L'illusione
La forza che si oppone al destino è in realtà una
debolezza.
FRANZ KAFKA,
Conversazioni con Gustav Janouch.
Osservo i riflessi sul lucido, nero metallo della pistola che
stringo
tra le mani; il riflesso del mio volto mi restituisce lo sguardo, uno
sguardo spento, ma allo stesso tempo vagamente ansioso.
Paura, forse?
Oh, no, non è paura, questa. Non che non ne abbia. Chiunque
al mio
posto ne avrebbe, immagino. Ma non è la paura di
ciò che verrà dopo che
ora soffia nei miei occhi scuri e opachi un alito di vita e di
palpitazione, per la prima volta dopo tanto tempo: è il
pensiero che la
rivedrò.
Finalmente ti rivedrò, Rose.
Sono
trascorsi diciassette anni da quella notte, quella maledetta notte che
si è portata via così tanto, che si è
portata via tutto, a cominciare
da te, ma non è mai trascorso un solo giorno senza che i
ricordi
tornassero, spietati, a tormentarmi, come in quelle prime ore, in quei
primi giorni, quando il disprezzo e l’odio che avevo letto
nei tuoi
occhi, poco prima di separarci per sempre, mi seguivano a ogni passo.
Il dolore e il rimpianto sono stati i miei unici compagni in questi
lunghi anni di solitudine; al pensiero che finalmente si avvicina la
fine, quasi non riesco a trattenere un sospiro di sollievo. Tutto
ciò
che è stato, tutto ciò che ho vissuto, tutto
ciò che ho visto e provato
dal momento in cui ho avuto la consapevolezza di averti persa, mi
sembra nebuloso, incerto, distante, come se non l’avessi
vissuto
davvero, come se non fosse reale.
Tu non mi crederesti, se potessi
dirtelo, lo so. Non hai mai creduto nel mio amore per te; non hai mai
creduto che io potessi provare dei sentimenti verso qualcuno. Eppure
cos’era che mi spingeva a desiderare di averti sempre al mio
fianco,
toccarti, baciarti, perdermi nelle onde rosse dei tuoi capelli
profumati, una, cento, mille volte…
Era amore, Rose?
Non saprei dirlo.
Forse lo sai, ovunque tu sia in questo momento. Forse sto per scoprirlo
anch’io. Ma so che non ho mai più provato niente
del genere, dopo
quell’ultima notte, per nessun’altra donna, nemmeno
e soprattutto per
quella donna di cui ora posso ascoltare la voce acuta, la risata
insulsa, mentre parla con qualcuno al piano di sotto… mia
moglie.
Avrei
fatto qualsiasi cosa per te, qualsiasi cosa. Avrei conquistato il mondo
intero e te ne avrei fatto dono, se solo me lo avessi chiesto. Ma tu
non mi hai mai chiesto nulla, non mi guardavi nemmeno, gli occhi sempre
bassi, sempre lontani e freddi, persi chissà dove; poi,
all’improvviso,
guizzavano verso di me, lampeggianti di rabbia, un istante della tua
attenzione, qualche parola sprezzante, prima che tua madre ti
riportasse all’ordine con una semplice occhiata. Eri ancora
più bella,
in quei momenti, così bella da far male al cuore…
Ecco, sì, proprio
questo, quella fitta al cuore, come una stilettata, ogni volta che ti
guardavo: non la sento da diciassette anni. Non sento più
nulla.
Oh,
sì, Rose, era amore.
L’avvicinarsi della fine sembra rendere tutto
spaventosamente chiaro, come mai prima d’ora; anche per te
è stato
così?
Ti ho amata davvero, ma non sono mai riuscito a fartelo
capire.
Ciò che ti offrivo non era ciò che volevi,
ciò che ti aspettavi. Forse
su quella nave hai incontrato qualcuno che ti ha mostrato qualcosa di
diverso, un altro tipo di amore, che io non ero in grado di darti, e tu
lo hai seguito, fino alla morte.
E ora io seguo te. In fondo, è l’unica
cosa che desidero. Quello che mi accade intorno, quello che sta
mandando in pezzi il mondo, quello che mi sta portando via anche
l’unica cosa che mi era rimasta, il mio denaro, mi fornisce
solo una
buona scusa per premere questo grilletto, una volta per tutte. Ci penso
da anni, forse ho cominciato a pensarci già allora, quando
capii di
averti persa per sempre; quante volte ho estratto la pistola dal
cassetto della scrivania, l’ho guardata a lungo, stringendola
tra le
mani, quasi accarezzandola amorevolmente, il mezzo per tornare da te,
mia Rose.
Sarei dovuto morire quella notte, insieme alla donna che
amavo, lo sento; allora fui un codardo, oggi trovo finalmente il
coraggio di abbracciare la morte con l’unico desiderio di
ritrovarti.
E
a nessuno importerebbe di quello che sto per fare, men che meno alla
persona con cui ho deciso di condividere il resto della mia vita. Non
ricordo neanche perché le chiesi di sposarmi; scelsi a caso,
una
qualunque ragazza bella e ricca, adatta a diventare la signora Hockley,
ma non eri tu. Nessuna era come te. Nessuna aveva lo stesso indomito
coraggio, lo stesso viso delicato, gli stessi occhi intensi, lo stesso
sorriso radioso.
Mi
ha osservato, poco fa, occupata ad organizzare la sua prossima festa,
mentre salivo le scale con passo lento, stanco, e mi chiudevo a chiave
nello studio; la sua espressione era fredda come il nostro letto, vuota
come la nostra casa… casa che tra poco diverrà il
mio sepolcro, una
ricca, fastosa tomba, buia e perfettamente silenziosa, se non fosse per
i domestici che scivolano lungo i corridoi; ho sempre pensato che mia
moglie riempisse la casa di cameriere e servitori perché non
riusciva a
riempirla di bambini come avrebbe voluto. Da anni abbiamo smesso di
provarci, ormai. Forse creare una nuova vita su questa Terra tormentata
sarebbe stato un motivo per restare, un motivo per resistere, un motivo
per richiudere la pistola nel cassetto, uscire da questa stanza e
provare ad andare avanti. Ma non ce la faccio più, Rose. Non
ne ho la
forza. Lei sa benissimo cosa sto per fare, ne sono certo, ma non
cercherà di fermarmi: perché dovrebbe? Non
c’è che un enorme vuoto tra
noi due, tre me e il resto dell’universo.
Non
è così che doveva andare.
Dove ho sbagliato, Rose? Cos’è che non ho
fatto? Che cosa volevi? Che ti sussurrassi all’orecchio
parole dolci e
poetiche, che fossi tenero e appassionato, che progettassi viaggi
romantici e avventurosi, come in quei romanzi che leggevi
sempre?
Non
ero la persona giusta per te. Avrei dovuto capirti, ma non ci sono mai
riuscito. Avrei dovuto donarti me stesso, per quanto valessi ben poco,
invece dell’oggetto più prezioso che potessi
permettermi di acquistare,
pensando che fosse la stessa cosa. Sono stato egoista, violento, cieco,
pazzo d’amore per te… Sì, ho davvero
creduto di impazzire, quella
notte, vedendoti gettarti giù da quella scialuppa, tornare a
bordo,
correre tra le sue braccia, disperata,
terrorizzata, ma decisa
a restare con lui, nella vita e nella morte.
Ti volevo più di qualunque
altra cosa, ti volevo per me solo, e quello che tu
volevi, che ancora oggi stento a capire, non l’ho mai
considerato abbastanza.
Adesso puoi tenerci chiusi
entrambi nella tua cassaforte¹.
Mi dispiace, Rose. Prego che tu mi
abbia perdonato; non mi restano speranze, se non questa.
Lentamente,
molto lentamente, sollevo la pistola, appoggio
l’estremità della canna
sulle labbra serrate. E’ gelida a contatto con la pelle.
Spero che
accada in fretta. Non so quanto durerà questo mio flebile
coraggio.
Spero occorra solo un istante. Un istante e ti rivedrò.
All’improvviso
il mio cuore sembra riprendere vita con un balzo, accelera, come se
volesse sfuggire alla sua imminente fine. La sorpresa mi toglie il
fiato e resto immobile. Che strano, che ironia tornare a sentirlo,
lì,
al suo posto, nel petto, dopo diciassette anni di vuoto, poco prima che
la mia stessa mano lo fermi per sempre.
Il destino non si cambia.
Avrei
voluto saperlo allora come lo so adesso. Ride di noi, che, impotenti,
tentiamo di combatterlo; ma non c’è alcuna
possibilità. Qualunque umano
tentativo di modificare il corso delle cose è solo
un’illusione.
Non
siamo altro che questo: illusi.
Ho vissuto diciassette anni nella
speranza di poter andare avanti senza di te, e adesso sto per porre
fine a questo inutile tormento. Tutto era già scritto, tutto
ègià scritto, e ciascuno deve
solo recitare la propria parte. Cos’altro avrei potuto fare,
quella notte? Niente.
Ti amo, Rose.
Chiudo gli occhi e premo il grilletto.
Note:
1– La
citazione è tratta da“Titanic”.
Spazio
autrice.
L'ispirazione
per questa breve storia è sorta durante
l'ennesima visione di Titanic,
mentre guardavo l'ultima scena in cui appare Caledon, ossia la scena
sulla Carpathia, quando lo si vede vagare tra i sopravvissuti di terza
classe in cerca di Rose. Il suo sguardo l'ultima volta che viene
inquadrato, perso e sconvolto, mi ha suggerito improvvisamente quale
sarebbe stato il suo futuro: un futuro di lusso e ricchezza, ma
disperatamente infelice e tormentato, ossessionato per sempre da Rose e
dal suo ricordo. Da qui ad immaginare quali potessero essere state le
motivazioni del suo ultimo gesto, una fine decisamente insolita per una
persona che ha tutto, il passo è stato breve.
Cal
è uno dei miei personaggi preferiti, nonostante
tutti i suoi difetti, perchè proprio le sue mancanze lo
rendono umano, molto più umano di quanto possa sembrare a
prima vista; e perchè ho sempre creduto che in fondo, molto
in fondo, il suo sentimento per Rose fosse sincero: l'ha amata, ma a
modo suo. E la rimpiangerà per il resto dei suoi giorni.
Spero che
questa rappresentazione un po' fuori dal comune di Caledon possa
piacervi. Grazie.
|