Gente
del Circo
Molte
persone pensano che il circo sia vivo solo per la metà del
tempo: lo vedi nella città e ci sono gli spettacoli, la
gente e le voci, ma poi sparisce ed è in viaggio, dormiente,
verso altre case, dove torna ad esistere pieno di luci e risate. Un
continuo ripetersi di rumore e silenzio, luce e buio. Acceso e poi
spento.
C’è da dire che queste molte persone sono anche
molto sciocche, o forse soltanto non fanno parte del circo. Che
è poi la stessa cosa.
Gli artisti dal canto loro pensano che la maggior parte delle persone
viva veramente la propria vita solo per un lasso molto breve di tempo:
quello che passa al circo.
Ciò che accomuna queste due categorie è il fermo
disinteresse per il pensiero dell’altro. Due linee che
scorrono parallele, separate da un velo di pietà macchiato
di disprezzo.
Il circo mentre viaggia è esattamente se stesso, nessuna
maschera si abbassa lontana da occhi indiscreti. Non ci sono maschere
da togliere.
Non è un circo qualunque naturalmente, non si può
parlare di un circo qualunque perché nessuno è
uguale ad un altro. È il nostro circo, il tuo, quello a cui
pensi la notte mentre sei ad un passo dal sogno.
E puoi vederli chiaramente: le ballerine con il viso lucido di sudore
mentre si esercitano, i giocolieri che ridono lanciando
pietre a lucertole insonnolite, il mago sempre serio seduto
impettito. La ragazza che vende bacchette di caramello ha un grazioso
vestito verde e una rosa tra i capelli, ti piacerebbe sapere come si
chiama.
Ma ormai sei caduto nella trappola del sonno, e loro si muovono lontani
da te in una fila disordinata di carrozzoni scrostati dal ghiaccio e
ingialliti dal sole.
Nella realtà, i suoni e gli odori si aggiungono alle
immagini degli artisti, che si voltano repentinamente al grido di
Matthew dal fondo della carovana.
"Maledizione, le zebre devono essere scappate di nuovo!"
"Gliel'avevo detto io al vecchio Matthew che doveva decidersi ad
aggiustare il paletto..."
"Io dico che le ha liberate apposta, il furbacchione! Non è
contento se una giornata passa senza dargli modo di sbraitare per
qualche cosa."
Tutti parlano e molti si lamentano, ma solo Erik e Steve balzano a
terra e raggiungono il povero Matthew, più per voglia di
sgranchirsi le gambe che per altro, dato che come gli altri sanno
benissimo che le brave bestie torneranno senza indugio dal loro
padrone, appena avrà tirato fuori per loro un po' di
foraggio.
"Aspetta vecchio - Steve lo ferma mentre sta già rovistando
in cerca di una balla d'erba - lasciaci divertire un pochino prima!"
I due si guardano un attimo prima di avanzare lentamente verso le zebre
manovrando per accerchiarle, mentre uno scatta all'improvviso verso
Baobab, l'anziano e panciuto capobranco, l'altro approfitta del suo
momento di distrazione per saltargli in groppa. Baobab, offeso dallo
scherzo, si lancia al galoppo sgroppando per liberarsi di quel peso
fastidioso. La lotta non dura a lungo e presto la zebra riesce a
buttare a terra il ragazzo, che si rialza con una smorfia
massaggiandosi il fondoschiena, mentre Baobab trotta verso il suo
padrone pavoneggiandosi.
"Sei uno stupido incosciente! Arriverà la volta che ti farai
male, finalmente, non potrai più lavorare e il direttore ti
terrà per carità, a spalare la merda dei cavalli."
"Non ci sperare Matthew, non sei abbastanza bravo per addestrare i tuoi
muli a farmi fuori!"
"Dammi ancora un po' di tempo figliolo, ci sto lavorando..."
La notte è scesa da poco quando arrivano ai margini della
città. In quel nudo campo la gente del circo
dovrà costruire la propria casa e il proprio palco.
Il lavoro si svolge in silenzio, gli uomini hanno il volto contratto
dallo sforzo mentre tirano le corde per innalzare i tendoni sulle
impalcature di ferro. Non hanno bisogno di guardarsi, la sincronia dei
movimenti è data dall'abitudine, e i movimenti sicuri
ricordano quelli ripetitivi e carichi di significato di un rito.
Le donne dispongono gli attrezzi di scena, ognuno al suo posto, con lo
stesso animo di una massaia che rassetta la cucina.
Per ultima viene montata l'inferriata, barriera che impedisce al mondo
esterno di contaminare il circo, che permette di identificare senza
alcuna esitazione il loro territorio.
Allo spuntare dell'alba tutti vanno a dormire.
Un avviso fa mostra di se attaccato al cancello: "Apre al Crepuscolo -
Chiude all'Alba"
Per tutto il giorno un gran numero di curiosi si aggira nelle vicinanze
del circo, molti ai lati delle strade si scambiano sussurri eccitati,
in ogni casa un bambino promette di essere buono e scongiura la madre
per avere il permesso di entrare in quel luogo favoloso.
Altri fingono indifferenza e ostentano un'aria di
superiorità. Ci andranno anche loro, ma per un senso del
dovere e non certo per svago. Gli uomini di ogni città
infatti immaginano che la loro presenza debba essere fondamentale per
il circo. Senza di noi, pensano, gli spettacoli e i grandi tendoni non
avrebbero ragione di esistere. Quale altro scopo se non il nostro
divertimento?
Nel frattempo gli artisti si preparano, il sorriso si disegna con
prepotenza sulle loro labbra, smascherando la comune euforia per
l'esibizione che sembra non arrivare mai.
La verità è che nessuno di loro pensa al
pubblico, la soddisfazione che bramano non è quella di un
applauso stupito o di mormorii confusi.
Jodie e le altre ballerine aspettano la gioia dei passi fluidi e
armoniosi, riassunto della perfezione.
Beth e Lou, i trapezisti, sognano il sapore del vuoto e la stretta
delle mani dell'altro, un altro modo per dirsi "Ti amo".
Il mago Dionis osserva incantato un filo di inchiostro dipanarsi
languido su una tela bianca senza l'aiuto della mano di un pittore.
Gli spettatori non sono altro che un mezzo, misere vittime sacrificali
sull'altare dell'Arte che loro, gli artisti, immolano per la
capricciosa Dea.
Al crepuscolo, si va in scena.
Ed è un turbine di musiche, risate, magie, piroette, colori,
profumi, sospiri, immagini sfocate come quelle di un sogno.
All'alba tutta la famiglia del circo si riunisce davanti ai carrozzoni,
sfinita ma ebbra di vita.
C'è qualcosa di cui parlare, tanto importante da scacciare
il sonno, ma nessuno sembra voler iniziare il discorso.
È Gabrielle a spezzare il silenzio, sul vestito verde il
profumo di caramello e nella voce tutta l'ingenuità promessa
dai suoi occhi.
"Ve ne siete accorti?"
Non sarebbero qui altrimenti. Se ne sono accorti tutti. Dal direttore
allo zio Tony, che ha occhi solo per la sua giraffa dalle movenze
eleganti.
Non è qualcosa che si vede, non è un brillio
negli occhi e non è la curva di stupore delle labbra. Gli
spettatori sono sempre uguali, stesse facce e stesse emozioni.
È più un modo di respirare, come se per la prima
volta i polmoni si riempissero veramente, come se stessero aspettando
solo quell'aria. Il respiro di chi ha trovato la sua strada.
"È solo un bambino!"
"Avremo dei problemi con la gente di qui, tutti sospetteranno di noi."
"Forse non è ancora pronto..."
"Lo avete visto benissimo, è pronto. Non siamo noi a dover
decidere" La replica di Steve è determinata. Lui e sua
sorella Martha sono stati gli ultimi a raggiungere il circo, quattro
anni prima, si ricorda bene cosa ha provato e sa cosa sta provando quel
bambino adesso.
"E se anche decidessimo di non prenderlo, finirebbe per arrivare da noi
in qualche modo."
È vero e lo sanno tutti, nessuno contesta le parole di
Dionis e il cerchio di persone si disperde.
Ormai è solo questione di aspettare.
Dopo tre settimane, lui torna. Nessuno ne aveva dubitato.
Irrompe boccheggiante nel tendone delle ballerine, deve aver corso per
tutta la strada da casa fino ad arrivare lì.
Tutti sono presi dallo spettacolo e nessuno si accorge della ragazza
dai ricci biondi che gli si avvicina.
"Ciao, io sono Martha. Ti stavamo aspettando"
Qualcuno lo chiama destino, altri lo chiamano vita.
Sam vive nel carrozzone con Billy, il pianista con dodici dita.
È forte avere una casa con le ruote, e Billy è
gentile con lui anche se sembra sempre un po' triste. Erik dice che
è perchè sua moglie lo ha lasciato.
Non ci sono altri bambini nel circo, però Alicia, che
è la moglie del direttore ma anche una ballerina,
è incinta. Quindi Sam passa il tempo con Steve, Martha, Erik
e Gabrielle. Anche se sono molto più grandi di lui se lo
portano sempre dietro e non lo prendono troppo in giro.
All'inizio doveva stare sempre nascosto, perchè c'erano
uomini che tenevano d'occhio il circo, sospettato del rapimento, ma ora
sono abbastanza lontani e Sam inizia ad aiutare in qualche numero:
porta gli spartiti a Billy, passa i birilli e le palline a Steve ed
Erik...
Finalmente arriva la mattina in cui il direttore decide di parlare con
lui. Martha gli aveva detto che sarebbe successo presto, e lui da
allora non ha più smesso di pensarci.
Il suo futuro, quello che vuole fare. Il suo essere parte del circo.
"Guardi"
Prima che il direttore possa fermarlo Sam ha messo la mano sulla
candela appoggiata sulla scrivania, e sotto i suoi occhi sgranati ne
raccoglie la fiamma come se si trattasse di un fiore.
Trattiene la piccole luce nel palmo e ci soffia sopra. Il fuoco si
distende come se fosse un piccolo gomitolo, con lievi movimenti della
mano Sam lo modella in un disegno intricato che rimane sospeso tra loro.
Con un gesto rapido e quasi vergognoso Sam riporta la fiammella sulla
candela e abbassa gli occhi.
"Come... Come ci riesci?"
Il direttore non ottiene risposta, e come lui non la ottengono tutti
gli altri che provano a chiedergli qualcosa. Anche Dionis è
stupito, sa per certo che in lui non c'è traccia di magia ma
non riesce a spiegarsi la sua strana capacità.
Ora Sam, con il suo sorriso e i capelli rossi, è uno di loro.
È felice, sapeva che lo sarebbe stato. Ma ci ha messo due
anni a capire che a spingerlo a scivolare di nascosto fuori casa quella
notte è stato il bisogno di libertà, di sottrarsi
al giudizio della gente che non capisce e nonostante questo vuole
imporre i propri dogmi.
Sam lo sa perchè hanno smesso così presto di
cercarlo, dopotutto lui è il pazzo, quello strano. A nessuno
era mai importato qualcosa di lui, e a lui non importava veramente di
nessuno.
Ma ora è diverso, si sente al suo posto e ha degli amici.
Soprattutto un'amica, in effetti. Sarebbe tutto perfetto se solo...
Martha vorrebbe ancora essere sua amica se sapesse il suo segreto?
Ci ha pensato molto, prima o poi dovrà dirlo...
"Tu sei mia amica?" Tiene gli occhi fissi sulla punta delle sue scarpe,
così la ragazza lo coglie di sorpresa atterrandolo e
iniziando a fargli il solletico senza pietà.
"Che domanda stupida Sammy, certo che lo sono!"
"Basta! Basta, ti prego!" Ormai senza fiato il ragazzino riesce a
bloccare le mani di Martha e si siede a terra accoccolato vicino al
recinto delle giraffe.
"Ti devo dire una cosa. Sai, il fuoco... I numeri che faccio con il
fuoco. Non sono io a farli. È Jasper."
"Non c'è nessun Jasper qui, Sammy!"
"Lui è mio fratello. È sempre con me. Quando
eravamo piccoli la nostra casa è bruciata, Jasper non
è riuscito a uscire e tutti dicevano che era morto. Ma non
è vero! È tornato da me, solo che gli altri non
riescono a vederlo... Al mio paese mi chiamavano 'Il matto' , ma non mi
interessava, mi bastava avere Jasper."
Martha lo guarda mordicchiandosi un labbro, sembra spaventata ma non
accenna ad andarsene.
"Perchè lo stai dicendo a me?"
"Perchè sapevo che non mi avresti abbandonato."
Finalmente lei sorride e gli scompiglia i corti capelli rossi.
"Non lo farei mai, piccolo. È il nostro segreto."
Non si accorgono si una massa di riccioli scuri che ondeggia poco
lontano.
***
Sam lo sapeva che c'era qualcosa che non andava in lei. La bambina
americana è la nipote di Dionis, suo fratello l'ha mandata
da lui per imparare la magia. Vive con loro da parecchi mesi ormai, ma
Celia non è una del circo.
L'ha guardata con occhi sospettosi quando gli si è
avvicinata, ma poi l'ha seguita.
Ha cominciato senza preavviso, con tono quasi annoiato. Con gli occhi
sbarrati Sam ha provato a no ascoltare, ma le parole si stringono
crudeli attorno a lui.
"Sei uno sciocco."
"Tuo fratello è morto."
"Ti circondi solo di illusioni"
"Sono tutte bugie."
"Tuo fratello è morto."
"Jasper non c'è più."
Celia ha detto quelle cose sorridendo, le lacrime che rigano il viso
del ragazzino sembrano divertirla. Non ha smesso di parlare fino a
quando Sam non è corso via singhiozzando. Urla inutilmente,
grida quel nome finchè non ha più fiato e poi
continua a ripeterlo nella sua testa. Non è più
un richiamo. È una preghiera.
Jasper
Jasper
Jasper
Ma lui non c'è più.
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