'Questi personaggi non
mi appartengono, ma sono proprietà di A.C. H. Smith, Jim
Henson, Lukas film, Columbia e Tristar Picture; questa storia
è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'.
Per i personaggi
originali, ogni riferimento a persone esistenti e/o a fatti realmente
accaduti è da ritenersi puramente casuale.
Preciso, inoltre, che parto dai presupposti, dagli interrogativi e
dalle allusioni, seminati in Il labirinto visto dal castello in cui,
comunque, ho dato la mia personale interpretazione degli eventi, per
quanto vincolata dal Missing Moments.
Buona lettura!
1- Il contorno sfumato tra sogno e realtà
Era ormai autunno. Le foglie morenti imporporavano sanguigne le strade.
Di nuovo. Era ormai il decimo anno che la scena sembrava ripetersi
uguale. Ogni anno identica a se stessa. E ancora si aspettava che
qualcosa cambiasse. O si aspettava di svegliarsi da un incubo. Di
quelli in cui non succede nulla, quelli monotoni che ripropongono la
vita così com'è, in chiave, se possibile, ancora
più piatta. Simili, per certi versi, a quelli in cui i piedi
affondano nell'asfalto, lasciando che il treno di turno sfumi sotto gli
occhi o che la minaccia che sembra inseguire tra le ombre si faccia
sempre più vicina, senza mai realmente raggiungere lo scopo.
Scese dall'autobus frastornata. Non aveva chiuso occhio quella notte.
L'aspettavano solo una manciata di minuti e allora si sarebbe sfogata.
Camminava sul marciapiede facendo più che mai attenzione a
dove poggiava la suola di gomma, desiderosa di non fare una delle sue
scivolate sulle foglie ancora umide per il recente acquazzone. Adorava
quella stagione così romantica e nostalgica. Amava anche la
pioggia e l'odore di bruciato che lasciava sull'asfalto, stare al
chiuso con una tazza fumante sotto il naso a leggere qualche libro ma
anche passeggiare per strada, nonostante i lunghi capelli neri le
diventassero simili a un nido di serpi e i vestiti le si appiccicassero
al corpo. Ma il momento che preferiva era quando la natura scatenava
tutta la sua potenza distruttiva nei temporali. Allora spegneva tutte
le luci di casa e si sedeva sulla finestra della sua camera, in
contemplazione delle luci aranciate della città sotto i
fulmini violacei.
Girando l'angolo pensò che, tutto sommato, l'amore per
quella stagione la rispecchiava perfettamente: un lato romantico e
antico, uno oscuro e moderno. E anche la sua vita aveva seguito quella
dualità. In realtà, precisò a se
stessa, continuava a seguirla ancora adesso.
Arrivò alla porta dell'edificio e la oltrepassò
veloce: in portineria, come sempre, non c'era nessuno da salutare.
Salì rapida due rampe di scale fino a trovarsi davanti una
porta a doppio battente di legno laccato. La aprì piano,
scivolò dentro e la riaccostò senza far rumore.
Le voci che provenivano da dietro il muro, le confermarono che c'erano
già tutti. Salì cauta ancora una delle due
manciate di gradini che si diramavano dalla porta, aggirando il muro, e
sbucò in uno dei due corridoi di accesso superiore all'aula.
Una ventina di file di sedili era alternata ad altrettanti banchi. Qua
e là qualcuno era radunato in piccoli gruppetti silenziosi.
Il gran chiacchiericcio proveniva tutto da un nutrito gruppo che aveva
colonizzato le prime file. Individuò il suo obiettivo e,
senza farsi notare, gli arrivò alle spalle.
Un paio di ragazzi la notarono quando era ormai troppo tardi: puntarono
su di lei lo sguardo e il loro interlocutore, che le dava le spalle,
capì che qualcosa dietro di sé non andava per il
verso giusto. Non diede il tempo a nessuno di parlare, o girarsi, che
mollò un sonoro ceffone giusto sulla nuca scoperta del
ragazzo che, immediatamente, cacciò un urlo bestiale.
“Ma che ti prende? Razza di deficiente!”
Imprecò voltandosi, sapendo già di chi si
trattava.
Lei lo zittì con un'occhiata glaciale, spolverò
con la mano polvere invisibile e sedette nel posto che lui aveva
liberato alzandosi di scatto.
“Non ti troverai mai nessuno se continui
così!” continuò quello imperterrito
“Non devo piacere a te, Matt" sibilò lei di rimando
“Sarah...cosa ti ha fatto, oggi?” chiese una delle
due ragazze, la bionda coi capelli dritti come spaghetti, divertita.
“Già, che ti ho fatto?”
protestò il ragazzo, tenendosi saldamente il coppino. I
capelli ricci e neri non coprivano minimamente il rossore che si era
esteso rapidamente su tutto il collo
Sarah alzò lo sguardo, annoiata, e poggiò, con
calma affettata, un disco in copertina quadrata “Grazie,
stronzo!” sibilò
“Che è?” chiese la seconda ragazza, i
capelli castani e ricci “Il
quarto tipo?” lesse la grafia, nera e
disordinata del ragazzo, sillabando perplessa. Fissò prima
uno, poi l'altra “Cos'è?” chiese ancora
“Un film, Jess! Vedi? È un DVD!”
replicò Matt sarcastico
“Vuoi prenderle anche da me?” chiese lei
folgorandolo “Di che parla?”
“Ah, Il
quarto tipo...piaciuto?” chiese un altro ragazzo
dai capelli castani spettinati intervenendo nel discorso “Non
è dei migliori, concordo, però devi ammettere
che...” ma tacque vedendo lo sguardo della ragazza.
“Non hai dormito, Sarah?” domandò
preoccupato
“E come potevo, secondo te?” replicò
quella, seccata.
“Fa così paura?” domandò la
bionda Gloria
“No” rispose la mora, asciutta
“Ma...” la incalzò la bionda. Matt si
mise a sghignazzare e lei capì che lui aveva fatto qualcosa
di sbagliato di proposito. Quindi lo menò anche lei sulla
nuca, scatenando le proteste del moro
“Ma...” continuò Sarah accennando un
sorriso tirato che avrebbe voluto nascondere una velata ironia
“C'è il barbagianni...”
“Bene..” disse la bionda “Tu vai matta
per gufi, civette e simili...” Si zittì cogliendo
l'occhiata omicida dell'altra
“Il barbagianni è visto come un grigio”
ghignò l'esperto cinefilo, sottolineando l'ultima parola
“Un che?” chiese la ragazza dai capelli rossicci
“Un alieno, Jess!” sibilò Sarah
“Che rapisce la gente, appostandosi prima fuori dalla loro
finestra! E io...anche se li consideravo inquietanti, a me piacevano i
barbagianni, fino a dieci anni fa...”
La seconda parte del discorso le morì in gola e
sembrò che nessuno l'avesse udita. Forse aveva parlato
troppo piano.
“Matt sei uno stronzo al cubo!” dissero all'unisono
le altre due ragazze alzando la testa per cercare l'interessato, per un
attimo dimentiche di Sarah.
“Tanto gli alieni non esistono...solo Sam ci
crede...” la consolò Jess, scostando uno dei ricci
rossastri dagli occhi e battendole una pacca sulle spalle.
L'interessato aprì il giubbotto esponendo alla vista una
maglia nera su cui era impressa l'immagine di un paesaggio
verde-azzurro e su cui svettava un disco argento e la scritta bianca I want to believe.
Sarah sbuffò e in quel momento il professore fece il suo
ingresso in aula.
Solo le lezioni, che da quel momento in poi riuscirono ad assorbirne
l'attenzione in modo continuativo, la distrassero dal pensiero. Si
separò dal gruppo di ragazzi con cui aveva avuto il diverbio
dopo la prima lezione, l'unica della giornata che seguivano tutti
assieme: loro tornavano alle lezioni pratiche, lei continuava con le
teoriche del corso di letteratura. A quanto ne sapeva, era la sola che
seguiva l'interfacoltà di arti visive e letteratura. Poco le
importava se la scelta potesse sembrare particolare: per lei erano la
stessa cosa, due facce della stessa medaglia.
Rispetto a quando era bambina, il suo amore per il teatro non era
diminuito ma aveva cambiato aspetto. Ora non le interessava
più così tanto portare in scena un pezzo
teatrale. Certo, le piaceva diventare qualcun altro. Ma odiava quel
senso di costrizione dato dal ruolo, sempre identico a se stesso. A
quindici anni aveva capito come la direzione o la scrittura fossero
più nelle sue corde: non sarebbe stata mai più la
marionetta di nessuno.... E il giorno seguente sarebbero stati dieci
anni esatti.
Sbuffò e si diresse nella nuova aula che trovò
insolitamente vuota a quell'ora del primo pomeriggio. Sulla cattedra
c'erano, però, la giacca e il portatile del professore.
Si sedette in attesa ripensando agli eventi passati: aveva odiato
essere una pedina nel gioco di quel folle e splendido uomo. Ma, a modo
suo, era sicura di averne riscritto le regole.
Che si fosse trattato di illusione o realtà, ancora non lo
capiva bene, quella notte era stata il punto di svolta della sua vita.
Era raro, e lei lo sapeva bene, che il corso degli eventi cambiasse
direzione da un giorno all'altro. Eppure da quella notte aveva
improvvisamente sviluppato una sensibilità e una pazienza
che non credeva di avere prima. Lentamente le aveva fatte maturare,
cercando di tenere vivo quel bel sogno angosciante. L'aveva subito
scritto nel suo diario. Era l'unica cosa che vi aveva scritto. Aveva
occupato tutto il libretto solo col racconto di quella notte. O di
quelle che le erano sembrate una decina di ore. Prima o poi, si
ripeteva, vinta la timidezza, avrebbe provato a rivederlo per cercare
di proporlo a qualche casa editrice: era un momento in cui il fantasy
godeva di nuovo slancio. Ora, tra i suoi effetti personali, tra i suoi
tesori, teneva i due libretti: il quadernino nero con gli appunti e il
piccolo libricino rosso della storia che l'aveva condotta a
quell'incubo, entrambi consumati dalle continue consultazioni.
Ci pensò per l'ennesima volta. Era stato davvero un sogno?
Una metafora della sua crescita? Lui era davvero non reale? I conti
continuavano a non tornarle: c'erano troppe incongruenze. E avrebbe
dovuto essere realmente pazza per immaginarsi una trama tanto
complicata. A quindici anni.
Sospirò buttando le braccia oltre il banco e poggiandovi la
testa.
“Che sospirone!” ridacchiò una voce
calda e pacata alle sue spalle
“Non mi prenda in giro, prof!” rispose lei senza
alzare lo sguardo.
Lui le andò vicino e si sedette sulla fila di banchi davanti
a dove si era stesa lei. L'odore della cioccolata del distributore
automatico le arrivò quasi immediatamente, suadente, caldo e
gentile. Come l'uomo che era lì con lei. Autunno e
cioccolata, pensò, andavano tremendamente d'accordo. Ma lei
non era più così sensibile al fascino bruno di
quella bevanda. Una delle tante evoluzioni nella sua vita.
“Io non ti prendo in giro!” rispose l'altro
divertito “Problemi di cuore?”
Lei lo folgorò “Prof! Le sembrò il
tipo?”
Lui la guardò perplesso un attimo
“Perché no?”
“Lasciamo perdere...” disse ributtandosi
giù
“Senti...” cominciò lui “Qui
è passato più del classico quarto d'ora
accademico... Che ne dici se saltassimo lezione e ce ne andassimo a
pranzo?” propose l'uomo. Gli sorridevano gli occhi,
notò Sarah
“Questa proposta non dovrebbe arrivare da lei...”
lo rimbeccò la ragazza, prendendo la tracolla della borsa,
pronta a levare le tende.
“Ti cucino una cosa veloce, vuoi?”
continuò lui andando alla cattedra a prendere le sue cose
“Non le faranno storie se pranza con una
studentessa?” chiese lei guardinga
Lui ridacchiò “Oh, tranquilla, spettegolano
già sul nostro conto...e poi tu non sei mica una studentessa
come le altre...tranquilla, non c'è nulla di male”
la rassicurò aprendole la porta.
Una volta all'aperto, Sarah trotterellò al suo fianco senza
porre altre questioni.
Lo trovava, però, somigliante. Somigliante a quell'essere di
cui custodiva la descrizione nella sua agendina. Non tanto nell'aspetto
fisico. Neanche nel carattere. Non sapeva dire, esattamente, dove li
vedesse simili. In effetti non c'era nulla di simile.
L'appartamento del professore era a cinque minuti a piedi dal campus
universitario, in una tranquilla zona residenziale, composta da
villettine a schiera.
Aprì la porta e lasciò che Sarah chiudesse, come
se fosse abituata a quegli spazi. Lei lo seguì e si
accomodò sul divanetto presente nel piccolo cucinino.
“Sicuro che non vuole una mano?” Lui scosse la
testa in risposta, preparando rapidamente due padelle sui fuochi. Dopo
qualche magheggio, si srotolò le maniche e tornò
a dedicarle tutta la sua attenzione.
“Allora...vuoi parlarmene?” chiese servendole da
bere
“Mi prenderebbe per pazza” si difese lei
“E chiamerebbe i suoi amici con una bella camicia bianca
all'ultima moda...”
Lui rise di cuore. “Giuro che, a meno che non sia qualcosa di
patologico, da ricovero immediato, accoglierò quanto mi
dirai come la confidenza di un'amica...” disse sedendosi a
tavola e poggiando la guancia sulle nocche della mano chiusa a pugno,
pronto all'ascolto.
Lei lo guardò scettica per un paio di secondi interminabili.
“E sia...ma non dica che non l'avevo avvisata!”
rispose.
Così, cominciò a raccontargli gli eventi occorsi
esattamente dieci anni prima.
Gli spiegò della sua situazione familiare: la madre che se
n'era andata, il padre senza nerbo che si era subito risposato, il
fratellastro che monopolizzava le attenzioni di tutti, la matrigna che
la bistrattava come se fosse lei la quarta incomoda.
Gli raccontò della sua disperazione, quella notte, quando
invocò il re dei Goblin affinché rapisse il
fratellino, per scimmiottare quanto aveva letto in diversi racconti. A
sottolineare la sua ossessione per quel genere di racconti, gli
mostrò il libretto rosso con il titolo impresso a caratteri
dorati.
Gli narrò di come lui
(non lo nominò mai) fosse apparso nella camera, come avesse
provato a dissuaderla, come lei avesse voluto affrontare il gioco per
riavere il fratello. Come avesse fatto la conoscenza di strani
personaggi e come, in modi diversi e subdoli, lui, sempre lui, avesse cercato
di farla capitolare. E di come lui,
poi, avesse continuato a popolare i suoi sogni.
Lui l'ascoltò con vivido interesse, senza mai interromperla.
“So benissimo che può sembrare il delirio di una
pazza, che dovrebbe essere la spiegazione del mio inconscio del mio
rifiuto di crescere e simili...” disse lei, concludendo
“Ma non ce la faccio a crederlo davvero possibile...
Insomma...se dovevo inventarmi un mondo parallelo avrei preso meglio
spunto dalle mie stesse passioni, no? Invece non ho citato tante cose
per me fondamentali, mi sono incasinata la vita da sola, ho fatto in
modo di morire quasi di fame. E, cosa ancora più da malati
di mente, ho affrontato così tante traversie che dovrei
soffrire di disturbo bipolare per poter pensarne una dietro l'altra.
Voglio dire...si è mai vista, che ne so, Dorothy o Alice, a
cui capita qualcosa senza che prima le venga spiegato? Io ancora non so
perché mi sono sognata certe cose...e in un sogno,
normalmente lo si sa...” stava gesticolando disperata, mentre
il professore le serviva ormai il piatto caldo sotto il naso.
“Cioè...come storia non è sto gran
che...sono i buchi che ci sono che mi lasciano perplessa...E' come se
qualcun altro avesse attinto agli oggetti della mia camera per
rimescolarli e farmi sentire a mio agio...” la voce si
spense, sconsolata. Fece oscillare la testa cercando di negare il
tutto. E prese le posate.
Il professore la guardò assorto per qualche minuto. Non
aveva ancora toccato il pranzo. D'improvviso si alzò da
tavola “Scusa un attimo...” disse scomparendo alla
sua vista
“Ecco, lo sapevo...mi ha preso per matta...ma che potevo
aspettarmi da uno psicologo? Lo sapevo che sarebbe finita
così...” pensò sconsolata la ragazza.
Non ebbe nemmeno il tempo di riflettere a fondo che l'uomo ricomparve.
Reggeva in mano una piccola scatola di legno.
La poggiò accanto a sé, tamburellandoci sopra con
i polpastrelli.
“Sarah...?” domandò dopo un po', incerto
“Tu sai perché io insegno quello che
insegno?”
Che razza di domanda era? Sarah era spaesata. “Per sgamare
subito i pazzi furiosi come me?” domandò lei di
rimando
Lui stirò le labbra e trattenne un sorriso. Alzò
gli occhi, che aveva tenuto fissi sul piatto fino a quel momento. Da
dietro gli occhiali da vista rettangolari sembrò studiarla
ancora. Quindi riformulò la domanda “Cosa
insegno?”
Sarah levò un sopracciglio “E lo chiede a
me?”
“E io che volevo chiederti di farmi da
assistente...” rimbrottò lui.
“...Insegno il folklore visto attraverso la lente della
psicologia per un motivo ben preciso.”
Solo allora le porse la scatola e si mise anche lui, finalmente, a
mangiare. “Apri...” le disse
Lei, messo da parte il piatto ormai vuoto, aprì con cura e
cautela il piccolo scrigno rettangolare e piatto: non sapeva cosa
aspettarsi.
Dentro c'erano una moltitudine di schizzi. A colori e in bianco e nero,
per lo più in formato cartolina, prevalentemente paesaggi.
Ma, qui e lì, ci erano anche ritratti e nature morte:
licheni occhiuti, yeti rossi, portali con l'effige di un robot. E poi
c'era lui. Identico a come lo ricordava.
“E' lui, vero?” chiese il padrone di casa.
Sarah annuì appena. Sentiva le lacrime bruciarle agli angoli
degli occhi. “E'....” stava per cascarci un'altra
volta. Si morse la lingua prima di pronunciarne il nome.
Il professore notò il suo sforzo.
“Sì...è lui...”
confermò prendendo la scatola e svuotandola sul pianale.
“Professore...ma...”
“Ascolta...dato che abbiamo questo segreto da
condividere...” la interruppe con fare complice
“Che ne diresti di chiamarmi per nome e darmi del
tu?”
“Ma....” fu presa così alla sprovvista
che dimenticò di essere in procinto di piangere
“Non posso...”
“Sì, che puoi...se vuoi non in
università...ma non ci sarebbe nulla di male...hai visto Max
e Katy...” disse riferendosi a un altro docente e alla sua
assistente
Sarah ci pensò su “Ci
proverò...” concesse allungando le mani alla
monticciola di fogli
“No” tagliò secco lui, allontanando il
gruzzolo di carte dalla sua portata “Fallo! E continueremo
col nostro discorso...”
Sarah era in evidente difficoltà. Balbettò
qualcosa di incomprensibile e quando vide come il professore la
osservava divertito sbottò “Siete proprio
uguali!”
“Uguali? Chi?” domandò lui confuso
“Tu, Immanuel Grimm, e lui!”
Disse, sempre cercando accuratamente di evitare di pronunciarne il
nome. Prese un disegno e glielo mostrò. Gli occhi rapaci del
re di Goblin ora fissavano il professore con astio e
superiorità dal supporto bidimensionale della cartolina.
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Eccomi di nuovo qui: finalmente col mio sequel.
ù_ù
(ho finito il grosso della preparazione degli esami)
Comincio col dirvi, se già non l'aveste notato, che, senza
una scaletta da rispettare come nel caso di Il labirinto visto dal castello,
in cui già mi dilungavo abbastanza, tendo a perdermi un po'
nelle descrizioni e a raccontare gli eventi il più
dettagliatamente possibile. I colpi di scena ci saranno...ma
più in là...
Diciamo che il mio intento è quello di farvi ambientare al
nuovo mondo di Sarah, ri-scoprirla e immedesimarvi.
Spero mi seguirete anche in questa avventura. :)
PS: non temete...non c'è nessun rivale di Jareth in
vista...per il momento.... XD
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