Autore: bacinaru
Fandom:
Sherlock BBC
Titolo: The
Key to you Heart
Personaggi:
Irene/Sherlock
Avvisi: Post
"The Reichenbach Fall"
Note: Scritta per il sesto giorno dellla
Sherlock Week @ sherlockfest_it.
The key to your heart
I
giornali
dicono un sacco di cose, ma Irene non ci aveva mai creduto davvero.
Le
pagine
in bianco e in nero portavano spesso solo ciò che la gente
voleva sapere, i dettagli, le verità nascoste, spesso
venivano taciute, perché così era più
semplice, più facile da accettare.
Lei, però,
aveva visto oltre il velo dell'ignoranza comune e spesso questo le
aveva procurato solo problemi, ma mai, neanche per un breve istante,
aveva rifiutato la verità, per quanto pericolosa questa
avrebbe potuto rivelarsi.
Non lo aveva fatto
allora, quando il cuore aveva smesso di chinare il capo e restare in
silenzio, costringendola ad ascoltarlo contro ogni sorta di ragione,
per un codice inciso nel petto e in fondo all'anima, e non lo avrebbe
fatto adesso, quando Sherlock, ferito nel cuore e nel corpo, le si era
presentato davanti la porta di casa, chiedendo il suo aiuto.
-Come hai fatto,
allora?-.
Irene
applicò un altro po' di disinfettante sulla ferita adesso
pulita, prima di coprirla con della garza. Le bruciavano un po' gli
occhi, avendo dovuto lavorare alla soffusa luce rossastra di una
candela che giaceva tranquilla sul comodino, per non destare sospetto
nei vicini, ma era piuttosto soddisfatta del proprio lavoro.
Sherlock, seduto sul
bordo del letto, si lasciò sfuggire un sospiro sollevato,
quasi impercettibile.
Era stato nel dolore
per tutto il tempo della medicazione, dal momento che aveva rifiutato
qualsiasi tipo di antidolorifico, perché avrebbe distorto le
sue capacità di pensare a quanto diceva, ma non si era
lasciato sfuggire un solo gemito di dolore. Poteva essere un uomo dalla
mente straordinaria, ma era maledettamente orgoglioso come e
più degli altri.
-Fatto cosa?- .
Distolse lo sguardo da
quello di lei per mettersi addosso una camicia scura, che Irene gli
aveva gentilmente prestato: la sua era ormai inutilizzabile.
Con la spalla destra
ancora rigida nei movimenti, si sdraiò sul letto, chiuse gli
occhi ed inspirò profondamente. Nonostante la sua
capacità nel non dormire per giorni e forse anche settimane,
era alquanto stanco: riuscire a trovare Irene era stato piuttosto
faticoso, soprattutto con la ferita alla spalla che non aveva mai
smesso di pulsare in modo così fastidioso. Era riuscito da
solo ad arginare il flusso del sangue, ma non era mai stato molto
attento a curarsi del proprio corpo, c'era sempre stato qualcuno a
farlo per lui, e adesso che era un morto tra i vivi non aveva potuto
recarsi in ospedale né chiedere a John di aiutarlo, quindi,
per non rincorrere in un'infezione, aveva dovuto chiedere a lei. Si
trovavano nella stessa situazione, dopotutto.
-A falsificare la tua
morte-.
-Ti sei sistemata
piuttosto bene, per essere morta-.
Ignorò
volutamente la sua curiosità con un tono placido,
disinteressato.
Irene gli sorrise dal
bordo del letto, dove si era seduta dopo aver messo a posto garze e
disinfettante.
-Il proprietario
è una mia vecchia conoscenza... o meglio, so cosa gli piace-.
Sherlock socchiuse gli
occhi un po' accigliato, non riuscendo proprio a capire come gli uomini
potessero lasciarsi cadere in trappole così semplici. La
cosa gli dava ancora più fastidio ben sapendo di esserci
cascato in prima persona qualche tempo addietro, anche se non lo
avrebbe mai ammesso.
-E il taglio alla
spalla? Un vecchio amico?-.
Domandò
ancora la donna, pur sapendo che lui non gli avrebbe risposto per puro
disinteresse.
-Irrilevante-.
Rispose, infatti.
Guardò
Irene ancora una volta, che per tutto il tempo non aveva
distolto lo sguardo da lui.
Era un cubo dalle
mille facce che non era ancora riuscito a risolvere del tutto e
ciò lo infastidiva oltre ogni misura, ma era notte fonda e
per quella volta avrebbe dovuto accontentarsi.
-Dormirò
qui stanotte, se non ti dispiace-
-C'è un
solo letto-.
-Non è un
problema-.
-Ne sono lusingata-.
-Non esserlo-.
Rimasero a fissarsi a
lungo. Sherlock Holmes amava avere sempre l'ultima parola,
ricordò vagamente divertita ciò che un tempo le
aveva detto il povero John Waston.
Alzandosi con grazia,
gli occhi che non osavano abbandonare quelli chiari e luminosi di
Sherlock, Irene fece il giro per poter arrivare dall'altra parte del
letto e sdraiarsi al fianco dell'uomo, che l'aveva seguita
costantemente con lo sguardo vigile. Di cosa avesse paura, poi, Irene
non riusciva a capirlo. Poteva vedere, però, come il corpo
di lui fosse lievemente più rigido, qualcosa che nessuno
avrebbe notato, ma lei certe cose le poteva quasi sentire a pelle.
Si voltò
sul fianco sinistro, così da poter continuare a guardare gli
occhi di Sherlock che non l'avevano ancora abbandonata. Quello sguardo
non la metteva a disagio né la infastidiva, ma la
incuriosiva in un modo particolare e le faceva battere il cuore come
nessun altro era mai stato capace di fare.
-Perchè?-.
La domanda improvvisa
la sorpresa, ma non lo lasciò vedere.
-Perchè
cosa?-.
-Perchè mi
stai aiutando?-.
-Perchè non
dovrei?-.
Sherlock dischiuse le
labbra per rispondere, ma in realtà gli mancavano le parole.
Non che non avesse qualcosa da dire o non sapesse ciò che
lui stesso voleva sapere, come il perché di quella fiducia
infondata, che poteva leggere negli occhi e su tutto il corpo di Irene,
il perché gli offriva rifugio e credeva in lui
incondizionatamente, quando tutto il mondo lo reputava un bugiardo, ma
lo sguardo di lei lo confondeva.
-Ho lavorato per
Moriarty, so che era era reale-.
Irene poteva quasi
leggere il dubbio in quegli occhi di cristallo e un sentimento strano
le inumidì le labbra, forse era empatia, forse era solo
istinto di protezione.
-Avrei potuto comunque
organizzare il tutto-.
-Lo hai fatto?-.
-No-.
-Allora va bene-.
Sherlock stava per
ribattere, accigliato e frustato davanti all'incapacità di
darsi delle risposte razionali, ma Irene poggiò le proprie
labbra sulle sue con un fruscio silenzioso.
Durò un
attimo, ma bastò a farlo tacere.
Poteva sentire il
respiro di lui che le accarezzava gentile le labbra, gli occhi lucidi a
lume di candela che adesso la guardavano in attesa. Tutti hanno le loro
debolezze e Irene poteva sentire quella di Sherlock battere con calma
sotto il palmo della mano. Lì nel suo cuore erano celate
tutte le risposte, ma per una volta Sherlock non era in grado di
trovare la giusta combinazione.
-Lascia che te lo
dimostri-.
E allora lei gli
concesse la chiave, perché i giornali dicono un sacco di
cose, ma Irene conosceva la verità meglio di chiunque altro.
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