Non ti amo più
- Sai cosa mi mancava di lei, Manu?
Le serate passate a commentare i video di Cat
Stevens,
le risposte sempre pronte alle mie battute,
le discussioni su Star Wars o sulle chitarre.
Mi mancavano davvero tantissimo, ora l’ho
capito.
E’ per questo che ho deciso di mettere da
parte il rancore,
perché era divertente averla accanto.
- Non ci crede nessuno.
Marco
aveva conosciuto Michela alla festa di compleanno di
Silvia, tre anni dopo la rottura con Aurora. Ricordava che quel giorno
indossava un abito rosso che le donava molto. Aurora, ovviamente: non
aveva la
minima idea di cosa avesse addosso Michela. I suoi occhi erano solo per
la sua
ex ragazza, ma probabilmente la causa era il décolleté
che Aurora, a disagio, aveva cercato per tutta la sera di
nascondere.
Michela
aveva l’età della festeggiata e, come Aurora, era
una sua compagna di università. Marco non lo ricordava, ma
il vestito che
Michela aveva comprato per quell’occasione aveva uno strappo
sopra la coscia
destra e, per tutto il tempo in cui le aveva parlato, la ragazza aveva
temuto
che lui potesse notarlo; al contrario, Marco era rimasto incantato dai
suoi
occhi azzurri e dal sorriso spontaneo e un po’ sbarazzino.
Michela gli aveva
chiesto un passaggio, Marco gliel’aveva dato, ma lei non si
era accontentata:
un bacio della buonanotte concesso quasi per sbaglio, le braccia del
ragazzo
che le circondavano le spalle, la portiera aperta con qualche
difficoltà e poi
scale, corridoi, un letto sfatto.
Che
era saltato in mente a Marco in
quell’occasione? Michela era una bella ragazza, simpatica,
interessante, ma lui
non era tipo di insinuarsi con tanta facilità nel letto di
una donna. Per tutta
la sessione di lotta libera tenuta sul materasso di Michela,
però, la risposta
era impressa nella sua testa, senza che se ne rendesse conto. Una
schiena
rossa… No, cos’era quel rosso sfocato? Ciocche
castane che ondeggiavano,
confondendosi con il colore del vestito, e nella mente di Marco non
c’era
altro. Lentamente la figura si girava, lo guardava e una mano scivolava
sulla
vita, una bocca baciava quella di Aurora, pizzicandola con la barba
ispida.
Marco aveva stretto le lenzuola e le urla di Michela avevano raggiunto
le sue
orecchie, riportandolo alla realtà; l’aveva
guardata e subito aveva richiuso
gli occhi, alla ricerca delle immagini dolorose e nauseanti, ma
essenziali.
Aurora
era stata l’ultima ragazza con cui aveva fatto
l’amore prima di Michela, fino a quel momento Marco aveva
rifuggito qualsiasi
contatto che andasse oltre la maglietta gettata sul pavimento
– e i jeans
leggermente abbassati, non poteva negarlo. Era per questo che aveva
immaginato
Aurora al posto di Michela, l’Aurora che aveva osservato per
una sera intera,
quando la ragazza con cui aveva dormito quella notte non tentava
insistentemente
di catturare la sua attenzione; aveva sognato la sua schiena e i
capelli ricci
in modo automatico, come se il suo sistema fosse ancora da formattare.
Sì, era
quello il motivo, non c’erano dubbi.
♫
Ciò
che Marco non riusciva proprio a perdonare ad Aurora era
il suo tradimento. Come aveva potuto lasciarsi irretire da uno dei suoi
migliore amici? Quella notte di sesso sfrenato – come la
chiamava lui –, di
sensi di colpa – come l’aveva definita Aurora
–, di “Siete degli
irresponsabili!” – come aveva urlato Manuel in
lacrime – aveva decretato la
fine del loro gruppo. I Moonlight Sonada avevano trovato un nuovo
componente,
il carismatico e decisamente sopravvalutato Davide, e per un
po’ avevano
suonato nei locali con il nome di Lilim senza che lui trovasse il
coraggio di
andare a sentirli.
Aurora
era stata crudele con lui: tradirlo quando Marco le
avrebbe regalato la luna e un paio di stelle! Il suo sogno, per molte
settimane, era stato saperla fuori dal suo appartamento, aprire la
porta e
gridarle che finalmente non l’amava più. Per Marco
era ancora difficile credere
che Aurora l’avesse realmente tradito: era come se Padme si
fosse lasciata
sedurre da Obi-Wan infischiandosi dei sentimenti di Anakin!
Ecco,
in momenti come quello avrebbe voluto avere accanto
Aurora, l’unica che capisse e condividesse pienamente la sua
passione per Star
Wars. Per questo, un giorno di settembre, aveva deciso di presentarsi
ad un
concerto dei Lilim, tentando di controllare il battito esageratamente
accelerato del cuore. Manuel, come previsto, gli era saltato in
braccio,
facendolo barcollare, e in quel modo la tensione si era subito
attenuata;
Simona si era lasciata andare in un grosso sorriso e si era avvicinata
per
salutarlo, poi Davide gli aveva elargito un’energica pacca
sulla spalla; Aurora
era rimasta in disparte, spostando dietro l’orecchio una
ciocca di capelli
ribelli, mentre Ettore lo salutava con un rapido cenno del capo, lo
sguardo
rivolto al pavimento in assenza del coraggio necessario per portarlo su
Marco.
E il ragazzo si era detto soddisfatto, ostentando un’aria da
“non sono io a
dovermi vergognare”. Dopo il concerto, aveva avvicinato
Aurora, sotto lo
sguardo vigile di Ettore, e le aveva parlato finché non era
scoppiata a ridere:
Marco non poteva fare a meno delle chiamate a notte fonda per
raccontare un
sogno che altrimenti sarebbe presto scomparso, o delle vecchie commedie
americane viste mangiando pop-corn preparati in casa, o dei giri in
auto con lo
stereo che costantemente suonava Cat Stevens. Dei capelli di Aurora
sì, poteva
farne a meno, come dei suoi occhi castani, delle labbra morbide e dei
sussurri
della buonanotte quando, stretti nel letto, erano l’unico
calore necessario ad
entrambi; poteva fare a meno anche della voce che accompagnava la sua
Fender
nera.
Non
capiva perché Manuel insistesse a non crederci.
♫
Non ti amo più e non
ti odio più, non vedi?
Erano
quelle le parole che avrebbe voluto rivolgere ad
Aurora in ogni momento passato in compagnia di Michela. Gli piaceva
tenerle la
mano mentre passeggiavano intorno al laghetto dell’Eur,
adorava il modo in cui
le magliette appena comprate odoravano già di lei; non
c’era niente che non
andasse in quella ragazza e Marco era perennemente accompagnato dal
pensiero di
conforto di avere lei accanto ora. Aveva quasi creduto, in quei tre
anni, che a
lui non potesse capitare un futuro; era uscito con altre donne, ma non
si era
mai sentito rassicurato dalla loro presenza. Michela era diversa,
però, e ogni
suo sorriso era ormai inestimabile per Marco.
–
Perché non mi fai sentire qualcosa alla chitarra?
– gli
chiese improvvisamente, sollevando lo sguardo su di lui.
Marco
respirò profondamente: già, perché non
lo aveva mai
fatto?
–
Ti faccio ascoltare qualcosa quando torniamo a casa.
Le
arruffò i capelli, ottenendo così
un’occhiata di fuoco.
–
Che c’è?
–
Non sopporto che mi si tocchino i capelli.
–
Scusa, con Aurora lo facevo sempre…
Si
azzittì, pensando che forse non fosse un granché
parlare
della propria ex durante una passeggiata romantica con la nuova
ragazza.
Michela si limitò ad annuire e a prendere di nuovo la mano
di Marco nella sua,
continuando a camminare.
Doveva
dimenticare Aurora, non poteva riaffiorare nella sua
testa quando le pareva! Ma non era un problema, si disse, si trattava
solo dei
primi tempi: con il passare dei mesi, Michela avrebbe rubato ogni cosa
di lei,
fino a lasciare nessuna traccia di Aurora nei pensieri di Marco.
Sarebbe
andata bene, lui non l’amava più. E poi Aurora
sembrava preferire di gran lunga Ettore.
♫
–
Non puoi capire quanto fosse grosso!
–
Allora avrei voluto vederlo!
–
Aurora, per una volta che stavo pensando ad altro.
Marco
sentì Aurora scoppiare a ridere dall’altra parte
della
cornetta e un sorriso intenerito attraversò il suo volto. La
immaginava
sdraiata sul letto, sotto le coperte, con una busta di biscotti accanto
al
cuscino; probabilmente poteva anche indovinare di che marca fossero.
–
Sei sicura che non ti sto disturbando?
Quante
volte glielo aveva chiesto? Era lecito da parte sua
farlo, in fondo lei ora viveva con Ettore e l’uomo avrebbe
certo potuto non
accettare le chiamate di Marco in piena notte alla sua fidanzata.
–
Ettore non c’è.
–
Cos’è, mi leggi nel pensiero?
–
Per quale altro motivo me lo staresti chiedendo?
–
Non vorrei che pensasse che ti stia insidiando.
Perfetto,
era finiti nel terreno del discorso proibito.
Presto, Marco, tira fuori una delle tue battute
e allenta la tensione!
Fu
Aurora a rompere il silenzio.
–
Sa che non lo faresti mai.
–
Cosa vorrebbe dire? – chiese Marco, fingendosi serio.
–
Non ho per niente la faccia da “ti ruberò la
ragazza”? E’ questo che la gente
pensa di me?
Aurora
rise. – Non preoccuparti, la tua reputazione è
ancora
salva: lo pensa solo Ettore.
–
Non sai che sollievo mi dai!
–
Allora, come continuava il sogno?
Marco
rifletté. Il sogno? Ah, già, era per quello che
l’aveva chiamata!
–
C’era questo ragno gigante, – riprese a raccontare,
– era
talmente gigante che avrebbe fatto schifo perfino a te…
–
Perfino? Quanto
credi debba essere grande qualcosa per spaventarmi?
–
Ma come? Di me…
–
… non ti eri mai spaventata, – concluse Aurora.
–
Prevedibile. E poi?
–
Il ragno stava per attaccare una ragazza, e io secondo te
che faccio?
–
Scappi a gambe levate?
–
Esatto! Però quella cretina si mette a urlare di fermarmi,
di soccorrerla… E chi ne aveva minimamente intenzione? Mi
volto giusto per
vedere in faccia chi era e allora comincia a battermi il
cuore…
Si
bloccò.
Cavolo, aveva sognato
Aurora.
–
Era Michela?
–
Era Michela – ripeté Marco. – Poi mi
sono svegliato.
♫
Non ti amo più, non ti
amo più.
Se
lo ripeteva in continuazione, ma non voleva entrargli in
testa; d’altronde, proseguendo a dirselo, come avrebbe potuto
capirlo?
–
Ti va di andare al cinema oggi?
–
Eh?
Guardò
Michela, perso nei propri pensieri; la ragazza rise e
gli diede un leggero bacio sulla guancia.
–
Ti ho chiesto di vedere un film al cinema, –
mormorò con
dolcezza, attirandolo a sé sotto le coperte.
–
Come al primo appuntamento.
–
Cosa? –. Fu la volta di Michela di non capire, lo sguardo
accigliato.
Marco
si riscosse dai ricordi e spostò gli occhi su di lei,
rivolgendole un sorriso tentennante.
–
Il mio primo appuntamento, quando ero al liceo, –
mentì, –
fu al cinema. Chiesi ad una ragazza di accompagnarmi a vedere Star Wars.
–
Star Wars, eh?
Marco
interpretò il sarcasmo nella voce di Michela come se
fosse inutile sottolineare che film avesse visto; non sapeva che la
ragazza era
a conoscenza di alcuni particolari del suo passato.
♫
Da
più di un anno, Marco aveva smesso di ripetersi che non
amava più Aurora; non serviva, aveva Michela. Il problema,
però, era che non
aveva smesso di nominarla.
Così,
un giorno di luglio, Michela aveva sputato con
amarezza, delusione e rabbia tutto quello che teneva dentro da due
anni. Il
pretesto? Marco stava suonando, ispirato, cercando di non prestare
attenzione
agli sbuffi annoiati di Michela: durante i primi mesi, la ragazza si
era
dimostrata interessata ad ascoltarlo accarezzare le corde della Fender
nera, lo
sguardo rapito; con il tempo, però, si era rivelata sempre
più insofferente a
passare le giornate in casa, con un
così
bel sole, chiusa in una stanza a sentirlo strimpellare la chitarra.
Marco
aveva reagito aprendo bocca e dicendo una sola parola:
“Aurora”. Michela non gli aveva permesso di
continuare la frase, nella quale
probabilmente il suo ragazzo avrebbe detto che Aurora, quando stavano
insieme,
non si era mai lamentata di restare in camera a suonare.
–
Ad Aurora piaceva
ascoltarmi… Aurora sapeva sempre a cosa mi stessi
riferendo… Se Aurora fosse
stata qui, avrebbe trovato sicuramente un doppio senso… Mi
dispiace che Aurora
non sia venuta stasera… Vuoi smettere, una buona
volta, di parlare di lei?!
–
Io non parlo sempre di lei!
–
Ricordi un singolo momento in cui non l’hai nominata?
–
aveva urlato Michela, tenendosi i capelli fra le mani.
–
E’ facile che si finisca a parlare di lei, abbiamo tutti
gli amici in comune! –. Anche Marco aveva alzato la voce, le
sopracciglia
inarcate: come le era venuta in mente una cosa del genere? Lui, dire il
suo
nome di continuo? Era semplicemente ridicolo. – Aurora non mi
aveva mai
accusato di…
Ah.
Michela,
livida in volto, non aveva ascoltato altro – non
che Marco fosse riuscito a trovare qualcosa di appropriato da dire
–, aveva
afferrato la borsa ed era uscita dall’appartamento. Forse
aveva anche pianto
tornando a casa, ma lui non avrebbe potuto inseguirla: a che scopo
farlo,
quando le parole che le avrebbe rivolto non sarebbero servite a
risanare
niente? Fin dal momento in cui Michela aveva varcato la porta della sua
camera,
Marco non aveva provato altro che un forte senso di colpa.
E
ora, dopo giorni, le emozioni che avevano pervaso il suo
cuore non somigliavano alla tristezza; guardando le loro foto appese
alle
pareti, non aveva provato niente, le aveva semplicemente staccate e
messe da
parte. Non era pentito di ciò che era successo, non riusciva
nemmeno a
pensarci: quello che si era ripetuto per anni era tornato a galla come
una
domanda.
Non ti amo più?
Qualcuno
suonò il campanello. Un suono insistente,
fastidioso, e Marco già stava maledicendo Manuel quando,
aperta la porta, si
era trovato di fronte una disorientata Aurora.
E adesso torni qui come se fosse niente,
con la tua bella faccia che mi ha strappato troppi
“sì”,
e ti muovi sicura tra le stanze che sai,
fra i miei piatti di ieri e i ricordi di noi.
Aurora
non era più andata a casa di Marco dopo la loro
rottura, era la prima volta che si ritrovava su quella soglia dopo
cinque anni.
Si guardava intorno, confusa, una mano che spostava i capelli ricci
dietro le
orecchie come quando si erano rivisti al concerto dei Lilim.
Non
parlava, continuava a sostare sul tappeto con la scritta
“Benvenuto”. Decisamente fuori luogo.
“Non ti amo più”:
su,
Marco, non è così difficile da dire. Togliti il
pensiero una volta per tutte,
hai sognato di farlo per un sacco di tempo.
–
Io non ti… – esordì a voce troppo bassa
per essere udita.
– Non ti amo più… –.
Terminò la frase in un soffio.
Ma chi voglio prendere
in giro?
Aurora
alzò lo sguardo, aggrottando la fronte. Non aveva
capito cosa avesse detto.
–
Eh?
Marco
tossì. – Perché sei qui?
–
Dovevo dirti una cosa, – mormorò Aurora.
–
Entra. Di qualunque cosa si tratti, possiamo parlarne davanti
a un…
–
Ettore mi ha chiesto di sposarlo.
Il resto è storia.
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"Non
ti amo più", un'altra canzone di Masini. Finirà
mai di ispirarmi per scrivere di questi due?! Dannazione, sto odiando
Marco, mi implora costantemente di parlare di lui! Riesco a trovare
l'ispirazione per altre storie? No. Maledizione >____<
Beh,
ecco qui uno spin-off in piena regola di "Sulle note di Cat Stevens"!
La storia è ambientata nei cinque anni che mancano nel
racconto originale; solitamente uso il punto di vista di Aurora, ma
quello di Marco è decisamente più interessante da
analizzare, anche per lo stile che utilizzo con lui.
Oltre
al titolo, la canzone è presente all'interno del testo o
sottoforma di citazioni. Mi era stata suggerita tempo fa da un lettore
(che personalmente adoro ♥) come se Aurora la dedicasse ad
Ettore... e invece eccola qui usata da Marco per la sua ex ragazza! Il
senso ultimo della canzone è stravolto, ma non potevo fare
altrimenti. Ad ogni modo, anche se non l'ho usata come Aurora/Marco ti
ringrazio per il suggerimento! :)
L'ultima
frase è in corsivo... spero sia evidente il
perché! :)
Spero
che vi sia piaciuta ^^
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