Un incontro,
una storia d’amore
Quel giorno
il sole splendeva luminoso e l’aria
profumava dolcemente. Ogni angolo del giardino sembrava più bello del
solito,
come vestito a festa. Le piante di rose rosa, bianche e gialle,
mettevano in
mostra i fiori migliori, i boccioli più belli. Il pergolato bianco che
delimitava piccoli sentieri verso l’uscita, contrastava piacevolmente
con il
verde delle piante che vi si arrampicavano sopra. Nella parte centrale
del
giardino erano state disposte diverse file di sedie, a delimitare un
piccolo
anfiteatro, dove probabilmente si sarebbe svolta una cerimonia.
Quel giardino in Pennsylvania Avenue era spesso
palcoscenico di brevi ma importanti cerimonie, soprattutto quando era
il
Presidente stesso a celebrarle.
Dal punto in cui si trovava, Rose aveva una visuale
perfetta. Poteva assistere indisturbata all’evento, e al tempo stesso
osservare
anche tutti coloro che entravano e uscivano dal giardino.
Le sue amiche erano sistemate meno bene, loro non
potevano godere di entrambe le visuali.
“Ecco, sta
per iniziare” disse Rosalind eccitata.
“Sono
militari…” aggiunse Rosalie con lo stesso
tono.
Sì, erano
militari. Rose già lo sapeva. Dall’alto
aveva visto per prima le persone che si stavano accomodando sulle sedie
per
assistere all’evento.
“Dev’essere
qualcosa di davvero importante!”
sottolineò Rosalind, con il tono di chi non avesse mai visto qualcosa
di simile
in vita sua. Invece spesso, in quel giardino, accadevano brevi incontri
come
quello.
“Sono tutti
importanti per te” disse Rose, con tono
accondiscendente, ben sapendo quanto l’amica si entusiasmasse per poco.
Rosalind era romantica e sognatrice per natura e qualunque cosa le
sembrava
sempre la fine del mondo.
“Tu non
capisci, Rose. Sei sempre così calma e
imperturbabile… se non ti conoscessi bene potrei pensare che ti senti
superiore
a tutte noi”.
Ecco, ora
arrivava la scena patetica di Rosalind!
Credeva sempre che tutti la prendessero in giro e criticassero il suo
modo di
fare. Alcune volte era anche vero, perché in effetti era un po’
pesantuccia
quando ci si metteva, ma non in quel caso. In quel caso Rose aveva
semplicemente detto la verità: a Rosalind ogni cosa, dalla più banale
alla più
importante, sembrava speciale e Rose un po’ le invidiava quella sua
capacità di
vedere in ogni cosa il lato migliore.
Lei non sempre ci riusciva.
“Oh, lasciala
perdere, Rosalind” disse Rosalie, che
doveva sempre intromettersi. “Sai bene com’è fatta. Per lei non c’è mai
nulla
di speciale”.
Forse avevano
ragione. Ma non era colpa sua se era
nata così.
Osservava sempre tutto con distacco, dall’alto del
suo stelo, quasi che quel gambo tanto lungo che la sosteneva la
rendesse per
certi versi superiore a ciò che accadeva attorno a lei. Superiore al
mondo, non
alle altre rose che, come lei, fiorivano rigogliose in quel giardino.
Anche se
sapeva che molte di loro la ritenevano superba per il suo atteggiamento
così
diverso e distaccato.
Rose era una
rosa bianca; una bellissima e delicata
rosa bianca, dal gambo elegante, lungo e sottile e con foglie di un
lucente
verde scuro. Era una tra le varietà più rinomate del giardino, eppure
dentro di
sé non si sentiva affatto superiore alle sue amiche.
Però, diversamente da loro, era taciturna e poco
socievole, più spesso impegnata ad osservare che non a chiacchierare o
ad
entusiasmarsi. Ma che poteva farci se esisteva raramente qualcosa che
la
colpiva davvero?
Fu distratta dai suoi pensieri dalle parole che
giungevano nitide attraverso il microfono: un militare stava leggendo
un breve
discorso.
“Il Capitano
di Corvetta Harmon Rabb si è distinto in un’azione di grande eroismo…”.
A quanto
sembrava si trattava dell’ennesima consegna
di una medaglia al valore.
Chissà chi era il citato capitano, eroe del giorno?
C’erano diversi uomini schierati sull’attenti; avrebbe potuto essere
chiunque.
“E’ una
cerimonia per conferire una medaglia… ci
sarà di certo il Presidente!” disse eccitata Rosalind.
“Eccolo là,
di schiena, sulla tua destra”, precisò
Rosalie.
“Oh, hai
ragione! Hai visto Rose? Che ti avevo
detto? Che sarebbe
stata una cosa
eccitante!”, aggiunse Rosalind, col solito tono felicissimo.
Già,
eccitante, pensò Rose: qualche militare che si
era guadagnato una medaglia facendo una strage di persone…
“…
Benché colpito dal fuoco nemico, vedendo il Capitano Boone ancora vivo,
anche
se non cosciente, sul sedile anteriore, il Capitano Rabb si è rifiutato
di
eiettarsi dall’aereo. E nonostante i suoi gravi e acclarati problemi di
vista,
è riuscito a completare con successo l’atterraggio estremamente
difficile dato
il buio della notte.”.
Caspita!
pensò veramente colpita Rose, un vero eroe!
Non si trattava di uno di quegli atti d’eroismo in
cui qualcuno uccideva a destra e manca un sacco di nemici, pur sempre
esseri
umani anche loro, ma un’azione valorosa mettendo a rischio la propria
vita,
compiuta unicamente per salvare il proprio compagno di volo.
Da qualche parte aveva sentito dire che dietro ad
ogni atto eroico si cela sempre un gesto d’amore, e non importa se
corrisposto
o meno…
Forse era vero.
Altrimenti come si spiegavano certi eroismi?
Certamente non perché chi li compiva, nel momento in cui li portava a
termine,
stava a pensare che avrebbe ricevuto una medaglia per quello! No di
certo. Non
poteva credere che qualcuno mettesse a repentaglio la propria vita solo
per
ricavarne un elogio!
Cominciava ad essere davvero curiosa di scoprire chi
fosse l’abile e coraggioso capitano.
Aveva scorto, oltre l’ufficiale che stava parlando,
un tizio alto che da lontano sembrava anche carino. Ma tutti quei
militari, o
quasi, da lontano sembravano aitanti e belli, nelle loro divise blu
scuro e
tutti quei bottoni dorati.
“… L’abilità
di volo del Capitano Rabb e le sue azioni valorose riflettono le
tradizioni
della nostra Marina e confermano la validità del Jag e della Marina
degli Stati
Uniti.”.
Il soldato al
microfono finì di parlare e Rose vide
il Presidente avvicinarsi proprio al militare alto e bello che aveva
individuato
prima.
“Capitano
Rabb, con il suo valoroso comportamento, lei ha contribuito al
prestigio
dell’intera categoria degli avvocati. Congratulazioni!”
Il Presidente
appuntò al petto la medaglia al valore
e Rose, per la prima volta, si sentì coinvolta ed entusiasta di ciò che
stava
avvenendo in quel giardino. L’abile pilota era addirittura un avvocato,
neppure
un militare in servizio attivo.
Chissà per quale motivo si era trovato su
quell’aereo colpito dal fuoco nemico?
All’improvviso si rese conto di sentirsi stranamente
eccitata da quell’avvenimento e insolitamente curiosa nei confronti di
quell’umano tanto coraggioso.
“Che bella
scena, adoro quando il Presidente appunta
una medaglia al petto di qualcuno. Mi emoziono sempre…”. La voce di
Rosalind
era, come sempre, al massimo dell’entusiasmo.
Ma Rose
voleva che tacesse. Voleva sentire la voce
del capitano decorato.
“Grazie,
signor Presidente!”.
Eccola…
Una voce da infarto! Così avrebbe certamente detto
Rosalie.
Una voce fa-vo-lo-sa! Questo sarebbe stato il
commento di Rosalind.
“Avete
sentito, ragazze? CHE VOCE FA-VO-LO-SA!!!”
disse Rosalind.
“Favolosa?
Quella è una voce da infarto, come direbbe
anche la tipa tutta curve del bar dietro l’angolo, con la sua voce roca
che
pare venir su dall’oltretomba…” intervenne, come sempre Rosalie. Poi
aggiunse,
disapprovando: “Quella fuma sempre talmente tanto!”.
Appunto.
Proprio come pensava! Rose conosceva bene
le sue amiche.
A lei, invece, quella voce era parsa un incanto. Il
tono di quell’unica frase aveva in sé tutta la gioia e l’orgoglio di
quel
giovane uomo.
Si scoprì a desiderare di poter ascoltare ancora per
un po’ quella voce…
Ma che le stava succedendo? Lei, di solito sempre
poco interessata a qualcosa in particolare, ora si scopriva affascinata
da un
essere umano e dalla sua voce. Roba da matti!
“Oh, no! Se
ne vanno”, esclamò Rosalind.
“Di già?”
chiese curiosa Rosalie.
La cerimonia
era finita e la gente lentamente si
stava allontanando, sulle note dell’inno suonato dalla banda dei
Marines. Rose
non vide più il giovane capitano neo-decorato: probabilmente aveva
imboccato
l’uscita al lato opposto del giardino.
Che peccato!
Una volta tanto che aveva trovato qualcosa che aveva
suscitato il suo interesse, ecco che il tutto era durato solo pochi
minuti.
Certo, sapeva bene che quel
momento sarebbe comunque terminato a
breve, ma la situazione era riuscita a coinvolgerla talmente che aveva
già
fatto moltissimi pensieri sul bel capitano…
Se lo era immaginato in un aula di tribunale,
durante un’arringa appassionata: era certa che avrebbe incantato i
giurati con
quella voce melodiosa. Una voce calda e ricca di note vibranti, che
avrebbe
sedotto più di una donna. Poi se l’era immaginato pilotare un aereo,
fiero e
felice in cielo…
Ecco! Come al solito, le rare volte che si
appassionava a qualcosa, era incapace di trattenere i
pensieri e finiva sempre per immaginare l’inverosimile.
Forse era perché poche cose la colpivano davvero e quando questo
accadeva la
sua fervida fantasia la portava subito a fare voli pindarici…
Le sarebbe piaciuto davvero poter osservare un poco più
da vicino e per ancora brevi istanti l’eroe del giorno, peccato davvero
che se
ne fosse andato.
Anche lui, come tutte le cose belle, prima o poi…
“Sissignore!
Il signor Roberts sarà un ottimo aiuto”.
Quella voce!
Era lui, certamente. Non poteva essere nessun altro.
Come una sciocca si scoprì emozionata. Credeva che
non lo avrebbe più rivisto e invece… invece eccolo lì, proprio vicino a
lei.
Lo vide camminare verso l’uscita dal suo lato,
accompagnato da un ufficiale di grado inferiore e decisamente più basso
di lui
e da uno più anziano e di più alto grado (lo sapeva perché aveva subito
osservato che sulla giacca della divisa aveva più striscette colorate),
un
bell’uomo anche quello, nonostante l’età.
Dopo che il capitano ebbe parlato lo vide voltarsi
indietro verso l’ufficiale di grado inferiore e rivolgergli un sorriso,
caldo e
luminoso.
WOW! Se la sua voce era vibrante e melodiosa, quasi
sexy, il suo sorriso era… da infarto! Quello sì che era da infarto!
Quando quell’umano sorrideva era come se illuminasse
il mondo circostante. Gli occhi, di un indefinito grigio-verde, con una
leggera
sfumatura azzurra, sorridevano anch’essi, conferendo una luce speciale
al
volto.
Com’era possibile resistere al fascino di quel
sorriso?
“Ammiraglio,
lei non rimane?”.
“No, e
neanche voi”.
Oh, no, se ne
stavano andando davvero.
Ma ora poteva anche ritenersi soddisfatta; il suo
breve attimo di entusiasmo lo aveva avuto, era riuscita a vederlo da
vicino e
aveva colto anche un suo sorriso; il ricordo avrebbe riempito i giorni
a venire…
per una come lei sarebbe passato parecchio tempo, prima di trovare
qualcos’altro di interessante che la coinvolgesse a tal punto.
“Buon
pomeriggio, Ammiraglio”.
Una voce
squillante, quasi gioiosa, le fece
distogliere l’attenzione dal volto ancora sorridente del capitano e
scorgere,
in attesa all’entrata del giardino, un altro militare, in divisa verde
scuro e…
Ma era una donna!
E per di più una donna molto bella, ad osservarla
bene.
“Buon
pomeriggio”, sentì
rispondere dall’Ammiraglio, che poi continuò:
“Capitano di Corvetta Harmon Rabb,
Maggiore Sarah Mackenzie”.
Le sorprese
non erano ancora finite: quante cose
interessanti ed emozionanti tutte in un solo giorno! Rose ne era quasi
sopraffatta.
Solitamente la sua vita era piuttosto noiosa, sempre
lì, a far bella mostra di sé. Forse era per questo che Rosalind e
Rosalie e
molte altre rose si entusiasmavano talmente tanto per ogni cosa…
A volte era difficile essere una rosa di gusti tanto
sofisticati e difficili.
Quando lei trovava qualcosa che la interessasse
davvero, si buttava a capofitto, lasciandosi trasportare dalle emozioni
e dalle
sensazioni e il ricordo persisteva nel tempo.
Mentre altre rose, che si entusiasmavano per
qualunque cosa, perdevano presto l’interesse per la novità e trovavano
rapidamente
qualcos’altro che le interessava alla stessa maniera, Rose, invece, si
affezionava persino ai ricordi.
In quel momento il suo entusiasmo era alle stelle:
sembrava che avrebbe assistito anche al primo incontro tra un uomo e
una donna.
Tra il bel capitano e quella giovane donna dei Marine.
C’era di che
scrivere un racconto, se solo fosse
stata in grado di farlo!
Uno di quei racconti sdolcinati, in cui si narra
sempre dell’inizio di una storia d’amore.
Perché, a ben pensarci, è sempre l’inizio di un amore
ciò che interessa maggiormente. E’ il nascere dei primi sguardi, delle
prime
emozioni; sono il primo bacio rubato, la prima litigata e la prima
riappacificazione, a catalizzare sempre l’attenzione. La quotidianità
di una
storia diventa col tempo banale e a pochi interessa, perché, nella
quotidianità,
tutti gli esseri umani si scoprono uguali, a vivere storie simili.
Mentre il
nascere di un amore ha in sé l’incredibile particolarità di sembrare
sempre
unico.
Ecco che la
sua fervida immaginazione era di nuovo partita
in quarta!
Chi poteva dire che quell’incontro avrebbe potuto
essere il preludio di una storia d’amore? Nessuno.
Eppure la sua immaginazione l’aveva spinta a tanto…
Vide la donna
porgere la mano in direzione dell’eroe
del giorno.
“Mac…”
La reazione
di lui fu molto strana: Rose lo vide
immobilizzarsi ed osservarla attentamente, come fosse stata un
fantasma. Nei
suoi occhi apparve la sorpresa e poi un’indescrivibile tristezza.
Chissà cosa stava succedendo al bel capitano?
Probabilmente se lo stavano domandando anche l’ammiraglio e l’ufficiale
più
giovane che stavano osservando parecchio sorpresi tutta la scena.
Lei stessa avrebbe dato chissà che cosa per potersi
intrufolare nella mente del giovane ufficiale e carpire i suoi pensieri.
Ad osservare bene, mentre l’ammiraglio sembrava
semplicemente curioso di vedere che sarebbe accaduto se il capitano non
avesse
stretto la mano al maggiore, l’altro ufficiale li osservava come se
sapesse
cosa stava accadendo all’eroe del giorno: osservava il maggiore quasi
con la
stessa espressione stupita del capitano, mentre rivolgeva sguardi
curiosi in
direzione di quest’ultimo, quasi a domandarsi come avrebbe reagito.
Proprio un attimo prima che lei ritirasse la mano
tesa verso di lui, il capitano allungò il braccio e gliela prese nella
sua, in
una stretta di presentazione. Questa volta fu il maggiore ad apparire
sorpresa
e quasi incuriosita mentre lui rimediava alla gaffes
di poco prima:
“Harm”.
Interessante:
entrambi si erano presentati fin
dall’inizio con i loro rispettivi nomignoli.
Harm e Mac.
Niente da dire: quei due nomi stavano davvero bene
assieme!
“Voi due vi
conoscete?”.
La voce
dell’ammiraglio riscosse entrambi.
“Nossignore…”
“Sissignore…”
Il capitano
si sorprese più lui della sua risposta che non
gli altri presenti, infatti si scusò immediatamente con l’ammiraglio e
il maggiore,
precisando che non conosceva affatto la persona che gli era stata
appena
presentata, ma che tuttavia gli ricordava qualcuno…
“Avrete tempo per
fare amicizia. Lavorerete insieme.”
Con questa
frase dell’ammiraglio, il quartetto si diresse
verso l’auto parcheggiata poco distante, lasciando Rose con la
sensazione
d’aver appena assistito ad un incontro che segnava l’inizio di qualcosa
che forse
sarebbe durato nel tempo.
***
Era una
mattina di fine maggio, calda e soleggiata.
Come sempre
il giardino era al massimo del suo splendore:
i fiori erano rigogliosi
e nell’aria
aleggiava la fragranza dell’erba appena tagliata. Era ancora
relativamente presto
e in giro si vedeva solo qualche giardiniere che sistemava qua e là
cespugli e
toglieva erbacce dalle aiole fiorite.
La bellissima
Rose era sbocciata da poche settimane ed era
davvero un incanto: i suoi petali erano talmente candidi e lucidi da
sembrare
seta. Come ogni rosa fiorita da quello stelo, anche lei s’innalzava
perfetta
verso il cielo, sul suo gambo lungo ed elegante.
Quel mattino si sentiva particolarmente eccitata; non
sapeva spiegarsene il motivo, ma era certa che quel giorno sarebbe
successo
qualcosa di speciale.
Con
l’entusiasmo che la caratterizzava e che le faceva
sempre cogliere qualcosa di magico e unico persino nel battito d’ali di
una
farfalla, si stava guardando attorno, pronta a scorgere qualunque cosa
potesse
sembrare interessante, quando vide un signore anziano, in uniforme
della
Marina, avvicinarsi lentamente all’ingresso del giardino: era accompagnato da un
ragazzino che poteva avere
sì e no una decina d’anni e teneva per mano una bimbetta di cinque o
sei.
Era raro
vedere bambini in quel luogo; il giardino non era
un parco giochi e non era neppure aperto al pubblico se non nelle
giornate in
cui si svolgevano cerimonie ufficiali. Le uniche occasioni in cui si
poteva
vedere un bambino era quando capitava che fosse presente ad una di
quelle
cerimonie, di solito figlio di qualche militare che doveva ricevere
l’onorificenza.
Rose osservò
l’uomo: nonostante l’età avanzata, era ancora
molto alto e procedeva, seppur lentamente, fiero nel suo portamento
militare; i
capelli bianchi e il volto segnato da rughe facevano pensare che
potesse aver
superato l’ottantina d’anni, ma gli occhi di un incredibile
grigio-verde,
ancora luminosi ed espressivi, lasciavano intuire l’uomo che un tempo
era
stato.
“Nonno,
perché siamo venuti qui?” sentì chiedere al
ragazzino.
“Voglio fare
un regalo speciale alla nonna”, rispose
l’uomo, mentre entravano nel giardino.
“E lo
troviamo proprio qui?”. Era stata la bambina a
parlare.
“Sì, tesoro,
proprio qui.”.
“Che regalo
troveremo qui, nonno?”, volle sapere il
maschietto.
“Una rosa”.
“Una rosa?”.
Il ragazzino si guardò attorno, perplesso.
“Ma nonno, qui non ci sono negozi che vendono fiori!”
“Hai ragione.
Ma ci sono molte rose, non credi?”.
“Ce ne sono
tante, in effetti…”.
“Sono quei
fiori lì, nonno?” chiese la bambina, puntando
un dito verso alcune viole del pensiero che ornavano i vialetti.
“No, tesoro.
Quelle sono viole. Ecco le rose… “ indicò il
nonno alla nipotina. “Prenderemo una di quelle”.
“Vuoi RUBARE
una rosa, nonno?” domandò la bimba con aria
quasi sconvolta.
“Non è
proprio così…” cercò di difendersi l’uomo. Ma il
ragazzino, serio, lo interruppe:
“Appropriarsi
di qualcosa senza pagarla è furto, nonno”
sentenziò con aria saputella.
Rose vide
l’anziano signore sorridere compiaciuto dal tono
e dai termini usati dal nipote. Lei, invece, non riusciva a divertirsi:
non
avrebbe mai detto, osservandolo, che sarebbe stato capace di rubare
qualcosa.
Sembrava una persona così onesta…
“E se chiedi
il permesso?” sentì l’uomo domandare al
ragazzino.
“Se si chiede
il permesso e questo viene accordato da chi
di dovere, allora ritengo che il reato non sussista, avvocato” rispose
questi.
“Il permesso
è stato richiesto qualche giorno fa ed è
stato concesso. Se vuole, avvocato, può interrogare un testimone” disse
il
nonno al nipote, indicando con un cenno del capo un giardiniere poco
lontano,
mentre con una mano rispondeva al saluto che l’uomo gli stava
rivolgendo.
Rose vide il fanciullo voltarsi verso il giardiniere e poi
tornare a guardare il nonno, compiaciuto che le proprie certezze
riguardo la
fiducia riposta in lui fossero state confermate.
La bambina, che come Rose aveva assistito con curiosità a
quello scambio di battute, quasi un vecchio gioco tra nonno e nipote,
finalmente disse la sua.
“Se non la
rubiamo e non la paghiamo, cosa facciamo,
allora?”.
Alla domanda
della nipotina l’uomo sorrise e la prese in
braccio, stringendola a sé. Lei gli scoccò un bacio sulla guancia,
felice di
essere tra le sue braccia.
L’immagine suscitò in Rose un’ondata di tenerezza e al
tempo stesso un pensiero malizioso: quell’uomo, da giovane, doveva
essere stato
molto bello… chissà quante donne avevano desiderato trovarsi nelle sue
braccia!
“Mettiamola
così: questo giardino farà un bel regalo alla
vostra nonna”.
“Non abbiamo
più i soldi per comperare un regalo alla
nonna?” chiese preoccupata la bambina. Era chiaro che non capiva perché
il
nonno volesse prendere una rosa proprio da quel giardino.
“Venite,
sediamoci qui e vi spiegherò” disse l’uomo,
indicando una panchina poco distante.
Rose,
incuriosita più che mai, fu felice che avesse scelto
proprio quella, così avrebbe potuto ascoltare tutto quanto.
Con voce melodiosa l’anziano signore cominciò a
raccontare.
“Io e la
nonna ci siamo conosciuti proprio in questo
giardino. Esattamente cinquant’anni fa oggi. Io avevo appena ricevuto
dal
presidente Clinton la mia prima medaglia al valore per aver salvato la
vita al
capitano Boone…”.
Mentre l’uomo
raccontava, Rose si rese conto
all’improvviso di conoscere quella storia: la sua antenata Rose era
stata
testimone dell’incontro!
Le immagini di quel giorno, accompagnate da suoni,
emozioni e sogni, erano rimaste nei ricordi della pianta di rose
bianche della
quale, cinquant’anni prima, era stata il bellissimo fiore. In tutti
quegli anni
la pianta era stata concimata, potata e curata amorevolmente e come
molte altre
di quel giardino aveva continuato a regalare fiori stupendi.
E di Rose in Rose, il ricordo di quell’incontro era giunto
fino a lei.
I bambini ascoltavano attenti il nonno e Rose fu altrettanto
curiosa e affascinata da quella storia. L’uomo stava raccontando ai
nipotini il
seguito di quel primo incontro.
Seppe così
che i due giovani ufficiali avevano lavorato
assieme per parecchi anni alla Procura Militare, affrontando casi
complessi e
talvolta pericolosi, spesso in coppia oppure l’una contro l’altro.
Erano
diventati amici e si erano voluti molto bene; ciononostante, per molto
tempo,
non erano riusciti mai a confessarsi il loro amore. A turno si erano
rifiutati
a vicenda, evitando di incominciare una relazione. All’inizio era stato
lui ad
avere paura e lei, dopo il suo rifiuto, era stata persino sul punto di
sposarsi
con un altro uomo; solo il grave incidente in mare capitato a lui
mentre stava
rientrando in aereo per assistere al matrimonio, le aveva impedito di
commettere un grave errore. Successivamente egli le aveva fatto capire
di
tenere molto a lei, ma a quel punto sembrava fosse troppo tardi: la
loro
amicizia, la loro complicità… tutto sembrava compromesso per sempre,
finché non
era avvenuto qualcosa che li aveva finalmente spinti ad ammettere i
loro rispettivi
sentimenti. Ad entrambi era stato proposto un trasferimento che li
avrebbe
visti lontani ben 5489 miglia; solo allora si erano resi conto di non
poter
vivere separati e in meno di dodici ore si erano confessati il loro
reciproco
amore, decidendo di sposarsi. E avevano affidato alla sorte la scelta
di chi
dei due avrebbe dovuto rinunciare alla propria carriera per seguire
l’altro.
Da allora
erano sempre stati felici, nonostante i continui
battibecchi che da sempre avevano caratterizzato il loro rapporto.
Avevano
avuto due figli, benché a lei fosse stato diagnosticato che avrebbe
potuto
faticare a restare incinta: un maschio e una femmina, che erano già
diventati a
loro volta genitori dei due bambini cui stava narrando la storia. Dopo
alcuni
anni lontani da Washington, erano tornati ad abitare da quelle parti,
felici di
ritrovare gli amici di un tempo. Avevano acquistato un cottage dove
crescere i
figli, con tanto di portico, perché ad entrambi piaceva molto sedersi
all’aperto,
di sera, a chiacchierare…
“Anche a me
piace tanto stare seduta sotto il vostro
portico, nonno” disse la bambina, mettendo fine al racconto.
“Assomigli così
tanto alla nonna, tesoro…” disse l’uomo, accarezzando la bambina,
mentre con
l’altra mano si asciugava rapidamente una lacrima.
Rose immaginò
l’amore che da cinquant’anni univa quelle
due persone e desiderò improvvisamente poter conoscere la donna del
racconto.
“Capite, ora,
perché voglio portare proprio una di queste
rose alla nonna?” chiese il nonno, alzandosi e avvicinandosi ai fiori.
Per un attimo
si guardò attorno, decidendo quale prendere.
All’improvviso la bambina parve aver “sentito” il
desiderio di Rose, perché tirò il nonno per una manica e, indicando con
un
ditino, disse:
“Prendi
quella, nonno. E’ molto in alto, ma tu sei tanto
grande!”.
L’anziano
signore obbedì subito alla piccola e si allungò
per cogliere la rosa bianca che la nipotina aveva indicato,
assicurandosi di
recidere lo stelo con un taglio netto e di mantenere al fiore un gambo
piuttosto lungo.
Rose sentì un
dolore acuto, ma durò pochissimo e subito
dopo si ritrovò nelle mani dell’uomo.
Era
frastornata.
Sapeva bene che, con quello che le era appena accaduto,
sarebbe sfiorita presto, molto prima del previsto, concludendo così la
sua
vita. Questo avrebbe dovuto spaventarla e renderla molto triste.
Tuttavia era
sicura che solo in quel modo avrebbe potuto conoscere la donna
protagonista di
quella storia d’amore: sarebbe stata il suo regalo finché non fosse
appassita e
quella consapevolezza la rese stranamente orgogliosa.
La pianta cui
apparteneva non sarebbe morta e avrebbe
conservato per un’altra Rose anche i ricordi di quella giornata, oltre
a quelli
che già tramandava da cinquant’anni. Ma soltanto lei, come la sua
antenata,
avrebbe avuto la possibilità di conoscere entrambi i protagonisti di
quel
bellissimo amore.
Mentre l’uomo
la portava con sé, Rose disse addio al luogo
che l’aveva vista nascere e fiorire.
Durante il
tragitto si guardò attorno, incuriosita e
meravigliata da tutto ciò che vedeva. Era quello, allora, il mondo al
di fuori
del giardino in Pennsylvania Avenue? Un
mondo decisamente diverso, più frenetico e caotico del luogo sereno
dov’era
vissuta fino a quel momento.
Giunsero
davanti ad un cottage circondato da un piccolo
giardino. Rose era emozionata.
Sulla porta,
ad attenderli, vi era una giovane donna dai
capelli scuri e gli stessi occhi grigio-verdi del nonno dei due
bambini. Di
fianco a lei un uomo, che era l’esatta copia in giovane dell’anziano
signore;
l’unico particolare che li differiva era il colore degli occhi: l’uomo
accanto
alla donna li aveva di un caldo color cioccolato.
“Mamma,
mamma…” gridò eccitata la bambina, correndo
incontro alla signora sulla veranda “siamo andati a prendere un regalo
per la
nonna”.
“Ciao, papà”
disse, invece, più serio il ragazzino,
rivolgendosi all’uomo. “Dov’è la mamma?”.
“E’ dentro
con la nonna”, rispose lui, arruffandogli i
capelli con un tenero gesto della mano.
“Nonno?
Andiamo a portare il regalo alla nonna?” chiese la
bambina.
“Andrà il
nonno, da solo. Voi resterete qui” disse il
padre del ragazzino.
“Ma zio…”
cercò di opporsi la bambina, però la madre
intervenne decisa.
“Il nonno le
dirà che è anche un vostro regalo. Ora venite
in cucina; del tè freddo vi attende. Avrete sete. Saluterete più tardi
la
nonna…”.
Rimasto solo,
l’anziano signore entrò in casa, attraversò
un breve corridoio e si diresse verso una porta chiusa. Non appena
l’aprì,
l’uomo e la donna che si trovavano nella stanza si voltarono verso di
lui, lo
salutarono ed immediatamente uscirono, richiudendo la porta.
L’uomo rimase
fermo qualche attimo, quasi incapace di
muoversi ancora.
Guardandosi
attorno, Rose si sorprese della luminosità
della stanza: il sole entrava prepotente dall’ampia vetrata che dava
sul retro del
giardino e illuminava le pareti e i mobili chiari, di una delicata
tinta
avorio. Pochi tocchi di colore, sapientemente disposti qua e là, e
alcune
rifiniture in legno scuro completavano l’insieme, creando un raffinato
contrasto.
A Rose la stanza piacque subito. Vi si respirava
un’atmosfera di pace e serenità.
Al centro della stanza un grande letto matrimoniale faceva
bella mostra di sé, mentre ad una piccola parete accanto alla vetrata
vi era
uno scrittoio in legno antico, su cui si trovavano diversi oggetti
tipicamente
femminili e una foto che ritraeva un uomo e una donna in abiti militari
sullo
sfondo di un paesaggio arido e brullo.
L’anziano
signore si mosse; si avvicinò al letto,
sedendosi lentamente sulla sedia posta davanti al comodino.
E allora,
finalmente, Rose la vide: era stesa sul letto,
con gli occhi chiusi. Il volto, nonostante l’età, era ancora bello,
mentre il
corpo sembrava scomparire dentro l’alta uniforme dei Marines che anni
prima
aveva indossato alla perfezione e che ora, invece, la faceva apparire
molto più
minuta della donna che un tempo era stata.
Era immobile,
serenamente composta nel suo sonno eterno.
Rose vide
l’uomo prenderle una mano tra le sue con
dolcezza, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
“Ciao, amore.
Sono tornato. Ho il tuo regalo…” disse,
mentre posava la rosa bianca sul suo petto, posizionando l’altro
braccio in
modo che sembrasse trattenerla a sé.
“E’ una rosa
del ‘nostro giardino’… ti terrà compagnia
finché non ti raggiungo…” La voce gli si incrinò e per un istante
sembrò non
riuscire più a continuare.
“Aspettami,
amore. Aspettami, proprio come l’altra volta,
ricordi? Anche allora mi stavi aspettando…”.
Si fermò di
nuovo, ad asciugarsi le lacrime. Quando un
attimo prima si era sporto per accarezzare il viso di sua moglie, Rose
ne
aveva sentita una
bagnarla e infilarsi
tra i suoi petali, come se anche quella lacrima, una piccola parte di
lui,
volesse restare accanto a lei per sempre.
“Sei sempre
riuscita a sorprendermi…”, continuò lui. “Anche
ora, come cinquant’anni fa. Il dottore si aspettava che ci lasciassi da
almeno
un paio di settimane, ma tu, caparbia come il tuo solito, gli hai detto
che
avevi ancora qualcosa da fare prima di andartene. Non ho capito a cosa
ti
riferivi fino a stamattina, quando mi hai detto che ora potevi
andartene in
pace, perché eri riuscita ad esserci per il nostro anniversario. Poco
dopo ti
sei addormentata per sempre tra le mie braccia…”.
La voce gli
si spezzò ed egli rimase in silenzio per un
po’, con le labbra posate sul dorso della sua mano.
“Ti amo, Mac.
Ti amo così tanto…”.
Si alzò dalla
sedia, si chinò su di lei e la baciò
dolcemente sulle labbra, quasi a volerle infondere di nuovo il calore
della
vita. Le toccò con tenerezza una ciocca di capelli ormai bianchi come i
suoi e
infine si decise a lasciare la mano che teneva ancora stretta tra le
sue.
Posizionò con cura anche quella accanto all’altra, a trattenere la rosa.
Quindi si
scostò dal letto, ma poi si fermò di nuovo, incapace
di lasciarla sola. La guardò a lungo, con lo sguardo velato dalle
lacrime,
perso in un mondo tutto suo, fatto di dolci memorie e antiche emozioni.
Ogni
tanto un sorriso pareva distendergli le labbra, quasi che un ricordo
improvviso
fosse tornato a regalargli un istante di quella felicità che non
avrebbe mai più
vissuto. Infine fece un profondo respiro, come a cercare un coraggio e
una
determinazione che non aveva, si voltò e uscì dalla camera.
Rose si
ritrovò sola nella stanza, appoggiata sul petto della
donna.
Lentamente
assorbì il senso di ciò cui aveva assistito,
rendendosi conto che la sua breve esistenza aveva appena assunto un
significato
speciale. Le era stato concesso il privilegio di essere il suo ultimo
regalo,
segno tangibile dell’amore che aveva unito per anni un uomo e una donna
e che
li avrebbe legati per l’eternità.
E mentre
realizzava e accettava il proprio destino,
stretta tra il corpo e le mani di quella donna tanto amata, Rose
stranamente si
sentì in pace.
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