Eravamo felici, insieme. Sono stata una stupida, una
bambina. Per una stronzata così adesso non posso
più abbracciarti, amarti, baciarti, stringerti e farti
sentire importante come una volta.
Ricordi quando eravamo nel fiore dei nostri anni? Era estate, era
finito il liceo. Ci eravamo incontrati lì per la prima volta
e subito di te mi aveva colpito il modo in cui raccontavi le tue
fantasie, sarei rimasta per ore ad ascoltarti e ne ho avuta l'occasione
tempo dopo. Ci eravamo presi un appartamento, discreto e con il minimo
indispensabile ma a noi andava bene così com'era. A te
bastava un pezzo di carta e un pennello con un po' di colore. Io non
ero così fissata con l'arte come lo eri tu. I tuoi occhi
quando prendevi una matita o un pennello in mano e iniziavi a disegnare
cambiavano, si trasformavano e irradiavano tutto ciò che
c'era attorno fino a renderlo solo una massa uniforme e imponente di
fronte a quello sguardo.
Sì, ero innamorata di te. Penso di esserlo ancora,
innamorata di un ricordo.
Ricordi quando rubavamo gli alcolici ai tuoi genitori e poi ci
arrampicavamo su fino a salire sul tetto? Rimanevamo lì per
ore, anche se faceva freddo. Restavamo lì sdraiati e
guardando le stelle parlavamo del nostro futuro, come se ne sapessimo
qualcosa. Ci piaceva sognare, eravamo dei sognatori, solo due semplici
sognatori che si erano promessi di mettersi contro il mondo. Due soli
contro il resto.
Ricordi quando mi avevi portata ad una festa? Indossavo un vestito rosa
perla, quello che ti piaceva tanto. Ogni volta che lo mettevo mi
chiamavi Principessa, ed ero così, la tua Principessa. Ci
eravamo sistemati in una stanza lì accanto, ci eravamo
sdraiati su un materasso e lì, al lume di candela, avevamo
fatto quelle promesse. Solo noi potremo ricordarcele per sempre. Come
giuramento ci eravamo incisi quel cuore sul braccio. Ce l'ho ancora. Mi
ha fatto male, per molto tempo. Era il tuo ricordo che mi faceva male.
Avevo solo buttato del colore rosso su quella tela. Per ripicca. Mi
rendo conto solo ora di quanto io sia stata stupida quel giorno.
Non sapevo che cosa dipingere, quella era una tela troppo grande e io
ero senza un'idea. Allora tu mi prendesti la mano e scarabocchiasti
qualcosa su quella tela. Non so perché la rabbia
iniziò a crescermi dentro. Presi il tubetto di colore e ti
schizzai macchie rosse sulla tela, come il sangue che cola dalla ferita
di un guerriero. Dopo di quello te ne andasti. Io mi rinchiusi dentro
quella stanza buia e iniziai a piangere, continuai a piangere. Sembrava
che quel pianto non volesse finire. Le lacrime continuavano a scendere
ma il dolore non calava. Anzi, quel dolore dentro non faceva altro che
aumentare, cresceva dentro di me e si nutriva di ricordi. Quei ricordi
che avidamente conservavo dentro di me in quel momento salivano e
uscivano dal mio corpo sotto forma di lacrime. Non riuscivo a smettere.
Solo qualche giorno dopo arrivai a conoscenza della tua morte.
Tutti i giorni, da quel maledetto giorno, prendo l'auto e guido fino a
quella staccionata. Non sto lì più di due minuti
ma quei due minuti mi bastano per vederti e per versare un'unica
lacrima. In quella lacrima c'è tutto l'amore che non ho
potuto dimostrarti. In un'altra vita sarei stata la tua ragazza,
avremmo mantenuto le nostre promesse. In un'altra vita avrei fatto in
modo che tu restassi così non avrei dovuto dire che sei
stato tu quello che se n'è andato.
Tua per sempre, Katy.
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