Volevo
scrivere qualcosa di veramente bello, per questo contest. Qualcosa di
epico, appassionante, pieno di magia, magari di angst, qualcosa di
potteriano con bacchette, duelli, pericoli. Invece forse è
che mi
guardo intorno e vedo cose, che spesso non mi piacciono.
Così la
tematica, i toni, tutto è cambiato rispetto alle mie
intenzioni
originarie quasi in modo autonomo. Il risultato non mi piace, posso
dire anzi che raramente sono stata così poco soddisfatta di
quello
che ho scritto, ma spero comunque che i messaggi riescano a passare.
Per
passare alle cose serie, ringrazio immensamente Acardia per il
bellissimo betaggio, ricco di spunti che non ho potuto cogliere che
in minima parte - fondamentalmente per questioni di tempo. Un grazie
anche a Meissa che ha riletto in piena notte e corretto le sviste
della mia correzione (...ebbene sì, riesco a fare errorini
anche
mentre correggo quanto betato).
Il
prompt con cui ho partecipato è “Edizione
straordinaria de La
Gazzetta del Profeta”.
(E guardate questa meraviglia di banner che ha fatto il CoS! Guardate! E' la cosa più bella di tutta la storia!)
Harry
Potter
e
la robusta eterosessualità
Ron
sbraitò con euforia. Hermione si commosse e si asciugò
discretamente le lacrime, al contrario di Molly che scoppiò
apertamente in singhiozzi. Dean gli rifilò una gomitata con
aria
complice, Neville gli strinse calorosamente la mano, George gli fece
esplodere la tazza di tè, Arthur lo abbracciò con
imbarazzo, Bill
aprì una bottiglia, Seamus si mise a ridere, Luna gli chiese
se
avrebbe potuto fare da damigella e Dennis si propose felicemente come
fotografo. Tutti ebbero reazioni entusiastiche alla notizia.
Soltanto
Theo lo guardò vagamente interdetto.
“ Allora
la sposi,” commentò poi, annuendo.
“ Sembrerebbe,”
rispose Harry, con un sorriso di circostanza.
Theo
annuì di nuovo.
“ Congratulazioni,
Potter,” concluse.
“ Ehi,
no, non sembrare troppo felice per me, potrebbe tornarti la
gastrite,” replicò Harry ironico.
“ Non
lo sto facendo,” lo rassicurò Theo, con l'aria di
non aver colto.
“ Lo
vedo, Nott.”
Fu
una delle pochissime volte in cui la compagnia del collega l'avesse
messo a disagio. Da quando Theodore Nott aveva integrato l'Ufficio
Auror, l'anno prima, la sua presenza nei dintorni aveva iniziato a
diventare normale, poi familiare e infine persino piacevole. Theo era
una persona discreta, che non sprecava il fiato e aveva sempre i
riflessi pronti. Era un osservatore attento e un ascoltatore oculato,
estremamente percettivo e capace di intuire gli stati d'animo degli
interlocutori. Nel giro di pochi mesi Harry si era sorpreso nel
trovarlo simpatico, a modo suo; d'altra parte, non era mai stato uno
dei più accaniti sostenitori di Voldemort nella Casa di
Slytherin, a
dispetto forse di suo padre, né uno di quegli studenti che
prendevano di mira Harry Potter per qualunque cosa. Non aveva mai
partecipato alla guerra tra case di Hogwarts o ad altri simili
episodi di scontro.
Nonostante
fosse compassato e avesse un'aria tremendamente snob Theodore non
era, a dispetto dell'apparenza, una persona indifferente a chi gli
stava intorno. Il suo era un atteggiamento di facciata e una volta
che Harry l'ebbe compreso non tardò ad apprezzare la
ragionevolezza,
il buon senso e la prudenza del suo nuovo collega, tutte
qualità di
cui lui scarseggiava. Inoltre, le ricorrenti gastriti nervose di Theo
gli ricordavano che alla fin fine tutti avevano le loro disgrazie, e
questo era un pensiero che ad Harry faceva bene.
Poteva,
in fin dei conti, definirlo qualcosa come un amico.
Fu
per questo, quindi, che la sua reazione così poco
incoraggiante alla
notizia della sua proposta di matrimonio a Ginny lo lasciò
stupito.
Non che Harry si fosse aspettato che si mettesse a fare la ola
sparando incantesimi in aria o a cantare a squarciagola, ma almeno
una stretta di mano sarebbe stata opportuna. Cercò di fare
finta di
nulla e finì di bere la sua tazza di tè con aria
svagata,
chiacchierando di qualche banale episodio di vita d'ufficio col
collega.
“ Sei
di turno, domani?” gli chiese poi, sul punto di alzarsi.
Theo
lo guardò con un'ombra di sorriso.
“ Potter,
li compili tu i fogli di turno,” gli ricordò
rassegnato, prima di
dondolare una mano con noncuranza. “Sono di serale,
domani.”
“ Allora
ci vediamo al cambio,” terminò Harry con un cenno
di congedo.
“Buon pomeriggio.”
“ A
te, Potter,” rispose Theo, restituendogli un gesto analogo.
Nel
giro di tre giorni, il clima di completa sovreccitazione che lo
circondava gli fece rimpiangere il tiepido entusiasmo di Nott. La
famiglia Weasley e tutti gli altri suoi amici sembravano usciti
completamente di testa e organizzavano banchetti di festeggiamento
senza soluzione di continuità, Ginny sembrava una
psicopatica
schizoide e quando persino Hermione cominciò a blaterare
stramberie
su decorazioni e menù nuziali Harry decise che, per il suo
benessere
psicofisico, aveva bisogno di darci un taglio.
“ Nott,
cosa fai a cena?” domandò stancamente il
venerdì pomeriggio,
abbandonandosi su una sedia della caffetteria del Ministero.
Theodore
sollevò su di lui uno sguardo sorpreso. Per quanto sul
lavoro
fossero ormai soliti trascorrere abbastanza sovente il loro tempo
libero insieme, non si vedevano mai all'esterno. Frequentavano
ovviamente ambienti e persone troppo diversi ed erano entrambi
perfettamente consci che c'era poco da fare al riguardo: le
istituzioni e i giornali potevano anche vantare a gran voce la
fratellanza seguita alla fine della guerra, ma c'erano cose che non
sarebbero cambiate. I loro amici, per esempio.
“ Spero
tu non mi stia proponendo un tête a tête galante,
Potter,”
rispose Theo ironico.
Harry
sbuffò con un sorriso.
“ Vorrei
solo passare un'intera serata senza che qualcuno mi chieda come
intendo vestirmi per la cerimonia,” rispose esasperato.
Theo
ripiegò la copia della Gazzetta che stava sfogliando prima
del suo
arrivo, pensoso.
“ Se
è solo per questo, credo di avere la soluzione che fa al
caso tuo.
Domani è il compleanno di Blaise, così stasera
andiamo a bere
qualcosa a Hogsmeade. Puoi venire, se vuoi,” propose cauto.
Harry
lo guardò arricciando il naso.
“ Ci
sarà altra gente?” domandò,
già pronto a schermirsi. Ci mancava
giusto una serata con tutto il suo anno di Slytherin per trasformare
definitivamente la settimana in un incubo.
Theo
però scosse la testa.
“ Ha
organizzato un pranzo per domenica,” rispose spiccio.
“Stasera è
una cosetta alla veloce, penso ci saremo solo io e lui,”
aggiunse
con una scrollata di spalle.
“ A
Blaise non sono simpatico,” tentò ancora Harry,
incerto.
Theo
lo guardò con aria quasi oltraggiata.
“ Sono
il suo migliore amico. Non mi farebbe mai lo sgarbo di essere
spiacevole con qualcuno che sia in mia compagnia,”
affermò sicuro,
prima di accennare un sorriso di sbieco. “E poi
sarà un piacevole
diversivo.”
“ Forse
allora avrebbe piacere se foste solt...”
“ Per
tutti i Boccini, Potter,” lo interruppe Theo con fare
spossato.
“Sei tu che me l'hai appena chiesto. Vuoi distrarti,
sì o no?
Questo tentennare insistente è piuttosto
antipatico,” concluse,
tamburellando le dita sul tavolo.
“ Ma
sì, magari passo,” rispose Harry, annuendo.
Non
ci pensò più per il resto della giornata. L'idea
di lui, Nott e
Zabini intorno a tre bicchieri gli pareva inappropriata. Non sapeva
nemmeno se lui e Theo si sarebbero divertiti, in una vera serata
insieme come amici normali, e aggiungere Blaise Zabini a quel
quadretto non sembrava incoraggiante.
Quando
però arrivò a casa, alla fine del turno in
ufficio, ebbe a malapena
il tempo di levarsi il mantello che la testa della sua fidanzata
sbucò nel camino di Grimmauld Place. Ginny aveva l'aria
eccitata,
ansiosa, e a malapena lo salutò prima di esplodere in un
fiume di
parole.
“ Sto
iniziando a stilare la lista degli invitati, Harry, e non so davvero
come sbrogliarmela. Se invitiamo tutti i parenti dal mio lato
verrà
fuori una ressa senza senso. D'altra parte come faccio a sapere chi
escludere? Non ho idea di quale sia il grado di parentela a cui
è
accettabile fermarsi. E gli amici? I compagni di scuola? Per non
parlare dei tuoi colleghi e le personalità del Ministero, e
io avrò
un sacco di invitati per via del Quidditch e...”
“ Ginny,”
gemette lui, riuscendo a infilarsi in una pausa di respirazione.
Lei
sbatté gli occhi e lo guardò stranita, come se
nella foga del
monologo avesse dimenticato che parlava con lui.
“ Forse
potrei passare da te e ne discutiamo con calma,” propose.
“ Ho
un impegno con i colleghi,” sputò istantaneamente
Harry,
atterrito.
Fu
così che, alle otto e mezza, si trovò a varcare
la soglia dei Tre
Manici con aria dubbiosa. Cercò intorno a sé la
sagoma di Nott,
facendosi largo tra la clientela del locale. Lo intravide al bancone,
davanti a un grappolo di bicchieri pieni, e si diresse verso di lui
sorridendo sollevato.
“ Ehilà,
collega,” salutò avvicinandosi.
Theodore
sobbalzò e si voltò indietro. Esibì
un'aria stupita e aggrottò
lievemente la fronte.
“ Oh,
Potter, ero convinto che non venissi,” commentò,
con un cenno del
capo a mo' di benvenuto.
“ Già,
ma si è resa indispensabile la mia latitanza,”
ammise Harry
scrollando le spalle. “Zabini dov'è?”
s'informò guardandosi
intorno.
“ Abbiamo
un tavolo. E, uh, Potter... Ti avrei avvisato, se fossi stato sicuro
che volevi venire. C'è stato un piccolo cambio di
programma,”
annunciò lentamente, incerto.
“ Sarebbe?”
chiese Harry con vaga inquietudine, strattonandosi via la sciarpa dal
collo.
Theo
si passò la mano sul viso con l'aria di riflettere sul da
farsi.
“ Ci
sono anche Goyle e Malfoy,” annunciò infine,
rinunciando ad
indorare la pillola.
“ Oh.”
La
voce di Harry uscì rauca e piatta, senza inflessione.
Si
guardarono per un istante con disappunto. Se fosse stato solo per
Goyle, forse, Harry avrebbe anche potuto rimanere lì per una
mezz’oretta; ma per quanta fantasia ci potesse mettere, non
riusciva proprio a immaginare lui e Malfoy che bevevano allegramente
allo stesso tavolo. Diede un mezzo sospiro, poi Theo scrollò
le
spalle.
“ Non
pensavo proprio che...”
“ Non
fa niente,” rispose Harry cercando di non sembrare deluso, e
fece
per riavvolgere la sciarpa. “Vado a casa. Comunque
Ginny...”
Theo
appoggiò la mano sul suo avambraccio.
“ Ehi,
aspetta un momento,” esclamò. “Beviamoci
almeno una cosa al
banco, visto che sei venuto fin qui. Vado solo a portare questi ai
ragazzi,” aggiunse, indicando i bicchieri accanto a
sé.
Harry
pensò che la proposta fosse azzeccata. Avrebbero fatto
quattro
chiacchiere e poi con un po' di fortuna, se fosse riuscito a prendere
tempo e a guadagnarne un altro po' in qualche incontro fortuito con
altri conoscenti del Ministero, sarebbe riuscito a tornare a casa
abbastanza tardi da poter evitare di richiamare Ginny al camino senza
sentirsi in colpa.
Mentre
Theo si allontanava tra i tavoli sorrise a un paio di facce note,
salutò Rosmerta e ordinò un bicchiere. Lo
Slytherin fu di ritorno
un attimo dopo, col calice in mano.
“ Come
mai sei sfuggito alla tua futura signora?”
s'informò bevendo un
sorso.
Harry
fece una smorfia significativa.
“ La
lista degli invitati,” borbottò truce. Theo
ridacchiò.
“ È
una tua precisa responsabilità,” celiò
severamente. “Come eroe
nazionale ti facevo più coscienzioso.”
“ Mai
stato coscienzioso,” si difese Harry con una mezza risata.
“A
proposito di eroi, cosa hai detto al... tuo tavolo?”
s'informò,
sporgendo la testa per gettare l'occhio in direzione del lato del
locale verso il retro, dove l'aveva visto sparire poco prima.
“ Che
ho incontrato un collega,” rispose semplicemente Theo con un
sogghigno sornione. “Nessuno era interessato a sapere con
quale
grigio burocrate del Ministero intendessi tediarmi,” aggiunse
ironico.
Harry
sorrise con approvazione.
“ Ben
fatto...” commentò.
“ Non
sono mica uno Slytherin per niente. Ah, Potter, comunque... Come
intendi vestirti per la ceri...?”
“ Maledetto!”
lo interruppe Harry con una risata. “Non ci provare
nemmeno!”
“ Ma
guarda che è importante, Potter!”
scherzò ancora Theo con aria
scandalizzata. “Sarà il giorno de...”
“ Nott,
ti sei dimenticato la mia grapp... Ah.”
La
voce strascicata alla loro destra ebbe il potere di paralizzare Harry
in un genuino moto d'imbarazzo. Si voltò con riluttanza per
incontrare, come previsto, il profilo affilato di Draco Malfoy, col
braccio a mezz'aria e un'espressione perplessa.
Non
si erano realmente visti dai tempi del processo seguito alla fine
della guerra. Qualche volta era capitato che s'incrociassero nei
corridoi del Ministero o in giro per Diagon Alley, ma si erano
limitati a rivolgersi un cenno di riconoscimento - non si poteva
proprio definirlo di saluto - e a tirare dritto, ciascuno per la sua
strada. Certo non era previsto che si vedessero in un'uscita serale
con un amico comune – anche perché fino a poco
tempo prima non ne
avevano proprio, di amici comuni – nel bel mezzo di
un'allegra
chiacchierata.
Ci
fu qualche secondo di doveroso silenzio, poi Theo si risolse a
prendere la parola.
“ Malfoy,
credo tu conosca il mio collega, il signor Potter,”
affermò con un
tono di voce neutro e formale, ben attento a non lasciar trapelare
dal proprio viso nessuna sfumatura d'ilarità.
Draco
non si esentò comunque dal rivolgergli un'occhiata glaciale
che
conteneva la promessa di una rappresaglia.
“ Vagamente,”
rispose secco.
“ Ehm,
ciao,” farfugliò Harry senza avere la
più vaga idea di cosa fare.
“ Potter,”
scandì freddamente Malfoy. “Quale gradita
coincidenza.”
“ Nevvero?”
sfuggì sottovoce a Theo.
Seguì
un nuovo breve silenzio spigoloso, poi Malfoy si schiarì la
voce e
fissò il bancone.
“ La
mia grappa,” affermò atono. “L'hai
dimenticata,”
“ Non
ricordavo ne volessi una,” si scusò Theo
stringendosi nelle
spalle.
“ Sì,
beh...” Draco liquidò l'osservazione con un cenno.
“Potresti
portarla quando torni al tavolo,” suggerì,
già ritraendosi d'un
passo. “Grazie,” concluse rapidamente, prima di
dileguarsi.
Harry
lo guardò sparire con evidente sollievo, oltre che con vaga
curiosità.
“ Lo
fa spesso?” chiese.
Theo
spostò lo sguardo verso la direzione in cui l'altro era
evaporato.
“ Cosa,
bere grappa? Non so, direi che...”
“ Ringraziare,”
rettificò Harry.
Theo
gli rivolse uno sguardo canzonatorio.
“ È
un individuo perfettamente civilizzato, sai?” rispose.
“ Ho
qualche dubbio,” brontolò Harry sarcastico.
Theo
rise piano.
“ Ti
sorprenderebbe sapere quanto spesso Malfoy dice per
favore
e grazie,
Potter,” affermò con sicurezza. “Tranne
a Goyle, va bene,”
ammise sollevando una mano. “Comunque, sbrigati a finire quel
bicchiere, che poi te ne offro uno io. Non ti ho ancora felicitato
per il matrimonio.”
“ Direi
che definire la tua reazione di scarso entusiasmo sia un
eufemismo,”
commentò Harry, sorridendo in modo eloquente.
Theo
svuotò il suo bicchiere d'un sorso, con aria meditabonda.
Sembrò
prendere l'osservazione molto sul serio.
“ Ti
dirò la verità, anche perché sono
già al terzo whisky Incendiario
e non ho ancora cenato... In realtà,” e
abbassò la voce, per
discrezione, “io penso onestamente, ora che ti conosco, che
tu in
verità sia gay.”
Harry
sgranò gli occhi e scoppiò a ridere, divertito.
Quando però scorse
l'interlocutore rimanere perfettamente serio, spalancò la
bocca con
un suono strozzato.
“ Stai
scherzando, vero?” balbettò garrulo.
Theo
prese un respiro.
“ Non
hai idea di quanta gente con un problema di omosessualità
irrisolta
mi circondi,” affermò stancamente. “Se
non fossi così
robustamente eterosessuale mi disturberei a sedurvi solo per farvelo
capire.”
Harry
lo guardò allibito.
“ Ma
tu sei completamente pazz...!” esplose sdegnato, prima di
aggrottare la fronte. “Robustamente
eterosessuale?”
ripeté perplesso.
Theo
si strinse nelle spalle.
“ È una citazione, l'ha usata l'altro
giorno un conoscente,” spiegò
brevemente. “Che, per inciso, non
è robustamente eterosessuale, ma gli piace pensarlo, e chi
sono io
per disilluderlo?”
“ Questa
conversazione non sta realmente avendo luogo,”
commentò Harry
assorto. Gli capitava abbastanza spesso di pensare che, dopotutto,
lui era molto più portato a trovarsi nel bel mezzo di una
crisi
nazionale e ad affrontare pazzi omicidi che ad avere a che fare con
le persone in un contesto normale. “Tu... Tu non puoi pensare
veramente che io lo sia!” riprese poi.
“ All'inizio
no,” ammise Theo. “Ma poi, sai, ci ho fatto
caso.”
“ Ci
hai... Ma che vai dicendo?” protestò Harry in tono
vibrante.
“ Non
prendertela, Potter,” replicò Theo con aria
tranquilla. “Non è
mica un insulto.”
“ No!”
affermò lui di slancio. “No, ma... Non lo sono
assolutamente!”
Theo
fece spallucce.
“ Va
bene. Allora mi sono sbagliato.”
“ Certo
che ti sei sbagliato,” confermò Harry, preso in
contropiede da
quell'arrendevolezza. “Non capisco nemmeno come tu abbia
potuto
ipotizzare che... Oh, Merlino,” concluse, svuotando il
bicchiere
d'un sorso.
“ Un
altro giro?” propose pacificamente Theo.
“ Sì,
grazie,” sospirò Harry, mentre lui si sporgeva per
ordinare.
“Seriamente, perché l'hai pensato?”
“ E
dai, Potter, fa niente,” tagliò corto Theo.
“ No,
sul serio!” insistette lui, caparbio come sempre.
“ Oh,
Salazar,” mormorò Theo. “Odio questa
parte. Non lo so,” sbuffò
poi. “Tu...tu... Tu non sei minimamente in quella cosa delle
donne.
Sei sempre in mezzo a uomini, ti confidi solo con gli uomini, tranne
la Granger e forse qualche altra ma solo perché non le vedi
come
femmine in quel senso... Hai quel tipo di sintonia solo con gli
uomini. Vuoi un esempio?” continuò pazientemente.
“ Sì!”
esclamò Harry, allibito.
“ Bene.
Potresti essere a casa con la tua ragazza, invece sei qui con me.
Sì,
la lista degli invitati è una palla. Ma ci sarebbe
sicuramente
scappata una...sai...scopata.” Fece una pausa, porgendogli un
nuovo
bicchiere. “E invece...”
“ Tu
non mi attrai!” si difese Harry, disgustato.
Theo
sbuffò tra sé e sé.
“ Non
è quello che volevo dire. Lascia perdere.”
“ No
che non lascio perdere!” continuò Harry.
“Tu pensavi questo per
tutto il tempo, mentre ci vedevamo in ufficio.”
“ E
allora?” replicò Theo. “Non è
mica un problema mio. Sempre che
sia un problema, poi...”
“ Guarda
un po', allora è vero che c'è Harry
Potter,”
Il
tono di voce indolente di Blaise Zabini li interruppe. Harry si
voltò
a guardarlo, con un sorriso educato che si specchiava in quello
analogo di Blaise, scorgendo – di nuovo – Draco
Malfoy al suo
fianco.
“ Salve,
Zabini,” esordì spiccio.
“ Buonasera
e congratulazioni, figli maschi e via dicendo... Ho sentito la
notizia,” rispose Blaise, distaccato ma non sgarbato.
“ Quale
trionfo per l'Inghilterra magica,” mormorò Malfoy
con tono molto
meno cortese.
“ Ehm,
grazie,” biascicò Harry, prima di riprendere a
bere per non dover
intavolare una conversazione.
Theo
si appoggiò al bancone con naturalezza.
“ Volete
ordinare?” chiese.
“ Draco
si è rassegnato a trasportare da sé la sua grappa
fino al tavolo e
io vorrei un'altra Rosaspina,” confermò Blaise.
“C'è una
ragazza al tavolo accanto che non leva gli occhi di dosso a Malfoy.
Abbiamo lasciato Greg a intimidirla,” continuò
poi, tediato.
“ Hai
fatto colpo, Draco,” commentò Theo ironico.
Malfoy
sospirò con fare eroico.
“ Gli
svantaggi dell'essere robustamente eterosessuale.”
Il
whisky di Harry gli s'incastrò in gola per la sorpresa,
provocandogli un immediato quanto violento attacco di tosse.
Quell'espressione, il conoscente di Nott... Puntò sul
collega due
occhi sgranati per lo stupore, senza riuscire a smettere di tossire.
Theo trattenne a stento una risata.
“ Dici
bene, Malfoy...” commentò, comprensivo.
“ Che
fai, Potter? Dimmi che muori,” domandò
l'interpellato speranzoso,
mentre lui continuava a gorgogliare.
“ S'è
fatta...l'ora che rientri...” esalò Harry, posando
il bicchiere
vuoto con mano malferma.
“ Naturalmente,”
assentì Theo, alzandosi per tornare a sedere con gli amici.
“È stato un piacere, Potter,” concluse.
“ Sì,
siamo tutti elettrizzati,” confermò Malfoy
sarcastico.
Harry
lo ignorò.
“ Buona
serata,” salutò, rivolgendosi a Theo. “E
buon compleanno,
Zabini.”
“ Grazie,”
rispose urbanamente il festeggiato. “Ci si vede.”
Harry
se ne andò via di fretta, completamente scombussolato dalla
piega
presa dalla serata. Rientrò in casa ancora allibito, i nervi
tesi e
la testa in confusione. Prima Theo lo prendeva per gay non ammesso,
poi saltava fuori che pensava lo stesso di Draco Malfoy... Poteva
aver preso un abbaglio, anzi, l'aveva preso sicuramente... ma due?
Harry
trascorse il fine settimana a discutere con Ginny il problema degli
invitati. Stilarono quattro diverse liste e presero poi a
intersecarle, in un perpetuo delirio che lo lasciò molto
più stanco
di un'intera settimana lavorativa. Quando tornò in ufficio,
il
lunedì mattina, si sentì un uomo libero. Quando
poi vide Theo in
beata solitudine alla scrivania, si fiondò verso di lui come
scagliato da una catapulta.
“ Quindi
Malfoy lo è!” esordì frettolosamente.
Lo
Slytherin alzò lo sguardo con un sussulto.
“ Potter,
buongiorno a te,” rispose.
“ Lo
è?” ripeté Harry, slacciandosi il
mantello con foga.
“ Non
so di cosa parli,” rispose Theo facendo il vago.
“ Nott...”
protestò Harry esasperato.
L'altro
scrollò la testa.
“ Ho
sbagliato con te, potrei sbagliare ancora,” ammise con
noncuranza.
“ Ma
pensi
che lo sia!”
Theo
lo guardò costernato.
“ Ti
ho sempre trovato accettabile perché ti fai moderatamente
gli affari
tuoi,” osservò grave. “Com'è
che ora sembri Rita Skeeter?”
“ È solo strano,” si difese
Harry abbassando i toni. “Tutto qui.”
Theo
aggrottò la fronte.
“ Non
ho mai detto che Draco Malfoy lo è. Non direi mai una cosa
simile di
un mio amico senza averne prove certe, e sicuramente mai al primo
venuto,” sentenziò. “Probabilmente hai
tratto conclusioni
affrettate,” terminò con un sorriso educato.
Harry
alzò gli occhi al cielo.
“ Andiamo!
Quante persone conosci che dicano robustamente
eterosessuale,
Nott?” chiese, logico.
“ Te
lo dico, se tu in cambio dici a me da dove spunta quest'ossessione
per l'inclinazione sessuale di Malfoy. Se non sapessi che tu
sei robustamente eterosessuale direi che mi dà da
pensare,”
replicò Theo per le rime, nient'affatto turbato.
“ Cos...Cosa?
Che schifo!” protestò Harry con orrore.
“ Non
è così male, sai...”
commentò Nott a mezza voce.
“ ...Ora
comincio a pensare che alla fin fine sia tu
a non essere robustamente eterosessuale, Nott,”
borbottò Harry
scettico.
Theo
sorrise compiacente.
“ Lo
vedi? Ora quest'espressione è entrata anche nel tuo lessico.
Lo dice
un sacco di gente, e Malfoy non c'entra nulla,” disse in tono
soddisfatto.
Harry
allargò le braccia, vittorioso.
“ Io
so che lo è. Di' quello che ti pare. Malfoy è
gay,” concluse.
“ Cooosa?”
Si
voltarono entrambi di scatto, allarmati. Ron era sulla porta con un
plico di pergamene tra le mani e li fissava entrambi ad occhi
sgranati, la bocca spalancata e le orecchie rossicce per
l'agitazione.
“ Oh,
no,” mormorò Theo.
“ Malfoy?
Draco
Malfoy è omosessuale?!” ripeté Ron,
prima di scoppiare
istericamente a ridere. “Oh, Merlino... Merlino, aspetta solo
che
George e Bill sappiano questo..!” sghignazzò.
“ Ron,
non è affatto...” iniziò concitatamente
Harry.
“ Weasley,
Potter stava facendo ipotesi a casaccio sull'omosessualità
dei miei
amici,” aggiunse Theo con aria estremamente seria.
“Ti pregherei
di tenere per te questa madornale scemenza,” aggiunse
categorico.
“ Eh?”
chiese Ron, con l'aria che qualcuno gli avesse rubato i regali di
Natale. Poi li guardò sospettoso, prima di sorridere con
intesa. “Ma
certo,” confermò in un sospiro. “Muto
come una tomba. Ho
equivocato,” concluse. “Peccato,
però,” terminò a malincuore,
prima di porgere a Theodore le pergamene.
“ Per
me?” gemette lui.
“ Il
caso Wilkinson, tutto tuo. Vi lascio, ehm... continuare. A
dopo,”
si congedò Ron, prima di defilarsi rapidamente.
Theo
lo guardò uscire con un sospiro.
“ Potter,
abbi la decenza di spiegargli per bene che non è
vero,” intimò
rassegnato.
“ Certo,”
lo rassicurò lui. “Ma noi sappiamo che lo
è, giusto?”
“ Potter!”
Harry
sbuffò.
“ Va
bene, va bene... Glielo spiego,” ripeté.
Non
ce ne fu il tempo. Ron si era appena chiuso la porta alle spalle che
Dean Thomas gli precipitò quasi addosso.
“ Ho
sentito veramente quello che ho sentito? L'hai detto
davvero?”
chiese agitato. “Malfoy?” aggiunse con una mezza
risatina.
“ L'ha
appena detto Harry!” confermò Ron freneticamente,
ridacchiando a
sua volta.
“ Uao.
Che bomba,” commentò Dean ad occhi sgranati, con
un'altra
risatina.
“ Puoi
dirlo!”
L'Ufficio
Auror era composto da alcuni dei più grandi maghi del paese.
La sua
autorevolezza era indubbia: quel che usciva dall'Ufficio Auror era
sacrosanto. Le informazioni provenienti dall'Ufficio Auror erano
veritiere e indubitabili, sempre e comunque. Harry però,
ignaro di
aver scatenato un polverone di proporzioni ciclopiche, continuava a
trascinare avanti i suoi incarichi e a cercare di conservare la
sanità mentale nonostante la sua fidanzata sembrasse
fermamente
decisa a demolirla con interminabili discussioni su fiori freschi,
centrotavola decorativi e selezioni di antipasti, senza avere la
più
vaga idea del motivo per cui sempre più gente, nei corridoi,
gli
sorrideva in segno d'intesa e gli rivolgeva strane smorfie.
Rimpiangeva
un po' il suo sesto anno di scuola.
Tutto
questo andò avanti fino al mercoledì mattina.
Quel preciso
mercoledì mattina in cui Harry Potter, arrivando in ufficio,
ci
trovò niente meno che Draco Malfoy in carne ed ossa, seduto
di
fronte alla sua scrivania con espressione così torva e
incazzata che
per un attimo non riuscì a fare altro che fissarlo.
Era
vero che sembrava un po' gay, comunque, con quell'aria elegante e
signorile, quei capelli così biondi e luminosi e quegli
occhioni
grigi, così chiari. Al termine
“occhioni” Harry decise che la
sua mente aveva vagato abbastanza.
“ Malfoy,”
esordì perplesso. “Posso fare qualcosa per
te?”
“ Direi
che l'hai già fatto, Potter,” sibilò lo
Slytherin.
Harry
lo guardò senza capire.
“ Io?”
s'informò, per essere ben sicuro che non ci fosse un
malinteso.
“ Tu,
brutta specie di cerebroleso rossodorato!” sbottò
Malfoy alzandosi
in piedi.
Harry
aggrottò la fronte.
“ Non
so davvero cosa...” iniziò.
“ Oh,
non lo sai?” ripeté Malfoy glaciale, senza nemmeno
lasciargli
finire la frase. “Quindi non sai nemmeno come mai mezza
Londra va
dicendo che sono una specie di checca isterica, vero?”
sputò
sarcastico, avanzando di un passo verso di lui.
Harry
lo guardò ad occhi sgranati, mentre un principio di riso
nervoso gli
affiorava alle labbra.
“ E..eh?”
esalò.
“ Quanto
sei patetico.” Malfoy parlò con con tutto lo
sprezzo possibile.
“Fai anche finta di niente.”
Harry
s'irrigidì, preso in contropiede.
“ Malfoy,
datti una calmata. Ti assicuro che non ho idea di cosa tu stia
dicendo.”
“ Oh,
Potter, per favore! Lo dice anche il giornale!”
replicò Draco con
estrema irritazione. “Piantala di giocare all'eroe senza
macchia,
vuoi?”
“ Ma
di cosa cavolo parli?” eruppe Harry alzando la voce.
Draco
lo fissò gelido, una smorfia di disgusto sulle labbra. Senza
emettere verbo e usando solo i muscoli strettamente necessari al
movimento del braccio, indicò con la mano il giornale che
aveva
poggiato sulla sua scrivania. Harry si avvicinò aggrottando
la
fronte.
“ Il
Wizard's Herald... Non è questo
granché,” osservò a mezza voce.
Malfoy
emise un suono di fastidio.
“ È
il giornale di Londra, Potter. Scusa
tanto
se la notizia non compare sul quotidiano nazionale,”
replicò
rabbioso. “Pagina ventotto.”
Harry
si affrettò a raggiungere il punto in questione, quello
della
cronaca mondana, e quand'ebbe aperto la pagina giusta
spalancò la
bocca esterrefatto. In fondo, ma ben evidenziato, c'era un trafiletto
dal titolo indubbio: I
gusti insoliti di Draco Malfoy.
“ Oh,
Godric...” biascicò.
“ Leggi,
leggi,” intimò freddamente l'interessato.
“A voce alta, grazie.”
Harry
si schiarì la gola, atterrito, ma non osò proprio
esimersi.
“ Arriva...dritta
dritta dall’Ufficio Auror, centro nevralgico del Ministero
della
Magia, l'indiscrezione che fa spalancare gli occhi a tutta la
città:
Draco Malfoy, chiacchierato ereditiere d'alto lignaggio e rampollo di
una delle più nobili famiglie Pureblood del paese, sarebbe
risalito
alle luci della ribalta per la prima volta dal termine della Seconda
Guerra all'Oscuro per una notizia di ben altro genere. Stando alle
indiscrezioni, infatti...
Oh, Merlino,” gemette Harry. “...Infatti,
il signor Malfoy si distingue per la peculiarità delle sue
scelte in
campo amoroso. Pare accertato che il giovane mago, oggi ventiduenne,
orienti le sue preferenze verso esponenti del suo stesso sesso.
Testimonial d'eccezione di questa notizia sembra essere nientemeno
che il nostro Harry Potter, che oltre a vegliare sulla sicurezza
dell'Inghilterra dalla sua scrivania di Vicecapo dell'Ufficio Auror
sembra avere anche il tempo per monitorare questioni ben più
intime.
'Malfoy è gay,' avrebbe dichiarato fermamente il nostro ad
alcuni
collaboratori. Non te ne scappa una, Harry!
Questa cosa è una stronzata!” sbottò
senza nemmeno prendere
fiato.
Draco
lo fissò penetrante.
“ Ne
rinneghi la paternità?” s'informò
asciutto.
“ Ma
certo!” esclamò Harry.
“ Saresti
disposto a farlo pubblicamente? Non hai mai detto niente del
genere?”
insistette Draco con maggiore fermezza.
“ Ma
certo che non... Oh, Godric,” sospirò Harry
coprendosi il viso con
la mano.
Draco
emise un ringhio minaccioso.
“ Potter?
Hai o non hai detto...?”
“ A
Nott!” esclamò lui esasperato.
“ A
Theo?” ripeté Draco con voce quasi stridula.
“Cosa? Ma allora
sei veramente un idiota! Quello già pensa che... Potter,
cosa cavolo
ne sai tu di me e dei miei gusti sessuali?”
protestò indignato,
strappandogli il giornale dalle mani.
“ Ma
niente! Stavamo solo parlando e c'era quella storia della robusta
eterosessualità e...” farfugliò Harry,
in preda al panico.
“ Prego?”
sibilò Draco.
Harry
boccheggiò per qualche secondo, e proprio in quel momento si
udì
bussare alla porta.
“ Potter?
Dovresti interrogare il dodici...”
“ Un
momento!” sbottò lui, prima di tornare a voltarsi
verso Malfoy.
“Senti, questo è il mio orario di lavoro,
po...”
“ Non
me ne frega niente,” sentenziò Draco.
“Non me ne vado di qui
finché...”
“ Oh,
Merlino. Possiamo parlarne a pranzo?” tentò Harry
alle strette.
La
sua frase fu seguita da un profondo silenzio, tanto che si rese conto
lui stesso di quanto fosse suonata assurda.
“ A
pranzo,” ripeté Malfoy atono.
“ Sì,
nella mia pausa pranzo,” rettificò Harry.
“Possiamo vederci da
qualche parte e chiarire l'equivoco.”
“ A
pranzo,” ripeté ancora Malfoy, vacuo. Sembrava non
capacitarsi. “E
credi che io abbia davvero intenzione di...?”
“ No!
Cioè, sì?” farfugliò Harry.
“Possiamo vederci da qualche parte
e...”
“ Ti
aspetterò fuori dal Ministero,” stabilì
Draco con estrema
serietà.
“ Va
bene,” concluse Harry . “Diciamo intorno
alle...”
“ Dodici
e trenta. Puntuale, Potter,” concluse seccamente lo Slytherin.
“ Va
bene, va bene. Con permesso.”
E
con quelle parole borbottate a mezza voce, Harry spalancò la
porta e
lasciò rapidamente l'ufficio, domandandosi come fosse
possibile che
la vita civile riuscisse ad avere ancora meno senso di quella
dell'eroe predestinato.
Dopo
una mattinata trascorsa a interrogare presunti criminali ci voleva
proprio una pausa pranzo devastata da conversazioni di dubbia
piacevolezza con vecchi compagni di scuola a lui ostili. Harry se lo
ripeté per l’ennesima volta mentre
s’infilava nell’ascensore
del Ministero con un sospiro truce, intimando poi a se stesso di non
dar più retta alle teorie di Theo e di non aprire bocca mai
più se
non in presenza di un membro del Wizengamot che potesse,
eventualmente, testimoniare in seguito sulla scorretta
interpretazione delle sue affermazioni.
“ Sei
in ritardo di quattro minuti, Potter,” affermò
Draco infastidito
non appena lui fu sbucato fuori dall'ascensore.
“ Ho
l'orologio indietro,” bofonchiò Harry, senza
sapere cosa dire.
“ Cominciamo
bene,” sentenziò l'altro. “Per fortuna
non è come se, non so,
da te dipendesse la sicurezza nazionale.”
Harry
realizzò che sarebbe stato un pranzo molto lungo. Prese un
bel
respiro.
“ Dove
andiamo?” chiese senza dargli corda.
“ Sei
stato tu a proporre questa cosa,” gli fece notare Draco
mettendoci
tutta l'avversione che si poteva esprimere.
“ Va
bene. Una cosa semplice e veloce, andiamo al Paiolo. È un
posto
normalissimo e sembrerà che non abbiamo niente da
nascondere,”
stabilì lui su due piedi, ricevendo l'occhiata omicida
dell'altro
con un moto d'imbarazzo. “Sarebbe più sospetto se
ci beccassero in
un posto appartato!” si giustificò di getto.
“ Sospetto
in che senso?” scandì Draco con aperto orrore.
Harry
lo guardò angustiato.
“ Andiamo
al Paiolo,” mormorò rassegnato.
Malfoy
lo seguì senza protestare ulteriormente. Quando varcarono la
soglia
del sempre affollatissimo Paiolo Magico e furono squadrati per bene
da un buon sessanta percento degli avventori, si limitò a
schiarirsi
la voce.
“ Sei
sempre convinto che sia stata una buona idea, immagino,”
commentò
sarcastico.
“ Non
ho mai detto che la fosse,” replicò Harry puntando
un tavolo
d'angolo, e vi si sedette come se fosse stata una scopa che
l'avrebbe portato in salvo.
“ Come,
non smetterò mai chiedermi, come hai fatto a vincere la
guerra,
Potter?” sospirò Draco in una mezza cantilena,
prima di
raggiungerlo.
“ Non
ne ho idea,” rispose lui onestamente. “Cosa vuoi
mangiare?”
Draco
fece spallucce.
“ Qualunque
cosa servano qui non mi piacerà, quindi fa lo
stesso,” spiegò
noncurante. “Ci stanno guardando tutti,” aggiunse
infastidito.
“ Fai
finta di niente, smetteranno,” suggerì Harry.
“ ...Disse
colui che compariva sui giornali un giorno sì e l'altro pure
da
anni,” mormorò Draco.
Harry
ridacchiò inconsapevolmente. Smise subito.
“ Salve,
Tom,” esordì all'indirizzo dell'anziano mago, che
si stava
avvicinando al tavolo.
“ Buongiorno,
signor Potter. Come sta?” rispose l'uomo, fermo in attesa di
prendere gli ordini. Harry lo interpretò in tutt'altro modo.
“ Bene.
Un pranzo di lavoro,” si affrettò a chiarire a
voce alta e chiara,
indicando Draco.
Tom
annuì bonario.
“ Cosa
vi porto?”
“ Due
piatti del giorno.”
“ E
una grappa,” aggiunse Draco, guardandolo allontanarsi dopo un
cenno
affermativo. “Tu si che sai come non dare nell'occhio,
Potter.”
“ Scusa?”
disse Harry confuso.
“ Lascia
perdere e spiegami questa storia di Nott. Parlando a voce bassa, se
possibile.”
Harry
prese fiato.
“ Oh,
bene. Godric, d'accordo. Il fatto è che l'altra sera, ai Tre
Manici,
Theo se n'è saltato fuori con questa storia che secondo lui
sarei un
omosessuale irrisolto,” iniziò, riluttante.
“ L'ha
detto anche a te?” esclamò Draco, sorpreso. Si
ricompose
schiarendosi la voce. “So che lo fa con un sacco di
gente,”
aggiunse altero.
Harry
preferì non infierire.
“ Il
fatto è che mi ha fatto l'esempio di un suo ignoto
conoscente che si
definiva, ecco, robustamente
eterosessuale.
Senza, a suo dire, esserlo,” continuò, guardando
ovunque tranne
che in direzione di Draco Malfoy.
“ Robustamente
eterosessuale?” ripeté lo Slytherin con una strana
inflessione,
quasi pigolante.
“ Già.
E circa, vediamo, quaranta secondi dopo tu
te ne sei saltato fuori con i vantaggi dell'essere robustamente
eterosessuale.”
“ Io?”
ripeté Draco con la stessa voce esitante.
“ Già.
Così ho pensato che stesse parlando di te, e
perciò l'altra
mattina, in ufficio, gli stavo dicendo che ero arrivato alla
conclusione che sei gay. Ed è in quel momento che qualcuno
mi ha
sentito.”
“ ...Qualcuno?”
Harry
prese fiato, a malincuore. Non era una bella cosa, quella che stava
per dire, nemmeno trattandosi di quello stronzo di Malfoy.
“ ...Ron.”
“ Weasel?!”
Draco gemette atterrito, per poi accigliarsi. “Weasel! Allora
è
stato quel mentecatto straccione a dire in giro che tu hai
detto...”
“ Malfoy,
abbassa la voce!” sussurrò Harry appiattendosi sul
tavolo. Tom
scelse proprio quel momento per dirigersi verso di loro facendo
veleggiare due piatti e un bicchierino.
“ Grazie,”
lo accolse Harry cordialmente.
“ Quindi
è stato Weasel,” ruminò Draco
oltraggiato, non appena il vecchio
si fu allontanato abbastanza. Scandì
quell’affermazione
svuotandosi in gola la grappa.
“ Dopo
gli ho spiegato in privata sede che si era trattato di un malinteso,
ma lui evidentemente ne aveva già parlato a
qualcuno,” concluse
Harry a braccia spalancate. “Mi dispiace.”
Draco
lo scrutò astioso.
“ Oh,
questo è proprio tipico di te! Rovinare la vita alla gente e
poi
saltartene fuori con mi
dispiace tanto, sono un bravo ragazzo!”
lo scimmiottò, in un'imitazione della sua voce che Harry
dovette a
malincuore riconoscere come estremamente riuscita.
“ Rovinare
la vita?” ripeté poi, perplesso. “Io non
credo di aver mai...”
“ Cosacosacosa?”
lo zittì Draco in un moto d'irritazione. “Non ti
azzardare a
finire la frase, Potter, o giuro che ti ammazzo sul momento!”
“ Ma
io non… A chi avrei rovinato la vita, scusa?” si
difese Harry
imbronciato.
Draco
lo guardò come se fosse stato un completo ritardato. In quel
modo
orribile, probabilmente, venivano guardati i genitori di Neville. Poi
prese un lungo respiro, posò la forchetta che aveva appena
impugnato
accanto al piatto intonso e si levò il tovagliolo dalle
gambe,
alzandosi. Gli gettò un ultimo, eloquente sguardo.
“ A
me.”
Harry
spalancò la bocca come un sarago. Non ebbe il tempo di
mettere
insieme una risposta qualunque che Malfoy, voltatosi, se n'era
già
andato.
“ Potter,
sai chi è Adalbert Morgan?” domandò
Theo, entrando nel suo
ufficio senza neanche bussare.
Harry
aveva passato un pomeriggio atroce. Se n'era rimasto per quasi tutto
il tempo seduto a rimuginare sul suo colloquio insensato con Malfoy e
sulla sua accusa finale. Era profondamente ingiusta: lui non aveva
fatto niente di niente e, se davvero Malfoy si era rovinato la vita,
la colpa la poteva imputare unicamente a se stesso e alle proprie
scelte sbagliate. Non gli sembrava che se la passasse così
male,
comunque, o non avrebbe avuto tempo da sprecare per andare a
importunare sul posto di lavoro vecchi rivali scolastici.
Poi
Ginny aveva fatto una capatina veloce al camino per fargli sapere che
aveva domandato le disponibilità delle date per la loro
cerimonia
durante l'estate. Infine, Ron gli aveva giurato e spergiurato che non
aveva detto a nessuno di quel che gli aveva sentito dire a Nott a
proposito di Malfoy, tranne a Dean che aveva già sentito
dalla
porta. E a Katie Bell, aveva ammesso all'ultimo momento, con estrema
reticenza.
“ Katie
Bell,” aveva ripetuto Harry.
“ Ci
ha sentiti ridere!” si era giustificato Ron con fare
imbarazzato.
Harry
aveva sospirato profondamente. Katie Bell, che di certo aveva
informato le altre femmine nei paraggi e di conseguenza l'intera
città. Ovviamente.
Non
se l'era sentita di continuare il discorso e ora, udendo la voce di
Theo, sollevò lo sguardo su di lui con colpevolezza. Il
collega
aveva in mano una copia della Gazzetta e sembrava assorto nella
lettura. Harry fece mente locale sulla sua domanda.
“ È
un giornalista. E anche un ciarlatano. Ci ho litigato, qualche mese
fa, perché aveva intenzione di pubblicare qualcosa di molto
disdicevole e soprattutto molto falso sulla promozione di
Hermione,”
rispose prontamente, non troppo interessato. “A proposito di
giornalisti, se sei qui per la questione dell'Herald, mi dispiace
davvero, davvero tantissimo. Ho già spiegato a Malfoy che
non è
colpa tua,” continuò di getto.
Theo
annuì tra sé.
“ Sarei
venuto a chiedertene conto, ma poi mi sono imbattuto in questa.
È
l'edizione straordinaria della Gazzetta del Profeta fresca di stampa
ed è firmata quasi interamente dal nostro Morgan,
appunto,” spiegò
velocemente, con tono neutro. Harry avvertì irrazionalmente
un senso
di tragedia imminente.
“ E...?”
“ E
quello che vorrei chiederti ora è cosa ci facevi tu a pranzo
da solo
con Draco al Paiolo Magico,” concluse Theo, prima di spostare
finalmente su di lui uno sguardo tinto di disappunto.
“Perché,
sappilo, non è stata una mossa brillante.”
Non
ebbe bisogno di precisare altro. Gli bastò voltare verso di
lui la
prima pagina del giornale, su cui troneggiava una foto di lui e Draco
Malfoy davanti al pranzo, intenti a confabulare.
IL
DEATH EATER E IL RAGAZZO SOPRAVVISSUTO.
“ Oh
Godric,” miagolò Harry terrorizzato.
“ Siete
la love story del secolo,” affermò Theo asciutto.
“Oltre a
essere due perfetti imbecilli, se mi è consentito esprimere
un'opinione.”
Harry
riuscì solo a tendere la mano verso di lui, la gola secca.
Theo gli
passò il giornale e il Gryffindor ci si tuffò
dentro.
La
quantità di pagine dedicate al fatto era così
sproporzionata che
Harry si rese conto subito di essere stato molto stupido a
sottovalutare così tanto il problema. In un paese calmo, in
cui da
qualche anno non succedeva nulla di preoccupante, la carenza di scoop
poteva ingigantire qualunque stupidaggine, come il ridicolo
pettegolezzo su Malfoy. Quanto al suo nome, Harry aveva rinunciato a
contare quante volte comparisse sui giornali nei contesti
più
disparati, e non si disturbava neanche più a chiedere
smentite o
minacciare querele. Morgan, per giunta, doveva avercela ancora per
lui per la faccenda di Hermione e, beh, chiunque poteva avercela con
uno che era stato, per quanto brevemente, seguace di Voldemort. Ma
quell'edizione straordinaria della Gazzetta sembrava comunque folle.
Non
si limitava a parlare diffusamente del pranzo, descrivendolo come un
“attimo inizialmente confidenziale”, sfociato per
brevemente in
“aperto contrasto” per poi placarsi in una
“scaramuccia tra
innamorati”, con tanto di “drammatici
proclami”. Riferiva
persino che Malfoy, “in un momento di risentimento
amoroso” gli
aveva rinfacciato di avergli rovinato la vita.
E
dopo questo, Harry non se la sentiva di dargli tutti i torti.
Non
finiva lì, comunque. Gli editoriali ripercorrevano anni e
anni delle
loro vite, riassumendo la loro ben nota inimicizia scolastica,
soffermandosi nel dettaglio sul processo successivo alla fine della
guerra, sul suo ruolo nell'assoluzione di Draco - al punto da lasciar
sottintendere un favoreggiamento - e si dilungava nel sottolineare
come avesse addotto la scusa che Draco gli aveva “salvato la
vita”
al Malfoy Manor. C'era scritto persino dello scherzo al terzo anno,
quando Malfoy per cercare di farlo secco si era travestito da
Dementor.
Che
stronzo.
Harry
prese un lungo respiro, tornando a guardare la foto in prima pagina.
Dopo qualche secondo si accigliò e poi estrasse la
bacchetta,
puntandola sulla grossa immagine in cui lui e lo Slytherin
continuavano a parlottare gesticolando leggermente. Verificò
che non
vi fossero segni di contraffazione e l'incantesimo gli
confermò che
la foto non era stata modificata né manomessa. Era
perfettamente
autentica. Aggrottò ancora la fronte.
“ È strano,” disse all'indirizzo
di Theo. “Sono sicuro che non
eravamo così vicini. Voglio dire, sembra che a Malfoy si
stia per
staccare la testa dal collo per quanto si sporge verso di me, e io
poi, sono praticamente sdraiato sul tavolo! Non è affatto
and...
Ehi! La mia mano non è mai stata così tanto
vicina alla sua, ne
sono sicuro! Guarda qu...”
Nel
sollevare la testa di scatto, Harry si accorse che era rimasto solo.
Theo se n'era andato da chissà quanto, mentre lui leggeva i
primi
articoli senza più degnarlo di alcuna attenzione.
Tornò a guardare
la foto. La sua faccia sembrava così concentrata,
così intenta
nella discussione, che faticava a riconoscersi. Era raro che le cose
lo assorbissero completamente, da quand'era finita la guerra, ma non
c'erano dubbi sul fatto che nel momento in cui era stata scattata
quella fotografia lui non stesse pensando ad altro che alla loro
conversazione. Malfoy lo fissava intensamente, mordicchiandosi un
labbro, e aveva proprio l'aria di qualcuno che non si sarebbe accorto
della presenza - per dire - di un ippogrifo inferocito nemmeno se
quello gli fosse saltato in braccio.
Beh,
d'accordo, è una foto equivoca, ne concluse, non vuol mica
dire
niente.
Poi
Ron si precipitò in un ufficio berciando in modo concitato,
le dita
ben strette su un'altra copia dell'edizione straordinaria. Harry ebbe
giusto il tempo di prendere fiato.
“ ...
Significa questa roba, Harry? Questo giornalista è un
completo
psicolabile, dobbiamo farlo arrestare! Ti rendi conto? Harry, a
pranzo con Malfoy, ma cosa cavolo ci stavi facendo! Non che io creda
a una sola parola, amico, ma...”
“ Ron,
guarda che è colpa tua.”
L’amico
lo guardò per un istante con sorpresa, poi diede uno sbuffo.
“ Oh,
ci risiamo,” commentò pazientemente.
“Ora te ne salterai fuori
con qualche storia tipo che sono stato disfattista nella ricerca
degli Horcrux o che...”
“ Ron,”
lo interruppe Harry serio. “Dico davvero. Sei stato tu a
parlare a
Dean e Katie di questa storia di Malfoy, ed è per questo che
lo
sanno tutti, che l'Herald stamattina ne ha parlato, che io ho
incontrato Malfoy per spiegargli i fatti e che quindi oggi pomeriggio
la Gazzetta ha fatto le cose in grande.”
Ron
lo osservò pensoso.
“ È
per questo che vi siete visti, allora,” ne concluse
sollevato.
“Harry, devi sporgere subito denuncia e chiedere una smentita
immediata. È inammissibile che...”
“ Lo
farò,” gli assicurò lui. “E
comunque se non lo faccio io, lo
farà Ginny. Sarà furiosa.”
“ Lo
credo bene!” esclamò Ron. “Devi subito
chiamar...”
“ Non
è questo il punto, Ron!” sbottò Harry.
L'altro
lo guardò interrogativo.
“ Ma
è..?”
“ Dovresti
seriamente scusarti con Malfoy, Ron,” disse Harry, grave.
L'amico
sgranò gli occhi, allibito.
“ Eh?
Ma ti ha dato di volta il Boccino?” protestò,
facendosi violetto.
“Non ci penso neanche! Sarò morto prima
di...”
“ Ma
guarda! Hanno sbattuto mezza la sua vita sul giornale solo
perché...
Perché poi? Perché secondo loro sarebbe gay? E
allora?”
s'infervorò Harry.
“ Ehm,
amico...” cercò di mediare Ron.
“ È
questo il fatto! Ora che questa storia di Pureblood e Mudblood si
è
calmata hanno bisogno di qualcun altro da odiare! Hanno sempre
bisogno di qualcuno da odiare! Perché, poi?”
proseguì Harry.
“ Oh,
no, amico. Conosco quella faccia,” si allarmò Ron.
“Harry, tu
non puoi, non puoi diventare il paladino dei gay.”
“ Sì
che posso!” eruppe lui, fuori di sé.
“Sono stato il Paladino dei
Muggleborn, il paladino degli Half-blood, il paladino di Dumbledore,
il paladino degli spostati, il paladino dell'Order e posso essere
anche il paladino degli stramaledetti finocchi, porco...
Elfo!”
“ Se
ti sente Hermione...” commentò automaticamente Ron.
Si
guardarono negli occhi per un paio di secondi e ridacchiarono
nervosamente. Poi Harry prese un lungo respiro.
“ Seriamente,
Ron, dovresti davvero scusarti.”
L'altro
si accigliò, guardandolo fisso.
“ Ti
dico una cosa, Harry,” affermò. “Va
bene, sono stato io a dirlo
a Dean e Katie. Ma quello che l'ha sbraitato in mezzo all'ufficio con
la porta spalancata... Quello non sono stato io.”
Per
qualche secondo Harry non trovò nulla da ribattere, e rimase
in
silenzio. Ron gli rivolse un ultimo sguardo carico di sottintesi e
poi gli fece un mite cenno di saluto, prima di lasciare l'ufficio con
la Gazzetta ancora in mano.
Trenta
secondi dopo Ginny comparve al camino con la faccia più
rossa dei
capelli, fuori da ogni grazia. Harry realizzò che la parte
peggiore
della giornata era appena iniziata.
Hai
qualcosa da dirmi?
Sulla
pergamena non c'era altro. Harry tornò a guardare il gufo,
poi di
nuovo quelle poche parole scritte.
Hai
qualcosa da dirmi?
Prese
un respiro profondo, si alzò dal divano con fare rassegnato,
recuperando il mantello, e si risolse ad affrontare la questione di
petto senza tergiversare. Pochi istanti dopo si trovava di fronte al
cancello della casa in cui non pensava di mettere mai più
piede. Era
imponente e elegante come la ricordava, ma non così tetra
come
l'aveva memorizzata il suo cervello. Esitò qualche istante e
poi
palesò la propria presenza. Dopo lo scampanellio, una tenda
si mosse
ad una finestra. Harry attese per un minuto e, proprio quando fu sul
punto di suonare nuovamente, il cancello si aprì davanti a
lui. Con
un sospiro profondo, si diresse verso l'ingresso del Malfoy Manor.
Draco
lo aspettava sulla soglia, rigido e leggermente accigliato. A qualche
metro da lui, le gambe di Harry decisero di rallentare e poi di
fermarsi, in modo tutto sommato abbastanza autonomo.
“ Potter.”
“ ...Il
Paiolo non è stata una grande trovata, vero?”
mormorò lui con una
smorfia.
Draco
dilatò a malapena le narici, sospirando in perfetto silenzio.
“ Me
lo dovevo aspettare. Se ci sei tu di mezzo sono sempre
rogne,”
commentò distaccato, poi schiarì la voce.
“Scusami se non ti
invito ad entrare in casa, ma ci sono i miei genitori,”
aggiunse
sarcastico.
“ Non
credevo succedesse una cosa del genere. Il fatto è che
Morgan, il
giornalista, ce l'ha con me per via di...” belò
Harry,
incespicando tra le parole.
“ Con
te?” ripeté Draco, quasi trasognato.
Corrugò la fronte. “Sei
incredibile, Potter. Continui a ritenerti il centro del
mondo.”
Fu
il turno di Harry di accigliarsi.
“ Non
capisco,” ammise. “Comunque, ci ho litigato mesi fa
e penso se la
sia legata al dito.”
Draco
annuì lentamente.
“ D'accordo.
Lui ce l'avrà anche con te. Il resto della redazione,
probabilmente,
ce l'ha con me. Come quasi tutti.”
“ Questo
è il genere di affermazione di cui mi sfugge il
senso,” osservò
Harry, incerto.
Draco
lo guardò con attenzione.
“ Tu
non ci hai assolutamente fatto caso,” disse piano, come se lo
stesse cogliendo una folgorazione. “Non ci hai minimamente
badato,
in questi anni. Non hai fatto caso a nient'altro che a Harry
Potter.”
“ Malfoy,
piantala con la storia dell'egocentrismo e spiegati una buona
volta,”
lo riprese lui irritato.
Draco
emise una risatina amara.
“ Mi
hai mai sentito nominare, in questi anni?” chiese a
bruciapelo.
Harry
lo guardò stranito.
“ No,”
rispose perplesso. “Cioè, tranne da Nott, qualche
volta, e Ron
potrebbe aver inveito di tanto in tanto ma...”
“ Va
bene. Comunque, se anche tu fossi un pochino meno concentrato su di
te, non mi avresti sentito nominare lo stesso,” lo interruppe
Draco, la voce piatta. “Tranne forse per qualche promemoria
sulle
mie imprese o sul fatto di essere il più giovane tra tutti
maghi che
hanno ricevuto il Marchio Nero.”
Harry
tacque assorto, con una brusca accelerazione del respiro. Cominciava
a capire. Il più giovane dei Death Eater. Certo non una
buona nomea,
per ricominciare la vita dopo la guerra.
Deglutì
a fatica.
“ Che
lavoro fai?” chiese sottovoce.
Draco
lo guardò condiscendente.
“ Nessuno.
Per fortuna non ne ho bisogno. Il patrimonio di famiglia basta per
due generazioni senza muovere un dito.”
Harry
annuì senza interessarsi all'informazione.
“ Ne
vorresti fare qualcuno...in particolare?”
“ Ci
stai arrivando,” disse Draco con un sorriso amaro.
Harry
si fece cupo.
“ Qualcuno
ti ha mai svalutato per...quella storia? Sei stato scocciato
o...?”
chiese teso.
“ Quanto
la fai tragica, Potter,” rispose Draco con uno sbuffo.
“No. Il
mio cognome sarà anche coperto di fango, ma non è
ancora fango.”
“ Ma
perché attaccarsi a questa cosa del gay?”
protestò Harry
nauseato.
“ E
perché no? Una scusa vale l'altra. Che sono un Muggleborn
non lo
possono dire, e poi non va neanche più di moda,”
rispose Draco
senza farci troppo caso. Poi scosse la testa. “Mi sto
fidanzando.”
“ Eh?”
guaì Harry.
“ Mi
stavo fidanzando,” si corresse Draco. “Con Astoria
Greengrass, la
sorella di Daphne.”
C'era
una Daphne Greengrass a Slytherin nel loro anno, rammentò
Harry. Non
si ricordava neanche la sua faccia.
“ Ah,”
mugugnò confuso.
“ Ora,
grazie a te, non so se mi rivolgerà ancora la
parola.”
“ Ma
non è colpa mia! Non sono stato io, non dirigo la
Gazzetta!”
esclamò Harry con foga. “Io cerco solo di farmi i
fatti miei,
non...”
“ Non
è colpa mia se finisco sempre in questi casini giganteschi,
sono un
bravo ragazzo,” continuò Draco per lui, facendogli
un'altra volta
perfettamente il verso.
“ Ma
è proprio quello che... Come cavolo ci riesci?”
chiese Harry
indispettito.
“ A
fare cosa?” ribatté Draco, preso alla sprovvista.
“ Quello.
La mia voce. Sembra... È identica,”
spiegò lui perplesso.
“ Potter,
ti prego, ho passato anni a farti l'imitazione,” lo
liquidò lo
Slytherin con noncuranza. “Hai altro da dirmi?”
“ Sporgerò
denuncia, farò fare una smentita ufficiale, per entrambi, e
sborseranno un bel po' di Galeoni per questo scherzetto,”
elencò
rapidamente lui, deciso. “E no, non è colpa mia.
Niente di quello
che ti è successo è mai stato per colpa
mia.”
Lo
Slytherin lo guardò assorto.
“ Mi
hai schiacciato e non te ne sei neanche accorto,”
scandì. “E non
dire che non c'è mai stato niente di intenzionale. Forse non
sempre.
Forse non è colpa tua se rappresentavi tutto quello che ho
sempre
odiato. Ma pedinarmi, come al sesto anno, e mettermi i bastoni tra le
ruote, lo hai fatto tanto spesso quanto l'ho fatto io,”
continuò,
la voce calma in cui scorreva una sicura sfumatura di collera.
“Solo
che tu sei stato più efficace.”
Harry
deglutì un groppo in gola.
“ Non
è vero,” mormorò, ansioso.
Draco
annuì impercettibilmente, senza quasi badargli.
“ Proprio
non ci avevi fatto caso a che fine avevo fatto, eh? Non ti eri
accorto di niente.”
Harry
sbuffò.
“ Non
avevo molta voglia di informarmi su come stavano quelli che qualche
anno fa mi volevano morto,” ammise brusco, sulla difensiva.
“ Già.
Non ti interessa minimamente,” ripeté Draco.
“ Malfoy,
a me non interessa niente!”
replicò Harry esasperato. “Né tu,
né il campionato di Quidditch,
né le elezioni, né nient'altro da quando avevo
diciotto anni! Non
mi interessa quello che faccio, non mi interessa dove sto andando a
finire, non mi interessa se le cose vanno bene o male. Mi
sposerò,
avrò dei figli e sarò davvero felice, e non
mi interessa!”
Draco
lo osservò assorto.
“ Perché?”
chiese, senza un'inflessione particolare.
Harry
impiegò qualche secondo a rispondere, perché
stava prendendo fiato.
Non l'aveva mai detto a nessuno prima, non ne era neanche davvero
consapevole. Gli tremavano un po' le ginocchia.
“ Non
lo so,” rispose con la gola stretta.
Draco
sembrava meno cupo. Piegò la testa di lato, esaminandolo.
“ Se
non fossi la causa primaria di tutte le mie disgrazie, mi faresti
quasi pena,” constatò freddamente.
“ Vai
al diavolo, Malfoy,” concluse Harry, stabilendo che la
conversazione non aveva motivo di proseguire.
“ Ciao,
Harry.”
Quel
mattino il suo umore era pessimo. Theo aveva preso un permesso per
occuparsi di sua madre, che era scivolata per le scale e quindi
bloccata a letto da una storta alla caviglia; Ron era uscito con la
sua squadra per una missione sul campo, il direttore della Gazzetta
del Profeta aveva finto di non poterlo ricevere, Molly era passata a
trovarlo in ufficio schiamazzando e minacciando i giornalisti di
tutto il pianeta e almeno sei persone, lungo i corridoi del
Ministero, gli erano praticamente scoppiate a ridere in faccia. Sei
persone che fino al giorno prima lo salutavano con tanto reverenza da
dover solo più inginocchiarsi davanti ai suoi piedi, oggi
gli
ridevano in faccia semplicemente perché pensavano che
andasse a
letto con gli uomini. Era una cosa così ridicola che Harry
non
sapeva se mettersi a ridere anche lui o scagliare fatture Orcovolanti
ovunque arrivasse la sua bacchetta.
Quando
vide entrare in ufficio la sua migliore amica, perciò, le
rivolse un
sorriso riconoscente.
“ Hermione,
ciao,” esclamò, rinfrancato. “Come va la
giornata?”
Lei
si strinse nelle spalle.
“ Giù
all’Ufficio Misteri oggi c’è calma
piatta, così ho pensato di
salire a salutarti,” rispose, accomodandosi senza perdere
tempo
sulla sedia davanti a lui.
Harry
non le credette nemmeno per un secondo: conoscendo Hermione come la
conosceva sapeva benissimo che lei non era il tipo di persona che
bighellonava in giro facendo quattro chiacchiere casuali con la
gente; se era venuta fin lì era perché aveva
qualcosa di ben
preciso di cui parlare, e vista la situazione lui non faticava a
immaginare cosa.
Infatti
lo guardò attentamente, sistemandosi un ricciolo crespo
accanto al
viso.
“ Va
tutto bene, Harry?” chiese seria.
Lui
sbuffò.
“ Per
me sì,” rispose. “È il resto
del paese che svalvola.”
Hermione
diede un mezzo sospiro.
“ Ron
mi ha spiegato l’equivoco di Malfoy,”
annunciò diretta. “E
penso che sia stato molto, molto imprudente vederlo al Paiolo, ma
capisco che volessi dimostrare che non c’era nulla da
nascondere
nel vostro incontro,” si affrettò a specificare,
vedendolo
incupirsi.
“ È
questo il punto!” assentì Harry. “Non mi
aspettavo, non pensavo
minimamente che si sarebbe scatenato un putiferio del
genere!”
Hermione
sospirò, scuotendo la testa.
“ Ti
confesso che anche io fatico a capirlo,” commentò.
“Ne parlano
tutti.” Poi si mordicchiò un labbro, incerta, e
Harry capì che
aveva ancora qualcosa da dire. Attese, in silenzio. “Ho fatto
colazione con Ginny, stamattina.”
“ Oh,”
fece Harry. “Ieri sera era un po’ scossa.”
Lei
lo guardò con un lampo di esasperazione.
“ Ci
è rimasta così male!”
esclamò. “Mettiti nei suoi panni,
leggere quelle bugie sulla persona che ama… È
sconvolta. È una
persona forte e lo sappiamo, ma questa storia la sta ferendo.
Dovresti…cercare di essere più presente,
Harry,” suggerì con
cautela.
Lui
aggrottò la fronte, punto sul vivo.
“ Io
sono
presente. Ho cenato con lei, ieri. Si è fermata a Grimmauld
Place
per la notte.”
Hermione
sospirò senza aggiungere altro sull’argomento.
Scrollò il capo e
prese fiato.
“ Hai
rivisto Malfoy?” domandò.
“ Sono
passato al Manor prima di cena,” annuì lui,
raccogliendo i
pensieri. “Mi sento in colpa, credo. Voglio dire, lui non ha
fatto
assolutamente niente, stavolta. Non ci vedevamo da un millennio, non
mi ha certo dato problemi, e guarda in che pasticcio l’ho
messo.
Non che intendessi farlo, ma…”
S’interruppe, amareggiato.
“ Harry,”
lo riprese Hermione, “Malfoy è sempre stato
bravissimo a mettersi
nei pasticci anche da solo. Non credo faccia una gran
differenza.”
Lui
sorrise leggermente.
“ È
vero che ha un certo talento…” concesse, ironico.
“Mi ha detto
che si sta per fidanzare,” aggiunse poi, completamente a
sproposito.
Hermione
gli rivolse un'occhiata perplessa.
“ Credevo
aveste parlato dell’edizione straordinaria,”
osservò.
“ Oh,
sì, certo,” confermò Harry.
“Ma anche di… altre cose.”
Hermione
strinse le labbra, meditabonda.
“ Sarebbe
buffo se questa brutta storia vi portasse ad… appianare le
vostre
divergenze,” disse, non troppo convinta. “Spero non
lo inviterai
ai pranzi di Natale. Non so proprio come potrei tener buono
Ron,”
continuò con uno sguardo eloquente. Harry
ridacchiò.
“ Non
credo ci sia questo pericolo.”
“ L'hai
letta tutta, la Gazzetta?” chiese poi Hermione, ancora
assorta nei
suoi ragionamenti.
“ No,”
rispose Harry. “Volevo farlo ieri sera ma non ho avuto tempo.
Perché?”
Lei
scrollò le spalle.
“ Niente.
È solo che nel farlo mi sono accorta di quanto passato avete
in
comune tu e Malfoy. È stato…strano.”
Emise uno sbuffo,
alzandosi. “Sarà il caso che io torni in ufficio,
Harry. Cerca di
tenere duro,” si congedò infine. Harry la
salutò calorosamente,
domandandosi cosa intendesse con quell’augurio finale.
Lo
comprese in fretta, rendendosi conto di quanto una semplice calunnia
senza interesse come quella pubblicata dalla Gazzetta potesse far
presa sulla gente. All’ora di cena l’unica cosa che
desiderava
era barricarsi in casa senza mai più avere niente a che fare
con il
resto del genere umano.
“ Potter,
che faccia.”
“ Ciao,
Nott,” brontolò lui, sospirando con un gesto
stanco. “Qualcosa
su di me?” aggiunse poi, indicando il giornale che lo
Slytherin
aveva tra le mani.
“ Non
oggi,” lo rassicurò Theo. “Ma
è solo questione di tempo. Hai
parlato con qualcuno?” s’informò poi.
“So che Draco si è
rivolto al Consiglio della Legge Magica. Non credo si
arriverà al
Wizengamot, ma comunque…”
“ Ho
appuntamento con il direttore della Gazzetta dopopranzo,”
rispose
Harry. “Chiederò una smentita ufficiale e
patteggerò un
risarcimento prima di portarli in tribunale.”
Theo
aveva l'aria pensosa.
“ Questa
storia è uno schifo,” sentenziò torvo.
“E continuo a pensare
che tu l’abbia gestita come un perfetto imbecille. Non mi
spiego,
poi, perché Draco ti abbia dato retta. Non me lo sono mai
spiegato e
non me lo spiegherò mai,” precisò
contrariato.
“ Non
l’ho gestita co…” si difese Harry.
“Oh, va bene. Non avrei
dovuto proporre il Paiolo. Ho solo pensato che farci vedere in un
luogo pubblico ben noto avrebbe evitato i fraintendimenti.”
Theo
sbuffò, scettico.
“ Non
mi stupisce che tu abbia avuto un’idea idiota per risolvere
la
situazione,” puntualizzò. “A quanto ne
so, lo fai spesso. Quel
che mi stupisce è che Draco ti sia venuto dietro. Lui
avrebbe dovuto
immaginare che sarebbe finita male. Era così ovvio. Se io
avessi
saputo che intendevate pranzare lì ve l’avrei
impedito. Era così
evidente,” continuò, con stizza.
“ Scusa,
forse io e Malfoy siamo ingenui,” commentò Harry
risentito.
“ No,
ecco il punto!” sbottò Theo. “Tu sei
ingenuo, non Malfoy! Malfoy
è una delle persone più intelligenti e
più caute che conosco e non
riuscirò mai a capire come ogni volta che ci sei di mezzo tu
finisca
col diventare un essere a malapena senziente!”
Harry
lo guardò spaesato.
“ Stai
vaneggiando,” osservò. Theo, di solito
così misurato, sembrava
proprio un po’ fuori dai gangheri.
“ Certo
che no! Sono indignato, e se tu avessi passato gli ultimi tre giorni
a sentir dire cattiverie su un tuo amico, di
nuovo,
lo saresti quanto me!” ribatté Theo.
“Accidenti a me e alla
robustezza eterosessuale! Prendi e porta a casa, Theodore Nott: se
mai una volta ti venisse di nuovo l’idea malsana di parlare,
resta
zitto!”
Harry
ridacchiò malgrado tutto.
“ Bene,
vado a lavorare, così dopo mangiato potrò andare
a far sì che io e
l’essere a malapena senziente riceviamo delle
scuse,” stabilì,
meno incarognito.
“ Cerca
di girargli alla larga,” intimò Theo.
“Non mi piace quello che
fai al suo cervello.”
“ Oh,
ma piantala!” rise Harry. “Malfoy non si mette
certo a sragionare
quando sono nei paraggi.”
Theo
lo guardò senza la minima traccia
d’ilarità.
“ Ah,
no?”
Harry
aggrottò la fronte, perplesso, e si diresse verso il suo
ufficio con
vaga inquietudine. Quando si fu seduto alla scrivania, ignorando
deliberatamente una pila di buste provenienti con ogni
probabilità
da ammiratori delusi dalle recenti rivelazioni, soffiò forte
l'aria
fuori dalle labbra, bizzoso. Le parole di Theo gli avevano riportato
alla mente la conversazione del giorno prima con Hermione. Ogni volta
che ci sei di mezzo tu. Il passato che avete in comune.
Era
vero che Malfoy tendeva a comportarsi come un perfetto cretino quando
avevano a che fare l’uno con l’altro, ma Harry
aveva sempre dato
per scontato che fosse una cosa che faceva più o meno con
chiunque.
Nel corso degli anni gli aveva visto compiere idiozie di ogni genere
per sabotarlo, per denigrarlo o per fargli fare misere figure, ma se
l’era sempre presa anche con Ron, Hermione, qualunque
Gryffindor e
un bel po’ d’altra gente.
L’hai
letta tutta, la Gazzetta?
No,
Harry non l’aveva letta. Decise di farlo subito anche
perché,
rammentò, sarebbe stato bene essere ben preparato per
l’incontro
con quelli della Gazzetta. Recuperò il giornale dal cassetto
e
osservò di nuovo la copertura sensazionalista. La foto di
lui e
Malfoy, dall’apparenza così confidenziale. Le loro
mani,
appoggiate per caso vicinissime. Gli occhi con cui guardava Malfoy,
come se da quella conversazione dipendesse la sua vita quando non era
per nulla così.
Il
passato che avete in comune.
Voltò
rapidamente pagina, arrivando alla sequenza dei riquadri sui loro
anni scolastici. Ecco una foto scattata sul campo di Quidditch in
occasione di una finale, con i due Cercatori in procinto di spiccare
il volo. Harry la osservò bene e realizzò che
nessuno dei due stava
guardando il cielo: si fissavano ondeggiando da sopra le scope, senza
badare minimamente a quello che avevano intorno. Eppure Harry non
ricordava di aver perso tutto quel tempo a far caso a Malfoy.
Un’altra
foto di Hogwarts, risalente al periodo del Torneo Tremaghi.
C’era
Harry, nel suo miglior aspetto da campione – angustiato e con
le
spalle incassate, cioè – in mezzo a una
delegazione degli studenti
di spicco della scuola. Era una foto scattata in occasione della
pubblicizzazione del Torneo ed Harry notò che, ancora una
volta, tra
tutta la gente che avrebbe potuto guardare stava fissando proprio
Draco Malfoy, che a sua volta osservava lui apertamente. Tutti gli
altri avevano lo sguardo in camera, ma non loro due.
Non
voleva dire niente, Morgan doveva aver scelto apposta delle foto del
genere. Spostò lo sguardo sulla successiva, a fondo pagina:
uno
scatto della consegna dei MAGO. Neanche a dirlo, ecco lì
Harry che
sorrideva alla fotocamera dondolando sulle gambe e guardava da
tutt’altra parte, ed ecco Malfoy sulla traiettoria dei suoi
occhi,
che lo scrutava con una smorfia mezza sollevata e mezza ostile, le
due cose per ragioni completamente diverse.
Voltò
ancora pagina, arrivando agli articoletti sul maxiprocesso. Non si
disturbò nemmeno a leggere ma guardò
un’altra foto: Draco Malfoy
al banco degli imputati ed Harry Potter a testimoniare. Caso strano,
si stavano fissando intensamente, l’uno intento a parlare con
foga,
gesticolando, l’altro bloccato sulla sedia. Avrebbe dovuto
guardare
i membri del Wizengamot, mentre spiegava loro perché Draco
Malfoy
non doveva essere condannato, invece se ne stava lì a
contemplare
lui come un deficiente. La foto successiva non era molto più
edificante e Harry ricordava anche piuttosto bene l’attimo in
cui
era stata scattata, appena prima che la sentenza venisse emessa. Si
era addirittura alzato in piedi per il nervosismo e se ne stava
lì,
proteso in avanti nella direzione dell’imputato in un
perfetto
stato di ansia. Non era sicuro di essere stato così
angosciato, ma
dalla foto lo sembrava proprio. I suoi leggeri movimenti nervosi
parlavano chiaro.
Le
pagine successive riferivano delle loro vite dopo la guerra e
ovviamente loro non comparivano più insieme. Ce
n’era una molto
carina di lui e Ginny in una posa rilassata. Era la prima di tutto il
servizio in cui lui stesse guardando in direzione del fotografo. Non
che volesse dire qualcosa.
Passò
alla pagina successiva, quella che parlava di Draco, anche se non
diceva granché: vita ritirata, poche apparizioni pubbliche,
nessun
impiego particolare. Una foto ritraeva Draco in occasione di una
celebrazione del 31 ottobre al Ministero. Harry non sospettava
nemmeno che ci fosse mai venuto.
Sospirò
profondamente, inquieto.
Malfoy
era una persona orribile e tutto quello che avevano fatto nella vita
era stato darsi addosso. Eppure, per anni, non avevano smesso di
osservarsi a distanza. Durante il sesto anno ad Hogwarts, poi, lui
aveva trascorso una quantità di tempo imbarazzante a
pedinare Malfoy
come se fosse stata la sola cosa dotata di un qualche significato.
C’era stata una ragione più che valida per quel
fatto, cioè il
sospetto che stesse per compiere un gesto irreparabile che lui doveva
impedire in tutti i modi; ma forse, ammise, non ci avrebbe speso
tante energie se si fosse trattato di qualcun altro.
Poi
se l'era dimenticato. Era strano, a ripensarci, ma una volta uscito
dall’aula del tribunale dopo l’assoluzione Harry
aveva
completamente rimosso Malfoy dall’universo della sua
percezione.
Dopo sette anni di rivalità e attenzione l’aveva
cancellato senza
che fosse intenzionale. Adesso sembrava assurdo, ma fino a poco prima
non se n’era nemmeno reso conto.
Perché
Malfoy, realizzò, gli faceva paura. Non quel genere di paura
che
atterrisce, che rende intimiditi o paralizza, che riempie di timore
per la propria incolumità: non ci sarebbe stato motivo di
avere
quella paura di Malfoy. Era più il tipo di paura che mette
in ansia,
che fa venire voglia di girare alla larga. Ma per quale ragione,
questo Harry non l’aveva chiaro.
“… Domani
smentiranno ufficialmente la notizia. Morgan dovrà scrivere
un
articolo di scuse che sostituirà l’editoriale di
prima pagina, e
anche il direttore scriverà un pezzo per
scusarsi,” annunciò
Harry soddisfatto. “Dovranno sborsare duemila Galeoni a me e
duemila a Malfoy.”
“ Oh,
Harry, meno male!” esclamò Ginny nel camino.
“Se vuoi il mio
parere quell’uomo orribile dovrebbe essere licenziato seduta
stante. Giuro, mi viene voglia di andare a rimboccargli le mutande
sui capelli!”
Harry
ridacchiò bonariamente.
“ Penso
che non avrà più incarichi di rilievo per un bel
po’, e
sinceramente a me basta,” osservò. “Non
ho nessuna voglia di
tirare la cosa per le lunghe. Non è detto che non lo
licenzino,
comunque, ma non sarò io a imporlo,” aggiunse con
una certa nota
speranzosa.
“ Bene.
Sono contenta, Harry. Sarei stata più contenta nel vederlo
morto, ma
penso di potermi accontentare,” commentò Ginny,
conciliante.
“Vieni a cena alla Tana?”
Lui
nicchiò col capo.
“ Ho
un paio di cose da fare, stasera. Ci vediamo domani, ti porto
fuori,”
rispose poi, vago.
Ginny
sbuffò piano.
“ È
inutile che cerchi di lisciarmi, sai?” scherzò.
“ Non
oserei mai,” replicò Harry sgranando gli occhi.
“Salutami tutti,
va bene?”
“ Sissignore.
A domani, Harry.”
“ Ciao.”
Quando
la testa di Ginny fu sparita nel camino, Harry si abbandonò
contro
lo schienale della sedia per stiracchiarsi, sfiatando soddisfatto. Le
cose stavano per sistemarsi, non gli restava che annunciarlo a Theo e
a Malfoy.
Il
primo si presentò sulla porta del suo ufficio esattamente
trentadue
secondi dopo, appoggiandosi allo stipite con espressione tesa.
“ Ottime
notizie!” sorrise Harry per rassicurarlo. “Domani
si scuseranno
ufficialmente.”
Theo
non ci fece quasi caso.
“ C’è
un problema,” annunciò invece, cupo.
“Malfoy è ricoverato al
San Mungo.”
Per
un pelo Harry non si ribaltò all'indietro con tutta la sedia.
“ Eh?!”
squittì.
“ Lo
hanno aggredito stamattina presto a Nocturne Alley. Sono stato
avvisato adesso.”
Harry
sentì che il fiato gli veniva a mancare. Si
raddrizzò, in panico.
“ Cosa?
Perché?”
Theo
non rispose. Si limitò a guardarlo.
“ Godric,
non è possibile!” proruppe Harry saltando in
piedi. “È grave?”
Theo
scosse il capo.
“ Ha
qualche livido e una gamba rotta. Blaise dice che sarebbe andata
peggio se non fosse stato pronto a reagire. Sto andando
là.”
“ Vengo
con te!” esclamò Harry di getto. Pochi istanti
dopo si
scapicollavano entrambi nel corridoio dell’ospedale, mentre
un’infermiera dell’accettazione li avvicinava per
mettersi a
disposizione.
“ Signori,
posso…?”
“ Potter,”
annunciò lui, abituato all'immediato effetto della menzione
del
proprio cognome. “Il signor Malfoy?”
La
donna sembrò esitare per un momento, guardandolo con
curiosità, poi
mormorò loro di seguirla al piano di sopra. Harry riconobbe
la voce
che proveniva dalla porta aperta di una stanza senza nemmeno bisogno
di indicazioni.
“… Un
libro da Borgins. Un libro, capisci?” stava dicendo Draco con
tono
perplesso. “Stavo andando a comprare un
libro.
Immagino che in un simile paese di bifolchi questo sia un crimine da
punire col pestaggio.”
“ Draco,”
esclamò Theo passando la soglia. Harry lo seguì,
scorgendo accanto
al letto di Draco una ragazza minuta e molto graziosa che non
conosceva. Vedendo l’amico Malfoy accennò una
smorfia un po’
tracotante, con noncuranza, ma nel riconoscere Harry si
accigliò.
“ Potter,
perché tu sei qui?” esclamò irritato,
prima di tornare a
rivolgersi a Theo. “Puoi smettere di portartelo dietro? Ha
già
fatto abbastanza danni l’altra volta ai Tre Manici. Trovati
un’altra mascotte.”
“ Volevo
sapere come stavi,” si giustificò Harry, mentre
Theo salutava
l’altra visitatrice.
“ Benissimo,
grazie, puoi andare,” rispose prontamente Draco.
“ Cos’è
successo? Chi è stato?” continuò Harry,
ignorandolo. Draco
sospirò profondamente.
“ Astoria,
ti presento il signor Harry Potter. Astoria Greengrass, la mia
fidanzata,” annunciò in tono formale, senza
spostargli di dosso
uno sguardo malevolo.
“ Piacere,”
disse lei, distaccata.
“ È
tutto mio,” assicurò Harry senza potersi
trattenere
dall’osservarla con più attenzione. Dunque quella
era la futura
signora Malfoy. Era carina, senza dubbio, ma non bella quanto la
suocera.
“ Come
stai?” stava chiedendo Theo.
“ Così.
Ho un ginocchio rotto e un ematoma in testa, ma vuoi mettere con la
soddisfazione di sentirmi accusare di aver traviato San Potter? Li
avrei abbracciati, se non fossero stati così poco inclini a
fare
amicizia,” rispose Draco, caustico.
“ Quanti
erano?” chiese Theo.
“ Traviato?”
ripeté contemporaneamente Harry.
Draco
esitò per un paio di secondi.
“ Tre.
E sì, hanno detto proprio traviato.”
Sbuffò con fare noncurante
all’indirizzo della fidanzata. “Volevo spiegare che
questo
signore non ha mai voluto neanche stringermi la mano, ma stavo
volando per aria prima di poterli informare.”
Harry
non fece commenti. Malfoy sembrava scherzoso e di buonumore e la sua
ragazza pareva tranquillizzata, ma lui lo trovava così
pallido e il
suo volto aveva lineamenti talmente tirati che si stupì di
come lei
potesse credere a quella messinscena. Anche Theo sembrava dubbioso,
ma a sua volta si esentò dal farlo notare.
“ Li
conosciamo? Chi erano?” chiese invece.
“ Non
lo so,” rispose Draco, con lo sguardo fisso sulla gamba
immobilizzata.
“ Non
lo sai o non lo dirai?” intervenne Harry sospettoso.
Draco
lo guardò con aria di sfida.
“ Se
lo sapessi non lo direi,” rispose.
“ Dovresti
denunciarli,” osservò Theo.
“ È
quello che ho detto anche io,” intervenne Astoria, annuendo.
Draco
emise uno sbuffo.
“ Non
servirebbe a niente, Nott,” gli fece notare.
Harry
pestò un piede a terra.
“ Quei
tizi ti hanno aggredito per una stronzata sulla Gazzetta!”
sbottò
infuriato. “È una cosa inammissibile, andrebbero
arrestati!”
Draco
gli sbuffò contro.
“ Se
hai tanta voglia di perdere tempo a raddrizzare torti fai pure,
Potter.”
“ E
infatti lo farò!”
Draco
ridacchiò mellifluo.
“ Eccomi
sotto l’ala protettrice dell’eroe. Cara, non
dobbiamo più
preoccuparci di nulla,” commentò, sorridendo ad
Astoria.
Lei
non sembrava sapere come reagire. Spostò sugli altri due
uomini
presenti un’occhiata incerta e si ravviò i capelli.
“ Credo
che vi lascerò ai vostri discorsi. Sarò per un
po' dai tuoi
genitori, e naturalmente verrò domani,”
annunciò, sporgendosi ad
accarezzargli la mano. “Riposati, Draco.
Signori…”
Harry
farfugliò un salutò, mentre Theo annuiva con un
cenno.
“ Ti
accompagno, Astoria,” propose cortesemente.
“Malfoy, ci vediamo
in questi giorni.”
“ Ciao,
Nott.” Draco attese a malapena dieci secondi dopo che furono
usciti. “E tu perché sei ancora qui?”
chiese secco.
Harry
quasi sussultò.
“ Volevo
solo… Mi… So che mi odierai per averlo detto,
Malfoy, ma mi
dispiace davvero.”
Draco
non rispose nella maniera pungente e malevola che si era aspettato,
ma si limitò ad appoggiare la testa indietro, chiudere gli
occhi e
respirare profondamente.
“ Vorrei
che te ne andassi,” mormorò.
Ma
Harry rimase lì, mortificato, col fiato mozzo.
Draco
emise un rantolo di fastidio.
“ Potter,
vattene!” esclamò con la voce strozzata.
Harry
deglutì senza parlare e fece un passo in avanti.
“ Non…fa
niente, sai,” osservò, cercando penosamente di
suonare scherzoso.
“Ti ho… Ti ho già visto piangere una
volta.”
Draco
sfiatò sarcastico.
“ Grandioso.
Era proprio quello che volevo ricordarmi in questo momento.”
Rimase
immobile, con gli occhi ancora chiusi e la mascella serrata. Harry
non si mosse a sua volta, impacciato, restando accanto al letto.
Aspettò per qualche istante, in profondo imbarazzo, e stava
per
arretrare e prendere congedo quando Draco parlò piano.
“ Salazar,
non ci riuscivo a creder che stesse succedendo davvero. Stavo andando
a comprare un fottuto libro! Un libro!” ripeté di
nuovo, scuotendo
piano la testa contro il cuscino.
Harry
lo imitò, desiderando dire qualcosa di giusto, ma non
c’era nulla
da dire e gli mancava la voce.
“ Mi
dispiace,” ripeté in un sussurro impercettibile.
Un attimo dopo
gli giunse il suono soffocato di un singhiozzo, e abbassò lo
sguardo.
“ Sono…così
incazzato che ti ammazzerei!” esplose Malfoy, col respiro
spezzato.
“E nemmeno perché sei tu!
Ammazzerei tutti quelli che ho davanti! E levati, Merlino, vai fuori
dai piedi!”
Harry
si schiarì la gola e arretrò di un passo.
“ Certo,
d’accordo,” assentì subito. Poi prese
fiato. “In realtà,
volevo dirti che domani la Gazzetta smentirà tutto, e ci
rimborseranno i danni all’immagine. Posso… Posso
tornare a
trovarti?” chiese infine a bassa voce.
“ Perché
ti devo rispondere?” rispose Draco con stizza, asciugandosi
lacrime
invisibili. “Tanto farai di testa tua, come al
solito.”
Harry
lo prese per un sì.
“ Ehm,
ciao. Ti ho portato questo,” annunciò Harry con
leggero disagio,
mostrando un copia della Gazzetta che pubblicava le scuse in bella
vista, in prima pagina.
Malfoy
gli sorrise senza allegria.
“ Ne
ho già tre copie,” affermò, indicando
il comodino su cui le
Gazzette cominciavano ad accumularsi.
“ Oh,”
disse Harry, quasi deluso. “Beh, una in più non
farà male,”
commentò, posando anche la sua e sistemando la sedia per
piazzarsi
accanto al letto.
“ Quando
ti ho invitato a sederti?” s’informò
Draco, brusco.
“ Mai.”
L’altro
lo guardò spazientito.
“ Cosa
ci fai qui, Potter? Mio padre e mia madre arriveranno a momenti, e
preferirei non ti vedessero,” osservò senza ombra
di cortesia.
“ Ma
mi sono anche pettinato,” protestò Harry, cercando
di scherzare.
Draco si disturbò a guardargli la testa, trattenendo
visibilmente un
sorriso.
“ Non
si direbbe proprio, Potter.” Poi sbuffò.
“Allora, che vuoi?”
“ Niente,”
assicurò Harry. “Cioè, un paio di cose
ci sarebbero,” ammise
subito.
Draco
lo scrutò sospettoso.
“ Vai
avanti.”
Harry
prese fiato.
“ La
prima cosa è che vorrei gli eventuali nomi e le descrizioni
delle
persone che ti hanno assalito,” annunciò senza
mezzi termini. “Sì,
sì, lo so,” lo anticipò, agitando
stancamente la mano. “Non
vuoi avviare nessun procedimento contro di loro. Purtroppo,
però,
una denuncia a carico di ignoti a tuo nome è già
stata depositata
al Dipartimento,” aggiunse con fare desolato.
Draco
aggrottò la fronte.
“ Io
non ho sporto nessuna denuncia.”
Harry
fece spallucce.
“ Forse
qualcuno ha falsificato la tua firma,” ipotizzò
innocentemente.
“ Potter…”
ringhiò Draco a pugni stretti.
“ Malfoy,
dai, lo sai anche tu che questa cosa non ha senso. Ti hanno aggredito
per una cosa che non è neanche vera, ma se pure la
fosse…
Seriamente? Ti sta bene pensare che gente simile rimanga in giro a
piede libero?”
“ Considerato
che io stesso partecipavo a riunioni di gente incappucciata che
voleva purificare la popolazione…”
osservò Draco, sarcastico.
“ E
questo dovrebbe averti insegnato qualcosa, no?” lo
pungolò Harry.
“ Sì.
Che sei un essere seccante.”
Harry
sospirò.
“ Malfoy…”
“ Qual
è la seconda cosa?” lo interrogò Draco,
per nulla incline ad
assecondarlo.
Harry
esitò, si sedette meglio e storse il naso.
“ L’hai
letta tutta l’edizione straordinaria?”
“ Ovviamente.”
“ Anche
io,” confermò Harry. “Sai, mi ha fatto
pensare a una cosa.”
“ Questa
sì che è una notizia. Forse la dovrebbero fare su
questo,
la prossima edizione straordinaria.”
“ Malfoy…”
ripeté Harry con una mezza risata. “Dico sul
serio. Ho pensato…
Ho pensato che se le cose intorno fossero state diverse, se non ci
fosse stato… tutto il resto, è altamente
probabile che io e te
saremmo stati ottimi amici.”
Draco
lo fissò come se fosse diventato improvvisamente un Doxy.
“ Ne
dubito fortemente,” mormorò stupito.
“ No,”
insistette Harry. “Noi ci siamo sempre…interessati
a vicenda.”
“ Tu
non mi interessavi. Ti volevo morto. Capiscilo, Potter, sono due cose
estremamente diverse,” gli fece notare Draco in tono
apprensivo.
“ Ed
era indispensabile, ad esempio, passare anni a studiare la mia
imitazione, per questo?” replicò Harry senza
demordere.
“ No.
Quello era per sfotterti.”
Harry
levò lo sguardo al cielo.
“ Pensala
come ti pare. Io sono convinto che, sì, lo so, non avevamo
niente in
comune ma saremmo stati, tipo, grandissimi amici. Non sto
dicendo,”
precisò subito, mettendo le mani avanti, “che
dovremmo esserlo
adesso. È un po’ tardi per questo, dopo dieci anni
che vorrei
buttarti giù da una scopa in volo e viceversa.
Cioè, io… È
soltanto che lo stavo pensando quando Theo è venuti a dirmi
che eri
qui al san Mungo e poi… Non lo so. Mi sono sentito come se
l’amico
che non ho fosse stato ferito, una cosa del genere.”
Draco
tacque per qualche istante.
“ Lo
sai come si chiama, questo? Si chiama schizofrenia. Normalmente sono
i bambini che hanno amici immaginari, ma suppongo che nel tuo
sottoscala Muggle non ci fosse spazio a sufficienza.”
Harry
scoppiò a ridere, sorprendendo anche se stesso.
“ Come
sai che ho vissuto in un sottoscala?”
Draco
si strinse nelle spalle.
“ Devo
averlo letto da qualche parte.”
Harry
annuì, senza disturbarsi a fargli notare che ricordava molto
bene i
dettagli letti da qualche parte. Draco dovette pensarla allo stesso
modo, perché non proferì verbo.
“ Non
vuoi proprio dirmi chi erano?” chiese poi Harry, a bassa voce.
“ Non
me lo ricordo, Potter.”
“ Come
preferisci allora. Cercherò di arrivarci da solo,”
stabilì,
facendo spallucce.
“ Potter,
l’altro giorno mi hai detto che non ti interessa
più niente,”
gli ricordò Draco, inquisitivo. “Perché
ti disturbi tanto? È per
dimostrarmi ancora che sei più bravo?”
“ No,”
rispose Harry, e poi ci pensò un po’ su. Lo
guardò dritto in
faccia, stupito lui stesso. “E’ perché questo
mi interessa, credo.”
Draco
annuì lentamente
“ Devi
annoiarti parecchio,” constatò. “Magari
Theo ha ragione. Può
darsi che tu non sia così robustamente eterosessuale. Forse
ti manca
un uomo,” ipotizzò con aria canzonatoria.
“ Forse
mi manca non essere Harry Potter,” mormorò lui
rifiutando di
assecondare lo scherzo.
“ Io
ci ho provato a darti altri nomi, ma nessuno di quelli che ho
proposto ti piaceva,” gli fece notare Draco.
Harry
lo guardò storto.
“ Sfregiato?
San Potter? Potty?” elencò con un mezzo sorriso.
Draco
levò il naso all’aria, compiaciuto.
“ Sono
tutti bellissimi. Il mio preferito è Potty,”
annunciò con
sussiego, mentre Harry scoppiava a ridere di cuore.
“ Credo
che per la verità Potty sia di Peeves,”
commentò ilare.
Draco
si affretto ad agitare la mano.
“ La
paternità è ancora da verificare,”
affermò con un sorriso
istintivo. Harry fece automaticamente altrettanto, scoprendo per la
prima volta che il viso di Draco Malfoy poteva esprimere divertimento
senza nessun genere di perfidia. Realizzò che, quando non ci
metteva
dentro tutta quella malignità, Malfoy aveva un gran bel
sorriso,
aperto e luminoso.
“ Siamo
arrivati a duecentocinquantatré. Ci eravamo dati il tetto
massimo di
duecentocinquanta, ma tanto è sicuro che qualcuno non
verrà.”
Theo
annuì meditabondo.
“ Una
cerimonia discreta, Potter.”
Harry
ridacchiò.
“ Se
fosse stato per me potevamo essere in quindici,”
osservò. “Ma
tra tutti i parenti, gli amici, i colleghi… Insomma,
è venuta
fuori una folla,” concluse con scarso entusiasmo.
“ Tanto
per sapere se devo prepararmi mentalmente, sono uno dei
duecentocinquantatré?” chiese Theo, con fare
noncurante.
“ Naturalmente,”
confermò Harry. “Ho contato te più una
persona, pensando che
potresti aver bisogno di un supporto psicologico,” aggiunse
scherzoso.
“ Che
pensiero carino,” celiò Theo.
“ Permesso?”
Si
voltarono entrambi verso la porta, da stravaccati che erano sulle due
sedie dell’ufficio di Harry. Draco Malfoy era ritto sulla
soglia,
sorridendo impercettibilmente in modo ironico.
“ Si
lavora come pazzi, da queste parti…”
osservò.
“ Stavo
appunto annunciando a Potter che ho risolto il mio caso ma, ora che
lo dici, vado subito a procurarmene un altro,”
replicò
tranquillamente Theo, alzandosi. “Ci vediamo,
signori.”
Diede
una leggera pacca all’amico, uscendo, poi Harry fece cenno al
visitatore di entrare.
“ Vieni,
accomodati,” lo invitò. “Cosa ti porta
qui?”
Draco
si fece avanti e raggiunse la sedia, prendendo posto.
“ Sono
venuto a ritirare la mia denuncia,” annunciò con
decisione.
“ Ah,”
commentò Harry, contrariato. “Speravo venissi a
darmi informazioni
sugli aggressori.”
Draco
scosse la testa.
“ Direi
di no.”
“ Perché
non vuoi che vengano arrestati, Malfoy? Se lo meritano,”
osservò
Harry deluso.
Draco
scosse la testa.
“ Voglio
solo lasciarmi questa cosa alle spalle. Anche se qualcosa di buono me
l’ha portato…”
Harry
aggrottò la fronte.
“ Cosa?”
Draco
sorrise di sbieco.
“ Duemila
galeoni,” rispose, strappandogli una mezza risata.
“ Per
un attimo ho pensato ti riferissi al fatto che ci parliamo. Ti avrei
riportato da un Medimago,” replicò Harry, con un
filo di rammarico
che volle celare.
“ Tutte
le cose buone hanno un lato negativo, ma non mi lamenterò.
Forse,
alla fine, mi piace il rischio.”
Harry
lo osservò pensoso, lasciandosi girellare in mente
un’idea molto
malsana. Non lo faceva apposta, ma certe volte gli venivano impulsi
preoccupanti che, immaginava, tradivano la sua eredità
paterna.
“ Quanto?”
chiese.
Draco
si insospettì.
“ Non
mi rassicura quella faccia, Potter. A che cosa stai
pensando?”
s’informò.
Harry
sorrise ampiamente.
“ A
due Burrobirre e al Paiolo Magico. Ho finito il turno.”
Draco
storse il naso con disapprovazione.
“ Questo
è molto perfido nei confronti della comunità
magica, Potter,”
osservò in tono di rimprovero, prima di sorridere.
“Mi piace.”
“ Potrebbero
pestarti di nuovo,” ipotizzò Harry sedendosi.
“ Non
credo mi coglieranno di sorpresa una seconda volta,”
replicò Draco
con durezza. “E poi l’hai letto il giornale, no?
Noi due siamo
robustamente eterosessuali.”
“ Giusto.
Ehilà, Tom,” salutò Harry
all’indirizzo del bancone. “Due
burrobirre per me e il signor Malfoy, grazie,” aggiunse a
voce
alta.
“ Quanta
audacia, Potter,” sussurrò Draco divertito. Harry
ridacchiò di
gusto.
“ Sto
cercando di fare in modo che tu venga ucciso,” ammise con
fare
cospiratorio.
“ Ancora?”
sbuffò Malfoy. Harry lo guardò storto.
“ Non
l’ho mai fatto prima,” gli fece notare.
“ Certo.
Non è come se mi avessi mai perseguitato,”
assentì Draco con fare
condiscendente.
“ Ancora
questa storia?” protestò Harry con veemenza.
“Malfoy, non è
vero per niente!”
“ Ah,
sì? E che mi dici di quell’episodio che proprio tu
hai citato,
quando mi hai pedinato nel bagno, peraltro ferendomi quasi
mortalmente con un incantesimo?” lo accusò Draco.
“ Tu
mi hai rotto il naso sull’Espresso!”
“ E
mi stavi ancora spiando…”
“ E-e
quando ti sei vestito da Dementor, allora? Che avevo fatto quella
volta, eh?”
Fu
così che iniziarono a discutere la miriade di episodi
scolastici che
li riguardavano più o meno direttamente entrambi, calandosi
sempre
più in dettagli che entrambi ricordavano con minuzia
sorprendente.
Dopo le due Burrobirrre Malfoy ordinò un giro di whisky, che
fu
seguito poco dopo da quello chiesto da Harry. Il vecchio Tom
offrì
loro una mano di amaro della casa, ed entrambi lo trovarono
così
gradevole che chiesero il bis.
“… E…
E Weasel continuava a sputare lumache e Salazar misericordioso, avrei
voluto morire in quel momento per andarmene con la massima
gioia,”
rise Draco, centellinando il suo liquore. “Era
così meraviglioso…
La bava che colava dalle lumache gli stava
d’incanto.”
“ Non
è certo stato bello come la volta che sei stato trasformato
in
furetto!” fu la pronta risposta di Harry.
“Purtroppo tu ti sei
perso la scena, ma ti assicuro che valeva la pena di vivere solo per
essere lì. Continuavi a rimbalzare sul pavimento e ti
contorcevi
come un pazzo, e…”
“ Il
rumore del tuo setto nasale che si rompeva, quello scricchiolio di
ossa frantumate sotto le mie nocche! Non scorderò mai quel
suono
paradisiaco, quella sensazione di onnipotenza…”
Non
ci volle molto altro tempo perché iniziassero a trovare
tutto molto
comico, e dopo una terza dose di amaro – “non
c’è due senza
tre”, fu l’acuta osservazione di Draco –
sembravano entrambi
propensi a pensare che i loro anni scolastici fossero stati
abbastanza spassosi e che il merito era da imputare in buona parte al
reciproco darsi ai nervi.
Non
passò molto tempo – né, fortunatamente,
molti altri bicchieri -
prima che il vecchio Tom suggerisse gentilmente ai chiassosi
avventori di andare a prendere una boccata d’aria,
così Harry e
Draco s’incamminarono per una Diagon Alley ormai quasi
svuotata
barcollando leggermente.
“… Ero
sicuro che fossi tu! Te ne andavi in giro a blaterare minacce ai
nemici dell’Erede, mi sembrava ovvio!” stava
spiegando Harry con
foga, scosso dalle risate.
“ Sei
veramente un idiota, Potter!” sghignazzò Draco
scuotendo la testa.
Avanzarono di qualche altro metro prima di rendersi conto che non
stavano andando da nessuna parte, che erano brilli e che
l’ora di
cena era passata da un po’.
“ Non
posso….” Draco ebbe un altro accesso di risa, per
inerzia.
“…Tornare a casa in questo stato,”
ansimò, trovandolo
evidentemente divertente. Harry si lasciò trascinare
ulteriormente
dalla sua risata, stringendosi la pancia. Aveva un male tremendo agli
addominali e per qualche motivo anche questo lo fece ridere, il che
non aiutò ad alleviare le fitte.
“ Oh,
Merlino,” gemette, cercando di riprendere fiato.
“Sto malissimo,”
farfugliò ilare e respirò di nuovo a fondo,
mentre Draco sussultava
di un riso silenzioso e più moderato.
“Di’, ci sei mai stato a
Grimmauld Place?” gli chiese, ricordando che c’era
un vecchio
whisky, nella credenza, che poteva proprio fare al caso loro.
“ Dai
Black?” disse Draco. “No… Mio padre non
sopportava Walburga.”
Rise ancora. “Era una vecchia terribile, mi faceva una paura
tremenda.”
“ Ho
del whisky,” annunciò Harry. “E devi
vedere l’arazzo dei
Black! Ci sei anche tu!” aggiunse, ricordando il particolare
con
ingiustificato entusiasmo.
“ Il
mio nome in casa tua? Che tragedia!” esclamò
Draco. E se avesse
bevuto almeno un bicchiere di meno, a quel punto si sarebbe
certamente reso conto che la sceneggiata per provocare la
società
magica si era spinta ben oltre i limiti della ragionevolezza;
sicuramente anche Harry avrebbe realizzato che invitare a casa Draco
Malfoy era una cosa che non aveva il minimo senso. Invece si stava
divertendo come non gli capitava da un secolo e non pensò
proprio a
nient'altro. Perché, per la prima volta da
quand’era ragazzino, si
era dimenticato che lui era Harry Potter e tutto quel che ne
conseguiva.
Perciò
si avviarono insieme verso Grimmauld Place e una volta giunti a
destinazione si sistemarono in sala, si servirono due bicchieri ed
esaminarono l’arazzo dei Black, mentre Draco raccontava tutto
quel
che sapeva sui vari personaggi della casata e che Sirius non aveva
narrato. Dopo un quarto d’ora di storia familiare Harry si
era
fatto un’idea così eccentrica e strampalata
dell’illustre
famiglia che riprese a ridere quasi istericamente. Draco
s’interruppe
e insistette per visitare la biblioteca, di cui sua madre gli aveva
parlato varie volte, e finirono per fare un giro turistico di tutta
la dimora.
“… E
qui ci dormivo quando c’era l’Order, insieme a
Ron,” raccontò
Harry mostrando l’interno della loro vecchia camera,
attualmente
spoglia e semivuota. “Sto pensando di farci uno
studio,” aggiunse
vago.
“ Secondo
me non è abbastanza luminosa,” osservò
Draco scuotendo la testa,
prima di voltare i tacchi. “Nella stanza d’angolo
dovrebbe starci
meglio, con due finestre. Dovrebbe essere…”
osservò per un
istante il corridoio, dirigendosi con sicurezza verso la porta in
fondo, “… quest…ah.”
“ Oh,
ehm, sì, quella è dove dormo adesso,”
spiegò Harry andandogli
appresso. “Mi piace avere una camera da letto con tanta
luce.”
“ Sempre
per via del sottoscala? Quanti traumi, povero Potter,” lo
schernì
Draco.
Lui
rise, oltrepassandolo nella stanza.
“ C’è
un po’ di casino,” borbottò a
mo’ di scuse.
“ Un
po’…”
Ad
Harry piaceva chiamare il perpetuo stato disordine in cui viveva
“caos creativo”. A Draco sembrò
sicuramente un macello senza
senso. C’era di tutto, sparpagliato in quella camera: libri,
foto,
vestiti, ma anche tazze vuote, talismani, qualche pezzo da tenuta
regolamentare per Auror e persino uno Spioscopio piazzato sul
comodino.
“ Come
fai a trovarti i piedi, qui dentro?”
s’informò storcendo il
naso.
“ Improvviso,”
rispose Harry con una scrollata di spalle, mentre il suo sguardo
scorreva intorno per poi tornare a posarsi di nuovo
sull’interlocutore. Quello, fu esattamente quello il momento
in cui
realizzò che c’era qualcosa che non andava, che
non era affatto
normale che fosse nella sua camera da letto con Draco Malfoy alle
undici di sera.
Lo
Slytherin dovette arrivare allo stesso tipo d’illuminazione,
perché
rimase lì impalato con aria straordinariamente poco a suo
agio. Poi
si schiarì la voce con noncuranza.
“ Ci
serviamo il bicchiere della staffa?” propose, arretrando
verso la
porta.
“ Certo,”
confermò Harry a mezza voce, e nel secondo immediatamente
successivo, giusto mentre Draco era sul punto di muoversi,
scoprì
guardandolo in faccia che forse, alla fine, Theodore Nott era davvero
una persona straordinariamente intuitiva e forse, alla fine, quel che
gli mancava era davvero un uomo; ma non uno qualunque, proprio quello
lì che gli stava davanti, con gli occhi grigi e penetranti,
il suo
naso all’aria e la spolverata di capelli chiarissimi che, con
tutta
quell’agitazione, gli ricadevano umanamente sulla fronte in
leggero
disordine. Probabilmente non pensò lucidamente nessuna di
quelle
cose: successe semplicemente che gli venne in mente che non poteva
non baciare Malfoy. E siccome gli era venuto in mente, Harry, come
suo solito, tradusse l’impulso in azione senza soffermarsi
sulle
considerazioni del caso.
Gli
bastò un petosecondo, troppo poco perché la
scintilla del
raziocinio lo trattenesse, per spingere lo Slytherin contro lo
stipite della porta e, prima che Draco potesse ritrarsi o Schiantarlo
indifferentemente, poggiare le labbra sulle sue approfittando della
sorpresa. Si aspettò che lo Schiantesimo arrivasse subito
dopo,
invece non successe nulla di simile. Draco emise un verso soffocato
d’incredulità, afferrò il suo bavero
per spingerlo via da sé, ma
nel farlo, anziché staccarselo di dosso, gli andò
appresso. Si
trovarono a barcollare in mezzo alla stanza senza smettere di
baciarsi sempre più freneticamente, e siccome le mani di
Malfoy non
si staccavano dal suo maglione Harry pensò bene di poggiare
le
proprie dietro la sua testa, in mezzo ai capelli. Poi non
pensò più
proprio nulla.
Andò
tutto al suo posto da sé, in un modo così
semplice e assurdo che
non se ne accorse minimamente: il sangue che pompava nella vene, il
cuore che batteva con violenza contro la sua cassa toracica, i
respiri che si inseguivano in fretta, ventidue anni di voglia
disperata di esistere, ogni tassello nella giusta posizione e la
sensazione fortissima di annegare, finalmente, in una pace che non
aveva nulla a che vedere con il suo stato di eccitazione fisica.
Quella rimaneva lì e lo spingeva a stringere tra le sue dita
i
capelli di Draco, succhiare le sue labbra e respirargli in gola, con
una voglia inarrestabile di toccare tutto quello che poteva avere che
si tradusse nell’abbassare le braccia intorno alle sue spalle
per
spingerselo contro. Ora le mani di Draco erano schiacciate tra i loro
toraci, e dopo un po’ si liberarono per andare a depositarsi
intorno ai suoi fianchi, senza che Malfoy smettesse di spingere la
lingua oltre le sue labbra, tra i denti, contro la sua.
Non
c’era più niente, adesso, in mezzo a loro.
Quando
Harry Potter si svegliò, l’indomani mattina, visse
una serie di
scoperte insolite in rapida successione: per prima cosa, ancora
praticamente addormentato, si rese conto di avere in sapore
inequivocabile di alcol in bocca e un discreto cerchio alla testa.
Poi realizzò che non aveva vestiti addosso e infine che
aveva
passato qualche ora a rotolarsi nel letto sperimentando un paio di
orgasmi da preliminare e un gloriosissimo coito nella mano di Draco.
Spalancò gli occhi di scatto e raddrizzò la testa
con una fitta
alla tempia.
Malfoy
stava dormendo, lì di fianco. Gli aveva rubato quasi tutte
le
coperte e aveva il viso schiacciato contro il cuscino. Harry si
passò
la mano sulla faccia, intontito, e cercò di rimanere calmo.
Si era
ubriacato e aveva fatto una grossa sciocchezza, succedeva a un sacco
di gente della sua età. Avrebbe soltanto voluto evitare di
sentirsi
così stupidamente nel modo in cui si sentiva,
perché oltre
all’ansia aveva addosso una smania di ridere, di nascondere
la
faccia tra le mani e sghignazzare senza ragione. Adesso, il viso di
Draco Malfoy gli sembrava diverso. Aveva qualcosa di meno costruito,
e non solo perché stava placidamente dormendo ma per una
qualche
altra ragione, una che lo portava a vedere in modo diverso quei
lineamenti affilati, dando loro un’altra luce.
Harry
era sicuro che avrebbe dovuto sentirsi male. Non solo aveva tradito
la sua futura moglie, ma l’aveva fatto con un uomo: non un
uomo
qualunque, peraltro, ma comunque un uomo. Un maschio. Era sicuro che
ci dovesse essere qualcosa di profondamente sbagliato in questo,
perché lui non era così,
e una parte di lui voleva davvero che si sentisse sporco e fuori
posto, ma non era così convincente come avrebbe desiderato.
Lasciò
ricadere la testa sul cuscino con uno sbadiglio silenzioso, gli occhi
puntati sul soffitto. Aveva un po’ freddo, ma immaginava che
cercando di recuperare la coperta avrebbe finito con lo svegliare
Malfoy, e non era molto ansioso di scoprire come lui
avrebbe preso “il mattino dopo”. Draco
dormiens nunquam titillandus, diceva
il motto di Hogwarts, e Harry non l’aveva mai trovato
così saggio.
Fu
nel bel mezzo di quella dotta elucubrazione che sentì il
suono di
uno sbadiglio provenire dalla sua sinistra e il fruscio di un
movimento incerto. La sensazione languida di pelle d’oca
immotivata
che ne seguì, e che lo prese dritto alla bocca dello
stomaco, lo
lasciò a boccheggiare per la sorpresa.
Malfoy
emise un leggero mugugno e prese un respiro profondo, poi
sbadigliò
di nuovo.
“ Che
ore sono?” mormorò, e soltanto allora Harry si
azzardò a voltarsi
per guardarlo. Aveva anche lui lo sguardo fisso sul soffitto,
insonnolito.
“ Tipo
le otto,” disse Harry, cercando di far uscire dalla gola una
voce
decorosa: ne venne fuori un borbottio rauco e poco chiaro. Si rese
conto che era nudo nel letto con Draco Malfoy, altrettanto nudo, e
gli venne il panico. Poi ci ripensò di nuovo e non lo
trovò così
spaventoso.
Rimase
immobile, in silenzio, cercando di ricordare a se stesso che
allungare la mano per toccarlo sarebbe stata una cosa disdicevole per
una lunga serie di motivi: era un maschio, era Malfoy, non era
più
ubriaco e quindi avrebbe reagito con la violenza, e lui avrebbe
ancora tradito Ginny. Lo Slytherin, lì accanto, sembrava
ugualmente
paralizzato. Stava diventando spiacevole, e Harry si sentì
molto a
disagio, oltre che stupido.
“ Beh…”
farfugliò. “Potremmo fare un
caffè.”
“ Sì.”
Si
alzò a sedere, annuendo, e si trovò davanti al
primo insormontabile
ostacolo: lui aveva appena un angoletto di coperta sistemato
strategicamente, e se si fosse alzato per prendere i vestiti o la
bacchetta sarebbe stato completamente nudo di fronte a Malfoy. Rimase
lì impalato, senza sapere cosa fare.
“ Potter?”
lo interpellò giustamente il suo ospite.
“ E-eh…”
“ Potter?
Che fai, vegeti?”
“ Non
so dove sono le mie mutande,” borbottò impacciato.
“ Mi
sembra comprensibile. In questo immondezzaio è
già tanto se trovi
il letto,” biascicò Draco, strofinando la guancia
sul cuscino. “E
poi scommetto che senza occhiali non vedi neanche
dov’è la porta.”
A
Harry sfuggì una risatina che lo fece sentire molto meglio.
Aveva
creduto che Malfoy avrebbe dato in escandescenze, affermando che
l’aveva ubriacato per fargli fare cose contro natura. Invece
non
sembrava affatto propenso a dire nulla di simile.
“ Effettivamente
mi muovo più a intuito, la mattina,” ammise.
“ E
allora il tuo intuito fa schifo,” replicò Draco,
aspro.
Harry
aggrottò la fronte, domandandosi cosa intendesse dire.
“ Questo
non è molto simpatico,” osservò
stupidamente.
“ Nemmeno
starsene lì con le mani in mano come un idiota, se
è per questo,”
ribatté Draco con uno sbuffo, prima di rotolare nuovamente
supino.
“Immagino dovrò togliere il robustamente
dal
mio eterosessuale,
dopo oggi.”
Harry
lo guardò per un paio di secondi in modo quasi mistico,
domandandosi
se aveva davvero capito bene. Spostò gli occhi
sull’orlo della
coperta, oltre il quale si intravedeva il fianco chiaro di Malfoy, e
decise che tutto sommato per essere sicuro non gli restava che fare
un tentativo. Allungò lentamente una mano, reggendosi
sull’altra,
fino a farla scivolare sotto la coperta e sulla pelle di Draco, che
reagì con un sospiro rumoroso, tendendo i muscoli. Allora
Harry
trattenne un sorriso e si sporse definitivamente su di lui per
baciarlo, trovandolo estremamente bendisposto. Gli si lasciò
cadere
addosso respirandogli dalle labbra, in un groviglio di braccia e
gambe che si allacciavano. Si baciarono con calma, assaporandosi, e
quando Harry si sentì decisamente eccitato trovò
molto istintivo e
naturale spingere il bacino contro di lui, scontrandosi con lo stesso
movimento in senso opposto. Draco strattonò la coperta
frapposta a
loro e Harry prese un respiro stentato quando sentì la pelle
aderire
a quella dell’altro in un tepore diffuso, morbido. Gli prese
il
viso tra le mani, continuando a baciarlo e muoversi contro di lui.
Aveva voglia di fare sesso, di perdersi, di non sentire più
nient’altro che quel languore e quel martellio nel petto.
“ Non
so…” biascicò confusamente, ma
s’interruppe con un fremito
quando la mano di Malfoy si chiuse sulla sua erezione. Trattenendo il
fiato con un gemito strozzato mosse faticosamente la propria per fare
lo stesso, e la stanza risuonò dei loro sussulti soffocati,
sempre
più nitidi e affannosi. Harry non resistette molto a lungo,
e Malfoy
poco più di lui. Quando l’ultimo sospiro orgasmico
si fu spento e
i loro respiri furono tornati a una parvenza di normalità,
senza che
le loro membra si snodassero, Harry piantò gli occhi dritti
in
quelli di Draco.
“ E
adesso?”
Malfoy
non capì, o fece finta.
“ Credevo
avessi parlato di un caffè…”
osservò. “E personalmente ti
consiglio anche una doccia. Puzzi come cento latrine,”
aggiunse
ironico, ma senza vera cattiveria. Harry ridacchiò.
“ Guarda
che nemmeno tu profumi di rose!” obiettò.
“ I
Malfoy non puzzano,” sentenziò fieramente Draco.
“… Odorano
di stantio,” confermò Harry ilare, schivando per
un pelo il
successivo schiaffo diretto sulla sua faccia.
“ Potter…”
sbottò Draco cercando di non suonare divertito, mentre
tentava di
menarlo. Harry si divincolò ridacchiando, gli prese i polsi
e, ormai
forte di una certa audacia, ritornò a baciarlo senza
incontrare la
minima resistenza; anzi questa volta fu proprio Malfoy a rovesciarsi
su di lui, schiacciandolo sul materasso.
“ Devo
andare in ufficio,” riuscì a boccheggiare Harry in
una pausa per
respirare, seppure controvoglia. Draco si sollevò sui gomiti.
“ Sì,
e io a casa a dormire,” confermò sornione.
“ Stronzo.”
A
quel punto Harry non fece più nemmeno caso al fatto di
essere senza
vestiti e caracollò in piedi con uno sbadiglio, mentre
Malfoy
riusciva nell’ordine a recuperare la bacchetta in una tasca e
a far
schizzare verso di sé il resto dei propri vestiti. Harry lo
lasciò
in cucina ad aspettare che fosse pronto il caffè, mentre lui
si
buttava al volo sotto la doccia per non fare troppo schifo al lavoro.
Guardandosi allo specchio si accorse di avere un paio di occhiaie
inequivocabili, ma qualcosa di vivace e sereno nei lineamenti e nel
brillio dello sguardo che trovò molto piacevole.
In
cucina, Draco si era già servito e sorseggiava il
caffè fumante
sfogliando la Gazzetta con aria contrariata.
“ Non
parla della nostra sbronza al Paiolo.”
Harry
sbuffò una risata, riempiendosi la tazza.
“ Avremmo
dovuto rompere qualche tavolo,” ipotizzò
scherzoso. “Comunque,
almeno così non ti ammazzano.”
“ Sai
che soddisfazione,” brontolò Draco, mentre lui si
schiariva la
voce.
“ Senti,
non… Non l’ho ritirata, la tua
denuncia,” confessò a
malincuore.
“ Lo
so,” commentò Draco con fare rassegnato. Poi prese
un altro sorso,
chiudendo il giornale. “Nathaniel Emmett,” disse
nella tazza.
Harry
lo guardò perplesso.
“ Eh?”
“ Quello
che ho riconosciuto si chiama Nathaniel Emmett. Fa il commesso da
qualche parte a Diagon Alley,” spiegò Draco senza
guardarlo.
Harry
si trattenne dall'avere reazioni esagerate. Si umettò le
labbra,
stringendo la presa sulla tazza come se fosse stato il collo
dell’aggressore.
“ Ok,”
sussurrò, guardando distrattamente Draco che si alzava.
“Perché
me lo stai dicendo?”
L'altro
si strinse nelle spalle, appellando il mantello. Se lo
poggiò sulle
spalle con un gesto rapido.
“ Perché
è finito, il tempo degli incappucciati. E se non
è finito, dovrà
finire.” Accennò un sorriso strafottente.
“È per questo che sei
nato, no?”
“ Così
dicono,” assentì Harry senza convinzione.
Draco
annuì brevemente.
“ Io
vado,” annunciò, a nessuno in particolare. Harry
posò la tazza e
lo seguì verso la porta d’ingresso, abbassandone
le protezioni con
un colpo di bacchetta. Draco la aprì, varcò la
soglia e si fermò
sul gradino. Harry sentì di avere le mani sudate e qualche
problema
di respirazione.
“ Ci
vediamo..?” iniziò incerto.
“ Quando
capita,” lo interruppe Draco scrollando la testa.
“Immagino dovrò
venire per dei riconoscimenti o qualcosa del genere.”
Harry
cercò di non sembrare ansioso.
“ Non
ce ne sarà bisogno, se ammettono il crimine. E ci
vorrà qualche
giorno, magari,” osservò vago. Ma anche due ore,
pensò, sarebbero
state troppe. Malfoy però si limitò ad annuire.
“ Certo.
Beh, buon lavoro.”
Era
già sparito un attimo dopo. Harry fissò per
qualche secondo lo
spazio vuoto in cui si trovava il suo corpo pochi secondi prima,
sentendosi improvvisamente molto solo.
Di
certo Theo per una volta dovette avere seri problemi a rimanere
impassibile, quando il Vicecapo dell’Ufficio Auror si
presentò sul
posto di lavoro con quindici minuti di ritardo e una faccia
indescrivibile. Harry sapeva che sembrava qualcuno lo avesse preso a
cazzotti e poi che subito dopo avesse vinto la lotteria, passando di
conseguenza la notte in bianco.
“ Potter,”
lo salutò il collega. “C’è
Weasley che ti aspetta di là per le
pratiche di fine mese,” gli fece sapere, serio. Era il genere
di
procedura burocratica lunghissima e tediosa che lui sopportava
malissimo. “Ti senti bene?” aggiunse, facendogli
intuire che il
suo aspetto non era dei migliori.
Harry
lo guardò spaesato. Bella domanda.
“ Non
lo so,” rispose onestamente.
Theo
si schiarì la voce.
“ Ore
piccole?” ipotizzò vago. Chissà
perché, a Harry sembrò che
avesse l'aria di saperla lunga. O forse no, forse era solo paranoico.
Ma quello era Theo, e non c'era da scherzare.
Harry
si limitò a sbuffare.
“ Mi
serve un mandato d’arresto per un tizio che si chiama
Nathaniel
Emmett,” disse deciso.
“ Che
ha fatto?” s’informò Theo.
“ Tu
comincia con l’arrestarlo.” Harry restò
sul vago, incamminandosi
verso il suo ufficio. “Ah, Nott?” aggiunse
all’ultimo,
voltandosi indietro.
“ Sì?”lo
incitò Theo, e subito Harry disse qualcosa che gli usciva da
dentro
lo stomaco e che non si aspettava nemmeno lui.
“ Mano
pesante.”
Anche
Theo parve perplesso da quel suggerimento insolito, ma l'unico segno
del suo stupore fu un rapido sbattere di ciglia. Quanto
quarantacinque minuti dopo ritornò in ufficio insieme a
Dean, l'uomo
che camminava in mezzo a loro e che Harry identificò a naso
come
Nathaniel Emmett aveva l'aria di essere stato Schiantato per bene. E
non solo una volta.
Harry
lo guardò attentamente, fermo sulla soglia del suo ufficio
personale. Un viso comune, l'aspetto di una persona qualunque. Non
troppo alto né eccessivamente robusto, per quanto ben
piantato,
abiti normalissimi, capelli castani né corti né
lunghi, comunissimi
occhi marroni, di un marrone non particolarmente acceso in cui in
quel momento brillava l'inquietudine mal dissimulata. Sembrava in
tutto per tutto il signor chiunque. Non c'era niente che avrebbe
potuto permettere di distinguerlo da qualcuno che non
passava il suo tempo ad andare in giro aggredendo persone di cui non
condivideva i gusti sessuali.
Era
quello il problema con i mostri. Non sempre erano esseri sepolcrali,
squamati e senza naso. Per lo più risultavano identici a
tutti gli
altri, si mimetizzavano perfettamente con la gente sana e questo
forse li rendeva ancor più terribili. Harry strinse il pugno
intorno
alla bacchetta, facendo cenno a Theo e Dean di precederlo verso la
sala degli interrogatori.
Doveva
rimanere calmo, si disse. Invece gli continuava a venire in mente
l'espressione totalmente impotente di Draco Malfoy quando l'aveva
visto la prima volta in ospedale, il tono di incredulità e
di dolore
che c'era nella sua voce spaesata mentre ripeteva per la terza volta
che stava soltanto comprando un libro. Harry stringeva i denti quando
il vasetto della pianta grassa che Ginny gli aveva lasciato in
ufficio esplose con un botto rumoroso, spargendo frammenti
tutt'intorno. Chiuse gli occhi e respirò a fondo per
tranquillizzarsi.
“ Harry!
Tutto a posto?” esclamò Katie affacciandosi dalla
porta. Vide i
cocci e aggrottò la fronte. “Che
succede?”
“ L'ho
urtato ed è caduto,” rispose lui, senza curarsi
del fatto di avere
una voce troppo rabbiosa per suonare credibile. “Ho un
interrogatorio,” continuò.
Katie
sorrise, annuendo.
“ Vai
pure, sistemo io,” suggerì.
Lui
farfugliò un ringraziamento, lasciò la stanza e
si affrettò a
raggiungere i colleghi. Li guardò attraverso l'uscio
incantato: Dean
era appoggiato al muro con l'aria strafottente e un sorrisetto poco
raccomandabile, mentre Theo stava facendo sfoggio della sua miglior
espressione glaciale e di uno sguardo sinistro da perfetto serial
killer. Se Harry l'avesse incontrato per strada con quella faccia non
sarebbe stato molto felice di vederlo.
In
mezzo, Nathaniel Emmett sembrava decisamente poco a suo agio.
Continuava a far saltare lo sguardo intorno, allarmato, e si agitava
sulla sedia cui era assicurato.
“ Ci
dev'essere un errore!” lo sentì esclamare con foga.
“ Certo,
certo,” ridacchiò Dean noncurante, girellandosi in
mano la
bacchetta.
Theo
fece scrocchiare le dita ed Emmett lo osservò inquieto.
“ Non
avete il diritto di tenermi qui senza dirmi con quale accusa!
È
illegale, non...” riprese, con meno baldanza.
“ Thomas,
fallo stare zitto,” esclamò Theo con voce bassa e
velenosa, il
volto ancora contratto in quella maschera truce. “Sai cosa
succede
se non sta zitto, vero?”
Dean
lanciò ad Emmett un'occhiata eloquente, quasi confidenziale.
“ Io
lo so... Ma credimi, amico, tu non
vuoi
saperlo,” gli disse, annuendo ripetutamente.
Il
prigioniero sembrò voler diventare un tutt'uno con la sedia,
mentre
cercava invano di ritrarsi. Harry scelse quel momento per aprire la
porta.
“ Buongiorno,”
esordì bruscamente.
Dean
gli sorrise, mentre Theo accennava un movimento del capo.
“ Capo,”
salutò il primo, mentre il secondo rimaneva in silenzio.
“ Lei
è Harry Potter!” esclamò Emmett
sollevato. “Deve farmi uscire
di qui, le assicuro che non...”
“ Qui
gli ordini li do io,” lo zittì Harry con una sorta
di ringhio.
“Quindi vedi di rispondere alle mie domande. Dov'eri la
mattina di
martedì scorso intorno alle otto e mezza?”
Harry
ebbe il tempo di cogliere una scintilla di panico e comprensione
nello sguardo del mago, prima che cercasse di comporre un'espressione
innocente. Contemporaneamente registrò il violento
irrigidirsi del
corpo di Theo.
“ A
casa,” rispose Emmett sicuro. “Intorno a quell'ora
abitualmente
faccio colazione.”
“ Sì?”
domandò Harry, sollevando per la prima volta lo sguardo su
di lui.
“Quindi mi stai dicendo che abitualmente la tua colazione
comprende
aggressioni e percosse a danno dei passanti?”
Emmett
sgranò esageratamente gli occhi. Era un attore pessimo.
“ Cosa?
Non capisco che...” iniziò con fare smarrito.
“ Conosci
Draco Malfoy? Lo hai mai incontrato?” continuò
Harry truce.
“ ...Malfoy?”
ripeté Emmett perplesso, prima che la bacchetta di Theo
finisse
puntata alla sua gola.
“ Rispondi
alla domanda,” sibilò lo Slytherin.
“ Nott...”
iniziò Dean sottovoce, vigile. La storia dello psicopatico
incontrollabile era una montatura che lui e Theo avevano messo
insieme per torchiare gli accusati, ma in quel momento Theo sembrava
davvero fuori di sé, lo notò confusamente persino
Harry.
“ Dean,
vai a vedere se di là c'è bisogno di
qualcosa,” suggerì rigido.
Sentiva il cuore rimbalzare sordo contro le tempie e il sangue gli
rombava nelle vene. Il sottoposto esitò per qualche secondo,
forse
perché le loro facce lo inquietavano, ma finì per
scrollare le
spalle.
“ Va
bene,” mormorò dirigendosi alla porta.
“Ragazzi...” ammonì,
prima di imboccarla e chiudersela alle spalle.
La
bacchetta di Theo era ancora puntata contro la gola di Emmett, quasi
conficcata nella carne.
“ Forse
non ti rendi conto della posizione in cui sei,”
iniziò Harry con
voce improvvisamente calma. “Sei chiuso in una stanza senza
testimoni con due Auror, di cui uno sono io,”
precisò,
allontanando i capelli dalla cicatrice.
“ Se
ti succedesse qualcosa passerebbe per un incidente,”
sussurrò Theo
minaccioso.
Per
un folle secondo, Harry pensò che potevano farlo. Per quanto
lo
riguardava, quel tizio non meritava di vivere. Nessuno che andasse in
giro cercando di distruggere quelli che riteneva diversi lo meritava.
Potevano farlo a pezzi e insabbiare la cosa e nessuno, mai, avrebbe
additato Harry Potter come un assassino. Un incidente, un tentativo
di fuga andato storto.
Erano
le forze dell'ordine. Potevano fare qualunque cosa.
Deglutì
a fatica e sbatté gli occhi, inspirando profondamente.
“ Secondo
me fai meglio a confessare,” concluse. “Altrimenti,
non lo
tratterrò,” aggiunse indicando Theo, la cui
postura ed espressione
avevano assunto il massimo della minaccia possibile. “Hai
aggredito
tu Draco Malfoy?”
Per
qualche secondo rimase tutto immobile. Theo con la bacchetta puntata,
Harry lì in piedi con aria torva, Emmett col fiato rotto, il
petto
che andava su e giù rapidamente e le labbra socchiuse. Poi
Theo ebbe
uno scatto violento e diede un pugno sul tavolo proprio di fronte al
prigioniero.
“ Sì!”
ragliò lui con un sussulto di sorpresa, atterrito
dall'imprevidibilità del gesto più che dalla sua
natura. Emise un
singhiozzo di panico. “Sono stato io. Non mi fate del
male!”
“ Però
tu ne puoi fare agli altri...” fece Theo meditabondo, senza
sembrare troppo convinto dalla richiesta.
“ Chi
c'era con te?” continuò Harry senza badarci.
“ Nessuno!”
esclamò Emmett di getto, riprendendo colore. “Ero
solo, ero...”
“ Eravate
in tre,” ringhiò Harry. “E ti consiglio
di dirmi gli altri due
nomi, adesso, prima che mi arrabbi sul serio!”
sbottò. Il suo
battito cardiaco era sempre più accelerato. Le orecchie
ronzavano
sempre più forte. Erano in tre contro un uomo solo,
perché
pensavano di avere il diritto di giudicare qualunque cosa. Gli
andò
il sangue alla testa. Malfoy era libero di fare sesso con chi gli
andava. Tutti erano liberi di fare sesso con chi volevano e
sì,
anche lui, Harry Potter, se preferiva un uomo era liberissimo, e
questo maledetto verme e i suoi due degni amici l'avrebbero pagata
cara.
“ Non
c'era nessuno con me!” ripeté Emmett con foga.
A
Harry partì il pugno. Quasi di sua spontanea
volontà si andò ad
insaccare sotto la mandibola del mago, scaraventandolo indietro e poi
a terra con tutta la sedia. Theo si ritrasse d'istinto e lui, senza
nemmeno badare al polso indolenzito, lo oltrepassò ed
estrasse la
bacchetta.
“ Come
vuoi,” ruggì furioso. “Te l'avevo
detto!”
Theo
ebbe il riflesso di trattenerlo afferrando il suo avambraccio, forse
perché si era accorto che non aveva più il
controllo di sé.
“ Harry...!”
“ No,
Harry un cazzo!” sbottò lui, stravolto,
strattonando il braccio
nella presa di Theo. Gli tremavano le mani e aveva quasi voglia di
piangere, e non per Draco Malfoy ma per tutto quanto quello schifo.
“Basta! Sono stanco morto di tutta questa intolleranza, di
veder
vomitare quest'odio contro chi non è uguale per una ragione
che non
vuol mai dire ma c'è sempre, e quando una cade ne spunta
un'altra,
se non è il sangue è il sesso o qualche altra
cosa,” continuò a
scandire abbassando la voce e avvicinandosi sempre più,
ormai la sua
bacchetta era appoggiata sulla fronte del mago, che non osava
reagire, mentre Theo gli teneva ancora la mano intorno all'altro
polso ma senza troppa forza. “Ho visto morire persone per
questa
farsa. È vero, abbassarsi al vostro livello non mi rende
migliore,
ma se non ci si abbassa almeno un pochino non cambia mai niente. La
gente come te capisce solo altra brutalità, quindi te lo
dirò per
l'ultima volta: voglio i nomi dei tuoi complici o ti giuro che
farò
qualcosa di cui ci pentiremo tutti e due... Ma tu più di
me.”
Theo
lasciò la presa sul suo braccio. Nathaniel Emmett,
rovesciato a
terra, li guardò per un istante con profondo terrore e poi
emise un
singulto disperato.
“ Va
bene... Va bene, ve li dico,” singhiozzò.
L'arresto
degli aggressori di Draco Malfoy fece un certo rumore, nei giorni
successivi. Ad Harry non interessava affatto, perché l'unico
da cui
avrebbe voluto sentir provenire un commento o un ringraziamento era
anche l'unico che non si era fatto sentire. Draco non aveva
rilasciato dichiarazioni, non era passato all'Ufficio Auror e non
aveva nemmeno risposto alla missiva che lo informava della cattura
avvenuta, convocandolo in aula il giorno del processo. Harry era
sicuro che ci sarebbe andato, non era questo a interessargli. Voleva
soltanto vederlo.
S’infilò
nell’ascensore con un sospiro di stanchezza. Sapeva che fuori
stava
per albeggiare e che con tutta probabilità a casa lo
aspettava un
altro gufo di Ginny. Comprensibile, visto che negli ultimi giorni era
stato perfettamente latitante. Aveva inventato ogni genere di scusa
per vedere la fidanzata solo di sfuggita, cercando di venire a capo
del marasma che gli si agitava in testa. Era confuso come non
ricordava di essere mai stato nella vita, e sì che avere le
idee
chiare non era una sua prerogativa.
Voleva
vedere Malfoy. Era difficilissimo non contattarlo in via privata, non
cercare qualche stratagemma per incontrarlo. Non aveva arrestato
Emmett e la sua combriccola per avere la sua riconoscenza, questo no
– le ragioni erano ben più profonde e universali
– ma aveva
sperato che quel fatto avrebbe portato una nuova collisione tra loro
due e, che gli piacesse o meno, Harry ne aveva voglia. Voleva
vederlo. Voleva vederlo e sapere che anche Malfoy stava continuando a
pensare a quella nottata senza riuscire a smettere. Che anche a lui
era rimasto addosso qualcosa di terrificante e meraviglioso e che gli
sembrava costantemente di essere stato investito dall'Espresso un
attimo prima.
L’ascensore
si fermò all’uscita ed Harry sgusciò
fuori dalla cabina
telefonica per ritrovarsi nel solito vicolo male illuminato. Per poco
non inciampò in un ginocchio che non avrebbe dovuto, a rigor
di
logica, trovarsi lì. Sbatté gli occhi e mise a
fuoco niente meno
che Draco Malfoy, seduto sul marciapiede con le mani affondate nel
mantello e la testa piegata indietro, verso di lui. Ebbe un attimo di
smarrimento e poi deglutì stentatamente.
“ Malfoy.”
Si schiarì la voce. “Cosa ci fai lì per
terra?”
Draco
storse le labbra, come se fosse stato infastidito. Da cosa, bravo chi
lo sapeva.
“ Theo
mi ha detto che avevi il turno di notte e che finivi alle cinque e
mezza,” affermò rigido.
“ E
quindi?” chiese Harry sottovoce. Gli faceva male la mascella,
tant’era serrata.
Draco
sospirò condiscendente.
“ Ho
pensato che venire a complimentarmi fosse un gesto di civilizzazione
doveroso,” osservò neutro.
Harry
si era aspettato una risposta del genere, ma la trovò
comunque
dolorosamente deludente.
“ Oh,”
esalò. “Non era il caso,” aggiunse
impacciato. Si vide per un
istante dall'esterno e si trovò patetico in modo umiliante,
a
tormentarsi da giorni per uno che gli aveva detto chiaramente, di
nuovo, che lo riteneva un individuo insulso, oltre che portatore di
sciagura. E che era un maschio.
“ È
stato facile?” continuò Draco formale.
“ Abbastanza,”
rispose Harry nel tentativo, ugualmente patetico, di non fingersi
avvilito. “Io e Nott abbiamo montato una scenetta.”
Che stava per
degenerare in un vero omicidio, ma questo preferì ometterlo.
“ Capisco.”
Malfoy
rimaneva seduto lì per terra, lui impalato come un'armatura
di
Hogwarts; tutto era parecchio imbarazzante. Si schiarì la
voce.
“ Beh,
allora...” borbottò. “È
tutto... No?” gli sfuggì infine, con
una nota di speranza che non gli riuscì di celare e che lo
fece
sprofondare definitivamente nell'odio verso se stesso.
Draco
lo guardò con l'espressione che si riserva solitamente a
qualcuno di
veramente molto idiota, tipo Allock prima
del
Confundus o qualcosa di simile. Harry stava già per cercare
di
svignarsela quando vide la sua espressione sprezzante ed esasperata
distendersi in qualcosa come un sorriso sarcastico.
“… Secondo
te, genio?”
Harry
spalancò la bocca senza fiato, mentre il suo stomaco saltava
in aria
con trionfo. Poi non si disturbò nemmeno a rispondere:
gettò a
malapena uno sguardo intorno, si accovacciò a terra e gli
afferrò
le spalle, tirandolo verso di sé. Se lo tenne contro per un
paio di
secondi e poi gli baciò la tempia, il lato del viso e infine
Draco
andò a catturare le sue labbra. Harry sentì
l’aria riempire i
suoi polmoni con nuovo vigore, mentre si allontanava appena da quella
bocca alla ricerca di un paio di sfrontati occhi grigi.
“ Sei
proprio un fenomeno, Malfoy,” sussurrò con un
sorriso.
“ Sto
valutando se concederti l’onore di chiamarmi per
nome,” annunciò
Draco, magnanimo.
“ Quanto
sei altruista,” commentò Harry, ammirato.
Gli
venne da ridere senza che potesse impedirlo. Anche Draco lo
imitò, a
mezza voce.
_________________________
HARRY
POTTER HA DETTO NO
Annullato
il matrimonio del Ragazzo sopravvissuto
È
di ieri la notizia che ha lasciato tutto il paese di stucco. Il ben
noto Harry Potter, oggi Vicecapo dell’Ufficio Auror, ha rotto
il
suo fidanzamento con la storica compagna, Ginevra Weasley. Mentre le
più disparate ipotesi sulle ragioni di questa rottura
improvvisa
imperversano, i suoi protagonisti mantengono un assoluto riserbo.
“ Ho
altri robusti progetti per l’avvenire,” ha
dichiarato sibillino
il Salvatore del mondo magico.
Dalla
Gazzetta
del Profeta,
gennaio 2003.
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