AUTORE: Yukino
TITOLO: I lost my fear or falling
FANDOM: My Chemical Romance
TRACCIA: Gerard sparisce lasciando solo un messaggio in segreteria, e
Frank va fuori di testa. Quando le paure che ci sconvolgono la mente
sono più forti di qualunque altra cosa, non si riesce a vedere
nient’altro, se non il desiderio della Morte. Un incantesimo basta a
risolvere le cose? Frank arriverà in tempo?
GENERE: Drammatico penso, Romantico? Se socchiudete gli occhi e vi
mettete di lato magari ce lo vedete anche voi:p
RATING: Arancione (Perché voglio stare sul sicuro, ma penso potrebbe
essere tranquillamente una Gialla)
AVVERTIMENTI: Slash XD, One shot, paranoie di Gerard. Frank è un
avvertimento?
NOTE: alla fine. Dico solo che questa fic è ambientata nel 2003.
I lost my fear or falling
La discesa,
fatta di disperazioni
e senza risultato
conduce a un nuovo risveglio
che è il rovescio della disperazione.
A quello che non possiamo realizzare, a quello
che all’amore è negato,
a quello che abbiamo perduto nell’aspettativa
segue una discesa,
interminabile e indistruttibile.
-William Carlos William-
Zero, uno, due…
La stanza smette di girare, si ferma e tutto torna a fuoco.
…tre, quattro, cinque…
Lo sporco che si rintana ovunque sparisce e tutto torna pulito,
limpido, puro.
…sei, sette, otto…
La testa smette di pulsare e di fare male, i pensieri smettono di
uccidere.
…nove, dieci, undici…
Il mondo sparisce.
Gerard scuote la testa; non funziona, questo è chiaro. È un incantesimo
che gli ha insegnato sua nonna, da piccolo. Quando qualcosa faceva
paura, quando il buio minacciava di soffocarlo, bisognava sconfiggerlo
in qualche modo, tenerlo lontano. Allora si rintanava sotto le coperte,
tutto stretto, rannicchiato su se stesso come una palla, e recitava
febbrile quella nenia. All’epoca funzionava sempre, si addormentava
sfinito, ancora con gli occhi stretti stretti e il viso bagnato di
lacrime, ma di brutti sogni non ne faceva.
Da grande ha smesso di farlo ormai, o meglio, lo fa molto meno spesso e
ha perso efficacia. L’ultima volta che ci ha provato è stato quando è
morta sua nonna.
Ha desiderato che non fosse successo nulla, di svegliarsi col caffè
appena fatto che Helena gli porgeva sempre, col suo sorriso e le sue
domande su com’era andato il concerto l’altra sera. Non ha funzionato.
Si è svegliato solo, con Mikey che entrava in camera con uno sguardo
più perso del suo e lo vedeva che voleva dirgli qualcosa, qualunque
cosa, ma le parole non erano uscite.
Anche lui ci aveva provato, a fare l’incantesimo, glielo leggeva negli
occhi, e nemmeno nel suo caso aveva funzionato.
Allora avevano smesso di farlo, di provarci, perché non ha senso un
incantesimo che non è in grado di riportare indietro la persona più
importante della loro vita.
Prima di allora aveva sempre funzionato. Aveva desiderato creare
qualcosa di grande, qualcosa che potesse far star meglio le persone
come lui, ed erano nati i My Chemical. Aveva desiderato che Frank
facesse parte della loro band, e lui aveva accettato entusiasta la
proposta. Aveva desiderato diventare la persona più importante per
Frank, e lui aveva messo da parte tutto per seguirlo.
Evidentemente la morte di sua nonna mette fine ai giochi. Basta
desideri, basta incantesimi. La magia è morta con lei.
Il mondo è morto con lei.
Si stringe su se stesso, dondolandosi un po’, cullando i pensieri,
cercando loro un posto dove possano riposare, dove facciano meno male.
-Fanculo- mormora, mordendosi le labbra. Ovviamente non funziona. Loro
sono ancora lì, sono sempre lì, li può sentire agitarsi, distruggere il
suo piccolo universo fatto di certezze che pensava non sarebbero
crollate mai. Avrebbe dovuto saperlo che arriva sempre Lei a mettere
fine a tutto; ai sogni, ai desideri, alla felicità. Arriva la Morte e
tutto si china a Lei, Nera Signora che in un sospiro fa implodere il
mondo e guarda indifferente la sua rovina.
Cerca qualcosa nello zainetto che si è portato dietro, le mani tremano,
la morte è sempre lì. Ha bisogno che faccia meno paura, e se
l’incantesimo non funziona più, ha solo un modo per azzerare tutto.
Quando sniffa la polverina bianca, qualcosa nel petto sembra
distendersi, improvviso. Ecco che arriva il sogno implacabile che
trascina il mondo nel buio, ecco che arriva la parata nera che
finalmente cala l’oblio ai suoi pensieri.
Quasi se la immagina, un corteo deforme e nero, dove le paure della
gente prendono forma e diventano strane creature desolate e tristi.
Quasi si immagina se stesso sul carro che avanza portando la
distruzione, cancellando qualunque paura, facendo avverare gli incubi
più oscuri per poterli finalmente esorcizzare. Ride, isterico.
Sarebbe una bella canzone, quando le mani smetteranno di
tremare potrebbe scriverla. Ora come ora non riesce nemmeno a parlare,
la voce esce roca e bassa, graffia la gola rifiutandosi di obbedirgli.
In quelle condizioni dubita che qualcuno riesca a riconoscerlo, anche
se si decidesse a chiamare i suoi amici.
Ricorda a malapena il messaggio delirante che ha lasciato in segreteria
a Mikey, qualcosa a proposito di diventare il nuovo Jim Morrison. Beh,
è decisamente sulla buona strada. Ancora a bucarsi non è arrivato, ma
non dubita che prima o poi sniffare e basta non sarebbe più bastato.
Forse dovrebbe fermarsi finché è ancora in tempo, come gli ripete
sempre Ray, l’unico con cui abbia parlato sinceramente del suo problema
con la droga e con l’alcool. E con le pastiglie. Gli altri sanno poco e
nulla, spizzichi e bocconi, intuiscono qualcosa, ma sicuramente non
immaginano quanto dentro ormai sia andato.
Mikey ha i suoi problemi con l’alcool da affrontare, con Bob non ha mai
avuto il coraggio di farsi vedere così debole e spezzato. Frank è un
discorso a parte, è un discorso complicato. Vedere il disprezzo e la
delusione nei suoi occhi lo ucciderebbe davvero, ma sarebbe una morte
brutta e dolorosa, diversa dalla morte salvifica che gli promettono le
pastiglie e il resto.
Perché una cosa Ray non ha mai capito.
Lui non è più in tempo. Lui non potrà mai dire di essere davvero in
grado di salvarsi, perché è consapevole con tutto se stesso che
indietro ormai non si torna.
Sente le lacrime uscire, indesiderate ma potenti. Non riesce più a
mandarle via, ormai è perso, il suo corpo non risponde più. Afferra la
bottiglia di Vodka che ha appoggiato accanto al letto squallido di quel
motel, e ne beve un lungo sorso. Forse l’alcool riuscirà a intorpidirlo
ancora. Il muco si incrosta con le lacrime, formando una maschera
disgustosa che non riesce a cancellare. Si asciuga con le maniche della
felpa, ma il naso brucia ed è rosso, anche se tira su il muco, questo
esce lo stesso.
-Fanculo- ripete, più basso stavolta, più disperato.
Puzza di sudore e di alcool, di vestiti bagnati e di disperazione. È
brutto quando si arriva a disprezzare se stessi in questo modo.
Forse la parata nera raggiungerà anche lui, forse riuscirà a spazzarlo
via.
Forse i pensieri riusciranno a fare meno male, forse qualcuno riuscirà
a trovarlo nonostante tutto.
Forse la morte ha risparmiato la magia.
Se solo Frank lo abbracciasse, riuscisse a guardarlo senza provare
disgusto per quello che è diventato. Se solo gli giurasse che tutto
sarebbe andato bene, che lo avrebbe salvato. Se solo lo baciasse e gli
desse un po’ della sua forza, un po’ della sua incredibile volontà di
tirarsi fuori dalla merda che ha minacciato di mangiare anche lui.
Se solo la fottuta bottiglia di Vodka smettesse di cercare di uscire
dal suo stomaco e non si riversasse per terra, in una pozza di vomito
che lo fa piangere ancora più forte.
Dio che schifo.
Che schifo che fa, che è diventato. Non riesce nemmeno ad alzarsi per
andare in bagno, continua a vomitare sul pavimento. Almeno ha avuto la
forza di sporgere la testa e non si è vomitato addosso come al solito.
Si lascia andare sul letto, sfinito.
Spalanca gli occhi mentre Mikey gli fa ascoltare il messaggio,
incredulo. Che cazzo voleva dire? Che cazzo sta succedendo che nessuno
si azzarda a dirgli?
Guarda Bob che scuote la testa, sorpreso quanto lui. Mikey è
evidentemente fuori di testa, continua a piangere e urlare, isterico,
da lui non riuscirà a sapere nulla.
Allora si volta verso Ray. Lui non è sorpreso. Stringe le mani a pugno,
piantandosi davanti a lui.
-Che cazzo sta succedendo?- sibila. Ray storna lo sguardo, mordendosi
le labbra carnose. È a disagio. Gerard deve avergli detto qualcosa, e
deve avergli fatto promettere di non dirlo a nessuno. Ma se solo lui sa
dove cazzo si trova adesso, se solo lui sa cos’è questa follia, e si
rifiuta di dirglielo, allora sarebbe capace di ucciderlo con le sue
mani.
-Gee non sta molto bene ultimamente- dice Ray, a disagio.
Non gliene frega un cazzo del suo disagio.
-Spiega- esorta, il viso una maschera inespressiva.
-Ho promesso di non…-
-Non me ne fotte niente, Ray! Gee è sparito sparando cazzate, è andato
via in autostop per Dio! Potrebbe essergli successo
qualunque cosa, e adesso tu mi dici che cazzo ha!- sbotta infine,
avvicinandosi pericolosamente all’amico, che si ritrae, spaventato da
quello che gli legge negli occhi.
-Non è solo alcool Frank.- si rassegna a dire alla fine. La furia che
legge negli occhi di Frank è molto più spaventosa di qualunque reazione
potrebbe avere da parte di Gerard.
-Ha cominciato a sniffare, abbastanza regolarmente, e prendere
pastiglie perché non riusciva più a dormire. Calmanti per lo più,
ansiolitici, antidepressivi, di tutto. Il fatto è che mischia tutto
assieme, senza criterio. Una mattina è venuto da me, completamente
disfatto e senza voce, non ricordava nemmeno quello che aveva fatto nel
week end. Non riusciva a emettere una nota ed era terrorizzato che
questa cosa rovinasse il tour, di non riuscire più a cantare.-
Per un attimo solo il silenzio gli risponde. Ray ha taciuto sulla
disperazione che aveva Gerard negli occhi, sulle sue mani che tremavano
e sul corpo scosso dai singhiozzi. Ray ha taciuto ma Frank riesce a
leggere ugualmente queste cose e ne è terrorizzato.
Perché non ha mai immaginato che l’amico potesse essere arrivato a
questo punto. Sa che beve troppo, si ubriaca facilmente e va fuori di
testa. Aveva immaginato qualcosa sulle pastiglie, anche lui ne prende
alle volte, e anche lui si risveglia dopo due giorni senza sapere un
cazzo di quello che è successo tanto si è sballato. Ma questo è
diverso. Lui lo fa per sballarsi e basta, Gerard lo fa per scomparire.
-Perché non è venuto da me?- mormora poi, quasi sconfitto dall’enormità
di quello che è venuto a sapere. Di quello che si è rifiutato di
vedere, convincendosi che Gerard sta bene, che è una cosa momentanea,
che se ne sarebbe reso conto se sarebbe diventato un problema. Beh un
problema lo è già da tempo, ma evidentemente lui non è abbastanza in
gamba per fare qualcosa, anche solo accorgersene.
Ray scuote la testa. Non lo sa.
-Conoscendo Gee non è venuto da noi perché aveva paura.- si intromette
Mikey. Ha ascoltato il discorso di Ray senza sorprendersi più di tanto,
la crisi isterica finalmente placata, ma un terrore negli occhi che
Frank non gli ha mai visto.
-Di cosa?- chiede sottovoce, come se le forze improvvisamente fossero
sparite, la sua energia prosciugata.
Mikey scuote le spalle e Frank capisce. Gerard ha paura di così tante
cose che è difficile quantificarle tutte. Paura che non capiscano, che
non gliene importi, che lo giudichino. Un mare di cazzate.
-Cosa facciamo adesso?- sussurra Mikey, le lacrime che si affacciano ai
suoi occhi. Se Mikey è così spaventato allora la situazione è grave. Se
lui che conosce Gerard meglio di tutti ha così paura, vuol dire che non
si risolverà bene.
-Aspettiamo che torni- risponde con fermezza Bob, è rimasto in silenzio
fino a quel momento, non voleva intromettersi in qualcosa di troppo
privato.
-A volte non si può fare altro- conclude, intrecciando le mani.
Frank sente un enorme bolla di angoscia salire nel petto, opprimergli
la trachea e soffocarlo. Aspettare. Non è fatto per aspettare, non è da
lui.
Si siede accanto a Mikey, che è sprofondato nel divano e non accenna ad
alzarsi, quasi che la crisi isterica avuta prima lo avesse prosciugato.
Lui lo sta ancora guardando, aspettando la sua risposta, come se Bob
non avesse mai parlato.
Si morde le labbra, in silenzio.
Mikey pensa che lui e Gerard siano quanto di più simili a due esseri
inseparabili ci siano, che lui deve per forza avere la risposta giusta,
o per lo meno una più soddisfacente di uno sterile: aspettiamo.
Solo che non ne è più così sicuro.
Se davvero la sua amicizia contasse tanto per Gerard, avrebbe superato
le sue paure per chiedergli aiuto. Non sarebbe andato da Ray.
Se davvero lui fosse un buon amico si sarebbe accorto molto prima delle
condizioni di Gerard.
Non è più così sicuro di sapere cos’è giusto fare in quel momento.
Non è così sicuro di sapere cosa dire a Mikey che lo guarda, fiducioso
e sicuro che lui risolverà tutto ora che conosce la situazione.
-Aspettiamo- si rassegna a dire alla fine, sospirando insoddisfatto.
-E nel frattempo giuro che rivolterò questo cazzo di mondo per
trovarlo, ok?- sussurra poi, perché non sopporta lo sguardo così
sperduto di Mikey, non sopporta l’idea che Gerard ne possa avere uno
identico addosso, in quel momento, per cui almeno uno dei due deve
riuscire a toglierlo via.
-Te lo troverò, Mikey- questa volta la voce è decisa e strappa un
sorriso al ragazzo, piccolo ma è già qualcosa. Si rannicchia contro il
suo fianco e Frank lo stringe forte.
Non è Gerard, ma è quanto di più vicino a lui ci sia, un pezzo della
sua anima. Sa che se Gerard gli potrebbe perdonare di non essersi
accorto della disperazione che evidentemente prova, non gli
perdonerebbe mai aver lasciato suo fratello nel caos.
Il vomito si è asciugato, incrostandosi. Ha pagato la receptionist, se
così si poteva definire la ragazza dall’aria un po’ stordita che
l’aveva accolto, per non essere disturbato. Dubitava che l’avrebbero
fatto comunque, quell’motel ha davvero l’aria di essere il posto
perfetto dove prostitute e serial killer vengono a rifugiarsi.
Magari uno di loro lo troverà. Almeno così il desiderio si avvererà. Il
mondo per lui scomparirebbe. Prima o poi avrà il coraggio di farlo da
solo, prendere una lametta e mettere fine a tutto. Il suo corpo sta già
cedendo dopotutto, non ricorda nemmeno da quanto tempo è lì. Forse un
giorno. Due al massimo. Tre?
Impreca, cercando a tastoni la bottiglia nuova di zecca che ha
recuperato dal bar del motel. È svenuto dopo aver vomitato per
l’ennesima volta, e non ha idea per quanto tempo. Forse tutto il
pomeriggio. Gli pare che prima ci fosse il sole che filtrava dalle
tapparelle, mentre ora è buio, quindi dev’essere per forza notte o
sera.
Non ha molta importanza, in ogni caso.
È come essere dentro The wall. Un muro
insormontabile, e lui che si distrugge le mani per cercare di
superarlo, senza mai riuscirci. Qualcuno è in grado di gettare giù il
muro di un folle?
Tutto si è allontanato e non è sicuro che ci sia davvero qualcuno,
dietro quel muro, non è sicuro di essere davvero lui
quello che si trova dall’altra parte. E se ci fossero gli altri invece?
Se lui fosse quello che si trova nel mondo reale e gli altri fossero
finiti dietro un muro invisibile fatto di ipocrisia ed egoismo? Ma fa
poi tutta questa differenza?
No, non pensa.
In ogni caso, giusto o sbagliato, c’è sempre un dannato muro a
dividerlo. A quel punto ogni considerazione su quale sia la parte
giusta diventa pura demagogia. Non esiste una parte giusta, nemmeno una
più sofferente.
Forse ne esiste solamente una più sola.
Gli altri sembrano così lontani adesso… una bolla di nulla a cui non
riesce ad aggrapparsi più. Mikey, Ray, Bob… è tutto sfocato, tutto
senza senso. Non si concede di pensare a Frank. È troppo doloroso.
L’idea di essersi ridotto così, l’idea di averlo deluso
definitivamente. Per quello non ha ancora chiamato.
Quando l’istinto di sopravvivenza si farà più forte della paura del
disgusto di Frank, allora forse riuscirà a farlo, ma spera che quel
momento non arrivi mai. Il suo istinto di sopravvivenza fino adesso
ha riposato sotto coltri di foglie morte e putrefatte, e spera che ci
resti a lungo. Chissà quanto tempo impiegherà per lasciarsi morire.
Senza mangiare, senza bere, senza quasi respirare.
La puzza di urina è l’unica cosa che riesce ancora a sentire,
disgustosa e fortissima. Non aveva la forza di alzarsi e andare in
bagno.
Chiude gli occhi con forza, bevendo un ulteriore sorso dalla bottiglia.
Dio che schifo.
Che schifo.
Non riesce a sopportare l’idea di affrontare un altro fottuto giorno in
quelle condizioni.
La parata nera ormai ossessiona i suoi pensieri, esseri deformi
invadono la sua mente e l’unica cosa che riesce ancora a desiderare è
essere divorato da loro e dare finalmente pace ai suoi pensieri.
Zero, uno, due…
Smettere di respirare
…tre, quattro, cinque…
Smettere di sentire.
…sei, sette, otto…
Smettere di esistere.
…nove, dieci, undici…
Frank?
Frank chiude la chiamata con un ringhio piuttosto frustrato.
Sono passati tre fottuti giorni e ancora di Gerard nessuna traccia.
Cerca di non pensare alla paura che gli attanaglia lo stomaco,
scivolandogli viscida lungo la gola e serrandola. Potrebbe essere
sperduto in chissà quale angolo della fottuta America. Potrebbe aver
persino preso un aereo.
Potrebbe essere morto.
-Cazzo- sibila, sbattendo il pugno sul tavolo. Scopre che non serve a
sfogare la rabbia, però sentire i lampi di dolore invadergli i nervi,
inspiegabilmente gli schiarisce la mente.
Ha chiamato mezza America, tutte le conoscenze che ha e sono
molte. Però non ha ancora chiamato a raccolta tutta la
blogosfera.
È rischioso, non sa esattamente come potrebbe diffondersi la notizia,
però le ha provate tutte ed è stanco, spaventato e nervoso. Non sa più
cosa fare. Vuole solo avere Gerard vicino a sé, vuole accarezzargli la
schiena sussurrandogli che andrà tutto bene e che non è colpa sua.
Vuole fargli scivolare le labbra sul viso, come tante volte ha fatto
nel buio della loro cuccetta, e l’ha sempre fatto perché voleva,
mai per farlo sentire meglio.
È una cosa di cui non hanno mai parlato ma di cui entrambi sono
perfettamente consapevoli.
Solo ora che il terrore di perderlo gli sembra più reale che mai,
riesce ad ammettere tranquillamente che non c’è niente di male a
volerlo in quel modo, che ‘fanculo tutto, loro sono più importanti di
qualunque cosa.
Mikey appare sulla soglia del soggiorno, scarmigliato e con gli occhi
ancora pieni di sonno.
È schifosamente presto ma nemmeno lui è riuscito a dormire per più di
due ore, quindi non si sente in diritto di dirgli nulla.
-Novità?- chiede, ansioso.
Frank scuote la testa e si siede alla piccola scrivania che usano per
il PC.
-Voglio provare a mandare un avviso su internet. Magari qualcuno lo
ascolta e l’ha visto e mi scrive… non so più cosa fare, Mikey- ammette
infine, accendendo nervosamente il Computer e connettendosi.
Sa che non può permettersi di lasciarsi andare con lui, non ne ha
nessun diritto, perché è Mikey suo fratello, è lui quello che deve
essere sostenuto, non è giusto che sia l’opposto.
-Pensi che funzionerà?- chiede Mikey, avvicinandosi a lui e sbirciando
da sopra la spalla i suoi movimenti.
Frank si morde le labbra per non mettersi a urlare. Non ne può più di
dover continuare a ripetere che andrà tutto bene, quando lui stesso
avrebbe un disperato bisogno di sentirselo dire.
-Che cazzo ne so Mikey! Se avessi dei dannati poteri magici come Harry
Potter l’avrei già evocato qui per poi schiantarlo, cazzo!- ringhia
infine, non è riuscito a trattenersi, non è mai stato bravo a farlo.
Si pente subito del suo scatto, non appena vede gli occhi di Mikey
spalancarsi sul volto magro e pallido. Ha due occhiaie spaventose.
-Scusa- mormora poi, passandosi una mano sul volto e premendosi le dita
sulle palpebre.
-Scusa, è che non so. Non so è vorrei sapere, vorrei dirti che andrà
tutto bene ma…- bisbiglia poi, la voce rotta. Fa una fatica immane a
ricacciare indietro le lacrime.
-Ma hai bisogno che qualcuno lo dica a te- conclude l’amico per lui.
Gli passa un braccio attorno alle spalle e rimane così, cercando di
trasmettergli tutto il calore che riesce a tirare fuori.
Frank è consapevole di quanto gli costi non lasciarsi andare a una
crisi isterica ora che lo vede cedere in questo modo, proprio lui,
quello più deciso e sicuro di trovarlo, quello che lo ha sempre
sostenuto in quei giorni. Non si sente meglio, per niente, solo se
fosse Gerard quello che lo stringe riuscirebbe a sentirsi un po’ meno
disperato, ma apprezza lo sforzo, questo sì.
-Dai, ora registro il messaggio.- bisbiglia, respirando profondamente e
cominciando a parlare. Non riconosce nemmeno le parole che dice, gli
sembra tutto meccanico e senza senso, man mano che parla la voce si
spezza sempre di più. Non si è reso conto di quanto parlarne facesse
dannatamente male finché non lo ha fatto.
Termina in un sussurro che si spezza in un singhiozzo, riesce a
malapena a sentire Mikey che chiude il contatto e invia il tutto.
Poi viene stretto in un abbraccio avvolgente e quasi soffocante.
Non riesce a fare a meno di piangere, fra le braccia di Mikey che
sussulta con uguale forza; continua a ripetergli che lo troveranno, che
sta bene, che lo sente. Non è Gerard, ma ammette
che è un abbraccio estremamente confortante e ne ha un dannato bisogno.
Gerard sa perfettamente che è una testa di cazzo a comportarsi in
questo modo.
Sa che Mikey sarà fuori di testa e gli altri saranno dannatamente
preoccupati. Non osa immaginare come sta Frank.
Ma non può impedirsi di esultare quando sente le forze abbandonarlo
quasi del tutto. Non ha nemmeno l’energia per allungare la mano e
afferrare la bottiglia accanto al letto, non sente più la puzza di
vomito, sudore e urina che impregna la stanza. Non sente più nulla se
non la sete divorargli la gola e seccargli le labbra. È l’unica
sensazione davvero viva e potente, e sa che sarà l’ultima ad andarsene.
Finalmente i pensieri però gli danno tregua, finalmente la sua mente
sembra troppo stanca perfino per gettarlo nella solita oscurità.
Sorride, stringendosi su se stesso.
L’oblio sta arrivando, la dimenticanza è alle porte e sarà accolta con
giubilo. Va tutto bene, se lo ripete come una nenia. Sta andando tutto
bene. C’è solo questo pungolo al petto, fastidiosissimo, quando pensa a
Mikey e Frank. Allora cerca di non farlo, cerca di allontanare il
pensiero perché sarebbe l’unica cosa in grado di far vacillare la sua
decisione.
I pensieri ora galleggiano nel vuoto, come una massa di immagini
spezzate che gli si imprimono nella mente con sfacciata violenza.
Lo abbagliano, sembrano tanti flash di altrettante macchine
fotografiche.
Sorride quando vede Mikey a cinque anni, ridere per un disegno che li
ritraeva entrambi come supereroi; fa una smorfia quando rivede la
faccia della ragazza che si è scopato a quindici anni, la sua prima
volta.
Contrae i muscoli del viso quando la figura di Jamia riappare nella sua
mente, costringendolo a ricordare la sensazione devastante che ha
provato nel rendersi conto che Frank era già di un’altra.
Poi sua nonna. Ray. Sua madre. Il loro primo concerto. Lo scantinato
dove si esibivano.
È tutto mischiato assieme, è tutto confuso, forse è vero che quando si
sta per morire si rivede tutta la propria vita, ma Gerard non si illude
che la Morte arrivi tanto presto. Sente il corpo leggero, come se non
esistesse più, ma nello stesso tempo lo trascina a terra, pesante come
non mai. È una sensazione strana, è come quando si fa di coca fin quasi
al collasso, ma è mille volte più forte. Qualcosa lo incatena a terra,
qualcosa che non è il puzzo di urina o di muffa che c’è nella stanza, e
non sono nemmeno le immagini che sta vedendo.
Qualcosa che gli appare violento davanti agli occhi, non più come un
flash fastidioso, ma come una deflagrazione di luce devastante.
Geme di dolore quando tenta di portarsi una mano alla faccia, per
coprirsi gli occhi già chiusi. I movimenti gli sono preclusi, qualunque
movimento. La percezione del corpo torna, come se fosse stato gettato
giù da una rupe e avesse toccato il suolo dopo un volo di mille metri.
Fa male, cazzo se fa male.
Fa ancora più male quando si rende conto di cosa ha visto.
Mani timide e leggere, così diverse da come se le immaginava addosso
nei momenti in cui si concedeva di pensarlo.
Labbra come seta sulla pelle, scivolano sul viso, impalpabili e
delicate, eppure catalizzatrici di migliaia di sensazioni che scoppiano
improvvise. Poi la lingua traccia il contorno della sua, con un terrore
quasi sacro ma senza esitazioni. E tutto quello che si portano dietro,
Santo Dio, tutto quello che sono in grado di fargli provare solo con un
lieve sfiorarsi, solo con le labbra che si chiudono sulle sue. Non è
possibile che nel mondo esista una persona in grado di fargli provare
tutto quello, non può permettersi di dipendere in questo modo dalle
labbra di qualcun altro. Non quando sa che ci perderà il sonno per il
desiderio di riaverle.
Frank.
Cazzo, Frank.
-No, no no- sussurra, la voce sembra non voler uscire più forte, eppure
assume un tono terrorizzato che non aveva mai avuto prima, neppure
quando stava cercando di fuggire da se stesso.
Deve provare a muovere la mano, per prima cosa. Lo fa senza nemmeno
aprire gli occhi, deve ridurre al minimo gli sforzi e aprire gli occhi
al momento è uno sforzo intollerabile.
Prima il mignolo, a fatica. Ci impiega un secolo e fa una fatica
terribile, come se fosse stato in coma mille anni, invece cazzo sono
due, tre forse? Giorni che sta in quel cazzo di letto, non è possibile
che sia già riuscito a ridursi così.
Stringe le labbra, mentre lacrime di frustrazione escono dagli occhi.
Perché ridursi in quel modo è stato così dannatamente facile e
riprendersi sembra impossibile?
Quando riesce a muovere l’intera mano, quasi ha la tentazione di
lasciarsi andare a un urlo vittorioso. Non lo fa perché sa che non
riuscirebbe a fare un cazzo di niente dopo, cazzo di fisico di merda
che si ritrova.
Striscia verso la tasca dei pantaloni, pregando perché il cellulare si
trovi ancora lì. Quando stringe le dita sul metallo freddo, si rende
conto che deve anche provare a parlare, però, se no è fottutamente
inutile tutta la fatica che ha fatto.
Si schiarisce la voce, ma niente. Più di un sussurro spezzato non esce.
Spera vivamente che sia sufficiente se no ci morirà davvero in quella
stanza, e gli sembra quanto meno un destino beffardo, morire ora che ha
deciso di provare a salvarsi.
Il numero di Frank lo compone a fatica, sbagliando tante di quelle
volte da fargli credere di aver accumulato troppo Karma negativo per
quella vita.
Quando finalmente una voce ansiosa e senza la minima traccia di sonno
gli risponde, l’unica cosa che riesce a fare è mettersi a piangere.
-Gee, Gee ti prego…- riesce a sentire, la voce di Frank è così
disperata da strappargli un’ulteriore crisi di pianto. Non ce la fa,
semplicemente non ce la può fare a mettere assieme le parole giuste.
-Dimmi dove sei, ti vengo a prendere, Gee…- lo chiama ancora, lo
implora con un tono così struggente da stringerli il cuore in una morsa
d’acciaio e fuoco.
-Non piangere, non piangere…- continua a sussurrare Frank dall’altra
parte, come se sentirlo lo stesse uccidendo, come se fosse la cosa più
dolorosa che avesse mai sopportato.
È allora che inghiotte l’ennesimo singhiozzo, respirando più
profondamente che può e apre la bocca.
All’inizio non esce nulla, nemmeno un fiato, e lui sta per richiuderla,
rinunciando forse definitivamente, quando lo sente.
Un singhiozzo così forte da sembrare un latrato.
Ma non è stato lui a emetterlo, no lui sta respirando ora, non sta
piangendo.
È stato Frank.
La conferma arriva quando sente una serie di singhiozzi così forti e
strazianti da pensare che il cuore gli si stia squartando nel petto.
-Tu non sai, cazzo, non sai quanto ho sperato… Gee, non puoi farmi
questo, finiscila. Non puoi. Sei un fottuto egoista, stronzo del
cazzo.- geme fra i singhiozzi, Gerard tace ancora e si sente piombare
addosso le parole come macigni. Se le merita e forse saranno le ultime
cose che sente. È un po’ triste che siano insulti, ma è la voce di
Frank a dirli, quindi è anche un po’ dolce, forse.
-Gee farò qualunque cosa. Non lasciarmi, cazzo. Qualunque cosa. Non hai
idea di quanto sia stato vicino a impazzire, non lo sopporto senza di
te, non sopporto nulla senza te. Ti prego… dimmi dove sei- implora
ancora.
È allora che Gerard respira più forte, più deciso. Se Frank può
farcela, a piangere e parlare, a insultarlo e volergli bene allo stesso
tempo, allora lui può sussurrare il nome del Motel.
E lo fa.
-Arrivo Gerard. Non chiudere la chiamata, non chiudere.- Gerard
obbedisce, è troppo sfinito per riuscire a fare altro. Sente rumori
dall’altra parte, Frank si dev’essere alzato dal letto. Si prepara e
intanto parla con lui, un po’ lo insulta, un po’ gli dice cose che non
pensa minimamente di meritare, facendosi bastare come risposta il suo
respiro e i suoi singhiozzi, sempre più forti a ogni parola.
Il rumore della macchina invade il suo orecchio e vorrebbe dirgli che
non può guidare e parlare al telefono, che è pericoloso, ma non riesce
ancora a emettere un suono, quindi si rassegna e continua a stringere
spasmodico il telefono e piangere.
Zero, uno, due…
…
…tre, quattro, cinque…
…
…sei, sette, otto…
Muoviti cazzo.
…nove, dieci, undici…
Frank. Frank. Frank.
Chiude la comunicazione quando arriva davanti al bancone della
reception e Gerard non è in grado di dirgli il numero di stanza. Ha
guidato ore, è un miracolo che a quell’ora della notte sia riuscito a
connettere abbastanza da ricordare dove cazzo si trova quel Motel e
fare la strada giusta.
I singhiozzi di Gerard sono scivolati sempre di più nel nulla, sempre
più sfiniti, sempre più deboli, e lui è terrorizzato da questa cosa. Ha
continuato a parlare, facendo scivolare via cose che non avrebbe
ammesso nemmeno sotto tortura, ma ora non ha più importanza. Non sa di
preciso quanto ha rischiato di non vederlo più, ma
dal modo in cui piangeva, suppone davvero tanto. Non voleva rischiare
che non lo sapesse, quindi ha buttato fuori tutto. È consapevole del
fatto che probabilmente Gerard non ricorderà una parola, forse nemmeno
le ha sentite, però il solo fatto di averle dette lo fa sentire meglio,
quindi va bene così.
Si fa dire la stanza giusta e corre lungo il corridoio come un
forsennato, rischiando di spezzarsi una gamba con le curve al limite
che fa e gli ostacoli che devia, ma deciso ad arrivare prima possibile.
Gli Hotel cazzo. Lui aveva chiamato tutti i dannati Hotel, non
immaginando nemmeno che Gerard potesse rintanarsi in una topaia come
quella, invece ha sbagliato per l’ennesima volta, e continua a
maledirsi per quello.
Spalanca la porta con forza, scardinandola quasi, e trattiene il fiato
davanti alla puzza che lo assale.
Fumo, sudore, alcool, vomito e qualcos’altro che non riesce a capire
subito.
Vede le bottiglie disseminate lungo la stanza, una quantità
incredibile, e tracce di polvere bianca sul comodino. Impreca un po’
quando i suoi occhi corrono sulla figura rannicchiata sul letto.
Capisce cos’è la puzza indefinibile quando vede i suoi pantaloni
bagnati. C’è del vomito secco a terra, e del vomito fresco sul letto,
accanto a lui. Cristo Dio, si è pisciato addosso.
-Gee…- sussurra, liberandosi finalmente dallo stupore e correndo
accanto al letto, evitando il vomito e ignorando la chiazza scura sui
suoi pantaloni. Non gliene fotte un cazzo, niente di niente, in quel
momento vuole solo sentirlo, abbracciarlo, picchiarlo e baciarlo fino
allo sfinimento.
Gerard muove appena la testa, mugolando. Gli occhi sono chiusi ma deve
aver riconosciuto la sua voce perché sorride lievemente.
Frank si getta contro di lui prima che Gerard riesca a fare qualunque
altra cosa, persino avvertirlo di non toccarlo in quelle condizioni.
Stringerlo fra le braccia dopo tre giorni di agonia e paura, è la cosa
più dolce e dannatamente perfetta che potesse sognare, figurarsi se gli
frega qualcosa delle condizioni in cui è.
-Dio ho avuto così paura- sussurra, la testa premuta sui suoi capelli
neri e le mani piantate nelle scapole. Lo ha sollevato dal letto dallo
slancio che ha avuto, ma Gerard non se ne lamenta, anzi, si stringe a
lui più forte, aggrappandosi debolmente alla sua maglia e premendo la
testa contro il suo collo.
Non smetterebbe mai di stringerlo, perché Gerard non lo sa, ma la cosa
che lo ha tenuto in piedi quei giorni, che lo ha spinto a rivoltare il
mondo per trovarlo, fino a mandare un messaggio su internet, è proprio
questo istante.
L’immagine del momento in cui lo avrebbe abbracciato e lo avrebbe
tenuto al sicuro fra le sue braccia, stringendolo fino a fondere i
confini dei loro corpi per non permettergli più di sparire in quel
modo.
-Scusa- sussurra Gerard, la voce di carta vetrata. Non riesce a dire
altro, ma Frank scuote la testa.
-Qualunque cosa… non ti lascio, Gee. Verrai a stare con me e Mikey, non
ti lascio, non ti lascio.- continua a ripetere come una nenia, come a
volersi rassicurare che davvero vada tutto a posto, che Gerard sia lì
fra le sue braccia.
-Ha funzionato- sussurra poi Gerard, quando è nel bagno, stretto a
Frank che lo sta spogliando per fargli fare una doccia. Non ha vestiti
puliti e l’idea di fargli rimettere quei pantaloni lo nausea, ma non ha
altra scelta. Però una doccia gli farà dannatamente bene, quindi lo sta
spogliando, senza la minima traccia di malizia perché, beh, la paura
che ha preso deve avergli inibito gli ormoni.
-Cosa?- chiede poi, quando gli ha tolto la maglietta, scompigliandogli
ulteriormente i capelli neri che ricadono attorno al viso pallido.
Non ce la fa nemmeno a stare in piedi, si è dovuto sedere sul water, e
il tragitto verso il bagno ha dovuto praticamente trascinarlo.
È completamente senza forze e non ha la minima idea di come sia
riuscito a ridursi così, e nemmeno la vuole avere. Le condizioni in cui
ha trovato la stanza sono un indizio sufficiente per fargli perdere la
voglia di saperlo nei dettagli.
-L’incantesimo di nonna- risponde Gerard dopo un po’, guardandolo negli
occhi, per la prima volta da quando è arrivato.
-Ho desiderato che tu venissi…- conclude, facendogli un sorriso così
storto e dolce, da attirarlo come una calamita.
Ignora le proteste di Gerard sul fatto che non dovrebbe assolutamente
nemmeno pensare di baciarlo, con il sapore che deve
avere adesso la sua bocca. Lo ignora e lo fa, perché Gerard non
capisce. Non capisce quanta paura ha avuto, quanto stia ringraziando
Dio ogni istante per aver dato a Gerard la forza di chiamarlo, e non
lasciarsi semplicemente morire.
Gli succhia le labbra screpolate, sentendosi scoppiare dentro il petto
un calore che parla della sua volontà di proteggerlo, impedendo che una
cosa del genere si ripeta. Gli prende il viso fra le mani, avido, gli
accarezza frenetico le guancie tonde e gli fa piovere sul viso mille
piccoli baci. Non sono teneri, né dolci, sono, in un certo qual modo,
terrorizzati.
Prende piccole porzione di pelle fra le labbra, succhiando piano, con
un ansia proporzionale alla paura che ha avuto, e sente Gerard
arrendersi fra le sue braccia, e con un sospiro abbracciarlo, ancora
debolmente.
Mille marchi, mille segni e mille lividi, anche sul cuore, soprattutto
sul cuore. Forse se gli lascia addosso abbastanza segni Gerard se lo
ricorderà, di non essere solo, di poter contare su di lui. Di essere
suo. Gerard si ricorderà che non deve fare mai più cazzate
come questa.
Si impossessa della sua bocca quasi con violenza adesso, aggressivo e
impaurito, man mano che lo bacia l’ansia, invece di placarsi, sale.
Il suo sapore gli esplode dentro e addosso, accecandogli il cervello.
L’unica cosa che riesce a fare è ringhiare sulle sue labbra, mentre
Gerard mugola, morbido e arrendevole contro di lui. Pensare che ha
rischiato di non vederlo più, cazzo, mai più, mai più. Di non sentire
mai più le sue labbra aprirsi in questo modo, le sue mani stringerlo e
la
lingua cercare la sua con un abbandono e una fiducia quasi oscena.
Quindi un bacio non può calmarlo, nemmeno scopare probabilmente
potrebbe.
Ora che l’ha trovato, ora che l’adrenalina che l’ha tenuto in piedi e
l’ha mantenuto abbastanza lucido da sapere cosa fare, sparisce, si
ritrova senza forze lui stesso, a tremare fra le braccia di Gerard, non
riuscendo a staccarsi da lui. Mai come in quel momento ha sentito il
peso degli anni che lo dividono da Gerard, mai come in quel momento si
è sentito un ragazzino, totalmente inadeguato a
sorreggerlo e proteggerlo.
-Non me ne vado- sussurra Gerard al suo orecchio. Al contrario di
quanto ha fatto con Frank, il bacio deve aver calmato Gerard. Le sue
mani sono ferme e non tremano, la sua voce è ancora un sussurro ma si
sta riprendendo rapidamente. Frank si chiede come diavolo faccia, a
farlo sentire così. Non dovrebbe riuscirci. Non sta scritto da nessuna
parte che un ragazzo ridotto nel suo stato, seppure trattandosi di
Gerard, riesca a sembrare così dannatamente rassicurante.
Annuisce, calmandosi un po’, chiudendo gli occhi per non guardare
quelli verdissimi e lucidi di Gerard, perché sa che se lo facesse
avrebbe un’altra crisi, e non vuole. Ci sono cose che la forza da sola
non basta a proteggere, questo lo sa perfettamente, però vuole lo
stesso diventarlo. Vuole diventare così forte da non ridursi più così
per nessuno, vuole diventare così forte da indurre Gerard ad andare da
lui, non fuggire in autostop. Ha paura ad ammettere molte cose, Frank,
ma è sempre stato onesto con se stesso, ai limiti del masochismo,
quindi quando questo pensiero si affaccia alla sua mente, lui non può
semplicemente mandarlo via. Ne deve per forza prendere atto. La
consapevolezza di quello che un pensiero del genere comporta, arriva
come un treno lanciato a folle velocità e per evitare che lo prenda in
pieno petto non ci sono molte soluzioni.
Sa che Gerard non è pronto ad affrontare una cosa del genere, per
quanto lui pensi che in realtà sia molto più forte di quanto non dia a
vedere, per cui deglutisce a fatica e si stacca da lui, lentamente.
-Dai, doccia adesso. Intanto io lavo i pantaloni e li mettiamo sul
termosifone ad asciugare.-
Gerard lo guarda, interrogativo. Sicuramente si aspettava una reazione
diversa.
Annuisce, alzandosi in piedi a fatica e lanciandogli uno sguardo ancora
un po’ sperduto.
-Tu non vieni?- sussurra, incerto.
Non è la cosa giusta da fare, lo sa perfettamente. Gerard si aggrapperà
a lui però lui non è ancora così forte da sostenerlo, si farà male, si
faranno male entrambi. Non deve dargli appigli così evidenti, non deve
dargli armi così potenti per riuscire a distruggerlo. Sa che non lo
farà apposta, ma Gerard Way è fatto così. Egoista ed egocentrico, a
modo suo gli vuole bene davvero, ma se glielo consentirà lo trascinerà
con sé. L’ha già fatto e il terrore che ha provato in questi tre giorni
ne è la testimonianza. Vorrebbe dirgli che non è di scoparlo sotto la
doccia che ha bisogno, che lui ci sarà sempre, che lo accoglierà
perfino a casa sua, che però non basta, che deve chiedere aiuto, che
deve andare da uno psicologo o qualcosa di simile. Che lui non è
abbastanza forte per tirarlo fuori da quella merda da solo.
Però le mani di Gerard hanno ripreso a tremare, notando l’incertezza
negli occhi di Frank, ed è una visione che non riesce a sopportare.
Mentre si spoglia e lo raggiunge, pensa che questa è la testimonianza
più grande della sua debolezza.
Mentre Gerard lo bacia pensa che non è giusto però che sia così. Che
non vuole che Gerard diventi l’emblema umano del suo fallimento, che
non se lo meritano, nessuno dei due se lo merita.
-Diventerò forte Gee- sussurra, mentre le mani di Gerard scendono ad
accarezzargli la schiena.
-Diventerò così forte che niente potrà più farci sentire così-
Sussurra ancora, e ancora, mentre Gerard geme piano al tocco delle sue
dita sul collo e poi sul torace.
-Non credo ai supereroi- mugola Gerard, glielo soffia nell’orecchio,
mentre si preme contro di lui e basta. Forse dopotutto non vuole
scopare. Forse lo sa anche lui che non basta, che non è quella la via.
-Credo che la tua debolezza sia perfetta. Non ti avrei mai chiamato
altrimenti. Sono le tue imperfezioni che mi hanno salvato.- lo guarda e
Frank sa che non ha finito, quindi tace.
-Mentre ero svenuto… ho ricordato la prima volta che mi hai baciato.
Come tremavi, la paura fottuta che avevi. Come però l’hai fatto lo
stesso, come hai rischiato che io ti buttassi giù dal letto e ti
rovinassi la vita. Lì ho capito che sono un coglione, che non sono solo
io ad essere terrorizzato, a dover affrontare ogni giorno tutta la
merda che il mondo lancia addosso. Che anche tu eri spaventato, che
anche tu avevi bisogno di me. Non è la forza Frank. È il sapere che
siamo tutti così soli e spaventati, uscire dal proprio fottuto egoismo
e aprire gli occhi, smettere di essere così ipocriti da pensare di
essere i soli a soffrire e rendersi conto che il mondo non è una
dannata gabbia ma può essere affrontato. Se anche tu hai paura, se
anche tu ti senti soffocare, va bene. Va bene così perché non saresti
qui altrimenti.-
Frank si morde le labbra, spalancando gli occhi. Solo ora si ricorda
cosa l’aveva tanto colpito all’inizio di lui. Questa capacità assurda
di penetrare nelle persone, nella sua testa, di essere spietato con se
stesso e con gli altri, però di consolare e portare calore nello stesso
modo.
-Accettare le proprie debolezze e non combatterle, quindi- dice Frank.
Non cerca una conferma; Gerard si perde ogni volta in mille giri di
parole per esprimere un concetto che ne richiederebbe solo dieci, però
ormai ha imparato a seguirlo.
-Guardarsi in faccia e trovarsi orribili, sporchi e disgustosi, ma
arrendersi a far entrare quell’essere disgustoso nella propria immagine
di sé, perché è l’unico modo per trasformarlo in qualcosa di bello-
Frank sorride, premendosi a lui e lasciando che l’acqua scorra addosso
ad entrambi. Non è cambiato niente da prima, sa che Gerard ora parla
così ma domani è perfettamente capace di tornare a bere in un angolo
sporco del Van. Ma è quel momento che conta. Sono quelle parole che
l’hanno salvato dall’angoscia, e se la sua paura è stata in grado di
salvare Gerard, allora forse è vero che va bene averne.
Va bene avere paura, va bene essere stupidi e deboli, va bene essere
terrorizzati. Mentre lo pensa un sospiro di sollievo lascia il suo
petto e si sente più leggero. Sarà ugualmente un inferno per loro due,
prima che Gerard ne esca, ma adesso sanno di essere in grado di
affrontarlo.
Gerard non scapperà più e lui non smetterà di avere paura. Forse in
questo modo riusciranno a salvarsi entrambi.
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NOTE: è stato difficile scrivere questa storia perché non capivo
esattamente dove volevano andare a parare Frank e Gerard. Sapevo come
doveva svolgersi, cosa sarebbe accaduto, ma non avevo idea del rapporto
che avevano e come si sarebbe evoluto, né tantomeno avevo idea che
volevano fare un discorso simile sulla debolezza e sulla paura.
È stato bello scoprirlo mentre scrivevo ^O^.
Comunque. È vero che in rete circola un audio di Frank, risalente al
2003, che chiede aiuto per ritrovare Gerard, sparito da tre giorni
lasciando solo un messaggio in segreteria dove diceva che andava a
diventare il nuovo Jim Morrison e che se ne sarebbe andato in autostop.
La voce di Frank è davvero seria e molto tesa, gira anche su you tube,
ascoltatelo se potete. È vero anche che per un periodo Mikey e Frank
hanno abitato assieme. Come tutti sanno il periodo di droga e alcolici
per Gerard finirà solo nel 2004, quindi aveva ragione Frank, ne
passeranno ancora tante, prima di uscirne. L’accenno a The Black
Parade, è appunto solo questo: un accenno. Non era stata scritta
all’epoca, era in lavorazione Revenge, non Parade, però mi piaceva
l’idea che fosse comunque una traccia a cui Gerard pensava da tempo, se
la coccolava nella mente e aspettava che crescesse, nutrendola per
quando sarebbe stata pronta a venire alla luce. Come faccio io per
tutte le mie fic praticamente :P. Bene, questa fic partecipa al contest
delle situazione di Akane, che ha dato il permesso di postare. Non so a
che posizione arriverà, voi incrociate le dita ^O^.
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