Gifset
trovato
(con l’aiuto di BeatriceS!)
Et
voilà.
Questo
capitolo era venuto fuori lunghissimo, quindi ho deciso di dividerlo in
due parti.
Nient'altro da dire! Al solito, fatemi sapere cosa ne pensate.
2.
Blaine ringraziava il cielo per la sua parsimonia. Lui era il genere di
persona che non riusciva a spendere immediatamente i soldi guadagnati
(sempre con lavoretti part-time, che erano tutto ciò che
poteva permettersi dati gli impegni universitari) e finiva per
conservarli in vista quelle “occasioni speciali” di
cui nemmeno lui aveva chiara la natura.
Era solo per questo che era riuscito ad accaparrarsi un biglietto per
lo spettacolo di Kurt Hummel con ingresso nel backstage.
Si era lasciato andare in una specie di danza di esultanza quando si
rese conto che Marc lo stava fissando dall’ingresso della sua
stanza, come se si fosse trovato di fronte un paziente psichiatrico.
“Blaine? Hai per caso battuto la testa? Oddio, non dirmi che
sei andato a letto con qualcuno”
Blaine scosse la testa e gli porse il biglietto, con un sorriso che
andava da un orecchio all’altro.
“Hai speso tutti questi soldi per andare a vedere Lady
Hummel? Sei senza speranza. E ci vai da solo.”
“Non avevo dubbi al riguardo. Guarda, è incluso un
ingresso nel backstage!”
“E che te ne fai? Poi dicono che sia
insopportabile…Non fare quella faccia, non lo conosci, non
hai abbastanza informazioni per potermi contraddire.”
Blaine non rispose e abbassò lo sguardo, sentendosi un
po’ stupido.
“Blaine, davvero, cosa credi di ottenere? Hai solo speso un
patrimonio per avere una firma su un pezzo di carta. Non diventerete
mica amiconi. Tu ti fai sempre questi bei filmoni mentali, per
ritrovarti con cosa? Niente. Nada. Ni-“
“Lo dici solo perché lui ti sta sui nervi. E ti
sta sui nervi perché vorresti essere lui.”
“Aspetta un secondo, sarò sicuramente invidioso
della sua visibilità, ma non voglio certo essere lui. Quello
scomparirà tra un paio d’anni al massimo, fidati.
E poi ha la faccia da ragazzina…Blaine, hai una sua foto
nell’armadio?”
Marc lo scavalcò per aprire l’anta
dell’armadio socchiusa, da cui s’intravedeva la
pagina che Blaine aveva tagliato da Vogue.
“No…aspetta. MARC!”
“Oh mio Dio, non vedevo una cosa del genere dai tempi delle
medie!”
“ESCI DALLA MIA STANZA.”
“Ok, ok! Calmati!”
Blaine lo spinse verso la porta e gliela sbattè alle spalle.
Dopo un paio d’ore, ricevette un sms da Jill.
“Ho parlato
con Marc, ti accompagno io allo spettacolo, se ti va’. E
lascialo perdere, è un coglione”
***
“Wow, questo tizio è una specie di calamita per
ragazzine e ragazzini gay, da quel che vedo”
Blaine rimase a fissare la folla che si accalcava di fronte
all’entrata del locale, cercando di capire come sarebbero
riusciti a far entrare tutti. Effettivamente, gran parte del pubblico
era composta di adolescenti. Adolescenti molto, molto rumorose.
“In cosa consisterà lo spettacolo?”
“Credo di aver capito che canterà qualche classico
di Broadway e un paio di cover. Non c’erano molte
informazioni su internet, non ha mai fatto nulla del genere.”
Blaine e Jill riuscirono a posizionarsi a una decina di metri dal
palco. Blaine avrebbe potuto avanzare alle prime file con il suo pass,
ma Jill aveva solo un biglietto ordinario, quindi rimase con lei. Lo
spettacolo sarebbe dovuto iniziare dopo non più di cinque
minuti, e Blaine cominciava a sentire l’adrenalina salire.
Aveva le mani sudate.
Aveva letto il suo nome per la prima volta un anno prima. Aveva
partecipato ad una produzione di West Side Story a Columbus, e un
agente l’aveva scoperto e portato alla ribalta. Blaine era
rimasto incuriosito dalla velocità con cui era diventato
famoso, e aveva scaricato una registrazione della sua performance. Era
rimasto abbagliato, dalla sua voce, dal suo aspetto, dal modo in cui
parlava e si muoveva.
E, di lì a poco, sarebbe stato di fronte a lui.
“E’ in ritardo.”
“Jill, sono solo le 9:05. Non è nu-“
Blaine fu costretto a fermarsi, la sua voce soffocata dalle urla di un
centinaio di ragazzi. Le luci si erano appena spente, la base di una
canzone stava partendo.
All that work and what
did it get me?
Le urla di Blaine si confusero con quelle del pubblico. Jill
scoppiò a ridere. Il locale era ancora immerso nel buio.
Why did I do it?
Scrapbooks full of me in the background.
Give 'em love and what
does it get ya?
What does it get ya?
One quick look as each
of 'em leaves you.
Blaine si alzò sulle punte per cercare di
capire dove fosse.
I had a dream.
I dreamed it for you,
June.
It wasn't for me, Herbie.
And if it wasn't for me
then where would you be,
Miss Gypsy Rose Lee?
Improvvisamente, le luci del palco si accesero, puntando
su un uomo di spalle, alto e snello, che indossava dei jeans scuri e
aderentissimi, un gilet elaborato e una camicia nera. In quei pochi
secondi tra un verso e l’altro, Blaine si ripetè
mentalmente, è
lui, è lui, è lui.
Well, someone tell me,
when is it my turn?
Don't I get a dream for
myself?
Si voltò di scatto, e la folla impazzì. Blaine
rimase pietrificato.
Starting now it's gonna
be my turn.
Gangway, world, get off
of my runway!
Non era come se l’era immaginato.
Era mille volte meglio.
Il pubblico cominciò a cantare, cambiando le parole della
canzone originale.
Everything's coming up
KURT!
Everything's coming up
HUMMEL!
Il volto di Kurt, che fino a quel momento aveva mantenuto
un’espressione fiera, si aprì in un sorriso. Non
uno di quei sorrisi falsi da servizio fotografico, un sorriso che
metteva in bella mostra i denti e creava delle piccole rughe intorno
agli occhi e –diavolo,
aveva anche una fossetta.
Finita la canzone, s’inchinò, sorridendo, e
aspettò che gli applausi si fermassero.
“Grazie, grazie di essere venuti! Ehi, gran bel cartellone,
là dietro!”
Si girarono tutti verso l’angolo che stava indicando, ma
Blaine rimase con lo sguardo fisso su di lui.
“Il prossimo pezzo viene da un altro musical,
Wicked…”
Il pubblico esultò. Defying
Gravity era la canzone che l’aveva reso famoso.
“…Oh, vedrete che a fine serata non vorrete
saperne più di canzoni di Broadway!”
Blaine rise, e cominciò a cantare insieme al pubblico.
***
“Tutti quelli col pass per il backstage a destra, per
favore!”
“Non svenire, ok?”
Blaine ridacchiò.
“Ci proverò”
“Vuoi che ti aspetti?”
“No, ci vorrà un po’.
Prenderò un taxi.”
“Ok, non chiedergli di autografarti parti intime, o
chiamerà la polizia.”
Blaine rise di nuovo e la salutò, quindi seguì il
gruppetto di ragazzine col pass identico al suo. Lo staff li condusse
in un’ampia stanza sul retro con un tavolo e una sedia. Un
addetto alla sicurezza controllò che tutti i pass fossero in
regola e chiuse la porta dietro di loro.
“Cinque minuti, ragazzi.”
Le mani di Blaine ricominciarono a sudare.
***
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