IL
MATERIALE DI CUI SONO FATTI I SOGNI
PRIMA
PARTE: Cristalli.
CAPITOLO
1: Un vestito nero.
Howard si guardò
intorno sorridendo soddisfatto.
Dopo tutto la vita
che aveva lasciato, quella di luci, di sogni e di paillette che erano
stati i Take That degli anni '90, gli era mancata da morire.
Gli era mancato il
casino, quella masnada di gente che gli sorrideva senza nemmeno
sapere chi fosse nonostante tutto, anche se con gli altri si metteva
a fare il cretino, a prendere in giro le fans che andavano in
alberghi che andavano ben oltre le loro disponibilità
finanziare. Quando era un bambino viziato e il mondo lo adorava solo
per qualche sorriso in un giornale. Quando era solo un guscio vuoto e
nient'altro. E pensare che, prima, tante volte, troppe, aveva provato
un senso di nausea per tutto questo. Possibile che bastasse solo
qualche disco in vetta e qualche sorriso su di un poster per far sì
che il mondo cadesse ai tuoi piedi? A quanto pareva bastava eccome. E
grazie a quei dischi, quando non stava giù, quando non vedeva
che le cose non stavano andando come voleva, quando gli eccessi non
erano la regola, quando non era Howard Donald dei Take That, ma
semplicemente Dougie, allora si rendeva conto di vivere il suo sogno
e di aver avuto quello che desiderava davvero nella vita.
Poi quel sogno si era
spezzato.
Ego troppo grandi per
convivere, un giro di soldi non indifferente, un manager un po'
troppo assettato di successo..
E il resto è
storia. Tutti conoscevano l'inferno passato dai quattro finiti nel
dimenticatoio...
Le loro vite
infrante. E per Howard, raccogliere i cocci fu immensamente
difficile. Era caduto in un baratro troppo profondo per poter
risalire da solo.
Pensò alla
morte, ma, forse, per mancanza di coraggio non prese quella strada.
E allora, armato di
forza e di buonsenso, cominciò a risalire la china,
lentamente.
Ricostruì la
sua carriera dalle ceneri della prima. Divenne un dj di discreto
successo, almeno in Germania e in Inghilterra. Alle volte, il suo
nome, quello che era stato, il membro di una delle band più
famose, o meglio, della band più famosa degli anni '90, lo
seguivano -o meglio lo precedevano- e portavano un discreto ma esiguo
numero di fans alle sue serate. Ragazze curiose che volevano vedere
che fine aveva fatto, com'era diventato uno dei ragazzi per cui
avevano pianto come delle pazze non meno di dieci anni prima.
Poi, nel 2005, 'Take
That For The Record', un documentario celebrativo che raccontava le
vite di tutti loro, prima, dopo e durante i Take That; e 'Never
Forget The Ultimate Collection', una raccolta di tutti i singoli, più
un nuovo remix di 'Relight My Fire' e una nuova canzone, 'Today I've
Lost You', scritta da Gary ai tempi di 'Back For Good'...
E di nuovo tutto
cominciò a girare per il verso giusto.
Quella vita che
sembrava lontana, persa per sempre, tornava a loro. Grazie a qualche
bicchiere di troppo e a quella serata passata insieme a guardare il
documentario.
Inutile spiegare come
andò.
Certo che quello che
successe nei mesi che seguirono, Howard lo sapeva, poteva far girare
la testa a tutti. Ma nessuno di loro aveva intenzione di fare lo
stesso errore per la seconda volta. A differenza di Robbie, loro il
fondo lo avevano raschiato, grattato con le unghie e con i denti e,
di sicuro, non volevano per troppa boria, per troppa autostima,
perdere quello che si erano riguadagnati.
Howard era felice,
troppo felice di quello che stava vivendo, per vederlo andare in fumo
un'altra volta. E in quella fortuna ci si cullava, pronto a spiccare
un grande volo.
Ann Belle si guardava
intorno annoiata.
L'aveva invitata
Eloise a quella festa del cavolo, dove tutti sparlavano di tutti e,
all'evenienza, si scambiavano persino baci traditori.
Un mondo fatto di
luci ma di altrettante ombre che lei frequentava saltuariamente, più
per bisogno che per divertirsi. Perché, in quel mondo, c'era
la chiave per sfondare e rompere quella barriera sottile che divideva
il sogno dalla realtà: Ann Belle era un'attrice, o meglio,
aveva studiato, lo era diventata, ma ancora le mancava la cosa più
importante. Il successo.
Aveva studiato alla
Guidhall di Londra, una delle più grandi scuole che, da anni,
sfornava grandi nomi che andavano ad arricchire il mondo del cinema
nazionale e no.
Aveva recitato molte
parti, ma niente che la potesse soddisfare. Niente che aveva reso
polvere di cristallo quella barriera argentea, buttandola tra le
braccia di un mondo dorato dove cullarsi e, perché no, vivere
per sempre.
E pensare che quando
era una ragazzina i suoi sogni erano diversi: sposare un Take That,
Robbie Williams in pole, vivere con lui felice, per sempre, in una
casa fuori Manchester, con tanti cani, gatti e, perché no,
tanti bambini.
Ma a quindici anni
tutto sembra facile, almeno fino a quando la realtà non
infrange quel muro di cristallo che la separa dai sogni (e non
viceversa), e quello che ti trovi di fronte, non sempre, è
quello che ti aspettavi.
E Ann Belle aveva
pagato un conto un po' troppo salato, tanti anni prima. E ancora ne
portava le cicatrici.
Trangugiò un
sorso del suo mojito, mandando giù anche i brutti ricordi, e
si guardò intorno per l'ultima volta. Si era stufata di quella
festa. Ora avrebbe cercato Eloise e le avrebbe detto che "SI, LE
DISPIACEVA, MA DOVEVA TORNARE A CASA, NON STAVA TANTO BENE, NEANCHE..
E POI DOVEVA PARTIRE PER LA REGIONE DEI LAGHI, IL GIORNO DOPO, PER
ANDARE A TROVARE SANDY, SUA SORELLA E VEDERE ANCHE LA SUA NIPOTINA,
PERCHE' NON LA VEDEVA DAL GIORNO IN CUI ERA NATA... E DOVEVA FARE LE
VALIGE E SISTEMARE I REGALI PER TUTTI, NON SOLO I VESTITI...".
Un mucchio di stronzate insomma..
Tutto, pur di
lasciare quel posto... Tutto.
Si guardò
intorno, cercando Eloise, appunto, quando urtò una signora,
facendole cadere il calice di champagne che stava bevendo,
direttamente sul vestito.
Si scusò come
meglio poté, ma in quel momento non sentì che il mondo
dei sogni, entrando in contatto con la realtà, rompeva quella
barriera sottile di cristallo. E non viceversa. E questa era
la cosa più importante.
Qualcuno fece cadere
un bicchiere. Howard che rideva parlando con qualcuno, si voltò
a guardare.
E come quando Nigel
gli aveva detto del documentario, il suo cuore fece una capriola
all'indietro non indifferente.
Stretta in un abito
nero che scopriva completamente la spalla destra, una ragazza dai
capelli castano chiaro, con due incredibili occhi grigio verde, in
equilibrio su tacchi vertiginosamente alti, si scusava con una
signora che, con il volto decisamente segnato dalla rabbia, diceva
che non era successo nulla, senza nemmeno crederci un po'.
Ma la cosa importante
non era quella. No! Era che quella ragazza bellissima, che aveva di
fronte a sé, aveva smosso qualcosa dentro di lui. E non perché
gli piaceva fisicamente. Era abituato a vedere donne bellissime -e
non per vantarsi, ma perché lavorando in quel mondo ne aveva
incontrato migliaia-, ma non era quello che lo sconvolgeva.
Quello che provava
era diverso.
Conosceva quella
ragazza. E non era una sensazione, un deja-vù che lo aveva
colpito richiamando chissà quale esperienza fisica o
metafisica o morfeica vissuta.
Quello che provava
era una certezza matematica.
Lui conosceva quella
ragazza. Anche se arricchito dal trucco e reso più sensuale
dalla maturità di una giovane donna, Howard riconosceva quei
lineamenti.
E sapeva che dentro
quel vestito nero, le curve più morbide di una ventiseienne,
cancellavano quelle di una ragazzina di quindici anni, che lui aveva
conosciuto undici anni prima. Quando le luci brillavano più
forti. Quando lui e gli altri Take That, anche se cantavano il
contrario, si sentivano invincibili. E sapevano di poter avere tutto.
Si scusò con
il suo interlocutore e si allontanò, verso di lei. Verso
quella donna bambina.
Ann Belle si sentiva
una perfetta idiota. Quella zitella acida, nonostante avesse detto
che non era successo nulla, l'aveva tratta come una cretina davanti a
tutta la sala. E come tale l'aveva fatta sentire.
Ed ora più che
mai, si guardava intorno cercando Eloise.
Voleva tornare a casa
disperatamente. Si sentiva, anche se dentro di sé aveva
coscienza che non fosse vero, osservata, derisa, additata dal resto
degli invitati.
Stava evitando con
cura gli sguardi del resto della sala, in un impresa che aveva del
titanico, cercava Eloise, quando..
"E' strano. Ma
ogni volta che t'incontro, ti guardi intorno spaventata..."
Ann Belle si voltò
di scatto e un lampo di sorpresa attraversò gli occhi grigio
verdi. Conosceva fin troppo bene quella voce. Le gambe avrebbero
ceduto, proprio in quel momento se non avesse lottato contro se
stessa per stare su. Era una voce dal passato, quella. E senza un
minimo disturbo, arrivava attraverso un canale invisibile, alle sue
orecchie, come trasmessa da una radio.
Ed era, appunto, da
una radio che voleva sentire quella voce.
Ma forse si diceva
bugie da sola. E la sua sorpresa era la prova tangibile che, quella
voce, le aveva cambiato la vita, tempo prima. Nel bene o nel male, lo
aveva fatto davvero.
Sollevò un
sopracciglio. Voleva apparire sicura. E sollevando il mento,
incrociando le braccia al petto e puntando gli occhi grigio azzurro
di fronte a sé disse:
"Che vuoi?"
Quando
ho cominciato a scrivere questa storia ero appena tornata da Londra.
Avevo deciso di fare una storia che ne contenesse cinque. Una
dedicata ad ogni membro dei Take That. È un po' differente dai
fatti reali. Non parlerò di Dawn, di Emma, di Ayda o di altre,
ma racconterò storie differenti e inventate.
Naturalmente
tutto quello che leggerete qua è pura fantasia. Non conosco i
Take That e non mi appartengono i diritti delle canzoni che troverete
citate qua.
Questa
storia nasce con l'intento di divertire di continuare una storia che
avevo cominciato a pubblicare nel FORUM ITALIANO. E che ancora non ho
finito. Vi auguro una buona lettura.
Niniel.
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