take it all
Take it All
{Didn't I give it all?
Tried my best?
Gave you everything I had
Everything and no less.
Take it All - Adele}
Era
già passato un mese e mezzo da quella stramba idea che avevo proposto ai
ragazzi. Era già un mese e mezzo che Louis stava con Mary Anne, Liam con Charlotte,
Zayn con Scarlett, Niall con Rebecca.
Era
già un mese e mezzo che stavo con Harry. Era già un mese e mezzo che ero
confusa.
Inizialmente
l’idea mi era sembrata carina, ma poi mi ero resa conto che non c’era disastro
peggiore: tutti e cinque i One Direction dovevano stare per un periodo
imprecisato insieme alla loro migliore amica, finché entrambi non avrebbero
detto di smettere. E a quanto pareva
nove delle dieci persone coinvolte non volevano interrompere quella che era una
vera e propria relazione, tanto che Louis aveva detto che se Mary Anne avesse
osato pronunciare quella frase (« Louis, io non ce la faccio più »), avrebbe
organizzato una protesta a livello mondiale.
Quel
piccolo uno percento ero io, io volevo smettere, ma non volevo comunicarlo a
Harry e lui « non avrebbe voluto perdere quel rapporto », sue testuali parole.
Solo che avevo paura; sapevo che quell’idea, per quanto nata per scherzo, si
era veramente compiuta tra di noi.
Solo
che un’angoscia, un tormento, una confusione, torturavano la mia mente, non ero
capace di capire che cosa provassi realmente, non sapevo se quell’idea non avesse
sforato il limite e se avesse instaurato tra me e Harry qualcosa di veramente
forte.
Solo
che non volevo dirglielo. Non volevo dirgli che volevo smettere, che le
cose
sarebbero peggiorate se avessimo continuato così, che io non ero
più sicura di
essere la sua migliore amica. Ma mi mancava quel coraggio che gli altri
invece
avevano promesso di mostrare subito quando sarebbe venuto il momento
della
verità: per ora né Louis né Mary Anne né
Liam né Charlotte né Niall né Rebecca né
Zayn né Scarlett avevano intenzione di mettere freno a quello
che stava
succedendo tra di loro. E neanche Harry.
Forse
la mia mente si rifiutava semplicemente di dire basta, forse perché mi piaceva,
forse perché l’idea di stargli vicino era troppo allettante e troppo bella per
essere veramente eliminata dal mio subconscio ormai fritto da quello strano –
sentimento? Chiamiamolo così – che si propagandava nel mio cuore, nel mio
corpo.
A
volte mi chiedevo perché mi ponessi tanti problemi per questa ormai relazione
con Harry, forse qualcosa si era approfondito e neanche Scarlett lo negava:
quella situazione la stava irrimediabilmente legando a un sentimento che non
aveva mai sentito per Zayn. Nessuno però voleva chiamarlo amore… troppo
difficile da comprendere, troppo difficile come concetto in sé.
Non
sapevo se chiamare quella strana sensazione con quell’appellativo che era
scritto nei romanzi rosa; era difficile per la mia mente elaborare un concetto
così complesso, ma forse era la paura che sovrastava ogni mia facoltà
intellettiva. O forse era semplicemente l’amore che faceva il suo effetto e che
mi avrebbe consumata fino allo stremo se non avessi interrotto quel rapporto con
Harry, altrimenti lo avrei inevitabilmente legato a me, avrei rotto
quell’amicizia di valore inestimabile.
Ma
Harry non voleva smettere, forse perché stava bene con me o forse perché era
lui stesso in confusione e non voleva deludermi. Ma in quei momenti di silenzio
– mentre guardavamo delle foto sul divano, senza commentare – avrei voluto
veramente confessargli il mio tormento, anche se non potevo più parlargli da
amica.
Harry
fece scorrere l’album fotografico di fronte ai miei occhi, voltando la pagina
successiva e liberandola dalla polvere. In quelle foto i soggetti erano sempre
gli stessi: io e Harry che ci tenevamo per mano, io e Harry che sguazzavamo in
acqua, io e Harry che ci picchiavamo rotolandoci in terra.
«
Qui, mi ricordo » accennò lui e additò una foto, nella quale un bambino e una
bambina sorridevano con dei vestiti di Carnevale addosso. « Che riuscii a
spruzzarti le stelle filanti sulla testa e che ti ci volle un secolo prima di
toglierle »
Harry
aveva ormai intuito che c’era qualcosa che non andava in me: la sua voce era
monocorde, triste, nostalgica. A lui mancava la sua migliore amica, non voleva
che la sua migliore amica fosse la sua ragazza.
Stetti
zitta ancora una volta, incapace di commentare.
«
Kendra, c’è qualcosa che non va? »
«
No, niente, tranquillo » bisbigliai e feci per girare un’altra pagina
polverosa, ma Harry mi bloccò il polso con una mano e chiuse con un gesto secco
l’album, da cui si alzò una nuvola di polvere.
I
miei occhi raccontavano altro da quello che volevo mostrare e Harry era
abbastanza intelligente da capire che c’era qualcosa che mi prudeva sulla
lingua ma che non voleva uscire fuori allo scoperto.
«
Invece c’è qualcosa che non va » sospirò, e allontanò l’album dalle mie
ginocchia. « Anche se ora c’è questa situazione… »
«
Quella idea è stata una cazzata! » sbottai esasperata, incapace di trattenere
quell’angoscia che sostava in me da tempo.
I
suoi occhi si spensero. « Perché, Kendra? »
«
Harry, io non so più cosa provo per te, perché mi sento così. Penso che sia
giusto smettere, adesso, ho raggiunto il limite della sopportazione » le
lacrime mi salirono agli occhi, « veramente… non so cosa stia succedendo… »
Era
semplice sapere che cosa era successo: la situazione era sfuggita di mano, mi
ero condotta da sola verso un baratro profondo, condotta da un’illusione che
sarebbe poi svanita. Un’illusione che nessuno aveva il coraggio di chiamare
amore.
«
Vuoi… smettere? » sillabò Harry, poi annuì poco convincente. « Va bene… » e si
allontanò da me, in silenzio.
Sembrava
che le cose che avevo detto lo avessero colpito come un macigno: forse ero
stata troppo affrettata a giudicare lui stesso, forse era ferito quanto me,
forse voleva me come ragazza, non come migliore amica. Ma forse ero troppo
accecata dall’illusione per vedere la realtà.
Dopo
attimi di silenzio, secondi, minuti, secoli di insopportabile silenzio, ebbi il
coraggio di proferire parola, spinta da qualcosa di sconosciuto.
«
Sei un usuraio, Harry »
Continuai
a guardare il pavimento con aria assorta, mentre sentivo il suo sguardo su di
me, il suo verdastro sguardo triste che mi perforava la testa come se volesse
carpirmi i pensieri.
Nel
silenzio, sentii un’altra pagina che veniva sfogliata.
«
Ti ho prestato il mio cuore, Harry, e tu sapevi che non sarei stata capace di
renderti tutto ciò che mi hai dato in questo mese e mezzo. Così ti sei preso
tutto quello che ho: me stessa »
E
un’altra pagina fu sfogliata mentre le parole morivano nel silenzio. E un altro
sentimento si distrusse nella realtà.
Carrot's Corner
Forse non ci sono parole per questa one shot. Mi ero promessa di non
farla leggere a nessuno e invece eccomi qui a postarla. Per questo
vorrei direttamente rivolgermi alla mia one shot: i miei sentimenti
sono qui dentro, vai e vedi se riesci a trasmetterli. Se non ce la fai,
significa che sono pessima a scrivere.
All'Harry di questa one shot. Oggi è il tuo compleanno, ne compi
diciannove. Sarei cattiva se dicessi di non volerti vedere felice con
lei, ma in qualche modo vorrei che tu capissi il dolore che sto
provando in questo momento; non sai in quanti sorrisi nascondo
ciò che provo, non sai quanti sforzi sto facendo per emergere,
non sai quanto vorrei permettere al mio cervello di lasciarti andare.
Che sia amore platonico o amore vero non mi è permesso
conoscerlo, preferisco vivere nell'insicurezza che affrontare la vera
realtà. La realtà in cui so che non sarai mai mio.
M.
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