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Quando i cancelli del circo si aprirono, la
folla, che nelle ore precedenti si era radunata al loro esterno, faticò ad
entrare in modo composto e ordinato, le madri cercarono di proteggere i propri
figli da eventuali spinte e lentamente si ritrovano all'interno del
tendone.
Davanti a loro c'è una donna minuta, i boccoli
castani cadono lunghi ad incorniciarle il viso mettendole in risalto gli zigomi
alti e gli occhi verdi e vispi contornati da sottili ciglia nere. Indossava un
body nero, come i lunghi guanti e gli stivali alti, che slanciavano la sua esile
figura, ma le calze e i fianchi del vestito erano grigi, luminosi, quasi come se
migliaia di stelle fossero rimaste attaccate a quel tessuto.
<<
Benvenuti Signori, Signore e Bambini al Circo dei Sogni, prego accomodatevi
>>
La voce melodiosa che uscì da quelle sottili
labbra incantò il pubblico che siandò ad accomodare nelle piccole sedie intorno
alla grande arena, mentre la ragazza prese posto al centro di essa.
<< Io
sono Celia l'Incantatrice e questa sera assisterete ad esibizioni al limite
dell'impossibile. Godetevi lo spettacolo >>
Le luci si
spensero per quello che a tutti parve un battito di ciglia, ma quando si
riaccesero l'arena era vuota, deserta, eppure, in cuor loro, gli spettatori
sapevano di non essere soli.
Celia apparve davanti ad un bambino e gli sorrise
con dolcezza sperando che non scoppiasse a piangere, mentre nella sua testa si
ripeteva gli insegnamenti di suo padre.
"La nostra è
un'arte " le ripeteva con insistenza " Dobbiamo creare nello spettatore
l'illusione che stia realmente accadendo qualcosa di magico".
"Padre, ma noi
non siamo magici?" chiedeva sempre lei ed ogni volta lui doveva ripeterle che
si, erano magici, ma nessuno doveva saperlo, era il loro piccolo segreto di
famiglia.
Così ora si ritrovava a dover mettere in
pratica quegli insegnamenti, stando attenta che nessuno capisse il "trucco",
anche se inesistente ed era da sola, cosa molto più importante.
Non c'era
suo padre ad aiutarla, a darle consigli, doveva fare tutto lei e "Possibilmente
nel migliore dei modi" si era raccomandato Prospero.
Lentamente fece
vedere al bambino la monetina che teneva nel palmo della mano, poi la sfregò
insieme all'altra e all'improvviso non c'era più nessun disco di ferro, entrambi
i palmi erano vuoti, ma, protendendo un braccio verso l'orecchio del suo piccolo
osservatore, gli sfilò il penny e glielo mostrò orgogliosa di avergli anche
strappato un sorriso, insieme ovviamente all'applauso generale, ma il meglio
doveva ancora venire.
Il tempo stringeva, dopotutto loro aprivano
solo dal crepuscolo all' aurora, e c'erano altre persone che
aspettavano di esibirsi quindi, raccogliendo tutto il coraggio che aveva, decise
che era ora del suo gran finale.
Era un trucco chiamato Sliser Illusion, pochi ci si
erano cimentati perchè richiedeva un'eccezionale bravura nel creare l'illusione
che fosse tutto reale, ma per lei invece era solo un enorme uso di energia e
quando suo padre gliel'aveva proposto,
anche se il termine giusto sarebbe imposto, non era molto d'accordo, ma avrebbe
fatto qualsiasi cosa per dimostrargli che poteva farcela.
Da dietro il
grande sipario, rigorosamente a righe bianche e nere, spuntò un uomo anziano, ma
ben vestito e con un grande cappello a cilindro in testa. Occhi verdi, capelli
brizzolati e in volto un sorriso di circostanza che rivolse al pubblico
incuriosito dalla grande scatola che portava con sè, "ricorda un bara" pensò
invece Celia, mentre suo padre Prospero l'aiutava a sdraiarsi dentro quello
scomodo e freddo legno.
<< Andrà tutto bene, vedrai
>>
A quelle poche parole la ragazza si lasciò
scappare un sorriso, era la prima volta che quell'uomo cercava di rassicurarla e
si sentì più rilassata di prima, poi, con un cenno del capo, decise che era ora
di inziare.
La scatola venne chiusa, tutto il suo corpo era
interamente coperto dal legno, solo i piccoli buchi sulla parte superiore le
permettevano una continua immissione di ossigeno. Un rumore metallico, una sega
per la precisione, era l'unico suono udibile in quel momento, persino gli
spettatori avevano trattenuto il respiro quando quell'oggetto aveva iniziato a
tagliare a metà, partendo da quella che doveva essere la testa, la cassa. Nessun
urlo di dolore squarciò quel silenzio, nessun grido straziante e quando Prospero
mostrò al pubblico le due parti separate, così rosse, vive e gocciolanti di
sangue, si levò un applauso generale seguito da un sommesso vociare e da
esclamazioni di puro stupore.
Il padre della ragazza avvicinò nuovamente i due
pezzi di legno e li fece combaciare mentre, da dentro, Celia, sfruttando tutto
il potere che le fluiva caldo nel corpo, si ricostruiva e si riattaccava grazie
anche all'aiuto di Prospero che, sentendola in difficoltà e dovendo stringere i
tempi, velocizzò il procedimento.
Quando il coperchio della cassa venne alzato, la
ragazza uscì, mostrando alla folla adorante e rapita un ampio sorriso e,
abbracciando l'uomo, lo ringraziò.
<< Signori, Celia l'Incantatrice!
>>
L'ennesimo applauso si alzò dalle tribune, ma
stavolta era per lei, per il suo finto
talento, per la sua bravura e si sentì finalmente orgogliosa, come se tutti i
suoi sacrifici, i dolori e le rinuncie che aveva dovuto fare ora fossero state
ripagate e felice andò dietro il sipario seguita da Prospero.
Le esibizioni si
susseguirono numerose, c'erano i pagliacci con i loro buffi nasi rossi e i
vestiti esageratamente larghi, le circensi che creavano intricate coreografie
aeree ed infine i giocolieri del fuoco con il loro numero di chiusura.
Questi ultimi
avevano vestiti la cui gamma di colori andava dal rosso al giallo, proprio come
le fiamme con cui si destreggiavano. I loro movimenti erano sciolti e fluidi,
troppo simili all'elemento che dominavano, perchè era quello il segreto del
circo, tutti loro possedevano grandi poteri e i pirotecnici potevano controllare
il fuoco, come le ballerine con l'aria, era tutta una grande magia.
Quando venne
il momento di chiudere e Celia tornò al centro della grande arena sabbiosa,
anche i giocolieri diedero il loro personale saluto con il numero di chiusura
che avevano preparato. Soffiarono il fuoco delle torcie che tenevano in una mano
dentro a delle figure intagliate nel legno che sorreggevano nell'altra ed
improvvisamente le fiamme divamparono prendendo le sembianze delle sagome
intagliate. Il pubblico esplose in un applauso ricco di rinnovato stupore e di
ammirazione verso quelle tigri e quei leoni infuocati che si rincorrevano e poi,
con la stessa velocità con cui erano comparsi, si dissolsero lasciando solo un
grande calore.
L'alba arrivò troppo velocemente quel
giorno o almeno così la pensavano gli spettatori del Circo dei Sogni mentre
cercavano di uscire, anche se controvoglia, dal tendone che gli aveva regalato
qualcosa di unico e raro, qualcosa di così speciale che nemmeno loro riuscivano
a dargli un nome, a spiegarselo.
Il giorno seguente quelle persone raccontarono ad
amici e parenti cosa si celava in realtà all'interno di quel posto, ma ormai era
tardi perchè, anche se la nuova folla desiderosa di vivere le stesse emozioni
che gli erano state descritte si era radunata nello stesso posto, il circo era
già sparito lasciando dietro di se un alone di mistero e di gioia riscoperta.
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