Stivali

di Shira94
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Stivali

[Scritto un martedì
a inizi gennaio 2012, a scuola]

Gli piaceva davvero troppo il suono dei suoi stivali, mentre percorreva sempre la stessa strada. Ma al contrario di quella strada, il suo aspetto non era mai uguale al giorno prima. Sapeva che la vita doveva essere vissuta e ogni giorno, momento, istante cercava di renderlo speciale.
La sua creatività era senza fine. La sua stanza era più che unica: il bianco del muro non si vedeva quasi più, pile di libri più alte della sua testa, disegni e opere d’arte ovunque, un paio di chitarre nascoste da enormi cumuli di vestiti, a volte buttati alla rinfusa, altre piegati con estrema cura e messi nei posti più impensabili.
Quello che piaceva al suo ego lo faceva e quasi mai gli negava qualcosa. Ma era anche vero che il suo ego era estremamente delicato e gentile e che la parte del suo carattere che tutti vedevano erano solo le affilate zanne che mostrava per difendere il suo piccolo mondo sereno e confuso dalla malvagità del mondo che circonda ogni singola esistenza.
Vedeva negli occhi di sua madre il disgusto e il cuore gli dava una fitta. Purtroppo quelle zanne non sempre funzionavano e il puzzo del marciume del mondo arrivava fin sotto il suo naso, e poi giù nei polmoni, per poi mescolarsi al suo sangue cristallino, puro dal Male che gliene aveva fatto versare molto, sotto le percosse di mani spaventate da tutto ciò che non rientri nell’ideale di un mondo perfetto... Mondo che la maggior parte delle persone ha inculcato nella testa.
La sua voglia di vivere, più forte di qualunque demone che abbia tentato di toccare la sua anima, spingeva la sua esistenza ad un livello superiore a quello di molti altri, dove l’amore persuadeva ogni gesto, ogni proposito e l’espressione di sé stessi diventava la cosa più naturale da fare.
Sì, amava quella sua vita, e gli sguardi indifferenti o accusatori dei passanti attraversavano il suo corpo come se fosse stato d’acqua, confondendoli e spesso annegandoli, intrappolati dai loro stessi pensieri viscidi, subdoli o violenti.
Spesso pensava che quel corpo non gli bastava: in fondo era una tela con dei limiti, con uno spessore preciso. Dentro di sé invece era infinito. Come far coincidere queste due parti del suo essere?
Non lo sapeva, non fin quando sentì una volta il suo corpo aprirsi davanti a quegli occhi così spettacolari e come una cicala che lascia il suo guscio vuoto, abbandonarlo e non sentirsi più in sé.
Il piacere nel provare quella sensazione era stato tale che incominciò ad amare non solo più la sua stessa vita.
Fino ad allora aveva inspessito così tanto le sue difese contro il mondo esterno da non sentirsene più parte, il più della volte. E ora provava questa sensazione bellissima e spaventosa allo stesso tempo.
Amare qualcuno non significava solamente poter conoscere finalmente il meraviglioso nuovo sentimento dell'Amore e avere sempre in mente quel dolce desiderio. Significava anche dare sé stessi e infrangere le proprie difese dinnanzi all’oggetto di quel desiderio.
Il fato aveva voluto costellare la sua vita di molto dolore, ma aveva infine voluto donargli l’Amore di quella persona di cui si era ritrovato perdutamente innamorato.
Così lo guardava spesso, da sotto le sue braccia, respirare piano e vivere per lui.
 
Passai per quella strada per la prima volta e li vidi subito.
Vidi un bellissimo ragazzo, dagli occhi chiari e i capelli un po’ punk abbracciare e dare un dolce bacio a un altro ragazzo, più basso, con capelli rosa e degli stivali ai piedi.





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