Il regalo di una notte
Faceva
freddo quella notte.
La
nebbia era onnipresente e l’inverno si espanse per la
città con tutto il
suo soffice manto bianco. Il gelo era impietoso, ma il cielo un
po’ meno.
Le
nuvole grigie si erano miracolosamente diradate, lasciando il posto
alla
magnifica e candida luna. Essa illuminava gran parte del quartiere
povero di
Londra, permettendo ai suoi occupanti di poter godere di un minimo di
protezione da parte del soffitto stellato.
Infatti,
gli occupati di tale zona, erano in fermento.
Il
Circo della Notte era in città ed aveva piantato tende e
radici proprio
vicino alla periferia. Questo li riempiva di gioia perché,
pur non potendo
permettersi di comprare un biglietto, potevano trascorrere tutta la
notte ad
ammirare il tendone bianco e nero, le sfavillanti luci
dell’insegna ed a
consumarsi l’olfatto col dolce profumo del caramello.
Proprio
accanto all’inferriata del cancello, un gruppo di bambini si
era
raccolto per poter godere di quel piccolo miracolo. Per loro, costretti
a una
vita incerta e di stenti, la venuta del circo era come
l’arrivo di Babbo
Natale. Per questo lo aspettavano con ansia tutto l’anno. Non
importava se
quella notte faceva un gran freddo, non importava che i loro abiti
consumati
fossero troppo leggeri per poter attirare un po’ di calore.
No, il pensiero di
quel’enorme regalo notturno li ripagava di tutto.
Perché
potevano staccarsi dalla realtà e sentirsi dei veri bambini,
anche
solo per una notte.
Un
bambino più coraggioso degli altri, allungò un
braccio per poter toccare
almeno il cancello. O addirittura il tendone stesso. Stava quasi per
sfiorare
il freddo metallo, quando una voce femminile lo chiamò:
<<
Fermati, James. Non puoi, è pericoloso. >> La
bambina si
avvicinò all’amico preoccupata. I suoi capelli
neri, lunghi e poco curati
incorniciavano un viso sottile -forse denutrito- su cui spiccavano un
paio di
occhi castano chiaro. Il vestitino verde bottiglie e il logoro cappotto
nero a
stento la coprivano.
<<
Voglio solo vederlo da vicino. Fin dove posso arrivare.
>> Il
bambino puntò i suoi occhi azzurri alla fonte della sua
curiosità. Una lieve
folata di vento accarezzò i suoi capelli biondo scuro e il
viso dai tratti fin
troppo maturi per una creatura della sua età. I pantaloni
marroni, così come la
sua giacca, erano stranamente puliti, anche se consunti.
<<
Sì, ma… >> La piccola si
fermò quando vide un puntino bianco
atterrare sul suo naso. << Sta nevicando.
>> Disse con profonda
tristezza. La neve, per loro, non era sinonimo di gioia, ma di dolore.
Perché
sarebbero stati costretti a rientrare per non morire congelati sotto il
suo
abbraccio.
<<
Proprio adesso! >> Alzò il viso e
scrutò il cielo con rabbia,
per avergli tolto anche quella piccola felicità. Tuttavia,
almeno per quella
notte, non era intenzionato a retrocedere. << Marianne,
torna a casa.
>>
<<
E tu che fai? >> Lo guardò apprensiva, ben
conoscendo la sua indole.
<<
Io resto qui. >> Annunciò infatti.
<<
Ma morirai! Non riuscirai mai a resistere al freddo per tutta la
notte. >>
<<
Lo so. >> Abbassò gli occhi, già
tremava al pensiero del gelo
invernale. Però… non voleva rinunciare. Aveva
aspettato tanto per vedere il
Circo della Notte, anche solo il suo strano tendone. Rialzò
lo sguardo più
determinato che mai. << Io non vado a casa.
>> E per porre fine a
qualunque protesta, si sedette ai piedi dell’albero
più vicino. Abbracciò le
gambe con le braccia e in volto gli si dipinse un’espressione
ostinata, quasi a
voler combattere la neve stessa.
<<
James… >> Marianne fu seriamente tentata di
fare retromarcia
e ritornare al nido della sua casetta, anche se era senza camino. Non
si
sarebbe riscaldata più di così, ma almeno sarebbe
stata al coperto.
Guardò
il bambino, poi il Circo ed infine decise. Si accomodò al
suo fianco
sorridendogli serena.
<<
Così ci riscaldiamo a vicenda. >> Gli si fece
ancora più
vicina in modo che potessero fungere l’un l’altra
da coperta.
Rimasero
lì per un certo tempo, forse un’ora o meno. Non
persero il sorriso,
nemmeno quando la neve superò l’ostacolo dei rami
e iniziò a coprire le loro
fragili spalle. Si tennero per mano e allontanarono il resto.
Purtroppo
il freddo non si può ignorare per sempre, ed i bambini
iniziarono
a sentirsi stanchi e intorpiditi. Le palpebre cercavano di sopraffare
gli occhi
cadendo pesantemente su di essi. I piccoli scossero spesso la testa per
cerca
di restare svegli, ma l’impresa risultava ostica per due
creature deboli come
loro.
Marianne
non ce la faceva più ed a un certo punto chiuse gli occhi
per
abbandonarsi al sonno o forse alla morte. Il capo si abbassò
lievemente, come
ormai arresosi all’inverno.
D’un
tratto James la chiamò a gran voce.
<<
Marianne, guarda! Abbiamo compagnia. >>
Sussultò sentendo il
suo nome e, sfregandosi un occhio, guardò davanti a loro
notando solo in quel
momento la nuova arrivata.
Dapprima
vide solo gli stivali allacciati, poi una massa di capelli scuri,
ed infine un volto impassibile con due paia di occhi del medesimo
colore.
<<
Chi sei? >> Le chiese.
<<
Fai parte del Circo? >> Fu il turno del bambino di porre
la
domanda. Avendola vista oltre il cancello, aveva pensato che facesse
parte
della compagnia di circensi. Questo lo entusiasmava, perché
non aveva mai
incontrato uno di loro da vicino. Neanche da lontano, se è
per quello.
Lei
scosse piano la testa.
<<
Oh, peccato. >> Ci rimase visibilmente male, ma decise di
lasciar perdere. Non era il caso di essere sgarbato con lei.
<< Io sono
James e lei è Marianne. Come ti chiami? >>
La
nuova arrivata non rispose neanche questa volta.
Il
bambino iniziò a domandarsi se stesse facendo
l’antipatica o cosa. Magari
li stava solo snobbando.
Fu la
sua amica a venirgli in aiuto. << Forse è
muta. >>
<<
Oh. >> Come avesse appena scoperto una cosa ovvia, la
guardò sinceramente
dispiaciuto. << Scusa, non avevo capito. >>
Per tutta risposta,
l’altra alzò le spalle.
<<
Ti vada stare qui con noi? >> Ripeté lo stesso
gesto di prima
e, senza più indugiare, si accomodò per terra.
<<
E’ da tanto che sei qui? Al Circo intendo. >>
James voleva
sinceramente fare amicizia con lei e fece di tutto per metterla a suo
agio.
Lei
mosse il capo in segno di diniego.
<<
Deve essere divertente stare lì. >>
Sospirò Marianne con aria
sognante. << Ci sono
un sacco
di cose divertenti e tanti buoni dolci. >>
<<
Per non parlare dei giochi e del calore che c’è.
>> Concluse
lui con aria mesta.
La
sconosciuta guardò le mani intrecciate, la neve suo vestiti
logori e i
loro sorrisi, comunque contenti. Alzò gli occhi al cielo
come se stesse
osservando le stelle e d’un tratto accade qualcosa
d’incredibile.
<<
Cosa…? >> James si ritrovò coperto
da qualcosa di pesante e
la vista appannata da tale cosa indefinita. Quando riuscì a
rimettere fuori la
testa, scoprì essere una bella coperta di lana.
<< E questa? >> Ma
non era ancora finita.
<<
Che bello! Hai visto? >> Marianne osservava affascinata
davanti a sé. I suoi occhi erano rapiti da un dolce calore,
una piccola ma
forte fonte di luce. Un fuoco scoppiettava misteriosamente davanti a
loro.
Erano increduli e felici per un tale miracolo o per così
tanta fortuna.
Il
più bel regalo che avevano mai ricevuto nella loro giovane
vita era
un’arancia a Natale. Il calore di un camino e un tessuto
spesso e profumato
erano sempre stati irraggiungibili per loro. Almeno fino a quella sera.
<<
Sei stata tu, vero? >> il piccolo la guardò
con gli occhi che
scintillavano di pura gioia e gratitudine. << Sei una
maga? >>
Lei
scosse la testa. Rimase a fissare i due bambini senza battere ciglio,
ma
le sue sopraciglia sembravano leggermente rilassate. Come se fosse
contenta di
ciò che aveva regalato loro per una notte.
D’improvviso sentì il bisogno di
avvicinarsi a loro. Di comunicare.
Alzò
la sua piccola mano, come a voler oltrepassare il cancello, ma una voce
ben nota la chiamò:
<<
Celia, torna dentro. Ti stanno cercando. >> era il
direttore.
Non poteva ignorarlo, lo sapeva. Come se nulla fosse accaduto,
abbassò il
braccio e, dopo un’ultima occhiata ai due bambini, si
girò per tornare dentro
la tenda.
<<
Celia! >> la chiamò James con il suo nome. Lei
si fermò, ma
non si voltò indietro. << Grazie.
>>
<<
Sì, grazie. >> gli fece eco Marianne.
Come
sempre non disse una parola, alzò semplicemente le spalle e
sparì oltre
la tenda bicolore.
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