Lo so che potrebbe sembrare una cosa
completamente idiota (e forse lo è), ma questo capitolo
volevo dedicarlo a Curt Mega,
semplicemente
perché le sue parole mi
risollevano sempre il morale.
Perché
svegliarsi alla mattina e leggere
ciò
che scrive, mi riempie il cuore
*vomita
arcobaleni e fluff*
Anche
se non lo leggerà mai (meglio così!).
Ma conta il pensiero, giusto?
Capitolo
2.
Intolleranze
Erano
entrambi sdraiati sul letto a pancia in giù, gli sguardi
fissi l’uno nell’altro
e la testa poggiata a peso morto sulle mani.
Gli
occhi di Jeff vantavano un colore talmente
strano che Thad ci si perse per qualche istante:
ovviamente non si era
mai soffermato ad osservarli – non ne aveva mai avuto
motivo – ma in quel momento
i loro sguardi sembravano attratti
come calamite e non poté fare a meno di notarlo.
Sentiva
un fastidioso brusio attorno a loro e la cosa lo
infastidiva un po’. Ma... non poteva
voltarsi. Non poteva fare niente. Proprio non era
il momento più adatto.
«Chi
vuole un muffin al lampone? Li ha fatti mia sorella, quindi vi avverto
che
potrebbero essere letali... però hanno un aspetto
invitante» ruppe il silenzio
Richard.
Thad
deglutì, trattenendo a stento una risata.
Non...
«Tutto
apposto! Sono ottimi!» continuò Richard qualche
secondo dopo con la bocca
piena, dall’altra parte della stanza.
«Però credo ci abbia messo delle bacche
da giardino sopra... questi cosi non sanno affatto di lampone. Oh no...
credo
sia concime»
E
Thad scoppiò a ridere, sputacchiando da tutte le parti.
Ecco,
ora ci mancava anche questa. Ma non poteva tirar fuori
l’inutile argomento
sorella-muffin più tardi? Il biondino rompipalle lo avrebbe
preso in giro a
vita per quella perdita.
«Ah!»
saltò su Jeff, facendo un balzo e
mettendosi in ginocchio sul letto. «Ho vinto io! Di nuovo!
Non mi batterai mai
a Sguardo Magnetico, Thad Harwood!».
«Sguardo
Magnetico?» ripeté
quest’ultimo, aggrottando la fronte. «Questo
giochetto
ha un nome? Comunque non è giusto! Richard, la prossima
volta te li ficco negli
occhi quei cavolo di muffin!».
Thad
era sicuro che Richard non l’avesse fatto apposta: lui era
così, un ragazzo
imprevedibile e davvero fuori dal mondo. Lo aveva capito subito la
prima volta
che si erano incontrati, come aveva capito che sarebbe stato comunque
un buon
amico. Però, ecco, ogni tanto dava l’impressione
di essere davvero fuori dalle
righe.
E lì
dentro, tra quelle mura, lui, Thad, aveva bisogno di amici. A parte gli
Warblers non aveva nessun altro, perché nessuno aveva mai
capito appieno che
persona fosse: o era forse lui che non era riuscito ad esprimere il
meglio di
se stesso? Fatto sta che le uniche persone su cui poteva contare erano
i suoi
compagni di coro.
Talvolta
però sentiva distanti anche loro, come
se non dessero gran importanza alla loro amicizia... però
sapeva che erano solo
pensieri suoi dovuti allo stress, in realtà ognuno
dimostrava la propria
amicizia in modo diverso. Nel vero senso della parola.
«...
e poi gli ha tirato pacco. Penso che lui
avrebbe preferito che questo avvenisse figurativamente,
capite?» stava dicendo
Richard, sogghignando e scuotendo la testa. Poi, quando si accorse che
tutti i
presenti lo stavano fissando accigliati, aggiunse:
«”Tirare pacco”... tirare
il pacco! Lui è un uomo... ha il pacco...
Dai, ragazzi, non potete
essere così privi di senso
dell’umorismo!».
«Richard,
sei un idiota» se ne uscì Jeff, lanciandosi sulla
poltrona accanto a Nick e continuando
a canticchiare un motivetto che aveva a che fare con “sono il
re di Sguardo
Magnetico”.
«Non
posso distrarmi un attimo che parlate già di
zozzerie» disse Thad. «Solo voi
riuscite a trasferire l’argomento dai muffin ai cazzi. Siete
incredibili».
Ed
era vero, delle volte da una cosa
apparentemente insignificante, come un porfido, riuscivano a tirare
fuori di
quelle porcate che...
«Vabbè,
io vado a mettermi il pigiama» borbottò Nick con
uno sbadiglio, scrollandosi
Jeff di dosso e dirigendosi strisciando verso il bagno.
«Questa uniforme oggi
mi strozza, non so».
«Sì,
dopo me lo metto pure io» concordò Jeff, tirandosi
leggermente il colletto
della camicia e allentandosi i primi bottoni.
Erano
nella stanza
di Thad, Nick e Jeff quella sera. Avevano deciso di
passarla in modo
tranquillo e pacifico – almeno una volta, insomma!
– e poi Thad aveva promesso
a Nick che lo avrebbe aiutato a studiare Chimica per il test del giorno
dopo: non
era una cima ma se la cavava abbastanza con le formule, così
si era offerto di
aiutarlo. Solo che avrebbe dovuto immaginare che, con Richard e Jeff al
seguito, non sarebbe riuscito a fare più di un quarto
d’ora di lezione. Così
avevano finito per giocare a Risiko, a Taboo e a “Sguardo
Magnetico” – come era
stato battezzato da Jeff.
Nick
tornò dal bagno qualche minuto dopo, con
un orribile pigiama a righe rosse e marroni, che lo faceva sembrare un
carcerato moderno. A quanto pareva non era l’unico a
pensarlo, perché Richard
accennò ad un sorriso ebete.
Nel
giro di dieci minuti, erano tutti in
pigiama – uno più orrido dell’altro,
stando al parere di Thad. Aveva come
l’impressione che, se fosse entrato qualcuno, avrebbe
certamente frainteso la
situazione che si era creata in quel dormitorio: se prima sembravano un
“gruppo
di studio” – seguito subito dopo degenerato
in un “gruppo di deficienti” –, ora era
come se fossero nel bel mezzo di un
pigiama party. E un pigiama party con soli uomini non era una cosa
molto etero.
Sogghignò
tra sé e sé.
D’un
tratto sentì un rumore che proveniva dalla finestra aperta.
«Avete
sentito anche voi?» bisbigliò Thad.
«Sì...
cos’era?» domandò sottovoce Jeff,
guardandosi intorno.
«Non
ne ho idea. Andiamo a controllare?».
«Perché
state tutti parlando sottovoce?» disse Richard mantenendo un
tono normale,
alzandosi in piedi e dirigendosi verso la finestra. «Siete
tutti dei cacasotto!
T’oh, venite pure a vedere, qui non c’è
niente».
Era
in piedi di fronte alla finestra e stava
indicando l’oscurità all’esterno: non
seppe perché, ma a Thad venne in mente la
scena di un film Horror in cui “l’eroe di
turno”, per fare il figo, si era
avvicinato ad una porta per cercare di rassicurare gli altri e, improvvisamente,
era stato trucidato.
Rabbrividì. Per un attimo sentì il bisogno di
urlare a Richard di scappare, di mettersi
in salvo, ma poi si rese conto che sarebbe sembrato patetico. E poi
loro erano
alla Dalton, non in un film Horror.
«Anzi
no, vedo qualcosa...» aggiunse poi Richard, assottigliando lo
sguardo. «... è
la tua ragazza, Nick! Sta proprio qua sotto... Ciao, Sally!».
Nick
quasi si strozzò con la manciata di caramelle che si era
ficcato in bocca un
attimo prima: si alzò dalla poltrona – ignorando
le proteste di Jeff per
avergli calpestato un mignolo – e si affacciò alla
finestra accanto all’amico.
Okay,
tutta quella situazione era assurda. Che ci faceva Sally fuori
dall’Accademia
alle undici di sera? Era per caso impazzita?
«Sally!»
tentò di urlare Nick, cercando di non
fare troppo baccano: gli risultò alquanto difficile, dato
che c’erano più o
meno sei metri di altezza a separarli. «Che ci fai qui?
E’ tardi!».
La
ragazza di sotto lo salutò animatamente con la mano,
sorridendo e facendo
oscillare la coda scura. «Non è mai tardi per
salutare il proprio amore!».
Richard
si lasciò trasportare in una perfida imitazione
di Cupido rivolta a Jeff, il quale finse di vomitare e svenire. Thad
aggrottò
la fronte: già era del parere che Sally fosse completamente
con le rotelle
fuori posto, ora pensava che fosse proprio pazza. Osservò
con attenzione Nick e
notò che non era del tutto a proprio agio: stava strusciando
i piedi l’uno
contro l’altro e lanciava loro delle occhiate incerte di
tanto in tanto. Erano
una coppietta tanto carina – lui intelligente e lei cretina
– però non era
convinto fossero fatti l’uno per l’altra.
E
questo Nick lo sapeva perché Thad era stato sincero con lui
fin dall’inizio, da
quando aveva portato la ragazza alla Dalton per la prima volta, tre
mesi prima.
«Come
sei dolce!» le disse. «Ma ora torna a casa!
E’ pericoloso stare fuori a
quest’ora!».
«Sì,
amore mio!» gridò lei senza alcun ritegno
e lanciandogli un bacio. «Ci vediamo
presto!».
E
scomparve al di là dei cespugli.
Nick
si voltò verso i compagni, frizionandosi i capelli con una
mano: si accasciò di
nuovo sulla poltrona e chiuse gli occhi.
«E’
proprio cotta di te, eh?» intervenne Thad, sghignazzando.
«Già»
rispose lui. «E io di lei... ma delle volte esagera, mi fa
preoccupare».
L’argomento
“Sally” si concluse dopo
quell’ultima frase, dato che – secondo Thad
– tutti la pensavano come lui, e forse
non era il caso di ricordarglielo a Nick. Tuttavia lui rimase serio e
pensieroso per tutto il resto della serata, fino a quando non andarono
a
dormire.
Sembravano
passate ore da quando Richard aveva
lasciato il dormitorio e da quando la stanchezza li aveva colti
all’improvviso,
ma nel momento in cui Thad si svegliò e gettò una
fugace occhiata alla sveglia,
realizzò che erano appena le due e mezza: ciò
significava che aveva dormito... mezz'ora.
Cazzo.
Lasciò
da parte le imprecazioni e si ricordò il motivo per cui si
era svegliato: un
rumore. Un rumore proveniente dal corridoio. Maledì con
tutto se stesso
chiunque o qualunque cosa lo avesse svegliato.
Si
mise a sedere e accese la luce: in quel momento anche Jeff e Nick si
svegliarono, rivolgendogli occhiatacce sullo zombie andante.
«C-che
succede?» brontolò Jeff sbadigliando.
«Non
avete sentito?» mormorò lui, sfilandosi le coperte
e raggiungendo in punta di
piedi la porta, per poi appoggiare un orecchio sulla superficie.
«Quei rumori».
«La
smetti di sentire rumori? Magari è solo una mosca che sbatte
contro il muro»
disse Nick intontito dal sonno, ricoprendosi con le coperte fin sopra
la testa.
«No...»
disse Thad sottovoce, intimandogli di fare silenzio.
Ora i
rumori non c’erano più. Era come se qualcuno si
stesse trascinando pesantemente
da una parte all’altra del corridoio, non ricordandosi
evidentemente che era
notte fonda e che la gente aveva voglia di dormire.
Ma
lui era sicuro di averli sentiti. Mandò a farsi fottere la
sua maledetta
curiosità e aprì piano la porta, cercando di non
fare rumore.
Il
corridoio era illuminato solamente in parte
dalla luce che proveniva dalla sua stanza ma, nonostante tutto,
riuscì a vedere
la sagoma di una figura a pochi passi da lui. Con il cuore che batteva
a mille,
prese un ombrello dal porta ombrelli accanto a lui e lo
impugnò come se fosse
un’arma. Deglutì: se fosse stato un professore,
era in guai seri.
Tutto
questo accadde in una frazione di secondo e, non appena la luce
illuminò uno
sprazzo di corridoio, la figura si voltò, scoprendo il volto
di un ragazzo.
Thad
sospirò, socchiudendo gli occhi. E imprecando.
«Si-può-sapere-cosa-ci-fai-a-quest’ora-in-giro-per-i-corridoi-porca-di-quella-vacca?»
scandì bene lui, cercando di trattenersi dal saltargli
addosso e strangolarlo.
Nel
frattempo Nick e Jeff lo raggiunsero e si affacciarono alla porta.
«Cercavo
il gabinetto» disse tranquillamente Sebastian.
«Ci
hai fatto prendere un colpo! E poi che
cazzo dici, ogni camera ha un cesso privato!»
saltò su Thad, sbattendo involontariamente
l’ombrello contro lo stipite della porta. Non gli importava
un fico secco di
essere sgarbato, quel Sebastian aveva appena interrotto uno dei sogni
più
realistici e belli che avesse mai fatto e
non meritava certo comprensione.
«Dato
che non ero nella mia camera
cercavo il bagno in corridoio» rispose semplicemente
Sebastian, accennando ad un sorriso.
Thad
prese a fissarlo: in quel momento lo
stava davvero odiando per averlo svegliato per una cosa così
stupida. Già aveva
ore di sonno arretrate – che avrebbe potuto recuperare non
andando al provino,
quella mattina – e ora ci si metteva pure lui a fare le
scappatelle notturne.
Notò che senza l’uniforme della Dalton, sembrava
ancora più magro.
«Terra
chiama Thad, passo» disse Jeff, accanto a lui.
«Continui ad imbambolarti come
un pirla».
«No...
mi piace il suo pigiama». Ma co-
«Se
vuoi ti do l’indirizzo di dove vado a
comprare i vestiti e le scarpe, così ci
fai un salto, eh?».
«Grazie»
rispose stupidamente Thad, rendendosi conto di aver appena detto una
cazzata
colossale. Di nuovo.
Sebastian
rispose con un sorriso sghembo, mantenendo comunque un’aria
pacata.
«Qualcuno
mi spiega perché stiamo cazzeggiando sulla porta a
quest’ora della notte?»
intervenne Nick, con la frangia che gli copriva quasi completamente gli
occhi
assonnati e con la schiena curva.
Già,
bella domanda. Thad aveva talmente tanto sonno, che stava cominciando a
vedere
un Sebastian con quattro occhi, due bocche e due nasi... e la cosa era
piuttosto inquietante. La tentazione di sbattergli la porta in faccia
era
talmente forte che dovette richiamare a sé tutte le sue
forze per non farlo.
Avrebbe
anche voluto dirgliene quattro per averlo svegliato a notte fonda, ma
si
sentiva talmente stanco che non gli uscirono nemmeno le parole.
«Vi
va una tazza di cappuccino?» se ne uscì
improvvisamente Sebastian,
interrompendo quel lungo silenzio imbarazzante che si stava creando.
«Ma...
siamo in piena notte!» esclamò Thad con uno
sbadiglio.
«E
allora?» disse l’altro, accennando un sorriso.
«Non è mai tardi per un
cappuccino».
«No,
infatti è troppo presto... sono quasi le tre, non
è neanche l’alba» replicò
Thad.
Sebastian
fece spallucce.
«Io
ci sto!» disse Jeff. Prese una felpa e raggiunse Sebastian
nel corridoio. «Dai,
venite anche voi!».
Nick,
per tutta risposta, alzò dolcemente il
dito medio per poi voltarsi e lanciarsi di peso sul letto: Thad avrebbe
giurato
che si fosse addormentato giusto un momento prima di cadere sul letto.
In
quanto a lui, non aveva la benché minima voglia di
girovagare per l’Accademia
alla ricerca di un cappuccio a quell’ora della notte. E poi
aveva quelle
fottutissime ore di sonno da recuperare.
«Thad?».
«No,
grazie» rispose lui, facendo un cenno con la mano.
«Ho sonno».
«Come
vuoi! Non aspettarmi alzato» lo salutò Jeff,
seguendo Sebastian verso l’ignoto.
«Non
avevo alcuna intenzione di farlo, sinceramente».
E
imitò Nick, lanciandosi a braccia aperte sul letto e
addormentandosi
all’istante.
Quando
la mattina dopo si svegliò, Jeff non era ancora tornato.
Thad
non era molto sicuro di volersi alzare:
stava così bene accoccolato al suo piumone azzurro, che
quasi gli faceva
tristezza il fatto di dover affrontare una nuova giornata
all’insegna di
lezioni, compiti e prove.
Con
molta fatica si tirò a sedere, accecato
dai raggi luminosi che penetravano dalla finestra. In quel momento Nick
uscì
dal bagno, asciugandosi i capelli con un asciugamano: si
guardò intorno,
dubbioso.
«Ma
Jeff?» domandò.
Thad intanto stava
facendo una battaglia con le sue palpebre,
che non ne volevano sapere di restare aperte.
«N-non
lo so» borbottò. «Evidentemente la
colazione è durata più del previsto».
«Eh?».
«Stanotte
è andato con un cappuccino a farsi
Sebastian, non so» replicò Thad. Perché
doveva fargli delle domande così
difficili a quell’ora del mattino?
«A
fare cosa?».
«Eh?».
«Hai
appena detto che Jeff è andato con un
cappuccino a farsi Sebastian! Sei forse impazzito?»
saltò su Nick, non
sapendo se ridere o rimanere esterrefatto: optò per una via
di mezzo, dato che
gli comparve sul volto un’espressione del tutto assurda.
Thad
richiuse gli occhi – ancora un istante e
sarebbe crollato di nuovo dal sonno – e
tossicchiò. Spiegò ad un Nick quasi
incredulo – che non ricordava affatto di essersi svegliato
qualche ora prima,
causa sonno – quello che era accaduto e il racconto
sembrò lasciarlo un po’
perplesso. Inarcò un sopracciglio, lanciò
l’asciugamano bagnato sul letto e
cominciò a preparare i libri da portare a lezione.
In
quel momento Jeff entrò nella stanza, Thad non seppe se
essere sollevato dal
fatto che lui era vivo e vegeto, o se prendere uno spavento per le
ombre scure
che contornavano i suoi occhi. C’era da dire che durante la
notte – dopo che il
suo magnifico sogno era stato infranto da quei rumori –,
aveva sognato che
Sebastian fosse un licantropo, quindi le sue preoccupazioni per il
biondino
erano giustificabili.
«Che...
sonno» borbottò Jeff, dirigendosi con
fare da zombie verso il suo letto.
Nick,
con uno scatto felino, lo bloccò. «Non se ne parla
neanche! Se ti stendi ora,
non ti alzi più!».
«Meglio,
così rimarrò per tutta la vita
sdraiato a dormire. Ahhh!».
«Pensa
che dopo dovremmo fare altri provini
per sostituirti negli Warblers» lo rimproverò
bonariamente Nick.
«Ma
io ho sonno».
«Potevi
evitare di fare baldoria tutta la notte!» disse il moro,
cercando di non ridere
alla faccia ebete di Jeff. «Ora vai in bagno e fatti una
doccia, così ti svegli
almeno un po’. E vedi di non affogare!».
Jeff
acconsentì con un cenno debole della testa e si chiuse in
bagno.
«E se
dovesse scivolare e battere la testa?» domandò
Nick, preoccupato.
«Vai
a controllare» disse Thad, cercando di alzarsi.
«Non
ci penso nemmeno! Vacci tu!».
«Senti,
sto cercando di impiegare tutte le mie forze per non barcollare ad ogni
passo,
non ho proprio il tempo di andare a vedere se sta affogando o s- che
cos’è?»
domandò poi Thad, aggrottando la fronte. Infatti dal bagno
proveniva uno strano
rumore... Thad si chiese se il suo destino fosse quello di sentire
continuamente rumori strani, dato che in quei giorni sembrava stesse
diventando
un hobby.
«Sta
vomitando» sospirò Nick, abbattuto.
«Vado ad aiutarlo».
Jeff...
aveva bevuto? No, non era possibile, non faceva mai queste cose a
scuola. E poi
non era un tipo che amava bere: la faccia con cui era entrato poco
prima nella
stanza non era quella di un ubriaco... magari era semplicemente
influenza o un
virus.
La
questione era semplice: se Sebastian gli aveva fatto qualcosa
– anche solo per
sbaglio –, lo avrebbe ucciso. Forse era davvero un
licantropo, lo aveva portato
nella sua combriccola di animali e lo aveva morso... Ma cosa diavolo
andava a
pensare?
Qualche
minuto dopo, Nick uscì dal bagno, con
la faccia persino più bianca di quella di Jeff.
Thad
non lo aveva mai visto in quelle
condizioni, eccetto quella volta in cui aveva perso
l’orologio di suo padre
giocandolo a Poker. Sapeva che Nick odiava quel genere di cose, odiava
il
vomito e tutto ciò che lo riguardava, ma non pensava fino a
quel punto: ricordò
quella volta in cui si era preso un virus influenzale
e aveva passato ben una settimana in condizioni simili.
Eppure era
entrato in quel bagno per Jeff.
Aveva
perfino la fronte imperlata di sudore, come se si fosse sforzato
insieme a Jeff
per rigurgitare.
E
in quel momento che Thad provò un gran moto
d’affetto per Nick, perché era una delle persone
più buone e tolleranti che
avesse mai avuto l’onore di conoscere: aveva addirittura messo da
parte il suo orrore per il vomito per aiutare un
amico. Non seppe perché, ma cercò di immaginarsi
la scena di lui che
accarezzava la fronte di Jeff con un panno umido mentre cercava di
rassicurarlo, mentre gli diceva che sarebbe passato tutto, proprio come
fanno
le madri con i propri figli.
Si
sentì fiero di essere suo amico.
«Ehi...
tutto a posto?» domandò timidamente Thad.
L’amico
tirò su col naso, sedendosi poi sul letto.
«Quel
deficiente è intollerante al latte»
sospirò. «Per questo motivo la sua anima
è stata riversata nel nostro
gabinetto. Avevamo dei sospetti già da un po’, e
lui è andato a bersi una tazza
intera di caffellatte... si può essere più
scemi?».
«Oh...».
Thad non aveva la minima idea di questa storia. «Ma
è una cosa certa?».
L’altro
scosse la testa. «No, però quando ha cominciato ad
accusare dei disturbi allo
stomaco, ha eliminato il latte alla mattina e i tre quintali di
formaggio che
si mangia per pranzo, e sembrava essergli passato almeno un
po’».
Ora
che ci pensava bene, ricordava che spesso
Jeff si era lamentato di disturbi alla pancia e giù di
lì. Sperò soltanto che
dopo quella vomitata apocalittica – che a giudicare dai
rumori era ancora in
corso – sarebbe stato bene.
Thad
si alzò finalmente dal letto e si diresse
verso il bagno: nemmeno lui amava granché il puzzo di
vomito, ma voleva
risparmiare a Nick una seconda disgustosa scenetta.
Quando
entrò, vide immediatamente Jeff chino sul lavandino dove si
stava lavando le
mani.
Gli
si avvicinò titubante e gli poggiò una mano sulla
spalla. «E’ tutto a posto?».
«Sì,
sto bene» rispose Jeff voltandosi e mostrando tutto il suo
malaticcio splendore
a Thad: aveva gli occhi gonfi di lacrime per lo sforzo e la fronte
tutta
sudata. Faceva un po’ paura, a dire il vero.
«Non
si direbbe...» commentò Thad. «Sembra tu
abbia vomitato anche la cena del
Natale scorso!»
«Sono
incinta, in realtà» disse Jeff, abbandonando la
sua faccia cadaverica per dare
spazio ad un sorriso un po’ tirato.
Anche
Thad sorrise e abbracciò forte l’amico, contento
che si fosse ripreso: giurò su
se stesso che d’ora in avanti avrebbe fatto di tutto per non
permettere a Jeff
di mangiare troppi latticini. Aveva preso un bello spavento.
Sciolse
l’abbraccio e quando si ritrovò a guardare il
compagno negli occhi, si accorse
che la sua espressione era del tutto cambiata.
«Mi
fai paura» commentò Thad aggrottando la fronte.
«Thad»
cominciò lui, deglutendo e fissandosi i piedi. «Ho
davvero bisogno di sapere
che posso fidarmi di te».
Panico
.
Quello
non era un
tono che lui usava spesso
per dire qualcosa. Somigliava vagamente a sua madre quando stava per
improvvisare un discorso sul suo futuro accademico... quindi, per farla
breve,
era un tono abbastanza preoccupante.
«Sai
che non dovresti avere dubbi su questo...» rispose in un
sussurro.
Jeff
sospirò e affondò la faccia nelle mani.
Quando ne riemerse, ci volle qualche secondo prima che sollevasse lo
sguardo,
puntandolo dritto negli occhi di Thad.
«Bene»
disse serio, «perché devo confessarti una cosa che
riguarda Nick».
To be continued...
Angolo Me.
Prima di iniziare a sparare qualunque
cavolata, volevo dire
che non mi aspettavo tutto questo entusiasmo da parte vostra *_*
In tanti avete messo la storia tra i
preferiti e in
tantissimi tra i seguiti! Ancora non ci credo! *_*
Beh, sappiate che sono contentissima
che vi sia piaciuto il
primo capitolo, e spero vivamente che questo vi abbia altrettanto
soddisfatti!
Spero solo che non mi odierete per il finale, LOL.
Diciamo che non accadono vicende
troppo importanti e che
Sebastian sta ancora ‘dietro le sue
quinte’, come dico sempre io: chissà
cosa passa per la mente del bel
fanciullo. Ah, ci tenevo a precisare che lui non sapeva niente della
presunta
intolleranza ai latticini di Jeff xD Giusto per evitare di farvi
pensare che
lui c’entri qualcosa col suo malessere!
Comunque non allarmatevi:
già nel prossimo capitolo le cose
si smuoveranno un po’. Se siete a conoscenza di come tratto
di solito Sebastian
nelle mie fan fiction, sappiate che sarà lo stesso. Qua sembrerebbe più gentile e
pacato.
In questo capitolo ho voluto
descrivere un po’ il clima che
c’è tra gli Warblers, un po’ una cosa
generale. E ci tengo a precisare che
l’intolleranza di Jeff ai latticini non è una cosa
buttata lì a caso; sarà
ripresa più avanti per un motivo ben (tristemente) preciso.
E poi con questa scena ho voluto
marcare l’amicizia (?) tra
Nick e Jeff *________* non sono adorabili? Io li amo. Sempre. Ovunque.
E
comunque ♥
Ah, Richard è un Warbler
che esiste veramente, eh! Per chi
non lo conoscesse è interpretato da John
Hall, ed è quello che in “Uptown
Girl” fa quello strano gesto con il
braccio... e che canta un meraviglioso Mash Up di “Little
Lion Man/Just the way
you are”, che vi consiglio caldamente!
Prima di lasciarvi a fare qualunque
cosa vogliate fare, vi
linko così a caso il mio profilo Twitter, dove trollo nel
tempo libero e ogni
tanto spoilero qualcosuccia!
Cliccate quiiiii
Grazie a chi è arrivato
fino a qui e a chi commenterà *o*
Un Arcobaleno per tutti,
Lin.
Ps: Penso che d’ora in
avanti alle recensioni risponderò nel
capitolo successivo... vedremo :)