Stairway to heaven.

di HaruHaru19
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Haru's bla bla bla: Ed eccomi finalmente qua, con questa nuova fic (sì, sono proprio masochista) totalmente tratta da una storia vera. Spero che vi piaccia, nonostante la demenzialità e i vuoti dovuti all'emozione che popolano la storia già da questo nuovo capitolo. Comunque non ho molto da aggiungere dato che troverete tutto scritto qua, perciò...Buona lettura! Vi lascio leggere in santa pace e ricordatevi che commenti e recensioni sono sempre buon accetti! ;) Alla prossima! :3



 

Stairway to heaven.

Capitolo 1: All the way around.



Martedì 7 Febbraio 2012.

Quel giorno era iniziato decisamente male. Degli assurdi dolori alla bocca dello stomaco mi avevano tenuta sveglia dalle quattro di notte e, il fatto che avessi dormito solo una quindicina di ore totali nell'ultima settimana a causa dell'emozione, non aiutava di certo a farmi sentire meglio. Come si conviene a qualsiasi normale diciannovenne privata di ore di sonno preziose, i pensieri che sorgono a tali ore della notte non sono certo dei più sensati, anche se nel momento esatto in cui vengono concepiti sembrano essere dei veri colpi di genio, e i miei tendevano a un ché di tragicità greca.
Pensavo seriamente di dover cancellare il viaggio che attendevo da mesi solo per un po' di mal di stomaco e, come se non bastasse, la paura di volare con l'aereo spuntò fuori dal nulla di nuovo, gettandomi in uno stato di paranoia maniacale.
Dopo due ore di rotolamenti vari nel letto accompagnati da agonizzanti lamenti di morte che spinsero le mie lenzuola all'auto-impiccagione, decisi di alzarmi per cercare una soluzione ragionevole al problema. Mi diressi in cucina e mi avventai sul barattolo dei digestivi, ingerendone subito dopo almeno un paio. Nel giro di trenta secondi il dolore che mi aveva torturata per più di due ore sparì e, al suo posto, giunse l'illuminata realizzazione del fatto che mangiare i rapini prima di andare a dormire non è la cosa più furba al mondo. Almeno se non si vuole rischiare di passare la notte in bianco come avevo fatto io, ma evidentemente non ero stata abbastanza furba da pensarci prima.
Comunque sia, iniziai a prepararmi per la scuola, ma mi ritrovai già pronta molto prima di quanto pensavo e attesi impazientemente l'ora giusta; poi finalmente mi avviai verso scuola. Una volta entrata in classe però capii che il vero tormento era appena iniziato. Avevo solo un'ora di lezione quel giorno grazie all'assemblea d'istituto che capitava proprio a fagiolo, ma nel giro di cinque minuti intuii che sarebbe stata l'ora più lunga della mia vita. Degli stupidi moti della Luna non me ne sarebbe potuto importare di meno, emozionata come ero, e inoltre anche l'ansia per l'aereo continuava ad assalirmi non appena abbassavo la guardia facendomi perdere il controllo e spingendomi a torturare Annalisa con la solita cantilena che portavo avanti da quella mattina. Improvvisamente però la sensazione di una mano che accarezzava la mia schiena mi fece voltare di scatto, con un'espressione a metà tra lo schifato e solo dio sa quale altra sensazione.
<< Smettila. >> mi sentii così felice al pensiero di non dover ripetere quella parola che ero costretta a dire almeno cento volte in cinque ore di scuola per i successivi quattro, benedetti giorni.
<< E dai... >> disse Luca credendosi spiritoso << Potrebbe essere l'ultima volta che ti sfioro dato che l'aereo cadrà! >>
Mi allontanai dalla suo fare da stalker che diventava sempre più ossessivo ogni giorno che passava, fingendo di non essere spaventata né da lui, né dall'immagine mentale di un aereo che cadeva schiantandosi al suolo. << Questa deve essere l'ultima volta. E di certo non perché cadrà l'aereo. >> cercai di sottolineare bene il concetto, voltandomi dall'altra parte.
<< Luca, smettila! >> s'intromise Annalisa, la quale ringraziai mentalmente. Non avevo voglia di mettermi a batibeccare con quello stupido: niente e nessuno avrebbe rovinato il mio buon umore, quel giorno. << Lasciala in pace almeno oggi, è già ansiosa di suo per via dell'aereo. >>
Tra un'occhiata e l'altra alle foto di Onew e DooJoon che conservavo gelosamente nel diario, il tempo sembrò passare leggermente più velocemente, tanto che il suono della campanella mi prese totalmente alla sprovvista. Mi alzai di scatto, gettando nello zaino le uniche due cose che mi ero portata dietro.
<< Ci siamo! Ci siamo! >> quasi urlai battendo le mani come una bambina nella mattina di natale, fiondandomi subito dopo fuori dalla struttura.
<< Divertiti! >> mi disse Annalisa, abbracciandomi.
<< Lo farò! >> le risposi salutandola.
Mi fiondai in macchina e arrivai a casa. Dimostrando di non aver imparato assolutamente niente dall'esperienza della sera prima, mi avventai su una porzione spropositata di lasagne al pesto alle dieci di mattina, per poi andare a controllare di aver messo già tutto l'occorrente in valigia: ovviamente mi scordai un bel po' di cose di vitale importanza, come lo spazzolino da denti, accorgendomi di averle dimenticate a casa solo una volta arrivata a destinazione e vedendomi costretta a comprarle a prezzi estremamente elevati. Comunque, avendo ancora un'oretta di tempo a disposizione prima dell'arrivo di Elena, decisi di accendere il computer e continuare a degenerare un altro po' su Twitter, incappando nelle foto della partenza degli SHINee dall'aeroporto passatemele da Giulia. Mi ritrovai a fissare sbalordita la figaggine di quei ragazzi, ma notai l'assenza di Onew. Mi chiesi dove fosse finito quello sbadato ma, leggendo qua e là su internet, venni a sapere che il mio caro leader aveva smarrito il passaporto proprio prima di partire e che il suo ritardo era dovuto a quello. Sospirai sorridendo e pensando che, probabilmente, sarebbe partito col volo successivo.
Dopotutto che ci potevo fare? Questi idols vanno presi così come sono!
Arrivata Elena, l'emozione per la partenza era palpabile. Presi la valigia che era già pronta, e mancante di alcune cose, da una settimana e salimmo in macchina, dirette all'aeroporto di Pisa. Una volta arrivate là iniziammo a cercare Giulia e Annette, ma senza risultati, sebbene vedessi Giulia in qualunque ragazza presente, collezionando pure la prima figuretta della giornata.
Non avendo la benché minima idea di dove fossero quelle ragazze, entrammo dentro la struttura e, dopo dieci minuti, le vidi apparire: Annette era vestita carina e con i capelli perfetti come sempre, mentre Giulia mi ricordò, a primo impatto, un mulo da soma. Tuta da ginnastica, giacchetto enorme e un pomposo cappellone invernale con su la scritta "Vienna" attirarono la mia attenzione, ma devo confessare che ciò che mi stupì di più furono le scarpone fucsia in perfetto stile JongHyun, con tanto di zeppa alta almeno cinque centimetri.
Finalmente tutte e quattro insieme non perdemmo neanche un secondo per iniziare a dimostrare la nostra stupidità, la quale non ci avrebbe mai abbandonate per tutta la durata del viaggio e, arrivato l'orario per l'imbarco, decidemmo di avviarci verso la zona per il controllo, una volta recuperati i miei genitori i quali erano tranquillamente spariti nei meandri del bar a mangiare.
Già durante la fila per il controllo bagagli iniziarono a venir fuori problemi con carte d'identità e biglietti aerei che scivolavano a destra e a manca, ma nonostante tutto riuscimmo ad oltrepassare agilmente il controllo e, mandati gli ultimi saluti a genitori e parenti vari, camminammo in direzione della stanza d'attesa prima del gate. E in quanto attesa, attesa fu. Ve lo posso assicurare. Ma, tra una cavolata e l'altra e un servizio fotografico totalmente random, due ore passarono più velocemente del previsto e già era giunto in momento di imbarcarsi. L'ansia tornò a torturarmi come un coltello alla gola e, aumentando come un crescendo, toccò il suo apice una volta seduta al mio posto che, neanche a dirlo, era accanto al finestrino. L'aereo decollò e, nonostante l'angoscia assurda, notai quanto le altre ragazze si stavano divertendo nutrendosi della mia paura talmente tanto che, a un certo punto, mi sembrarono davvero molto somiglianti a dei dissennatori.
<< Ele, ci sei? >> il tono sarcastico di Giulia non mi sfuggì e mi ripromisi che me l'avrebbe pagata una volta che quella trappola di metallo fosse tornata a terra.
<< No! >> non ricordo se gridai o se sussurrai a malapena nel rispondere, ma il ricordo delle lacrime che premevano per uscire dagli occhi è ancora ben impresso nella mia mente << Voglio morire! >>
Non vi racconto quante grasse risate scatenò quella mia confessione suicida, ma devo ammettere che tutt'oggi mi sfugge il perché.
In ogni caso, nel giro di tre secondi, appena il tempo di riaprire gli occhi, ci ritrovavamo già a chissà quale altezza e l'idea di avere le nuvole sotto ai piedi mi gettò in una crisi mistico-paranoica che perdurò per tutto il viaggio di andata.
Ah, scusate se non mi sono ancora presentata. Io sono Eleonora, diciannove anni, fan del k-pop e questa è la mia vera storia. Sebbene la paura iniziale, l'aereo stava finalmente viaggiando rapido e silenzioso verso la città dove si trovavano le ragioni della mia esistenza. No. Non era diretto a Seoul.
Mi spiegate perchè ogni fan fiction inizia con una ragazza italiana che parte per Seoul? E che diamine!
Anche se non mi sarebbe dispiaciuto, non era quella la mia destinazione. L'aereo stava volando verso la Francia e finalmente li avrei visti dal vivo e non attraverso lo schermo di un computer. Il mio cuore mi portava verso Parigi, la città dell'amore, o almeno così si dice.
Ma sicuramente, la sera successiva, sarebbe stata la città del Music Bank Concert.
Tornando al racconto della mia meravigliosa esperienza, devo ammettere che il viaggio sembrò durare meno di quanto durò in realtà e, attacchi di panico random a parte, devo dire che probabilmente fu grazie alla collezione di foto JongKey che Giulia aveva salvate nel cellulare. In ogni caso, dopo un'ora e un quarto circa di viaggio, l'aereo atterrò finalmente nella gelida Parigi. In aeroporto Elena prese il suo regalo e la mia lettera per le SoNyuShiDae e partì per l'aeroporto Charles De Gaulle, dove avrebbe incontrato non solo le Soshi, ma anche 4Minute e 2PM e facendo una fancam a neanche trenta centimetri di distanza dalla schiena di TaeYeon dato che la sicurezza avrebbe fatto acqua ovunque e lei si sarebbe ritrovata in mezzo agli idols. Nel frattempo io, Giulia e Annette ci avviammo in direzione del nostro albergo, prendendo prima l'OrlyBus e successivamente destreggiandoci anche meglio del previsto con la metrò diretta alle porte di Bercy. Camminando esauste e ibernate per una buona mezzoretta tra i -10° di Parigi e strane stradine inquietanti, senza dimenticare i vari attentati che la valigia di Elena continuava a fare alle mie gambe, arrivammo finalmente all'albergo. Posate le valige nelle rispettive stanze, ci avventurammo nuovamente nell'aria polare della sera parigina alla ricerca dei negozi k-pop, non controllando prima, stupidamente, dove e quanto lontani fossero dal nostro punto di partenza. Girovagando per un'intera ora e forse anche un po' di più, senza risultato, decidemmo di ritornare all'albergo dal momento che stavavamo seriamente rischiando il congelamento e, dopo un'interminabile lotta per il possesso del computer con una donnina che voleva mandare a tutti i costi una mail che non riusciva a spedire, ci avventammo sul pc per sapere dove si trovassero esattamente quei benedetti negozi, scoprendo solo successivame che la loro collocazione si trovava più o meno nei pressi di "fanculo". Abbandonando perciò il progetto di andare a visitare i negozi che, a quell'ora erano probabilmente già chiusi, aspettammo il ritorno di Elena per poter andare a cena al ristorante coreano. Purtroppo per noi o meglio, per le nostre povere e stanche gambe, Elena non arrivò, ma al suo posto giunse un suo messaggio al mio cellulare che diceva di raggiungerla al ristorante dove si trovava già con altre persone del Soshified; perciò, armate di sciarpone e tanta buona volontà, ci gettammo nuovamente in pasto al freddo che sembrava essersi intensificato e, presa la metropolitana, arrivammo al ristorante. Ordinai una zuppa di tofu piccante che bolliva letteralmente nella scodella, accompagnata da una porzione di riso, mentre Annette e Giulia ordinarono entrambe della carne accompagnata da contorni di verdure, incluso il rinomato Kimchi, che Giulia schifò allegramente e perciò mi ritrovai a mangiare anche i loro contorni, facendo compagnia ad Annette. Successivamente ordinammo anche tre dolci al thè verde ripieni di salsa ai fagioli rossi, ma io fui l'unica delle tre a finire la mia porzione dato che le altre ragazze lo trovarono un po' amaro. Per quanto riguarda le ordinazioni di Elena e del resto della cricca, mi rimane tutt'ora un mistero totale, dal momento che si trovavano seduti alle mie spalle. La serata fu comunque piacevole e passò anche fin troppo velocemente tra una risata e l'altra e una serie di foto a metà tra il ridicolo e l'imbarazzante. Comunque sia, a cena finita, prendemmo nuovamente la metrò e poi aspettammo per ben ventisei minuti l'arrivo dell'autobus e, durante l'attesa nel freddo polare della notte a Parigi, fummo sorprese anche da una bella nevicata, tanto per arricchire il perfetto quadretto di quella notte gelida, raggiungendo l'apice della stupidità degenerando in modo incredibile a causa della combinazione stanchezza più freddo. Sul bus incontrammo anche dei fanboys incredibili dei quali mi sfugge la nazionalità, e che scoprimmo essere registrati nel nostro stesso albergo. Arrivate in camera, Elena ci mostrò la sua fancam registrata all'aeroporto e io mi misi a prendere appunti riguardo alla giornata appena trascorsa per ricordare tutti i dettagli da inserire all'interno della fan fiction che avevo promesso di scrivere. Nel frattempo, Giulia si era dedicata alla rilegatura della lettera da consegnare ai Beast mentre Annette scodellava insegnamenti di vita a destra e a manca. Presa da un atto masochistico puro, decisi di gettarmi sotto la doccia alle due esatte di notte e, una volta in pigiama, decisi pure di dedicarmi al lisciamento dei capelli con la piastra di Giulia, mentre le altre ragazze continuavano a sclerare prima di fare la sana scelta di andare a dormire. Finalmente nel letto caldo e accogliente, stavo per abbandonarmi a un più che meritato riposo quando, improvvisamente, realizzai la situazione: Parigi, la neve, la luna piena di quella notte, il concerto del Music Bank che si sarebbe svolto quello stesso giorno dato che erano già le due e mezza del mattino, ma soprattutto il pensiero che ero nello stesso continente, nello stesso paese e addirittura nella stessa città dei miei idols, mi tolse completamente di dosso la sensazione di sonnolenza che avevo. Come potevo dormire in una notte tanto suggestiva? Con quale cuore mi sarei addormentata, non assaporando quei momenti che ai miei occhi sembravano i più dolci e preziosi di un'intera vita? Per una buona mezzoretta non riuscii a prendere sonno seriamente, ma lentamente la stanchezza iniziò a scivolarmi addosso, accompagnandomi fino al precario attimo in cui tutto attorno a te, anche la cosa più vicina, sembra essere lontano kilometri e kilometri e dove ogni suono giunge alle orecchie ovattato e soffice.
Poi, allo scoccare delle tre di notte, scivolai finalmente nel più dolce dei sogni.

L'indomani sarebbe stato il grande giorno.




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