Le rose blu
Le rose blu dell'inverno
Le aveva preparato un letto di rose.
Erano i suoi
fiori preferiti, lo sapeva dal giorno in cui le aveva posato in grembo
la corona di regina d’amore e di bellezza, da quel giorno in cui
anche il cielo aveva il colore delle rose. «E dei tuoi
occhi», le aveva sussurrato.
Le aveva lasciato un letto di rose e una finestra sul cielo.
Quando usciva, non chiudeva mai la porta a chiave. Quando tornava, lei era lì ad aspettarlo.
Sangue di lupo,
selvaggia lady del Nord, si lasciava andare tra le sue braccia come un
burattino nelle sue mani, senza accorgersi che ormai era lui ad essere
in suo potere.
A volte una
profezia è fatta solo di parole, altre volte di inganni, alcune
volte una profezia diventa una fiamma che ti brucia dentro e chiede in
cambio il cuore e l’anima, in un gioco paradossale in cui
è la neve del Nord a sciogliere il ghiaccio dal cuore di un
drago.
La pelle di lei
scottava sotto le sue dita stanche, i suoi capelli erano un ventaglio
sparso sul cuscino che gli solleticava il viso. Sarebbe rimasto a
guardarla dormire, ad ascoltare i suoi respiri, a guardarla agitarsi
nei sogni finché si fosse svegliata. Avrebbe aperto gli occhi,
lo sapeva, gli avrebbe sorriso, e con lo sguardo avrebbe chiesto un
bacio.
Sarebbe rimasto, ma non poteva. Era ora di andare.
Lei era sveglia.
Sentiva il suo sguardo alla luce della candela, ma non diede segno di
essersene accorto. Lei non disse nulla, limitandosi a guardarlo mentre
indossava la maglia di ferro, la corazza, gli stivali. Sentiva il suo
respiro accelerare, ma ancora non parlava.
Allacciò il fodero della spada, e solo allora si voltò verso di lei.
Lo fissava, trattenendo a stento le lacrime, le mani artigliavano le lenzuola. Le sorrise, si avvicinò di un passo.
Lyanna gli tese una mano tremante, lui la strinse tra le sue.
«Hai fatto una scelta» sussurrò. «Sapevi che questo momento sarebbe arrivato».
Lei annuì.
«Non gli
farò del male». Non aveva bisogno di specificare a chi si
riferisse, lei lo sapeva benissimo. «Ho fatto un
giuramento».
«Hai fatto molti giuramenti» mormorò lei, la voce sembrava sul punto di spezzarsi.
Lui non rispose.
Pensò ad Elia, pensò ai bambini. Pensò a una
corona e a un trono che forse non sarebbero mai stati suoi.
Pensò che al mondo c’erano cose più importanti dei
giuramenti.
Una profezia valeva forse un regno? Forse no. Ma un cuore?
Abbassò
gli occhi su Lyanna. Non era alle profezie che lei stava pensando,
né a suo fratello Eddard, né a un trono sul quale non
aveva mai avuto desideri.
Le lasciò
la mano, scivolò a sedere sul letto di rose. Lentamente, quasi
ci fosse il rischio di farle del male, le appoggiò una mano sul
ventre, coperto solo da un lembo di lenzuolo.
Un petalo di rosa era volato fin lì, sembrava nero alla luce della candela.
Con l’altra mano le accarezzò la guancia, le sorrise.
«Tornerò». Vide la prima lacrima scivolarle lungo la guancia. «Te lo giuro».
Lei fece un sorriso triste. «Un altro giuramento».
Si chinò su di lei. «Lo manterrò». Le diede un bacio leggero che sapeva di addio.
Si rialzò,
e sentì subito freddo. Infilò la spada nel fodero,
agganciò il mantello. Raccolse l’elmo nero come la notte e
se lo mise sotto il braccio.
Si voltò verso di lei per l’ultima volta.
«Tornerò» ripeté.
Lei sembrava una regina nel suo letto di rose, triste e bella come il crepuscolo. Sarebbe potuta essere una splendida regina.
Rhaegar Targaryen
distolse lo sguardo, le voltò le spalle e uscì per sempre
dalla Torre della Gioia prima che il sole sorgesse.
Non si voltò indietro neppure una volta.
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