Mio romancero gitano

di Scarlett87
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Tintinnio di ciondoli e amuleti. Grida di bimbi. Luce del fuoco. Calda. Furba. Pericolosa.

E' la festa dei gitani, dietro l'officina. 

Sono fabbri e ramai e vestono i colori del sole e dei fiori. E sono caldi, come il sole. Forti come il vento. Pericolosi come il fuoco. Il fuoco attorno al quale danzano. Danzano le donne e le bambine, coi loro ciondoli e amuleti. Cantano gli uomini la tristezza gitana. PIanto di chitarre verso il cielo. Verso Dio.

Il Dio dei gitani.

Chi è il Dio dei gitani?

Lo chiese con stupore innato, ma dentro sè lo sapeva già. Non era poi tanto piccolo, il piccolo gitano. Ma era il più piccolo del suo gruppo e questo faceva la differenza. Aveva già il coltello nella tasca e poteva portare il cappello.

Spostava gli occhi verdi, bui, da un punto all'altro del viso di suo nonno. Non stava mai fermo.  Correva sempre e ballava la danza zingara. La danza della sua gente.

Il Dio dei gitani è come un uomo che viaggia per il mondo. Il mondo è la sua casa, la musica il suo pane. Il rame è forgiato dalle sue mani che come incudini sono forti. Rispose il vecchio zingaro.

Conosce il suono di mille musiche e di giorno lavora, di notte canta. Il Dio dei gitani è libero, piccolo mio, libero come il vento.

I volti accaldati dal fuoco, le donne scarmigliate cantavano in un vortice di fiori nelle gonne. Il piccolo gitano le sentiva ridere. Risate argentine.

E il Dio dei gitani ride?

Il vecchio lo fissò a lungo. Poi osservò la luna, bianca e inamidata.

Benchè non piova, egli piange eternamnete l'esclusione del suo popolo.

Il piccolo zingaro immaginò il Dio dei gitani seduto sulla luna. Perlacea e solenne.

Poi chiese ancora.

E dove sta?

Tra noi, piccolo mio. Lui è fuori e dentro di noi.

Le chitarre smisero di piangere, le donne di ballare. La danza eterna dei gitani fuggitivi.

Il piccolo zingaro si sentiva diverso, infinito e uomo. Si sentiva musicista, lavoratore e nomade. Si sentiva zingaro, zingaro più che mai.

Si sentiva Dio.





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