Spazio
dell'autrice: Salve
a tutti! Scusate, scusate, scusate, scusate il ritardo (ritardo? molto
di più!) ma questi mesi sono stati terrificanti e, a) ho
distrutto il mio notebook (con un pezzo di parmiggiano enorme, y'know)
e b) la scuola mi trascina troppo, ergo poco tempo, ergo ritardone. Ma
non preoccupatevi! ;)
Ringrazio ognuna di voi per le recensioni che sono davvero tutte
utilissime (e tristi, argh), ma sopratutto incoraggianti.
Aspettando un vostro giudizio, vi saluto!
Evey.
Wires
- capitolo
secondo.
Svegliati,
Matt.
Ti
guardo,
ibernato calmo in un fagotto di coperte, lenzuola, addormentato, e sono
arrabbiato perché non posso semplicemente spegnermi come fai
tu. Mi sono sempre
addormentato prima di te. Tu stavi in piedi tutta la notte quando
eravamo in
tour, mugolando e grugnendo e tossendo e lamentandoti. Ora, pensa, mi
parli
raramente; passi la maggior parte del tuo tempo dormendo, o
sorseggiando una
tazza di tè, guardando film che hai già visto
centinaia di volte, ed io a sopportare
tutto ciò.
L’ospedale
dice
che va bene se stai da me per un po’. ‘Riposo e
recupero’, è quello che dicono,
ma tutto ciò che fai è sederti, non parlandomi,
guardando i tuoi stupidi film e
lamentandoti della mancanza di pianoforti in casa mia.
Per
piacere,
continua a respirare. Non perdere le staffe.
Ti
sto guardando e
i tuoi piedi in calzini spuntano da fuori le coperte, seguiti da una
pallida
mano che raggiunge il tuo naso per poi grattarlo. Le tue labbra
screpolate si
aprono in un leggero sbadiglio e il tuo corpo minuto si stiracchia, le
dita dei
piedi arricciarsi e stirarsi. Sorrido piano, la tua routine mi ricorda
tutte le
altre volte in cui ti ho visto svegliarti.
“Dom?”
mi chiami
ancora mezz’addormentato, guardandoti attorno con occhi
annebbiati. Io vengo
verso di te, sedendomi sul bordo del letto.
“Sì,
è il mio
nome” dico leggermente, guardando le tue dita mentre
s’annodano alla mia mano.
Mi spingi vicino in qualche modo, con una forza che non so come
spiegare. Stai
diventando sempre più debole, giorno dopo giorno, Matt, e
ancora in qualche
modo riesci ad attrarmi verso te con un sorriso lieve.
“Dom”,
dici
ancora, la tua fredda mano attorno alla mia, “possiamo uscire
oggi?”.
Esito, tentennando alla tua richiesta. Ogni volta che ti chiedo di
uscire, tu
scuoti la tua testa e dici di essere troppo stanco o di sentirti
giù. Ma ora
che me lo chiedi tu è diverso. Osservo quel lieve sorriso
sulle tue labbra, i
tuoi occhi sgranati e supplicanti proprio mentre le tue dita
s’aggrappano alle
mie e le stringono.
“Ti
prego...”
Tu
allunghi le tue
corde vocali in un mugolìo e batti le ciglia, strisciando
più vicino a me e
poggiando il tuo mento sulla mia spalla.
“Piuttosto
di
pregarti per altra pasta”
Ti
guardo e i tuoi
occhi sono così pieni di speranza e di disperazione che
è difficile capire
quale domina. Ti guardo e semplicemente sorrido, il più
ampiamente possibile.
*
Oh,
Matthew.
Cosa
stai facendo?
Spingi, aprendo l’enorme porta di legno e cammini fra il
silenzio, leggero,
accanto a me come se ti struggessi per rimanere in piedi. Non avevi
camminato
per così tanto prima, e la stanchezza inizia a farsi
sentire. I tuoi occhi sono
cavi e scuri, cerchiati di nero. Pensi che io non ti senta, in panico
come se
ti fossi appena svegliato da un incubo; lo sento. Mi spaventa, ma tu
sei troppo
orgoglioso per parlarne, quindi tengo la mia bocca chiusa.
“Matt,
perché
siamo–?”
“Shh”
sussurri,
premendo un dito contro le tue labbra, e la mia bocca scatta. La tua
mano tocca
la mia schiena, spingendomi in avanti con il più leggero dei
tocchi; poi
scivoli su una panca, in ginocchio su un morbido cuscino. Io sto in
piedi senza
sapere per niente cosa fare, guardando solamente verso te.
Inginocchiato
lì.
Pregando.
Oh,
Dio.
Tocco
la tua
spalla e tu apri le tue palpebre per rivolgerti a me.
“Che
c’è?”
“Matt,
che stai
facendo?” sibilo, scivolando nel banco affianco a te,
sedendomi e guardandoti
feroce. Non so a cosa pensare. Non t’è mai
interessato della religione. Mai. Te
ne sei sempre fregato ed hai sempre riso in faccio ad ogni fanatico;
onestamente non hai mai creduto. Ed eccoti qui, ora, inginocchiato in
una
posizione in cui non avrei mai pensato di vederti.
“Sto
pregando”
sussurri, stringendo gli occhi chiusi.
“Perché?”
dico, la
mia voce più alta di quanto voleva essere.
Distruggendo
il
silenzio attentamente costruito, infrangendo ogni rimanente traccia di
pace in
quel largo, vuoto edificio.
“Solo
per vedere
se funziona” dici piano, tornando a guardarmi con gli occhi
mezzo socchiusi,
un’espressione di leggero dissenso sulla tua pallida, scarna
faccia. “Ora sta
calmo. Voglio concentrarmi”.
Ancora
non ci
credo. Scivolo contro la scomoda panca, cercando di star comodo, senza
riuscirci. Fa freddo nella chiesa di St.James. Metto le mani in tasca,
arricciando le dita in convulsioni per trovare calore, e sto per
parlare ancora
- il silenzio è in qualche modo troppo rumoroso nelle mie
orecchie - quando una
lieve, anziana voce mi riporta alla realtà.
“Tutto
bene qui?”
La
tua mano
improvvisamente ha abbracciato la mia, fredda e debole mentre fissi
assente il
prete che ci sta sorridendo.
“Non
vengono molti
visitatori” continua l’uomo abbastanza
tranquillamente, sedendosi giù accanto
a me e parlandomi direttamente.
O
ancora non ti ha
visto, o non vuole farlo “È carino vedere qualche
nuova faccia”
Sorrido,
un po’
imbarazzato “Er...sì. Io sono Dominic e qui...e
questo è il mio amico Matthew”
La
tua testa
s’inclina verso il basso, una rosea arrossatura colora le tue
guance sbiancate.
Rende nervoso anche me, come tu reagisci se le persone ti valutano meno
di
quanto sei.
“Piacere
di
conoscervi entrambi, ragazzi. Padre Mcguire, al vostro
servizio”
Padre Mcguire sbircia oltre me, allungando la sua mano verso te. Tu
l’afferri e
la stringi con forza, smuovendola con un lieve tocco
“Ciao” sussurri.
“Ciao!”
dice padre
Mcguire “Caro mio, hai le mani fredde. Vorresti? –”
Tu
allora guardi
verso lui, e lui vacilla, “Oh”, dice.
Adesso
tu lo stai
definitivamente fissando. Non posso aiutarti, posso solo sentirmi come
se non
dovessi essere qui, come se questa fosse una battaglia che devi
combattere solo,
perché è qualcosa con il quale avresti
già dovuto convivere settimane fa. Le
persone ti discriminano apertamente, parlando di te con il veleno nelle
loro
voci, perché l’unica maniera in cui possono
guardare a te, ora, è come ad un
orribile, deviato, disgustoso, malato frocio.
“Oh,
Matthew.
Poverino...”
Vedo
le lacrime
salire su nei tuoi occhi e trattenersi dallo scivolare giù
sulle tue guance in
un’ondata, appena padre Mcguire ti guarda con quella pietosa
e dolorante
espressione nei suoi vecchi occhi.
“Vieni
qui,
figliolo”
Il
prete ti prende
fra le sue braccia, stringendoti in un abbraccio che mi fa pungere gli
occhi.
Guardo le tue spalle sobbalzare, ascolto il silenzio rotto nella chiesa
appena
i tuoi singhiozzi rimbombano contro le pareti. Tutto ciò che
posso fare è
tenere la mia bocca tappata e provare a riscaldarmi le mani, tutto
quello che
posso fare è sedere qui e guardare verso quel grande
crocifisso dal quale Gesù
Cristo penzola, tutto quello che posso fare è sentirmi
dispiaciuto per me
stesso.
*
Il
vento e la
pioggia battono un terrificante rullo di tamburi contro la mia finestra
mentre
sono steso nel tepore del mio letto, cercando di non preoccuparmi di
te,
addormentato nella stanza degli ospiti. Non funziona.
Con
la scusa di
prendermi un bicchiere d’acqua, mi spingo fuori dal letto e
trascino i miei
piedi verso il bagno.
“Solo
una
sbirciatina” dico a me stesso, e dopo essermi riempito un
bicchiere, cammino il
quanto più silenzioso possibile verso la tua stanza.
Le
tende sono
chiuse ma un raggio di luna, colpendoti sul viso, illumina la tua pelle
pallida
in un rilievo spettrale. Da dove sto io potresti quasi essere un
cadavere.
No.
Sembri un
angelo.
Cammino
sulle
punte fino al tuo letto e mi inginocchio vicino ad esso, poggiando i
miei
gomiti sul soffice materasso e spostando una ciocca di capelli dalla
tua
fronte. La tua pelle è rivestita da una leggera lucentezza
di sudore freddo, le
tue mani tremano, e il tuo respiro ti lascia a fiato corto, piccole
raffiche
taglienti di fiato. E ancora sembra andare oltre le
imperfezioni. Vorrei
che tue potessi vedere te stesso come ti vedo io.
I
tuoi occhi
tremolanti si aprono; non mostro di volermi muovere. Un sorriso
assonnato
rischiara i tuoi lineamenti.
“Che
piacevole
sorpresa” farfugli, la tua voce roca di sonno.
“Posso aiutarvi?”
“No,”
dico piano
“Sto solo guardando”
Il
mio corpo
agisce come automaticamente mentre mi rialzo dal pavimento e cammino
dall’altro
lato del letto, scoprendo le coperte e piazzandomi al tuo fianco,
riposando la
mia testa leggermente contro il cuscino.
“So
che hai detto
che ti mancherò” dici lieve, la tua voce soffiata
mentre parli contro il
cuscino.
“Ma
so che non lo
farai.”
“Matt...”
“Perché
il tempo è
come...come un’onda. Lava tutto via, sai? Tutto quel dolore,
e quella
sofferenza, e rabbia e tristezza...Non ti
mancherò” E poi sospiri il più
leggero dei sospiri e sussurri, “non mi lasciare”,
nel buio.
*
TI
hanno riportato
all’ospedale ieri. La vita è fluita via da me
quando il tuo dottore s’è seduto
dietro la sua enorme scrivania di mogano e m’ha detto con la
più solenne delle
facce che, era molto dispiaciuto, ma la situazione del signor Bellamy
s’era
deteriorata in uno stato tale da non potergli permettere di lasciare
l’ospedale
nel più vicino futuro. Ha poi proseguito dicendomi che, ancora, era molto dispiaciuto, ma il
sistema immunitario del signor
Bellamy era già debole prima dell’infezione e, ancora una volta, era molto dispiaciuto,
così incredibilmente
dispiaciuto, ma semplicemente non c’era alcuna
possibilità che il signor Bellamy combattesse la malattia
per più di 3 o 4
mesi.
Ma
tu di sicuro lo
saprai, perché siamo seduti nella stessa cazzo di stanza.
Lui non ha nemmeno
parlato con te.
Parlava
di te
e su te, ma mai a te, e tu non hai idea di quanto
mi faccia sentire
male.
Quindi
siamo
tornati all’inizio, immagino, con te steso in quel
fottutissimo letto con
quell’ago nel tuo braccio, nutrendoti attraverso un tubo.
Questa volta, Matt,
questa volta non stai indossando la tua maschera coraggiosa,
perché sai che ora
non ce la farai a superare questo. Ti sei semplicemente arreso.
Mi
hai fatto
promettere di rimanere con te mentre la tua famiglia viene a visitarti,
quindi
eccomi. Non ho niente da dirti. Grazie a Dio sei addormentato.
“Ciao,
tesoro” la
mano di tua madre è leggera sulla mia spalla, lei la stringe
piano, quindi le
sue dita lievi salgono verso il retro della maglietta dove inserisce la
marca,
che era girata al contrario, dentro.
“Grazie
per essere
qui per lui”
Mi
giro e mi
stringo a lei, trovando rifugio tra le sue braccia. Lei sospira contro
il mio
collo carezzandomi la schiena lentamente, in cerchi gentili.
“È
tutt’apposto,
Dominic” sussurra ancora e ancora, ed io mi sento
così patetico ma non riesco
neanche a piangere. Sto solo qui in piedi, la mia testa brucia
nell’incavo tra
la sua spalla e il suo collo, a fare stupidi rumori. Non so per quanto
tempo
restammo così, ma poi l’infermiera ha portato
altre sedie e ci siamo tutti
seduti attorno al tuo letto guardandoci l’un
l’altro. La mano di Marylin è
ancora stretta alla mia, il suo pollice stretto contro le mie nocche,
mentre
guardiamo la tua cassa toracica sorgere e ricadere in un sonno gentile.
Guardo
tuo padre,
gli rivolgo un piccolo sorriso, e lui prova a sorridermi ma non ci
riesce. È
proprio di fronte a te, battendo gli occhi lentamente e sospirando un
sacco.
Povero George, penso.
I miei occhi si dirigono verso tuo fratello, aggrappato timidamente ad
una
sedia, fissa vuoto il pavimento. Non sono mai stato così
vicino a Paul,
veramente, ma ora che lo guardo posso vedere te nei suoi occhi, nel
modo in cui
le sue dita sono costantemente in movimento, battendo un qualche ritmo.
Si
muove per tutto il tempo, reprimendo l’urgenza di parlare
fino al punto di non
poter respirare; lo fate entrambi.
Quello
che lui fa;
quello che tu facevi.
Il
tuo battito
cardiaco velocizza giusto un po’ quando i tuoi occhi si
aprono. Ti metti a
sedere con immensa difficoltà, le tue magroline e piccole
braccia vacillano
mentre provano a reggere il tuo peso.
Paul s’illumina appena ti vede sveglio. Un sorriso incurva
gli angoli delle sue
labbra, ma scompare subito appena ti vede cadere contro i cuscini, il
tuo petto
pesante.
“Mamma...”
sussurri, la tua voce rotta. Marilyn salta verso te, prendendo la tua
mano e
stringendola come solo una madre può.
“Sono
qui,
piccolo” dice con voce commossa, e penso
all’effetto che mi fa vederla così. Marilyn
è sempre stata così forte ai miei occhi, ma
vederla crollare come sta facendo
proprio adesso...
Oh,
Matt. Non hai
idea...quanto mi ferisce.
Mi
alzo e lascio
la stanza, sperando che i tuoi genitori e Paul lo prendano come un
gesto di
cortesia. Un singhiozzo scappa dalle mie labbra ed io naufrago verso il
pavimento, le braccia attorcigliate attorno alle mie gambe e le mie
ginocchia
sotto il mento. Lentamente, calde lacrime rotolano giù sulle
mie guance, e
penso che questo è il momento in cui tutto mi colpisce.
Stai
per morire, e
ci sono così tante cose che non riavrò
più.
Non
ascolterò più
quelle stupide cospirazioni. Non digrignerò i miei denti
dalla rabbia quando tu
mi parli sopra ancora una volta. Non sentirò più
quell’imbarazzante, ridicola,
acuta, contagiosa risata che hai ancora. Non vedrò
più quello sbilenco
semicosciente sorriso aggraziare le tue labbra. Non ti vedrò
caracollare per il
palco, la tua chitarra tra le mani, o le tue dita premere sui tasti di
un
piano. Non sentirò più quelle infinite
discussioni sulla pasta o sulla
direzione musicale e la cazzo di Lady Gaga mai più. Stai per
morire, e c’è così
tanto che vorrei dirti.
Vorrei
dirti
quanto ho bisogno di te nella mia vita, quanto significhi per me,
quanto non
sarei più capace di combattere senza te. Voglio svegliarmi
tra le tue braccia,
voglio sorriderti e premere le tue labbra sulle mie in un bacio del
buongiorno.
Voglio poterti toccare quando e dove voglio; voglio comprare una casa e
vivere
con te; voglio che tu mi cucini la pasta al posto del tè.
Non mi importerebbe
se ogni cazzo di giorno, non mi importerebbe se tutto ciò
che mangiamo è
solamente pasta. Voglio dirti che nient’altro importa. Ci sei
tu, e ci sono io,
e nient’altro è importante. Voglio solamente dirti
quanto ti amo.
Ma
non posso.
*
“Dom,
dovresti
riposare un po’” batti le ciglia verso me,
assonnato, un sorriso storto sulle
tue labbra. “Sembri un morto che cammina”
Sospiro.
L’opzione
di trascinarmi fuori dalla tua stanza e tornare nel mio appartamento
vuoto non
è così allettante come sembra. Preferirei star
seduto qui con te, ascoltando il
leggero bip del tuo cuore sul monitor e il tuo respiro lentamente e
ponderatamente filare via dalle tue labbra.
“Non
devi stare
seduto a guardami a tutti i costi, sai” continui calmo
“Non muoio se chiudi gli
occhi per dieci minuti, y’know”
“Matt...”
mugugno,
ma tu ancora sorridi.
“Ti
prometto che
non morirò mentre tu dormi” fai una pausa,
muovendo le tue insane, secche dita
“ma solo se anche tu mi prometti una cosa”
“Tutto
quello che
vuoi” dico confidenziale. Ora, non m’interessa se
mi chiedi di passare il resto
della mia vita vestito come la regina; lo farei, solo per te.
“Suona
qualcosa di
insolente al mio funerale, sì?”
Non
riesco proprio
a ridere “Tipo?” faccio però un
sorrisetto, guardando i tuoi occhi luccicare.
“Qualcosa
di
assolutamente ridicolo. La cosa più offensiva con la quale
puoi uscirtene”
“Mi
dovresti
aiutare, amico” dico, pensandoci già.
“Non lo so! Ecco perché sto chiedendo a te.
È solo che...” il tuo ghigno si
tramuta in un dolce, gentile sorriso “Non voglio persone che
piangono, ecco
tutto”
“Io
-”
“Visite,
Matthew!”
una calda voce chiama dall’uscio, e con il suo sorriso
forzato, ecco Chris e
Kelly e Tom entrare nella tua stanza.
“Ehi”
dice Tom
calmo, occhi al pavimento.
“Perché
siete
tutti così?” chiedi con un piccolo riso
“Non sono ancora morto!”
Mi
giro verso loro
con un sorriso di scusa “È stato così
per tutto il giorno” spiego.
“Certo,
se per ‘così’
intendi ‘perfettamente
gentile’, sono stato così
tutto il giorno”
giri i tuoi occhi, raggiungendo il comodino per un bicchiere
d’acqua.
Potresti
sempre
mettere su una faccia coraggiosa e sorridere alla proverbiale
telecamera, ma io
posso vedere il dolore e la stanchezza nei tuoi occhi mentre ti struggi
per
tenerti sveglio un pochino di più. Persino respirare
è soffocare, per te, ora,
ed è difficile scendere a patti con il fatto che il tuo
corpo s’è rivoltato
contro te.
Kelly
s’è poggiata
sul bracciolo delle sedia di Chris ed è nel bel mezzo di un
racconto delle
andate e venute di casa Wolstenholme. Tu ascolti pazientemente, ed
è strano, ma
da quando sei stato di nuovo ricoverato, gli importanti accadimenti
della vita
altrui sono le più importanti per te. Non
t’interessa dell’aumento delle tasse,
e della recessione mondiale o di qualunque cosa importante come quelle
- e
perché dovresti?
Chris
batte la mia
spalla leggermente “Dom sembri enormemente stanco. Lo sai che
puoi andare se
vuoi, riposarti o cose così. Noi saremo ancora qui”
Rifiuto
determinato “Non lo lascio” dico calmo, gettando
un’occhiata verso te.
Lui
sospira,
scuotendo la sua testa.
“Dom
stai facendo
una cretinata. È...”
“Chris,
cazzo non
lo lascio!”
“Perché
diavolo
no?”
“Perché
l’ho
promesso” Solo...lascia perdere, Chris”
Chris
geme,
afferrando la mia spalla. La stringe un po’ più
del dovuto, guardandomi con
occhi di ghiaccio.
“Lo
sai perché fa
così tanto male? Perché è tornato qui
di nuovo? Perché sta per trascorrere il
resto della sua vita in un letto d’ospedale?
Perché deve fingere d’essere
coraggioso per te. Per te. Per nessun’altro. Tutta questa
cazzo di situazione è
colpa tua, Dom!”
“Lo
sai tu
perché sta ancora respirando?” lo contrasto, la
mia voce acuta “Lo sai perché
sta ancora combattendo, non importa quanto faccia male?
Perché è ancora vivo?
Per ME!”
E
prima di saperlo,
sono di fronte a lui, con sguardo truce, e Chris è di fronte
a me furioso. Non
mi sono mai sentito tanto incazzato in tutta la mia vita. Con che
coraggio mi
accusa di essere la causa del tuo dolore? Non ti ho trasmesso io quella
stupida
malattia. Non t’ho infettato io. Non sei malato a causa mia.
Non è colpa mia-.
“LO
STAI TENENDO
VIVO, DOM!” Chris mi urla in faccia, gli occhi infuocati.
“STAI
DICENDO CHE
SAREBBE MEGLIO SE MORISSE? È QUELLO CHE VUOI?”
urlo di rimando, non
importandomene se tutta questa conversazione ha fatto aumentare di 100
volte al
secondo il tuo battito cardiaco sul monitor.
“NON
AVRAI IL
FEGATO DI ACCUSARMI DI QUESTO, DOMINIC HOWARD!”
“ALLORA
NON
ACCUSARMI DI UCCIDERLO!”
“Ragazzi...”
Tom,
da sempre la voce della pazienza, cerca di calmarci entrambi.
È un miracolo che
le infermiere non siano venute correndo.
“Perché
semplicemente non vi sedete e -?”
“Cazzo,
stai fuori
da questa faccenda, Tom!” gli urlo, senza guardare neanche
verso di lui,
intento ancora a lanciare sguardi d’odio a Chris.
“Stupido
figlio di
puttana, Dom!” Chris mi urla “Non lo capisci,
vero?”
“Cosa
dovrei capire?
Ecco me, ed ecco Matt - il nostro rapporto non ha niente a che fare con
te!”
“L’unica
ragione
per cui è ancora vivo sei tu!” mi dice Chris,
tirandomi per la t-shirt fino a
che non siamo faccia a faccia. Non ho mai visto Chris direttamente
così. Sono
stato al suo fianco mentre urlava in faccia a qualcun altro centinaia
di volte,
ma non s’era mai trattato di me, ed è fottutamente
terrificante.
“È
vivo perché sei
qui tutto il tempo e non vuoi che muoia!”
“È
il mio migliore
amico! Perché dovrei volere che muoia? Certo che non voglio
lasciarlo morire,
Chris!”
“Certo,
ed è tutto
su quello che tu vuoi, no?”
“Se
si sta
documento su nozioni per il suicidio ti farò
sapere”
Qualcosa
di forte
e doloroso - cazzo, è un pugno - viene a contatto con la mia
faccia. Sento un
lacerante, intenso, orribile dolore irradiare la mia guancia e sono
sicuro che
il gemito di dolore che s’è sentito sia mio, ma
realizzo che no, non ho neanche
aperto ancora la mia bocca. Il sangue è rappreso fra le mie
labbra, denso e
salato e disgustoso, ed io lo sputo tutto sul pavimento, linoleum
incontaminato.
“Si
sta facendo
male, Dom! Sta provando troppo dolore, e non capirai mai che
l’unica ragione per
cui combatte sei tu!”
“A
qualcuno
effettivamente importa cosa ho da dire?”
uno
squittio si
sente fra la nostra battaglia. La tua faccia è una maschera
di impassibile
serietà, mentre Kelly ti stringe una mano e passa il suo
pollice sulla tua
pelle secca.
“Certo”
dice
pesantemente Chris, scivolando su una sedia mentre io allargo la manica
sulla
mano per provare a pulire il sangue dalla mia faccia. Sono ancora
arrabbiato.
Perché non dovrei esserlo? Ma ascolto, perché sei
tu.
“Posso
dirvi
perché sono ancora vivo?” continui, blando,
rimovendo delicatamente la mano
dalla stretta di Kelly. “Perché sono fottutamente
terrificato di morire. Sono
terrorizzato che lì ci potrebbe essere semplicemente nulla.
Sono terrorizzato
di cosa dirà la gente quando sarò scomparso. Ecco
perché non voglio morire. Non
per il dolore o per Dom. Perché
sono spaventato. E lo so che è
patetico e egoista e rude, ma è vero” guardi
ognuno di noi alla volta, triste,
imbronciato e provato.
“Ora,
se non vi
dispiace, io vado a dormire, e apprezzerei se tutti voi usciste da
questa cazzo
di stanza”
E
noi ce ne
andiamo. Perché, credici o meno, siamo anche noi
terrorizzati.
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