Dhialya
H
di Happy Ending
~
Life is not a fairy tale ~
[Present]
Lo
schermo
del computer acceso illumina la stanza altrimenti quasi completamente
al buio, fatta eccezione per un filo di luce del lampione che proviene
dalla finestra con le imposte semi-chiuse.
Ti piace il buio.
Ti senti
al sicuro quando sei lambita da esso, senza nessun'altro visibile
attorno.
Ultimamente più di prima.
Vivi di buio, le ombre
sono le tue migliori amiche.
Lo sono sempre state, anche se non lo
sapevi.
Batti qualcosa sulla tastiera, giri per siti smorzando le
curiosità che ti nascono sul momento.
E intanto la tua mente
vaga altrove, intonando silenziosamente alcune note e parole delle
canzoni che ascolti ultimamente e che senti particolarmente vicine a
te.
Ti rispecchiano, sembrano aver capito tutto di te, che raccontino
la tua vita.
E' bella la musica; vivi di musica; ti aiuta la musica; si
conserva nei tuoi ricordi, la musica.
E mentre nella stanza si sente
soltanto il ronzio del computer che potrebbe essere assorbito dalle
pareti anonime della camera, nella tua testa c'è il
fermento, una piena attività di pensieri e musichette.
Se la
vita potesse avere delle musiche come colonne sonore, compagne quando
accadono episodi particolari, tu saresti contenta.
Ne avresti giusto
alcune da assegnare a determinati fatti che ti sono capitati o che la
tua fantasia si diverte ad immaginare. Impossibile che si avverino, ma
se si potesse avere una canzone come sottofondo, allora magari
potrebbero capitare.
Sulla cartella dei giochi ci clicchi quasi per
sbaglio, in un movimento del cursore non calcolato quando ti sporgi per
prendere una penna e segnare degli abbozzi su un'agenda, quasi piena di
disegni e scritte poco chiare che non riesci più a
decifrare, anche se non hai fonti di luce più forti.
Così, quando la tua vista torna sullo schermo dopo aver
scritto un paio di righe poco chiare – e che, sei sicura, se
non trascrivi il prima possibile finiranno nel dimenticatoio come le
altre – ti ritrovi davanti la cartella dei giochi con quello
degli scacchi evidenziato di blu ma non ancora aperto.
Mediti.
Non sei
mai stata molto brava a scacchi, forse perché ti capita poco
di usare la logica prima di fare la tua mossa.
Perché se ci
rimugini troppo sopra non combini niente, quindi agisci.
Ci pensi dopo,
però, e spesso è già troppo tardi per
frenare le conseguenze che il tuo gesto poco pensato e analizzato
avrebbe comportato a te e a chi ti sta intorno di positivo e negativo.
Anzi, non hai mai vinto, a scacchi.
Magari, pensi, provare
potrebbe aiutarti.
Come esattamente non lo sai, ma il solo provare a
meditare prima di fare una mossa potrebbe essere uno spunto per il
prossimo futuro.
Non sia mai che il gioco ti faccia un'iniezione di
calma, risolutezza e responsabilità.
Clicchi, e la partita
inizia.
Ci metti qualche minuto a ricordare bene i movimenti che
possono fare le varie pedine, e per questo dopo cinque minuti hai
appena spostato tre pedoni in avanti di un solo passo, anche se potevi
farlo di due caselle come prima mossa.
Ma, secondo te, muoversi
così è un modo troppo lento, vorresti osare di
più, attaccare subito.
E sbaglieresti, lo sai.
Le volte che
hai provato ad attaccare, a reagire, hai combinato dei disastri.
E solo
in quel momento ti rendi conto che non sei stata solo tu la vittima dei
tuoi stessi gesti.
Che non solo tu hai perso, hai sofferto e pianto.
Anche le altre, ma magari erano talmente brave a nasconderlo con
l'indifferenza che a te sembravano essere state solo delle maschere,
che le persone che ti eri trovata davanti non erano altro che
sconosciute: non mostrano tristezza, quindi è colpa loro.
No.
Non possono non essere state segnate.
Anche solo in minima parte
qualcosa devono aver provato: dispiacere, un pizzico di delusione.
Qualcosa.
O forse davvero non hanno mostrato niente perché
non erano tanto coinvolte da poter provare qualcosa quando hanno
iniziato a rompere tutto.
Quando, alle elementari, la tua prima lei
aveva attaccato per non perderti, troppo gelosa nei tuoi confronti per
condividerti con qualcun'altra, la tua vita, i tuoi giorni di scuola
erano diventati incubi: pizzicotti, litigi, oppressione, ricatti.
Cose
da bambini, sciocchezze
pensavi.
Sapevi che non era normale, ma tu eri
sempre stata una debole.
E lei era la tua prima migliore amica da
quando eri nata.
E tu ti facevi valere, poi lei ti diceva scusa e si
metteva piangere perché eri arrabbiata con lei, allora la
perdonavi – ed eri tu a scusarti con lei.
Forse era una
qualche forma di bullismo o solo una sua fragilità che
veniva fuori?
Non lo sai, però sei sicura di una cosa: le
persone possono essere cattive, meschine, ti possono calpestare per
ragioni che non sai, per loro paure.
Ma con lei non puoi avercela.
Le
vuoi bene ancora dopo tutti gli anni trascorsi, se la trovi in giro
sembra quasi non essere cambiato nulla, tranne che ognuna ha preso la
propria strada.
È una cosa bella, ti fa vedere quegli anni
con un po' di nostalgia ma sei contenta che siano passati, andati via e
lontani.
Anche se in realtà non sono così tanti a
te sembra di star vivendo un'eternità.
Dov'è la
fine?
L'uscita da questo labirinto?
Non riusciva a capirsi, si perdeva
nei suoi stessi pensieri e ormai stava muovendo i suoi scacchi virtuali
solo per inerzia, con la voglia di mangiare più pedine
avversarie possibili per affermarsi.
Non capiva come potesse sapere di
avere sofferto per colpa loro e non considerarle lo stesso colpevoli;
non capiva come, sapendo di aver sofferto ma di non essere stata
l'unica, potesse comunque ritenerle in parte responsabili dei loro
allontanamenti e delle rotture irreparabili che c'erano state.
Era
strano.
Era un controsenso che, per l'appunto, non aveva nessun senso.
Oppure stava ragionando troppo di logica e doveva solo rilassare la
testa.
Mentre la tua vita continuava tranquilla, è arrivata
lei come un uragano.
All'inizio non la sopportavi, non la calcolavi.
Poi l'hai amata – di bene – come solo con una
persona speciale, che ti capisce con un solo sguardo e che inizia a
condividere tutto con te, si possa fare.
L'adoravi, era diventata il
centro del tuo mondo.
Che grosso errore far credere una persona tanto
importante.
Poi, quel giorno.
Quella piccola frase detta in
più e l'inizio di un atteggiamento distante.
In due ore era
crollato tutto.
Due ore.
E addio ricordi e momenti passati insieme per
mesi.
Due fottutissime ore.
E un'ora l'avevi passata a piangere in
mezzo al cortile, con lei che ti sputava addosso cose che ti avevano
messo in bocca ma che tu, anche se le avevi pensate in passato senza
mai averle detto davvero – troppo codarda per farlo
– non avevi mai confessato, senza avere la
possibilità – né la voglia, troppo
indignata per ciò che stava accadendo – di
ribattere.
Per quello pensavi – pensi. Non sai dire se
qual'è la tua linea di pensiero – che
l'indifferenza con cui ti aveva negato la fiducia fosse solo la
conferma che lei era esattamente come l'avevi immaginata e come
tutt'ora alcune persone la descrivono: le piace sentirsi importante, le
piace sentirsi al centro del mondo e mettere i piedi in testa a tutti,
le piace quando le persone cadono ai suoi piedi – lo ha
sempre fatto, con i ragazzi –.
Tu non eri stata altro che
l'ennesima persona che le era andata vicino.
Però era
vero.
Sembrava tutto così vero.
Siete passate all'evitarvi
nuovamente, a guardarvi come due persone che non si non mai conosciute
davvero.
E hai iniziato ad evitarla il più possibile, a
sentirti sotto pressione in sua presenza.
E da li niente è
più stato come prima.
Ti dispiace averla persa.
Davvero.
Ti
manca tanto.
Se ci pensi più di prima.
Non sei mai riuscita
ad ammetterlo, perché ogni volta che la vedevi non potevi
far altro che pensare alle lacrime che ti aveva fatto versare, a come
da stupida ti stavi allontanando da un'altra tua parte di anima per una
che alla prima crisi ti ha lasciata indietro tornando a credere al suo
gruppo di iene.
Iene, davvero, non smetterai mai di pensare
così riguardo loro.
Ne hanno approfittato per dividervi, e
alla prima occasione ognuna di loro ha preso la sua strada, facendosi
nuove
conoscenze, spezzando quel gruppo che sembrava tanto unito.
Era entrata
dentro di te come un uragano, un legame nato per caso – forse
era per il caso che non era destinato a durare.
Non lo ammetterai mai
in pubblico, ma dentro di te ne hai una vaga certezza: ti manca.
Ti fa
male che quando v'incontrate per caso a mala pena vi salutate.
Ti
dispiace che lei si sia fatta, molto probabilmente, un'idea sbagliata
su di te.
Ma il passato è
passato.
Ti sarebbe piaciuto,
però, vedere come poteva essere il tuo futuro se non si
rompeva nulla.
Probabilmente avreste frequentato le stesse scuole
superiori, però ti saresti allontanata da tre persone che
ora sono tra le più importanti della tua vita.
Due non
avresti nemmeno avuto l'occasione di conoscerle, legami nati per caso e
che sei intenzionata a non perdere per nessuna ragione al mondo.
Forse
alla fine non c'è niente di male nel come sono andate le
cose.
I fatti accadono, in parte siamo noi che li facciamo avvenire:
come se senza saperlo seguiamo la pista che il destino ci ha lasciato
per arrivare ad un punto ben preciso, per capire cose che forse,
altrimenti, non avremmo mai saputo, non avremmo mai vissuto.
Deve
essere qualcosa di magico e inspiegabile.
Torre mangia pedina.
Regina
mangia torre.
Che stupida, come hai fatto a non vedere che quella mossa
ti avrebbe lasciato scoperta?
Eri troppo presa a pensare alle cose
fatate del fato.
I tuoi scacchi sono decimati, la partita è
destinata a finire e non in tuo favore.
La vita non è un
film, non ci sarebbe stata nessuna rimonta finale, nessun intervento
divino di qualche potere speciale.
Il lieto fine non esiste, per te
è destinato a non esistere mai, a non avere una soluzione.
Scacco matto.
Hai perso.
***Ecco
qui la seconda
shot, più corta della precedente, di questa raccolta
basata sulle lettere del mio nickname. Mio, indubbiamente mio. Mi hanno
chiesto se, dato che riprende le lettere di un nome a me caro, se
c'è dentro anche qualcosa di me nella raccolta. Beh, si.
Abbastanza. Molto. Poco. Tanto. Dipende da che parte la si guarda.
Come
nella precedente versione, il fatto che ogni argomento del capitolo
prende spunto da una lettera lo fa avvicinare di molto a me.
Però ho imparato a mettere delle barriere tra ciò
che posso scrivere sia di me che non, e tra ciò che
è meglio lasciar scorrere via senza dargli motivo d'esistere
ancora e persistere. Anyway, la risposta era si ^^'
Dunque, spero che
questa shot sia stata di vostro gradimento, anche per come è
stata posta (partita di scacchi → non sempre si vince
→ la vita non è una favola/film dove i buoni
riescono “sempre” nelle loro imprese o a
riscattarsi, però c'è sempre la
possibilità di incominciare una nuova partita, anche se
questo è sottinteso.) Il cambiamento di persona in una parte
del racconto (passo dal tu al lei) è voluto, ovviamente ^^
Ho
aggiornato anche abbastanza (molto) in fretta nonostante sia ancora
malata, sono contenta di star riuscendo a scrivere quando mi va e non
solo quando non mi sento bene internamente :)
Vi ringrazio di aver
letto.
Love,
D.***
Ps: tra la pubblicazione del primo capitolo e questo
ho potuto scrivere e pubblicare piccole flash originali-Nonsense (Mai
più – Chiedeva
Scusa. - Odore
di nulla)
Introspettive (Senza
mondo – Se
fossi... - Weakness)
e una
“Romantica” (C'erano
cose che volevo dirgli.)
Senza
impegno, ovviamente, se volete potete passare a leggerle ^^
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