Il
silenzio della campagna
Isabella, seduta sulla
poltroncina rossa con le gambe raccolte e con una tazza
fumante stracolma di cioccolata, stava guardando estasiata lo
spettacolo che Madre Natura le stava offrendo al di fuori della
finestra della sua camera: le nuvole coprivano il cielo dandogli una
parvenza di grigio scuro e grossi fiocchi di neve cadevano impazziti
sul terreno, arrivando così a coprire pian piano ogni ciuffo
d'erba.
Era dalla sera prima
che nevicava e il tempo non accennava a migliorare, ma lei era felice
così: l'ultima volta che era c'era stata una nevicata del
genere aveva sedici anni; ora stava per compierne venti, mancava poco
più di una settimana.
A differenza sua, i
suoi genitori non erano per niente entusiasti di quel tempo
atmosferico, così come tutti gli altri abitanti delle
città e dei dintorni. Ma a lei, ancora diciannovenne,
piaceva fissare quei fiocchi cadere indisturbati e sognare. Certo, era
impossibilitata a raggiungere la città nonostante distasse
solo quindici chilometri e per quello si sentiva intrappolata, ma quel
disagio passava in secondo piano quando alzava lo sguardo per assistere
a quella meraviglia.
Non appena Isabella
finì di bere la sua cioccolata in tazza si alzò
dalla poltrona e camminò verso l'armadio in legno di
ciliegio, girò la chiave e lo aprì, tirando fuori
un paio di calze di lana, un paio di leggins e uno di pantaloni della
tuta in ciniglia, li indossò e poi tirò fuori una
canottiera, una maglia a manica lunga e la felpa dell'Hard Rock
Cafè di Londra. A quegli abiti aggiunse un piumino bianco,
un paio di guanti pesanti, una sciarpa, una berretta e prese dalla
scarpiera gli stivaletti di sua madre, poi uscì dalla porta
della lavanderia e con un fischio chiamò i suoi cani, che la
raggiunsero pochi attimi dopo: Setto, diminutivo di Musetto, non appena
la vide le saltò addosso scodinzolando, mentre Lilla si
limitò a girarle intorno e ad annusarla.
«Setto, stai
giù!» esclamò Isabella alzando la voce
per farsi rispettare, ma come sempre lui non le diede retta e le
saltò un'ennesima volta addosso, lasciandole una zampata sui
pantaloni.
Il freddo la fece
rabbrividire, ma non se ne curò e corse verso il giardino
completamente innevato, mentre Lilla le zampettava al suo fianco e
Musetto, essendo il più piccolino, saltava quasi come un
capretto per non sprofondare.
Il tempo non accennava
a voler migliorare, ma poco le importava. Fece per più e
più volte il giro del giardino con i suoi cani al seguito,
si buttò stanca sulla neve e tentò di fare un
angelo, ma Musetto cominciò a leccarle la faccia e lei fu
costretta a tornare in posizione eretta per sfuggire a quel solletico.
Vicino al cancello la
neve era stata spalata per far uscire le automobili, così ai
lati della stradina ce n'era tantissima. Isabella si portò
le mani sui fianchi, espirò con la bocca facendo uscire
dalle labbra una nuvoletta di fumo e si mise all'opera: creò
come base una palla abbastanza grande e sopra ve ne adagiò
una più piccola. I bastoni che generalmente usava coi suoi
cani quella volta le sarebbero serviti per le braccia, mentre il
bastoncino più piccolino lo avrebbe usato per la linea della
bocca e, ingegnandosi, riuscì anche a fargli gli occhi.
Oggettivamente era il
pupazzo più brutto che avesse visto sulla faccia della
terra, eppure lei era soddisfatta proprio perché era suo.
«Isabella!»
esclamò una voce alle sue spalle e lei sentì
improvvisamente le guance surriscaldarsi: come era possibile che una
semplice parola, un semplice nome, la riducesse così?
La ragazza si
voltò di centottanta gradi e dall'altra parte del cancello
si trovò lui, Matteo. Il ragazzo per il quale aveva una
cotta da diversi mesi, il suo migliore amico.
«Cosa ci fai
qui?» domandò lei avvicinandosi al cancello e ben
presto si ritrovarono l'uno di fronte all'altra.
Nonostante lui fosse
imbacuccato quanto lei, Isabella poteva benissimo vedere i suoi occhi
marroni, nei quali amava perdersi. Ignaro del potere che aveva su di
lei si abbassò la sciarpa e le sorrise, facendola avvampare
sempre di più.
«Ti ho
cercata al cellulare, ma non mi hai risposto…» le
fece notare con disappunto e Isabella si maledisse per averlo lasciato
in casa «quindi sono venuto a cercarti.»
continuò sorridendole ancora e a quel sorriso fu automatico
per lei rispondere.
«Cosa volevi
dirmi?» chiese curiosa.
«Luca e i
suoi fratelli sono dai nonni e mi hanno invitato ad andare a fare a
palle di neve. Vieni con me?»
«Ma come
pensi di arrivare fino a casa loro? È impossibile girare con
l'automobile…»
«Passiamo
per i campi.» le spiegò indicando il campo del
fattore che abitava a mezzo chilometro da dove stava lei
«Così faremo prima.»
Isabella era divisa
tra due fuochi: aveva voglia di andare, ma allo stesso tempo ne aveva
il timore. Come avrebbero fatto a camminare senza congelare? Un conto
era muoversi in giardino, dove al minimo freddo poteva tornare a
rinchiudersi in casa, un conto era camminare in aperta campagna senza
avere la possibilità di cambiarsi.
Stava per rifiutare
l'invito quando lo sguardo da cucciolo abbandonato di Matteo la fece
desistere dal suo pensiero iniziale.
«Vado a
prendere il cellulare, allora» rispose e lui la
guardò entusiasta «mi aspetti qui o vieni
dentro?»
«Ti aspetto
qui» ribatté indicando i piedi «fai
presto.»
Con il cuore che le
martellava corse in casa, prese il cellulare dalla sua camera,
avvisò la madre che sarebbe uscita e si
ripresentò davanti all'amico.
«Andiamo?»
chiese lei uscendo dal cancello e quando si voltò per
richiuderlo vide che Musetto stava facendo pipì ai piedi del
suo pupazzo di neve e che Lilla era impegnata a sgranocchiare quello
che un tempo era stato il suo braccio «Non era destino che
sopravvivesse.» continuò la ragazza sconsolata e
ad attenderla ci fu l'abbraccio del suo migliore amico.
«Se vuoi
possiamo farne uno insieme.» le propose mentre ancora le sue
braccia le circondavano il bacino e lei annuì.
«M-mi
piacerebbe.» balbettò mentre portava il volto
all'incavo del collo dell'amico e ne ispirò l'odore.
Una scarica le
attraversò il corpo e quando lui la allontanò per
prenderle la mano si sentì avvampare: era da anni che lo
faceva, ma da quando si era invaghita del suo migliore amico quel
semplice gesto le ingarbugliava lo stomaco.
Presero a camminare
per il sentiero innevato: una volta raggiunto il pino si sarebbero
trovati in aperta campagna. Tre chilometri e mezzo e avrebbero
raggiunto casa dei loro amici; sarebbe stato tutto fuorché
una passeggiata, perché la neve rallentava ogni loro
movimento.
«Fai
attenzione a dove metti i piedi.» le disse Matteo mentre la
sua presa si fece più salda.
«Certo»
rispose lei mentre cercava di mantenere il suo passo «non
vorrei inciampare in rami o sassi.»
Sul volto di Matteo si
dipinse un sorrisetto malizioso e si voltò di lato per
lanciare un'occhiata alla sua amica.
«A dire il
vero io parlavo dei serpenti.»
Al sentire quella
parola i piedi di Isabella divennero piombo.
«S-s-serp-penti?»
balbettò con uno sguardo di puro terrore.
«Sì.
Non hai sentito di quel fattore che una sera d'inverno mentre spalava
la neve è stato morso da una vipera?» le chiese il
ragazzo e il viso della sua amica divenne sempre più pallido
«Però tranquilla» continuò
lui accarezzandole la schiena «sei al sicuro con
me.»
Per quanto Isabella
amasse quel ragazzo, questa volta non poteva credergli. Aveva letto
qualcosa sui serpenti e aveva visto qualche documentario: nessuno
poteva scampare alla loro furia. Cominciò a muoversi piano
piano e superò il suo amico, mentre si guardava attorno per
non incrociare nessun animale strisciante, ma poco dopo
sentì qualcosa sfiorarle la gamba.
Cominciò a
strillare e cadde sulla neve, mentre Matteo la guardava piegato in due
dalle risate. Le ci vollero una manciata di secondi prima di rendersi
conto che il suo amico l'aveva presa in giro e che era stato lui a
sfiorarla.
Si alzò
dalla neve, si pulì e poi camminò a passo spedito
verso casa di Luca, mentre Matteo le correva dietro.
«Hey, ma ti
sei offesa? Dai, scherzavo!» esclamò cercando di
afferrarla per i fianchi e lei si fermò, guardandolo
adirata: i serpenti la terrorizzavano e lui si era preso gioco di lei
«Certo che sei una credulona…i serpenti vanno in
letargo, lo sai?» domandò sbeffeggiandola e lei
gli diede uno schiaffo.
«Sei un
coglione.» sbottò ansimando per la corsa che aveva
fatto.
«Scusa,
Bella.» soffiò cingendole i fianchi e lei si
lasciò cullare da lui, finché non posò
le mani sul suo giubbotto e si aggrappò.
Isabella, dopo aver
goduto di quella vicinanza, si allontanò da lui e si
lasciò cadere sulla neve. Senza smettere di ridere
né di fissare il ragazzo, che a sua volta la guardava
imbambolata, agitò le braccia e le mani per fare un angelo
di neve, contenta del fatto che né Musetto né
Lilla potessero disturbarla.
«Allora?»
domandò ad un certo punto mentre tentava di mettersi a
sedere «Cosa ne pensi?»
«Perfetta»
fu ciò che lui rispose e l'aiutò ad alzarsi.
«Ho fatto un
angelo perfetto?» chiese sorridendo entusiasta, ma quando si
voltò a guardarlo rimase delusa: non aveva affatto la forma
degli angeli che vedeva nei film in televisione.
«No»
rispose lui mentre le toglieva della neve dalla berretta «tu
sei perfetta.»
«E tu
bugiardo.» replicò lei rossa in viso.
Senza dire niente
ripresero a camminare. Si stavano avvicinando sempre di più
a casa di Luca, ma a dirla tutta nessuno dei due aveva voglia di vedere
gli altri; preferivano entrambi godere della reciproca compagnia.
«Lo
senti?» le chiese ad un certo punto.
Lei si
fermò e lo guardò senza capire.
«Sento
cosa?»
«Il
silenzio. Non è bello?»
Isabella avrebbe
voluto rispondere di no, che bello era essere lì con lui,
avergli tenuto la mano come prima, sentirsi dire che era perfetta.
Come se lui avesse
potuto leggerle nella mente, intrecciò le mani a quelle
della ragazza e si guardarono per minuti che sembravano interminabili.
«Io…ehm…cr-credo
c-che ci stiano a-aspettando…» balbettò
Isabella per il freddo e l'intimità di quel gesto; si
sentiva nuda di fronte a quello sguardo e temeva di essere scoperta.
Temeva che se Matteo si fosse reso conto dei sentimenti che lei nutriva
per lui l'avrebbe rifiutata e abbandonata. Pertanto preferiva fingere
piuttosto che stare senza di lui.
«Aspetteranno
qualche minuto in più.» ribatté lui
mentre le faceva fare una piccola giravolta, poi le prese una mano tra
le sue e se la portò alla spalla, intrecciò
l'altra e con la mano libera le afferrò un fianco. Poi
iniziarono a muoversi piano.
«Che stai
facendo?» domandò Isabella corrucciando la fronte.
«Esaudisco
il tuo desiderio: avresti sempre voluto ballare un lento sotto la neve,
no? Quale migliore occasione di questa?»
La ragazza lo
guardò come se fosse diventato matto.
«Teo…avevo
undici anni quando dicevo questo.»
«E in otto
anni hai mai realizzato questo tuo sogno?»
«No»
replicò scuotendo la testa «te lo chiesi qualche
anno fa, ma tu rispondesti che ballare sotto la neve era roba da
femminucce.» continuò ed entrambi scoppiarono a
ridere al ricordo di quel Matteo scontroso «Cosa è
cambiato d'allora?»
«Diciamo che
non hai un fidanzato con la febbre a casa.» rispose lui
aumentando la presa sul suo fianco e nel giro di qualche secondo le
fece fare una seconda giravolta, mentre la sua schiena rimaneva a
contatto con la mano del ragazzo «Hai freddo?»
domandò quando lei tremò.
«No.»
rispose scuotendo la testa e mentendo ad entrambi. Ma poco le
importava, perché pur di vivere quel momento sarebbe anche
morta assiderata.
Tutta quella scena le
sembrava surreale. Matteo era sempre stato carino con lei, ma non
riusciva a spiegarsi come mai ora lo fosse così tanto.
«Manca il
gran finale.» le fece notare il ragazzo e poco dopo le fece
inarcare la schiena per fare un casquet, ma Isabella fu presa alla
sprovvista ed finirono sulla neve.
Scoppiarono a ridere e
lei gli afferrò la cerniera del piumino. Pian piano le
risate scemarono e ci fu spazio solo per i loro sospiri.
«Tutto
bene?» domandò Isabella mentre guardava l'amico.
«Posso
chiederti una cosa?» rispose facendole un'altra domanda e si
mise a sedere sulla neve.
«Certo»
asserì imitandolo nel gesto.
«Non
c'è nessun Angelo Biondi ammalato che ti aspetta,
vero?»
Isabella sorrise e
scosse la testa.
«Nessun
Angelo Biondi.» rispose alludendo al suo vecchio ragazzo.
Matteo le sorrise e si
avvicinò lentamente al suo viso. I loro respiri caldi
infrangevano i volti, lui le prese il mento tra le mani coperte dai
guanti e posò le sue labbra su quelle della ragazza. Il
bacio fu inizialmente un leggero sfioramento di labbra ma ben presto
quegli sfioramenti si fecero sempre più intensi,
finché le loro labbra non si schiusero e anche le lingue
parteciparono a quella danza.
Isabella si strinse al
ragazzo e lui spostò le mani dal suo viso alla sua schiena
per circondarla in un abbraccio; restarono a baciarsi per diverso tempo
mentre attorno a loro regnava il silenzio più assoluto e
solo quando si allontanarono per respirare si resero conto che aveva
finito di nevicare.
«Andiamo?»
domandò Matteo alzandosi in piedi e le porse una mano per
aiutarla.
Isabella, sorridendo,
si fece aiutare e non appena tornò in posizione eretta le
labbra di entrambi si cercarono ancora per qualche minuto.
Dopo quel bacio Matteo
circondò le spalle di Isabella e lei a sua volta gli
circondò la vita con il suo braccio, incamminandosi verso
quella casa che ormai non distava poi così tanto. Si
fermavano giusto di tanto in tanto per scambiarsi un bacio casto e ad
ogni bacio lei sentiva il cuore galopparle.
Non le importava molto
cosa sarebbe successo da lì a qualche minuto, o la sera
stessa, o il giorno dopo. Non aveva più paura di quello che
sarebbe potuto accadere, né di come si sarebbe comportata.
Il suo cervello era stato azzerato da ogni preoccupazione, ogni intimo
abbraccio e ogni bacio rubato le facevano pensare che tutto sarebbe
andato per il meglio.
E
lei aveva deciso di credere in quella fantastica sensazione.
Questa
storia è uscita di getto in un momento di disperazione a
causa della neve.
È
molto semplice, forse anche un po' banale, ma per quanto mi riguarda ci
tengo molto.
Spero
vi sia piaciuta. :)
Giulls
P.S.
La storia dei serpenti è vera. Io ne ho una paura assurda e
mia madre, mentre eravamo in giro con i cani per la campagna, mi disse
di fare attenzione ai serpenti nascosti sotto la neve.
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