Capitolo
1 –
I'm
in my head and I'm spinning
Serena
era seduta alla scrivania e tamburellava con le dita sulla tastiera
del pc. Erano le 7 di un pomeriggio lavorativo qualunque, se non
fosse per le tre riunioni, una conferenza stampa e relativa
presentazione delle nuove collezioni alle quali aveva dovuto
partecipare, in quanto assistente al Managing Director della filiale
newyorkese di TOD'S.
Era
stata una giornata lunga e stressante e, se non bastassero i tacchi
da 12 cm ad ucciderla, di certo ci sarebbero riuscite le rimanenti
venti email da leggere, delle quali doveva occuparsi prima di poter
andare a casa. Iniziavano a bruciarle gli occhi e la stanchezza
incombeva, lenta e inesorabile, come la nebbia di novembre.
Alzò gli
occhi verso la vetrata di fronte a lei, dalla quale si godeva di una
magnifica vista su Madison Avenue e Central Park, nel tentativo di
raccogliere le forze rimaste per concentrarsi, riattivare il cervello
e terminare il lavoro.
Ma
la sua mente era altrove. Tornava sempre a quegli occhi color
nocciola, ormai ospiti fissi dei suoi pensieri, che sembravano
passarla ai raggi X. Ormai avrebbe dovuto farci l'abitudine, si
diceva, ma ogni volta le farfalle nello stomaco si facevano sentire
puntualmente.
Con
un sospiro e una scrollata di spalle, per riscuotersi da quella
fantasia, guardò l'ora sul suo Blackberry: le 19:18.
“Fanculo”
disse, “Vado a casa, arriverò in anticipo
domattina per finire. Le
cose più urgenti le ho sbrigate, gli altri si
arrangeranno”. Le
ultime luci del tramonto irroravano una luce rosso sangue
nell'ufficio deserto.
Serena
spense il pc, si stiracchiò e iniziò a radunare
le sue cose, ormai
sparse ovunque sulla scrivania di cristallo, sotto a decine di fogli,
cartelline e altre cianfrusaglie. Andando a prendere il trench al
guardaroba, passò davanti lo specchio alla parete, e la
donna
riflessa le restituì lo sguardo: la sua folta chioma di
capelli
ricci color rosso fuoco non ne voleva sapere di starsene buona al suo
posto e gli occhi azzurro-verde erano arrossati per le troppe ore
passate davanti allo schermo, ma per il resto, Serena si sorprese nel
veder trasparire, nonostante la stanchezza, quella luce nel suo
sorriso, che solo le persone innamorate trasmettono.
Indossato
il soprabito, prese la borsa ed il Blackberry squillò. Il
suo cuore
saltò un battito e con un tuffo al cuore constatò
che era lui.
“Serena datti un contegno, cazzo. Neanche avessi 15
anni!”
“Ciao
Shan!”
“Hey,
Kid! What's up?”
la chiamava sempre Kid,
inizialmente come un tentativo per sminuire il peso degli 11 anni che
aveva più di lei e, col tempo, era diventato il suo
soprannome.
“Hey,
hun! I'm off from work, going home....bad day. I miss you, where the
hell are you?”
“Ah!
There you go, you know you can't live without me anymore! Anyway, I'm
in.....Tomo where the fuck are we?
Melbourne?....Melbourne.”
“Saluta
Tomo da parte mia! Ma che ore sono laggiù? Avete
già suonato?”
“No,
abbiamo ancora un'oretta di libertà prima del soundcheck.
Tomo e io
ci facciamo un giro in città. Ti ho appena comprato una
cosa...più
tardi la twitto, così puoi vederla.”
“Scherzi?
Voglio la sorpresa...e non voglio che la veda mezzo mondo!”
“Va
bene, va bene, non la pubblico. Forse.” ridacchiò
Shannon.
“Ok
non so di cosa si tratta, ma...non mi provocare. Potrei salire sul
primo volo per l'Australia per vendicarmi. Tra l'altro non sarebbe
neanche la prima volta che faccio una cosa del genere per
te.”
Sorrise, maliziosa.
“Vero.
Magari posso farti arrabbiare apposta, così mi raggiungi
qui”
Serena sapeva che c'era Tomo lì con lui, quindi
cercò di deviare la
conversazione su un piano più
“neutrale”. Fece una piccola
pausa, prima di continuare.
“Non
posso credere che dovrò aspettare quasi un mese prima di
rivederti.
Questi giorni sono stati devastanti, ancora devo smaltire il jet
lag...”
“Non
me ne parlare. Volevo chiedere qualche giorno di ferie per
raggiungerti, ma in questi giorni Victoria è veramente
intrattabile.
Capisco che sia sotto pressione per le nuove collezioni, ma
è da una
settimana che non esco dall'ufficio prima delle dieci di sera! Grazie
a dio sarà a LA fino a lunedì, perlomeno non mi
toccherà farle da
schiava anche questo week end! Ah, ti ho detto che la prossima
settimana forse andrò a Milano con lei? “
“Sarai
contenta di tornartene in patria per qualche giorno. Basta che non
cambi idea e non decidi di non tornare più negli
States...”
“Lo
sai che non potrei mai...” Il momento era arrivato. Serena si
mordicchiò il labbro inferiore e iniziò a
tormentare un bottone
precario sul polsino della giacca. Ancora non si erano mai detti
“ti
amo” esplicitamente e men che meno, aveva voglia di dirlo per
telefono...ma la pausa che seguì valse più di
mille parole. Sapeva
che Shannon aveva capito.
“Me
too.” disse lui.
L'atterraggio
sulla terra, dalla nuvola sulla quale era atterrata, insieme ad
unicorni, arcobaleni e cori angelici, fu più repentina del
previsto.
INCOMING
CALL:
The
Bitch
“Merda,
mi sta chiamado
il Boss, Shan, devo rispondere!”
“Ok,
kid. Dille di
prendere qualche tranquillante, da parte mia. Ci sentiamo
più
tardi.”
“Bye
sweetie!”
“Meno
male! Ma con chi
stavi parlando?”
“Ciao
Victoria....scusa, parlavo con il mio ragazzo, che è in
Australia”
Serena si impose di non arrossire (come se il Boss potesse percepirlo
attraverso il telefono) e allo stesso tempo tentò di
assumere
l'aria “professionale” che usava in campo
lavorativo.
Principalmente consisteva nel: raddrizzare la schiena, alzare il
volume della voce e parlare più chiaramente possibile. Oh e,
ovviamente, indossare la maschera da stronza arrivista, inflessibile,
sgobbona e ruffiana quel tanto che bastava. Le armi che aveva usato
per arrivare dov'era.
“Serena,
mi hai girato
il file con i prezzi del nuovo campionario? Mi servono
subito!”
“Ci
stanno ancora
lavorando in amministrazione. Ho chiamato poco fa e Jeena mi ha
assicurato che te li avrebbe inviati entro stasera.”
“Dille
di muoversi, se
non mi arrivano la colpa è tua. Stagli addosso, quella
è capace di
andarsene a casa perché deve raccontare la favoletta della
buona
notte alla figlia!”
“Ci
penso io. Visto che
hai chiamato, volevo chiederti: per Milano devo iniziare ad
organizzare la trasferta. Se puoi darmi i dettagli....”
“No
lascia tutto a Josh
in amministrazione, ci pensa lui a sbrigarsela con l'agenzia.”
“Sì,
ci ho già
parlato, ma gli servono i dettagli del viaggio: le date per il volo,
quante persone, eccetera.”
“Ma
che significa
quante persone? Io e te, no? Chi altri vuoi che porti?”
“Comunque
si parte venerdì prossimo e si rientra mercoledì.
Per il ritorno
partiamo da Ancona, visto che dovremo passare in sede centrale per la
riunione con i dirigenti. Per il volo, voglio Qantas e prenota il
Park Hyatt, come al solito. Dovremo anche affittare una macchina a
Malpensa, così martedì andiamo con quella nelle
Marche. E ti ho
mandato per email i dettagli di una persona che devi contattare per
prendermi un'appuntamento a Parigi a fine marzo. Contattalo
subito!”
“Va
bene. C'è altro?”
“Per
ora no, fai tutto
entro stasera però, è urgente! E mi raccomando i
prezzi!”
“Ok.
A lunedì!”
CLICK
Serena mollò un sonoro
calcio alla sedia e riaccese il pc. La conferma che sarebbe andata a
Milano non la consolava affatto per il momento. Si chiese se era il
caso di informare la sua famiglia che sarebbe tornata in Italia.
Magari ne avrebbe parlato con sua sorella o suo fratello. Anche se
non ne vedeva lo scopo, visto che non avrebbe avuto neanche un
momento di libertà per tornare a casa, in giro con quella
pazza di
Victoria. Erano ormai due anni che non tornava a casa sua. Le mancava
da morire, ma dopo quello che era successo non poteva e non voleva
rimetterci piede. Il suo orgoglio glielo impediva. E se poi avesse
rincontrato lui? No, neanche a pensarci.
Erano quasi le otto,
quando sollevò la cornetta e compose il numero dell'interno
di Jeena
per verificare che il prospetto con i prezzi fosse pronto e nel
frattempo aprì l'email di Victoria:
Contatta
Emma
Ludbrook, l'assistente di JARED LETO al numero …... per
inviarle
l'invito alla Vogues Fashion Night Out nello show room di Parigi
(Saint Honoré) il 7 Giugno. Inoltre vorrei parlarci di
persona,
quindi chiedile se è possibile fissare un appuntamento il
giorno
dopo, magari direttamente nell'hotel in cui alloggia. E' per la nuova
campagna stampa, Emma lo sa, gliel'ho già accennato e le ho
detto
che per i dettagli l'avrei fatta contattare da te.
Ciao,
Victoria.
“Oh,
merda!” Esclamò Serena.
FINE
CAPITOLO 1
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