Memories under the lake
1.
Rosso tramonto
Il
rosso del tramonto incorniciava la foresta lontana e si
mischiava armoniosamente alla preziosità del giallo oro
incespicante tra le
nuvole. L’immobilità estatica del momento
suggeriva il paesaggio come fondale
di un’opera romantica o quanto meno soave e calibrata su temi
distensivi. Tutto
sembrava così naturale, che nulla poteva far sorgere il
sospetto che si
trattasse di un mondo fatto di pixel; ogni colore era stato scelto da
un
team di esperti per rendere il tutto perfettamente identico al mondo
reale. Per coloro che ci vivevano dentro,
l'illusione era così forte che la ragione non lasciava
spazio a dubbi. Nessuno sospettava che le sfumature della
terra polverosa, anch’essa rossa per la luce del
tramonto, fossero state create a tavolino e che le nubi seguissero
percorsi prestabiliti. Ogni angolo incontaminato di quel territorio
sperduto era frutto dalle menti geniali di alcuni scienziati. Una
persona nata dentro a quella finta realtà, avrebbe creduto
senza dubbio di vivere nell'unica indiscutibile
realtà.
Tra
tutta quella natura apparentemente incontaminata, cinque mezzi della
Providence profanavano l’autenticità del luogo con
il loro grigiore metallico.
Uno di essi, più appariscente degli altri, lungo
più di una trentina di metri,
varcava il cielo con una sfrontatezza raccapricciante, completamente
incurante
del fatto che la sua presenza interrompeva drasticamente la bellezza
del
tramonto. Con il suo anello metallico centrale di un diametro di circa
dieci
metri, appariva come un pianeta schiacciato e allungato
dalla forza di gravità esercitata da un potente buco nero
nelle
vicinanze.
Con
la sua presenza sembrava quasi voler sottolineare che
per la
Providence
il sole avrebbe potuto aspettare alcune ore in più prima di
eclissarsi e, allo
stesso modo, le stelle e il moto di tutti i restanti astri non
avrebbero
mostrato nulla di contrario nel ritardare la loro comparsa.
Al
centro dell’anello metallico che costituiva il nucleo del
mezzo della Providence, si spalancò una paratia, dalla
quale, la
figura minuta di un
ragazzo si lanciò nel vuoto: Rex adorava lasciarsi
precipitare nel vuoto e ammirare, attraverso le lenti degli occhialetti
protettivi, lo scenario della sua prossima avventura.
Frenando
la caduta con il jet pack creato con i suoi nanites, atterrò
in prossimità di un enorme cratere
e osservò a
malincuore quell’apertura sul terreno che assomigliava tanto
alla porta
dell’inferno. Sospirò. Possibile che non fosse
riuscito a rifiutare nemmeno una
missione pericolosa come quella. Il fascino e i modi affabili della
dottoressa
Holiday giocavano troppo spesso un cattivo effetto sulla sua mente; in
quei
casi sembrava quasi che non avesse più la facoltà
di decidere personalmente
delle sue azioni. Tuttavia ormai si trovava lì e
l’unica cosa che gli restava
da fare era quella di portare a termine la missione il più
velocemente
possibile.
Cercò
la voce di Holiday attraverso la ricetrasmittente per
chiedere conferma della modalità d’azione e dei
mezzi che gli erano stati forniti
in dotazione. Frugò nel marsupio ed estrasse una fune.
«Wow!
Alta
tecnologia!» Scherzò per sdrammatizzare. La voce
lasciava trasparire
un certo rammarico nell’aver accettato d’introdursi
nella tana del nemico completamente
disarmato.
«Sai
che non puoi usare le tue armi, Rex. Qualsiasi tipo tecnologia
metallica attiverebbe una reazione immediata nel sistema ricettivo
degli
insetti.»
«Ma
io sono praticamente pieno di micro macchine!»
«I
tuoi nanites sono troppo piccoli e molto spaziati all’interno
del tuo corpo, non saranno in grado di percepirli… stai
tranquillo.»
Rex
si calò all’interno della tana buia e spettrale
che
rappresentava la casa provvisoria di quei mostruosi divoratori di
metallo.
L’unica luce
che filtrava dall’apertura sovrastante era fioca e si
disperdeva entro due
metri.
Rex
avanzò con una mano posta sopra il marsupio dove teneva
una specie di aggeggio che serviva per recuperare e conservare un
campione di
feromoni degli insetti: l'obbiettivo della missione era quello, entrare
nella tana del nemico e recuperare quanto serviva a Holiday
per creare un siero che mettesse ko quei mostri.
Il buio si fece
più intenso e
quell’abisso aveva tutta
l’aria di essere una trappola mortale. Per qualche
interminabile secondo le
tenebre inghiottirono le pareti del luogo circostante, poi la luce
candida del
neon attivato da Rex rischiarò l’ambiente. La
sagoma terrificante di un insetto
ripugnante appeso al muro comparve improvvisamente sulla parete a lato
del
ragazzo facendolo trasalire. Lunghe chele aguzze spuntavano in alto
irte e
minacciose; artigli mortali alla base della corazza lurida e impregnata
di
schifoso liquido appiccicoso. Una visione magnifica per gli studiosi
interessati, un incubo per Rex che sollevò
d’istinto le mani per proteggersi.
Riuscì a
trattenere a fatica l’istinto di creare una spada gigante per
tagliare a
pezzetti quei mostri. Uno di quegli insetti si stava brutalmente
contorcendo
come colto da un’improvvisa agonia. La corazza di questo
iniziò a rompersi e dalla ferita uscì un
duplicato identico e
ugualmente schifoso.
Rex
informò la dottoressa Holiday di quanto aveva visto.
«Mitosi!
Recupera un campione ed esci immediatamente da lì!»
Holiday
aveva ragione. Prima recuperava il campione di
feromoni prima poteva andarsene da quel posto. Con una mossa incerta
infilò la punta dell’aggeggio
nel punto in cui i due insetti stavano terminando la scissione. La
reazione fu
fulminea; prima che Rex potesse spostarsi, uno degli insetti si
girò verso di
lui e gli sputò contro un liquido appiccicoso e putrido. Ce
l’aveva
dappertutto: sui capelli, sugli occhi, in bocca, sui vestiti. Era
cosparso di
disgustoso feromone d’insetto.
Si
pulì il viso come poté con la manica della giacca
e spuntò
un paio
di volte.
«Bleah!
Che schifo!»
«Rex,
che cosa è successo?»
Il
ragazzo valutò la situazione. Si accorse di aver
lasciato cadere il neon, lo raccolse e vide con stupore che gli insetti
si
stavano animando stuzzicati dal gustoso sapore emanato dai suoi
nanites.
«Credo
che abbiano deciso di farmi diventare la loro cena.»
In
preda al panico non mirò nemmeno all’uscita; fece
crollare una porzione di terreno sbattendoci contro con le ali
meccaniche appena
create ed emerse in superficie. La terra polverosa gli si era
appiccicata
sopra
allo strato di feromoni rendendo i suoi movimenti più
impacciati. A stento riusciva
vedere dove stava andando.
Gli
insetti ora sbucavano ovunque, salvano fuori dalla
terra con l’agilità di spregevoli grilli
assassini. Uno di essi addentò l’ala destra
del mezzo volante di Rex e lo fece precipitare al suolo. Dal polverone
sollevato in aria sbucò, pochi istanti dopo, una moto: Rex
la
guidava cercando di
portarla alla massima velocità. Continuò
così a procedere sempre dritto
evitando gli innumerevoli attacchi degli insetti che sbucavano dal
suolo, finché non notò
davanti a sé una fitta foresta. Si preparò ad
entrare fra la vegetazione
sperando di seminare i suoi nemici una volta per tutte, ma la
corsa durò poco.
Dopo
qualche metro di boscaglia, il terreno terminava
bruscamente lasciando il posto ad un immenso lago. Rex
non riuscì a frenare in tempo e finì catapultato
nel bel mezzo di esso. Sprofondò sott’acqua per
qualche metro
assieme al gruppo di insetti che
lo seguivano a distanza ravvicinata. Sentì subito
l’ossigeno mancargli; nuotò
spasmodicamente per raggiungere la superficie e una volta riemerso
prese una
boccata d’aria a pieni polmoni. I capelli neri fradici gli
erano finiti davanti
gli occhialetti protettivi, se lì sollevò sopra
la testa e osservò il cielo.
Una squadriglia di insetti volava in formazione sospetta pronta a
tuffarsi al
recupero della cena appena perduta. Rex li vide fiondarsi a tutta
velocità
verso di lui. L’unica cosa che gli rimaneva da fare era
immergersi di nuovo.
Prese una boccata d’aria e si lasciò avvolgere
completamente dall’acqua. Nuotò
verso il fondo e dopo qualche bracciata si arrestò.
Doveva
resistere, doveva rimanere sotto in apnea, ma non era per niente
sicuro di potercela fare. Sentiva che stava per cedere e, una volta
respirata l'acqua del lago, sarebbe stata fine.
Rivide
in un flash tutta la sua vita, tutti i suoi amici, i sorrisi delle
persone
care: il suo primo incontro con Circe, i suoi capelli neri con le punte
rosse
che ondeggiavano al vento; Holiday che lo rassicurava amorevolmente
con il suo camice
bianco
impeccabile; Six che invece non sorrideva mai, ma che riusciva a modo
suo a dimostragli affetto; Bobo il suo insostituibile compagno
d’avventure. Tutti
sembravano essersi riuniti lì per dirgli addio, mentre
scivolava giù verso
l’abisso del lago, sempre più in fondo.
I
battiti cardiaci diminuirono progressivamente fino ad
arrestarsi del tutto. Momento
di stasi: l’attimo
in cui tutto finisce, la luce sparisce, la voce si
spegne e il mondo si annulla.
Rex
smise di esistere pur non essendo mai esistito; perché anche
lui, assieme al paesaggio e ai colori del cielo, faceva parte di un
mondo di pixel confinato dentro una macchina, un mondo che era stato
pensato e studiato per intrattenere. Sarebbe dovuta finire
così: la dottoressa Holiday si sarebbe dimessa addossandosi
tutta la colpa e, senza il siero da lei sintetizzato, gli insetti
mangiaferro avrebbero lacerato le città del mondo per anni.
Note
autore:
Come ho scritto nell'introduzione, questo primo capitolo è
molto fedele allo svolgersi della vicenda narrata nel cartone. Nei
prossimi capitoli invece troverete i nuovi personaggi di mia invenzione
e la storia che conoscete sarà completamente stravolta.
Commenti e critiche costruttive sono sempre i
benvenuti. Probabilmente questo è stato un
tentativo di convincere me stessa del fatto che, nonostante Rex sia
solamente un personaggio inventato, è possibile che esista
qualcuno come lui in una realtà alternativa.
Note
sulla revisione:
Ho deciso in data 14/05/2015 di apportare alcune modifiche al racconto.
Ci tengo ad assicurarvi che la revisione della storia non implica e non
implicherà nessun stravolgimento totale della trama iniziale per
come l'avete letta. Nella rilettura di ciò che avevo scritto
a distanza di tempo, ho trovato degli errori che mi erano sfuggiti e
che ora ho provveduto a correggere; oltre a questo ho modificato alcune parti per renderle più scorrevoli e ho aggiunto delle righe all'inizio
del primo capitolo per accompagnare il lettore in modo meno brusco
alla realtà che si prospetterà nei due
capitoli seguenti.
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