Dragonball 1
Distanza
“È
passato molto tempo vero?” sorrise senza staccare lo sguardo
dall’acqua di fronte a sé, i capelli sciolti sulle spalle
mentre il vento caldo della sera le accarezzava la pelle “Come
stai?” “Stanca” mormorò scostandosi dagli
occhi le ciocche di capelli, lo sentiva accanto a sé, il suo
profumo, il calore del suo corpo a pochi passi da lei e il suo sguardo,
quegli occhi scuri che le scorrevano violentemente sulla pelle “E
tu?” domandò sfinita sorridendo ai riflessi del lago
“Sto bene, ho raggiunto un accordo con re Kaio sai? Io non gli
distruggo niente e lui mi permette di venire qui ogni sera”
“È una bella cosa” “Già, e allora come
mai non sorridi?” si voltò appena verso di lui, per la
prima volta dopo tanto tempo, poteva vedere ancora il viso giovane e
solare di suo marito “Sono stata da mio padre oggi”
“Lo so” “Ha comprato un nuovo gioco a tuo
figlio” “Ancora?” annuì dolcemente sfiorandosi
il ventre piatto “Non è ancora nato e ha già un
mare di giocattoli ad aspettarlo” lo vide sorridere, lo sguardo
carico di gioia eppure c’era dell’altro, qualcosa che
brillava timidamente ma che non aveva il coraggio di mostrarsi appieno
“Ti senti bene?” “Sto bene non preoccuparti”
“Davvero?” domandò preoccupato avvicinandosi di un
passo a lei “Ho solo qualche nausea e mangio tantissimo ma per il
resto tutto bene” “Sei sempre bellissima” era senso
di colpa quello che giocava a nascondino con il suo sguardo, la
malinconia si divertiva a giocare con il suo cuore mentre il senso di
colpa continuava ad urlargli “L’hai lasciata sola, di
nuovo, credi davvero che ti perdonerà?” ma che altro
poteva fare? Era così e basta, aveva scelto di salvare il mondo,
di lottare per il diritto degli uomini a vivere e ancora una volta,
aveva sacrificato lei, l’unica persona di cui gli sarebbe dovuto
importare, l’unica persona che non gli chiedeva mai niente e che
continuava a restare lì, che lo aspettava e lo amava
indipendentemente da tutto e ora, quella stessa persona era così
lontana da lui da fare male.
Non poteva toccarla, non poteva
nemmeno sfiorarla e pretendere di guardarla era così doloroso da
costringerlo a cercare nelle lunghe ore di allenamento una stupida
risposta “Ho parlato con Ghoan sai?” “Davvero?”
“Ha iniziato la scuola” esclamò sorridendole
“Già, volevo aspettare ancora un po’, da quando te
ne sei andato è diventato … è cresciuto in fretta
e forse avrebbe dovuto prendersi un po’ di tempo per
riposare” “Gli fa bene restare in mezzo ai ragazzi della
sua età. Ha bisogno di questo” la vide sospirare e tornare
a guardare il lago ormai colorato dai raggi candidi del tramonto
“Che c’è?” “Come?” domandò
confusa risvegliandosi da quel dolce torpore “Cosa
c’è che non va? Sei lontana da qui e non stai affatto
bene” “No è solo che … sto bene non
preoccuparti” un dolcissimo sorriso mentre i capelli scuri le
scivolavano teneramente davanti al volto “Credo sia ora di
andare” mormorò spiando qualche secondo il cielo
“Devo preparare la cena e papà ha una sorpresa da
mostrarci” un debole sorriso sul volto dell’uomo di fronte
a sé “Tornerai domani?” “Tornerò ogni
volta che vorrai” un altro sorriso, debole, offuscato da una
lacrima che aveva colto all’improvviso.
Provò a fermarla, a
stringerle il polso per trattenerla ma la mano passò
attraversò quella pelle candida lasciando solo l’aria
calda ad avvolgerla mentre la vedeva allontanarsi sempre di più
“Mi manchi” due parole sussurrate al silenzio, unico
confessore, perché urlarle al vento faceva male, terribilmente
male.
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