Ho paura di crescere

di I love magic
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Ho paura di crescere. E questo è tutto quello che so. Sì, ho paura di affrontare il mondo, paura di dimenticare come si sogna, paura di abbandonare i libri di fantasia in cassetti impolverati, paura di dimenticare come si vola...
Cammino lungo un marciapiede di periferia, cercando di non pensare a niente, ma è più forte di me. Non posso rinunciare a pensare alle pagine sempre aperte di un libro che parla di echi e polvere di stelle, di foglie secche e gocce di pioggia sul viso, di alberi mormoranti e ombre rumorose…
Ho in mente degli spezzoni di ricordi che continuano a girarmi in testa come dei flash, portando ad alcuna conclusione. Eppure ogni volta che me li ritrovo sugli occhi mi creano una sensazione di libertà, in tutti i sensi. È qualcosa che non ho mai provato prima. O forse l’ho provato ma ho dimenticato come si faceva a sentirla… Quelle immagini mi vengono in mente il più delle volte quando sono nel dormiveglia, o quando sto leggendo un libro… e anche adesso.
C’è un bambino, o un ragazzo, non saprei dire, che si gira verso di me e comincia a sussurrarmi qualcosa… Ma appena mi accorgo di avere questo flash nella mente scompare, lasciando intorno a me solo il buio…
Ma tanto non importa, perché il mondo sta obbligandomi a crescere, senza che io me ne renda conto. Non importa più niente. Niente di niente. Sono imprigionata in una gabbia di diamante, che mi sottrae giorno per giorno l’aria necessaria per vivere i miei giorni oscuri e bui come l’inchiostro. Non c’è nessuna via d’uscita. Dopo averne provate tante, non credo più a niente.
Ecco, ora comincia a piovere. E si sta facendo anche buio. Ma tanto cosa importa? Anche se tornassi a casa, zuppa o no, la mia vita sarebbe quella di sempre, nera come una notte senza stelle, come quella di adesso.
Come faccio a cercare di crescere… senza crescere...?.... Ormai ho diciassette anni… diciassette anni… che sono passati come il vento fresco di una sera d’estate… come un giorno di pioggia in cui si sta aspettando che esca il sole… Questi maledetti anni sono passati per colpa del tempo, che non ha mai pietà per nessuno… nessuno …
Non c’è un’anima in giro, solo io e… no, dev’ essere stato solo uno di quei miei flash… eppure credevo di aver visto qualcosa muoversi nell’ombra… che possa essere un animale? No, di certo, era troppo grande… E allora cosa avrebbe potuto essere…?
Mentre mi alzo comincia a piovere più forte, e io comincio ad essere più zuppa di una spugna.
Cerco fugace con gli occhi quel “qualcosa” e vedo che si è rifugiato sotto il primo albero che è riuscito a trovare, all’inizio di un bosco.
Mi avvicino cauta, col cuore in gola. Che cosa avrei dovuto dire? Un istante dopo la risposta mi è chiara: avrei dovuto parlare con il “linguaggio umano”, dato che a quanto pare quello è un ragazzo. Purtroppo non mi è molto chiaro il concetto di “parole”: un ragazzino, nel bel mezzo della pioggia, appoggiato con la schiena contro un albero, con il viso affondato nelle braccia incrociate, che ci fa tutto solo?
Ma le parole vengono fuori da loro: << C-che ci fai qui piccolo…? >>
Il ragazzino fa un balzo per lo spavento e indietreggia per qualche metro da me.
Beh, a chiamarlo ragazzino non era proprio il termine esatto. Almeno per me, perché a guardarlo deve avere più o meno la mia età. Anche se le lacrime che sgorgano silenziose sul suo volto lo rendono più… più bambino.
Mi pare di averlo visto già da qualche parte… ma dove…? << Va via!! >> grida il ragazzo, con una voce impastata che fa capire il suo pianto disperato durato ore, se non giorni. Eppure questa voce mi fa venire in mente ricordi che ho vissuto, ma che non hanno forma.
<< Perché? >>
<< Perché… non puoi capire!! >>
Dopo aver detto questo, il ragazzo prende qualcosa da dietro la schiena e comincia a suonare.
“Ma… questa melodia io l’ho già sentita… “
Nella mente mi si affollano flash, immagini, ricordi e quant’ altro, come un film.
Tutto il contesto non ha alcun senso. Non è possibile, cioè… non… non è possibile!
Ma finalmente ho capito a cosa appartengo. O meglio, a chi. << C-come ti chiami? >> chiedo.
<< E tu come ti chiami? >> mi grida il ragazzo.
Comincio a piangere, anche se non si nota, a causa della pioggia scrosciante che cade.
<< Wendy Moira Angela Darling…>>
Per un istante che a me parve un secolo, guardo Peter negli occhi mentre lui guarda nei miei.
Ecco chi era quel ragazzino dei miei sogni, dei miei ricordi. Ma se non ti ho rimembrato… allora voleva dire… che avevo deciso di dimenticarti…?
Mi torna per la prima volta da tanto tempo, quella sensazione di libertà che provavo solo con te, quella sensazione che mi fa capire che i sogni si possono avverare…
Peter si alza lentamente. È comunque sempre più alto di me. << E tu… tu… sei Peter… non è vero? >>
Lui non dice niente, ma continua a guardarmi negli occhi.
Nello stesso istante che le nostre menti si collegano Peter mi abbraccia, e io ricambio. Non è un abbraccio rassicurante, né confortante, ma affettuoso, pieno d’amore. Un abbraccio che un Peter bambino non avrebbe potuto fare.
Tra la pioggia, l’abbraccio e le lacrime chiedo: << Perché hai deciso di crescere Peter? Non dicevi che volevi per sempre rimanere bambino e divertirti? >>
Questa volta la voce di Peter non era un urlo, ma un sussurro: << Certo che l’ho detto. Ma tu mi hai gridato che quello era il mio facciamo finta più grosso… >>
<< Ma tu eri l’eterno bambino, io ho sofferto cercando la seconda stella a destra fuori dalla finestra!! Finchè mio padre non l’ha chiusa…>> e con questo soffoco un singhiozzo e mi mollo dalla stretta di quello che qualche anno fa voleva essere un bambino per l’eternità.
<< E’ stato a causa tua che ho deciso di diventare grande >> conclude.
<< A causa mia? >>
<< Sì!! Quando sei andata via non ho passato un minuto, un secondo a non pensare a te. Così ho deciso di venire a cercarti, ma era troppo tardi. La finestra era chiusa >> mi lancia uno sguardo, credo che in quel momento mi odiasse. Poi continua: << E allora mi sono detto che non ne valeva la pena continuare ad essere un bambino per sempre, perché la mia vita era ormai conclusa, senza di te >>
Peter mi odia davvero. E mi odio anch’io. Se solo non gli avessi dato quel… ditale… ora sarebbe ancora un bambino.
Io, che ho desiderato per tutta la vita, o almeno, da quando ho dimenticato Peter, di non diventare adulta, ho costretto l’eterno bambino a diventare grande. Mi odio con tutto il cuore per aver fatto questo. Mi odierò per il resto della mia vita.
In questo momento sembra che Peter mi stia leggendo nei pensieri.
<< Perché l’hai fatto Wendy? Che cosa mi hai fatto diventare? Sono… sono adulto!!! Ho dimenticato come si fa a volare… >>
Peter si accascia a terra e continua a piangere ininterrottamente. È il pianto più triste che abbia mai sentito.
<< Peter… ti prego… ti prego perdonami!!>>
In quel momento lo abbraccio così goffamente da farlo cadere a terra e sento qualcosa di caldo proprio nel posto dove si trova il suo cuore.
<< Peter… tu sanguini!! >>
Ma non fa in tempo a dirmi il perché che il suo respiro si blocca.
<< Peter..? Peter… PETER!!!! >>
<>
Il mio cuore fa un balzo.
<< T-ti prego… promettimi una cosa…>>
<< Qualsiasi cosa Peter, ti giuro sul mio cuore!!! >>
<< … comincia a scrivere un romanzo… >>
<< Ti prego, Peter…. Continua…!! >>
<< … e… concludi dicendo… che Peter Pan è nel cuore di ogni bambino……>>
<< Peter!! >>
<<… sta solo aspettando la… notte… in cui quella stella… brillerà… e sarà pronto… per l’Isola Che Non C’è… >>
Prima che chiuda gli occhi, gli sussurro che manterrò la promessa.
Non doveva finire così. Il mio cuore si è infranto in mille pezzi lucenti.
Peter Pan, il ragazzo che sarebbe dovuto rimanere bambino fino alla fine del mondo, è morto.
E l’ho ucciso io.
Il tempo non perdona nessuno… nessuno.
***
Wendy Darling si sveglia di soprassalto, sia per l’incubo che ha appena fatto, sia perché trova davanti a sé il Peter Pan del suo incubo. Solo più bambino.
Wendy è felice per questo.
<< Peter!>> esclama, correndo ad abbracciarlo.
Lui ricambia. Wendy intanto pensa all’abbraccio del Peter che ha sognato. È molto diverso da quello del Peter reale.
Comunque sia, a lei piace di più quello che sta assaporando adesso.
Ogni tanto Peter tornava a trovarla. L’abbracciava e poi tornava a librare nei cieli.
Infatti Peter stava già volando verso la finestra, ma Wendy lo interruppe.
<< Peter, aspetta! Una cosa: ma se dovessi scrivere un libro su di te, come dovrebbe finire?>>
Lui ci pensò un momento, poi sorrise.
<< Scrivici sopra quello che vuoi, ma per me andrebbe bene ‘Peter Pan è nel cuore di ogni bambino, sta solo aspettando la notte in cui quela stella brillerà e sarà pronto per l’Isola Che Non C’è!>> Detto questo volò dalla finestra con un fruscio.
Wendy rimase un momento a guardare il cielo stellato, poi si affrettò a raggiungere una scrivania, all’altro capo della stanza. Prese un quaderno stropicciato e ci scrisse sopra:
Solo di una cosa si è certi adesso.
C’è una stella in cielo che brilla più delle altre, direzione seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.
Purtroppo solo chi crede nelle fate può arrivarci, con dei pensieri felici, solo quelli e ti solleverai in aria...
Ancora una cosa, voi adulti, non credete di arrivarci così di soppiatto perché non ce la farete a tentare di volare… Solo i bambini hanno quel potere… perché Peter Pan è nel cuore di ogni bambino, sta solo aspettando la notte in cui quella stella brillerà, e sarà pronto per l’Isola Che Non C’è.




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