Era ormai
più di un anno che Roxas sapeva di essere gay.
L’aveva scoperto nel modo più imbarazzante
possibile alla fine di una seduta in palestra decisamente spossante.
Stanco che i suoi amici lo prendessero in giro per il suo fisico
così mingherlino, aveva deciso di fare il grande passo e
sborsare quei 400 munny al mese, scoprendo poi che gli piaceva molto.
Il giorno
fatidico, dunque, si era diretto verso le docce massaggiandosi la parte
bassa della schiena e imprecando con sentimento contro
l’istruttore. Mentre il suo corpo veniva accarezzato
dall’acqua tiepida dell’impianto sgangherato, si
accorse che un altro ragazzo, un po’ più grande di
lui, si stava lavando proprio nel cubicolo di fronte al suo.
“Ma
proprio lì doveva mettersi, con tutte le altre postazioni
vuote?!” aveva pensato Roxas, non poco seccato.
Senza
accorgersene si era ritrovato a osservare il corpo di quel ragazzo:
evidentemente era più allenato di lui. Aveva un accenno di
pettorali, una vaga tartaruga e muscoli di braccia e gambe definiti,
anche se non enormi. E un atteggiamento da duro.
Roxas si era
accigliato, a quel punto: avrebbe voluto raggiungere anche lui quello
stadio di allenamento, ma la strada da fare era ancora lunga. Poi era
rimasto sconcertato nell’accorgersi che stava fissando i
glutei tondi e sodi dell’altro e che una parte di lui
mostrava di gradire alquanto lo spettacolo.
Aveva tentato di
nascondere le sue vergogne, ma proprio in quel momento il ragazzo si
era voltato e aveva notato il gesto.
- Ehi,
marmocchio, che stai…? Ma
che cazz…! Sparisci, razza di… -
E il ragazzo se
n’era andato più in fretta possibile, continuando
a borbottare improperi a voce non propriamente bassa.
Pieno di
vergogna e deciso a evitare l’altro, Roxas era rimasto sotto
la doccia fino a farsi diventare le dita rugose e poi si era rivestito
più lentamente possibile, prendendo con riluttanza
consapevolezza della propria omosessualità.
“E ora
come lo dico ai miei?”
Mentre usciva
dalla palestra immerso nei suoi tetri pensieri, una voce maschile
gracchiante lo raggiunse.
- Ehi, Seifer,
è quello il frocetto che ti ha importunato?
–
Risposta secca
da parte dell’altro, dopodiché Roxas si era
trovato la strada sbarrata da un ragazzo grosso come un armadio a due
ante, il classico tipo tutto muscoli e niente cervello.
- Lasciami in
pace – aveva provato a fare lo spavaldo, ma quello si era
limitato a ridacchiare stupidamente e a spintonarlo.
Roxas si era
ritrovato col sedere sul duro asfalto e la mano avvolta intorno a
qualcosa di stretto e duro, di metallo. Si era rialzato a fronteggiare
l’aggressore stringendo quella che scoprì poi
essere una grossa chiave vecchio modello, di una trentina di
centimetri, argentata e con sopra una patina di umidità che
la rendeva opaca. L’aveva calata con tutta la sua forza sulla
testa dell’armadio umano, tramortendolo, ed era scappato via
come una furia, incurante della stanchezza e del borsone pesante, con
le risate di quel ragazzo – così dannatamente sexy
- della palestra che gli echeggiavano nelle orecchie.
Roxas
ritornò al presente con un sospiro. Inutile dire che dopo
quella clamorosa figuraccia aveva dovuto abbandonare la palestra per la
vergogna. Ma aveva deciso che i tempi erano maturi per ricominciare.
“Palestra
nuova, vita nuova” pensò Roxas ed entrò
nell’edificio, respirando con piacere l’odore di
polvere e sudore tipico delle palestre.
- Salve
– disse ad un ragazzo dai capelli rossi dietro il bancone,
che stava ruminando una gomma con aria annoiata – Vorrei
iscrivermi – e abbassò lo sguardo per paura di
compromettersi.
L’altro
sollevò lo sguardo.
- Ma certo, dolcezza!
– trillò battendo le mani.
- Co…
Cosa?! – boccheggiò Roxas, spalancando gli occhi.
- Ho detto che
sono 400 munny al mese e altri 100 per l’iscrizione
– fece quello, sbuffando annoiato e guardandolo ad occhi
socchiusi – Lì ci sono i moduli che devi riempire
–
Roxas
arrossì e distolse di nuovo lo sguardo. Possibile che si
fosse immaginato tutto? Scosse la testa e iniziò a compilare
i moduli, ben attento a non guardare il ragazzo di fronte a lui.
- Vedo che hai
già il borsone con te. Cominci subito, dunque? –
- Oh,
sì – bofonchiò il biondo.
- Io sono Axel,
il tuo istruttore. A-X-E-L, got
it memorized? –
- Certo. Io sono
Roxas. R-O-X-A-S!
– gli fece il verso prima di riuscire a trattenersi,
omettendo solo il finale.
E
scappò a tutta birra verso gli spogliatoi.
Axel rimase
lì a guardarlo allontanarsi, ridacchiando. Era sempre uno
spasso prendere un po’ in giro i ragazzini “gay da
poco” facendo la messinscena della checca isterica, per poi
far loro credere di averlo solo immaginato, ma era la prima volta che
veniva preso in giro da uno di loro.
Si sarebbe
divertito con quel fringuello biondo, c’era da scommetterci! |