Che assurdità, chiamarlo demone.
Ti piombò fra le mani, caduto da mille secoli, da un'alba antica.
-Siamo il demone del fuoco, Calcifer.
Sussurrò d'ardore sempre più fioco, rincantucciato tra le pieghe delle tue piccole mani.
-Stiamo morendo.
Solo un palpitare quasi inesistente. Non sapevi quello che facevi quando portasti quel flebile crepitare alle labbra. Lo accogliesti dentro di te, ti abbeverasti del poco calore rimastogli, per donargli il tuo, che pulsava di vita e di sogni dalle gracili ali.
Quello che accade dopo non lo capirai mai: d'un tratto tutta la sete sembrava svanita e tu sentivi di avere solo risposte e nessuna domanda.
Al di sopra del cielo, ti sentivi quasi volare... sì, volare, oltre qualsiasi limite. Come avessi bevuto alla fonte della conoscenza.
Che assurdità, chiamarlo demone.
Howl lo chiamò desiderio. |