sorridendo a sua volta. Era
felice, davvero felice di poter trascorrere quella manciata di giorni
con lui, era raggiante; Charlie si chiese se fosse l'amore a fargli
quell'effetto. Se era davvero così, si disse, sicuramente
avrebbe
avuto la sua stessa espressione mentre abbassava il volto fino a
baciarlo.
La consistenza
morbida e carnosa delle sue labbra perfette gli fece tornare alla
mente una marea di ricordi, come sempre: la prima volta che l'aveva
assaggiato, su quella sponda del lago Nero, l'ultima volta che aveva
avuto la possibilità di farlo, quando ancora Anaïs
non l'aveva
incatenato a sé con quella maledettissima fede d'oro giallo,
e tutti
i loro incontri clandestini dal giorno del suo matrimonio in poi. Non
era felice di essere solo il suo amante, come
avrebbe potuto?,
ma se vivere
nell'ombra della moglie era il prezzo da pagare per averlo con
sé,
l'avrebbe pagato senza problemi.
La lingua del
franco-inglese si fece spazio nella sua bocca, accarezzando l'altra
con sempre più languore e sicurezza; sentire finalmente il
gusto
della sua saliva, per quanto fosse poco romantico pensarlo,
azzerò
completamente quella piccola parte del cervello di Charlie che gli
diceva di fare le cose con calma. Aveva voglia di lui, di affogare
nel suo odore, di drogarsi del suo sapore cristallino, di lasciarsi
domare dalla sua irruenza delicata. In un lampo di folle
ilarità non
riuscì a non figurare nella sua mente le facce dei suoi
colleghi se
avessero saputo che, proprio lui,
il domatore di draghi soprannominato puerilmente l'Iron Man inglese,
si lasciava sottomettere in quel modo dal corpo di un uomo che era la
metà di lui.
Lo spinse
dolcemente verso la camera da letto, senza alcuna vergogna di
mostrargli quanto il suo desiderio, così accuratamente
celato dai
suoi gesti studiati e morbidi, fosse ricambiato.
– Mi dispiace
così tanto, Charlie, – disse quando, spossati
dalla passione che
avevano consumato con violenza sulle ruvide lenzuola di flanella del
suo letto, separarono a malincuore i loro corpi allacciati. Il
domatore lo guardò, senza capire davvero quello che gli
aveva detto;
si sentiva esaltato, sfinito ed esaltato, e l'odore corposo del sesso
che avevano appena finito di fare non lo aiutava a riprendere la
lucidità. – Mi dispiace costringerti a questa
vita, so che non ti
rende per nulla felice.
Charlie gli
accarezzò il viso morbido, estasiato dalla consistenza della
sua
pelle contro le dita piene di calli, e gli sorrise dolcemente.
– Questo è il
prezzo per averti, Julien, lo sai meglio di me. Non posso chiederti
di rinunciare alla tua vita, non voglio farlo. L'importante
è sapere
che nel tuo cuore c'è spazio anche per me. Io ti amo,
Julien, ti amo
da più di vent'anni ormai. E se tutto ciò che
posso avere sono
questi giorni che ritagli alla tua vita per venire da me... lo
accetto.
Julien gli
accarezzò un braccio, abbassando gli occhi per un attimo ed
osservando con espressione assorta quel tatuaggio che l'uomo si era
fatto subito dopo aver scoperto i propri sentimenti nei suoi
confronti ed essersi allontanato dalla sua famiglia; per quanto
volesse loro bene, non credeva che avrebbero mai capito la sua scelta
di vita.
Charlie vedeva
che Julien non era per nulla rassicurato dalle sue parole, che si
sentiva in colpa, ma prima che potesse dirgli ancora qualcosa
riportò
lo sguardo nel suo, accennando un ghigno molto Serpeverde che, grazie
a Dio!, non
aveva perso con il
passare degli anni.
– Andiamo a
farci una doccia, adesso, non ho intenzione di visitare la
città con
un uomo puzzolente come te al mio fianco.
Il domatore rise
di cuore, trattenendosi dal ribattere per le rime alla sua sfacciata
frecciatina, e si sporse verso di lui per baciarlo ancora una volta.
Camminavano
vicini, Charlie sentiva un suo braccio che sfiorava il proprio ad
ogni passo.
Prepotente, in
lui, cresceva la voglia di toccarlo davvero, di intrecciare le dita
alle sue come aveva sempre sognato di fare; comportarsi davvero come
una coppia di innamorati gli sarebbe piaciuto molto, ma sapeva
perfettamente che era impossibile. Per quanto la comunità
magica
rumena fosse aperta e liberale, al livello del Regno Unito o
addirittura superiore, i Babbani non la pensavano così e
continuavano a considerare l'omosessualità un reato; per
Julien,
tutto sommato, non sarebbe stato un problema, ma soltanto
perché
veniva a Bucarest una volta ogni sei mesi e non ci viveva. Per
Charlie sarebbe stato molto più complicato, Julien lo sapeva
bene, e
per il domatore non era difficile immaginare che si astenesse dal
toccarlo in pubblico per quel preciso motivo.
Nelle strade
incontrarono realtà di miseria e disperazione, bambini che
si
avvicinavano a loro per chiedere denaro in cambio di prestazioni
sessuali; una rabbia cieca si impossessava di Charlie ogni volta che
si trovava a far fronte a quella desolazione, che vedeva i loro
occhietti spenti e sentiva le parole squallide che uscivano dalle
loro labbra. Perché loro dovevano vivere in quel modo,
quando lui
alla loro età era circondato di affetti e passava giornate
intere a
giocare con i suoi fratelli?
Julien era
impressionato quanto lui, Charlie lo sapeva, ma nascondeva l'ira
sotto quella maschera di indifferenza che tutti i Purosangue come lui
venivano educati a portare in situazioni delicate.
– Come fai a
sopportarlo? – domandò ad un tratto, quando sotto
ai loro occhi
una bambina di non più di otto anni uscì da un
vicolo accompagnata
da un uomo con un'evidente espressione soddisfatta in volto. Le mise
in mano qualche moneta, le scompigliò i lunghi e sporchi
capelli
castani e se ne andò come se nulla fosse successo; la rabbia
ribollì
come acido nelle vene del domatore.
– Non lo
sopporto, infatti, – gli rispose, passando accanto alla
bellissima
bambina che sorrideva ingenuamente davanti al denaro guadagnato
vendendo il suo corpo e la sua integrità. – Ma non
posso fare
nulla per fermare queste cose, non da solo. È la
realtà di
Bucarest, questi bambini non conoscono altro e hanno paura di tutto
ciò che è nuovo. Non c'è nulla che
possa far cambiare loro idea.
Non vogliono rischiare di vivere situazioni peggiori, da solo non
potrei fare nulla per convincerli che situazioni peggiori di questa
non esistono.
Julien abbassò
gli occhi sul marciapiede sudicio, infilandosi una mano in tasca; il
domatore lo osservò corrugare appena le sopracciglia, per
pochi
attimo, prima che tornasse a camminare come se nulla fosse.
– Sai che
potresti metterti nei guai, vero? – domandò
Charlie retoricamente.
In tutto il mondo, per legge, non era permesso fare incantesimi su
Babbani, né tanto meno maledirli, se non in determinate e
circoscritte situazioni.
– Ho come
l'impressione che tu l'abbia già fatto parecchie volte,
– commentò
l'altro, sollevando appena le sopracciglia e scrutandolo con un
leggero ghigno sulle labbra. Chissà che maledizione gli
aveva
scagliato contro: conoscendolo, si disse Charlie, non ci era andato
leggero. – E non potevo fargliela passare liscia: sai che
Charlotte
ha dieci anni, come potrei mai permettere ad un uomo di approfittare
così di una bambina più piccola persino di mia
figlia?
Già, Julien
aveva avuto dei figli: la più piccola, Charlotte, aveva
avuto modo
di incontrarla di persona durante una delle sue periodiche visite a
Londra, assieme a Étienne, il fratello maggiore. Diagon
Alley in
quel periodo era piena di ragazzini che compravano l'occorrente per
la scuola, non era stato molto sorpreso dall'incontro; c'era
Anaïs,
con loro, poiché il padre era stato costretto -
ufficialmente - a
rimanere in Francia per questioni di lavoro. Nessuno di loro poteva
sospettare che l'uomo in realtà fosse proprio a Londra, in
un
ostello un po' fuori mano, per incontrare il suo amante; né
potevano
tanto meno pensare che fosse proprio Charlie, quel tizio con i
capelli rossi e il corpo fasciati in abiti di pelle di drago che
avevano incrociato uscendo dal Ghirigoro, a dividere il letto con il
signor Bertrand.
– Perdonami, –
mormorò Julien vedendo il suo volto rabbuiasi di colpo e
comprendendo che l'infelice accenno alla sua famiglia l'aveva scosso.
– Non dovrei parlarti di loro, so che ti ferisce.
Il domatore
scosse il capo, accennando appena un sorriso malinconico, e in un
lampo di follia pensò che sarebbe stato bello baciarlo fino
a
togliergli il fiato, per assicurargli che andava tutto bene. Si
limitò invece a sfiorargli appena le dita coperte dai guanti
con le
sue, prima di riprendere a camminare verso il ristorante in cui
avrebbero cenato.
– Non riesco a
credere che ti sia portato quell'affare proprio qui, –
ridacchiò
Charlie quando, quella stessa sera, tornarono al suo appartamento e
Julien estrasse dalla sua valigia un enorme libro Babbano con la
copertina rigida. – Pensi davvero che ti darò il
tempo di leggere?
L'uomo scosse il
capo con un sorriso, appoggiando la Divina Commedia sul comodino
accanto al letto; si sedette sul materasso e cominciò a
spogliarsi,
sfiorando appena la sua bacchetta per piegare i suoi abiti con un
incantesimo e farli levitare fino ad una poltroncina lì
vicino.
– No, –
rispose infilandosi sotto le coperte calde con il solo intimo
addosso, pur sapendo che la domanda era retorica. Allungò le
dita
per accarezzare la copertina del libro e, quando Charlie si
coricò
al suo fianco, fece lo stesso con il tatuaggio che ornava il suo
braccio. – L'amor
che move il sole
e l'altre stelle,
– sussurrò poi,
senza alcuna apparente ragione, recitando a memoria un passo di
qualche opera e sorridendo appena davanti all'espressione
interrogativa dell'amante.
– È latino? –
domandò Charlie, appoggiando il capo sul cuscino e
osservandolo, non
senza quel sottile timore che lo invadeva ogni volta che dava mostra
della sua ignoranza al compagno.
– Italiano,
Dante, – ribatté Julien, indicando con un cenno la
Divina
Commedia.
– Non conosco
l'italiano, – mormorò il domatore sentendosi
sempre più stupido;
a volte non riusciva davvero a capire perché mai un uomo
colto come
Julien, educato sin dall'infanzia a conoscere alla perfezione
numerose opere letterarie di cui lui aveva sempre ignorato
l'esistenza, avesse scelto di rischiare tutto per stare con un
ignorante come lui. Gli occhi chiari tradirono la sua preoccupazione
e Julien ne comprese subito il motivo.
– Vuol
semplicemente dire che l'amore è la più potente
forza del mondo, –
gli spiegò, senza smettere un attimo di accarezzare la pelle
piena
di cicatrici; le sue dita indugiarono ancora sul tatuaggio. –
Che
può fare qualsiasi cosa, superare ogni ostacolo e vincere
ogni
differenza. Non pensare mai che io sia migliore di te perché
sono
stato costretto a studiare autori come Alighieri, Petrarca o
Boccaccio, – continuò, elencando alcuni degli
autori italiani che
era appunto stato costretto a studiare dalla propria famiglia.
– Tu
conosci cose di cui io ignoro l'esistenza, cose che ti hanno fatto
crescere e diventare l'uomo che sei adesso e di cui sono sempre stato
innamorato, – concluse, risalendo con le dita fino ad
accarezzargli
il viso irruvidito appena dalla barba che quella mattina non si era
fatto: era una bella sensazione, piacevole.
Fu spontaneo
avvicinarsi ancora l'uno all'altro e baciarsi, accendere la passione
che quelle parole dolci e romantiche avevano stuzzicato in entrambi.
– Mi mancherai,
– mormorò Charlie quando, appena quattro giorni
dopo, Julien fu
costretto a tornare a casa. – Mi mancherai da morire, come
sempre.
L'altro non disse
nulla, lisciandosi il mantello leggero che indossava anche la mattina
in cui era arrivato a Bucarest; aveva gli occhi bassi, pareva il
diciassettenne che gli aveva detto addio nel bosco vicino Hogsmeade,
poco dopo la fine del loro ultimo anno a Hogwarts, quando sembrava
che non avessero davvero più nessuna possibilità
di incontrarsi
ancora.
– Ti amo,
Charlie, – sussurrò soltanto, alzando il viso
quanto bastava per
posare un bacio sulle labbra screpolate dell'uomo; sollevò
una mano,
accarezzando il profilo del suo volto e scivolando fino al suo
braccio. Charlie non si mosse, nonostante sentisse il bisogno di
stringerlo a sé un'ultima volta, quando Julien
spostò il volto fino
ad appoggiare la bocca sul punto in cui la lana del maglione copriva
il tatuaggio che simboleggiava i sentimenti del domatore per lui.
–
Ti amo e continuerò ad amarti sempre, fino alla morte. E
anche dopo,
se esiste davvero un'altra vita.
E con quelle
parole si Smaterializzò, lasciandolo Charlie solo ma con la
consapevolezza che, prima o poi, Julien sarebbe tornato da lui.
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