Tradotto da Elisa per Erika's
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Non è più giovane
ormai.
I suoi capelli hanno
iniziato a cadere. Non sono grigi, quindi nessuno potrebbe dire che non è più
giovane. Ma è così. Non è più forte come lo era molto tempo prima. In quei
giorni in cui era nel pieno rigoglio delle forze; sia lui che il mondo erano
all’apice. Era stato indomabile e allo stesso tempo ottusamente concentrato su
uno scopo preciso.
Il mondo non aveva
più bisogno di lui adesso, né di lui, né dei suoi simili. In passato, molte
volte, il mondo si era trovato in pericolo, e molte volte era stato proprio lui
a rappresentare questo pericolo. Sorrise. Il suo classico sorrisetto
compiaciuto. Strano come qualcuno che aveva significato così tanto per lui aveva
dato a se stesso la colpa di tutte le cose che avevano fatto tremare il mondo,
e poi gli era scivolato tra le dita, era andato via da lui, per i guai che
aveva causato.
Il mondo non aveva più bisogno di guerrieri. A
prescindere dal modo in cui la guardava e da come essa veniva ignorata da
quelli intorno a lei per essere confusionaria e sognatrice, alla fine aveva
avuto ragione.
Camminò tra le
foglie, e qui e là, qualche ramoscello si spezzò sotto i suoi passi sicuri ed
elegantemente solenni. I passi di un principe. Alcuni nuvoloni neri,
accompagnati dal rimbombare dei tuoni, si stavano avvicinando.
Passò accanto alla
prima lapide.
Chichi. Son Chichi.
Non aveva mai
incontrato una donna tanto irritante in vita sua. Era la più debole di tutti
loro, il suo ki non aveva mai superato il limite di 100 e dato che non si era
allenata per molto tempo, non sarebbe potuta essere di nessun aiuto contro gli
avversari con cui loro avevano combattuto. Era scansata e ignorata come una
piccola sciocca strega.
Eppure aveva molto
spesso vinto. Era riuscita a controllare Kakaroth, era riuscita a controllare
Gohan, e nessuna importanza avevano i tentativi di ribellione da parte loro,
alla fine vinceva lei. Gohan era uno studioso, Goten uno studente
universitario, e per quanto riguarda Kakaroth… lui non aveva mai mostrato
pubblicamente il suo affetto per lei, ma il fatto che ritornasse sempre da lei,
era una prova sufficiente dell’influenza che la donna aveva sui guerrieri della
famiglia Son. Aveva vinto di nuovo, anche nella morte. Aveva dimostrato di
avere ragione. Lui era inutile in questo nuovo mondo.
La seconda lapide.
Questa stava sopra una tomba vuota.
Son Goku. Kakaroth.
Nessun uomo era stato
così importante per lui come questo guerriero di infimo livello, forse il
migliore che avesse mai incontrato. E nessuno sarebbe mai più stato così
importante. Aveva giurato a se stesso che avrebbe eliminato chiunque si fosse
azzardato a uccidere o anche solo a nuocere a Kakaroth. Solo lui doveva
ucciderlo, solo lui doveva distruggerlo, solo lui doveva umiliarlo.
Nessuno avrebbe
dovuto intralciarlo. Si era allenato senza sosta, instancabilmente, arrivando
fino ad una penosa sofferenza per riuscire a diventare super saiyan, solo così
avrebbe potuto mantenersi al suo livello.
Ma non c’era mai
riuscito.
Kakaroth era sempre,
sempre un passo davanti a lui.
Odiava Kakaroth.
L’odio che provava per lui era maggiore di quello che provava per i saiyan
perdenti come Nappa e Radish. Perdenti. Ne era disgustato. Lo odiava più di
quanto odiasse Freezer, per colpa del quale, per la prima volta nella sua vita,
erano scese lacrime dai suoi occhi. Non lacrime di tristezza, ma di rabbia,
dolore e frustrazione.
Prima di incontrare
Kakaroth, non aveva mai conosciuto la frustrazione. Era sicuro di se stesso.
Era il principe, e sarebbe legittimamente diventato il re dei saiyan. Era in
assoluto il migliore che fosse mai esistito. Kakaroth era per lui un duro
risveglio. Kakaroth aveva distrutto la sua illusione di invulnerabilità
mettendolo di fronte alla dura realtà: era il principe di niente e di nessuno,
era un perdente.
Kakaroth era sempre
stato realista, mentre lui no. Odiava Kakaroth perché Kakaroth…
Su di lui iniziò a
cadere una lieve pioggerellina che in breve si sarebbe tramutata in un violento
acquazzone. Sapeva che presto sarebbe dovuto tornare indietro, ma non se la
sentiva di andarsene ancora.
…perché aveva
significato moltissimo per lui.
Era stato Kakaroth
che, attraverso il suo affetto per la famiglia e gli amici, l’aveva spinto ad
amare gli altri. Ed era stato sempre Kakaroth a capirlo fino in fondo, a non
usare mai la sua debolezza contro di lui e a trattarlo come un amico… e
qualcosa di più. Kakaroth l’aveva amato, non un amore fisico, ma un semplice e
puro amore fraterno.
E lui aveva giurato a
se stesso che avrebbe eliminato chiunque si fosse azzardato ad uccidere
Kakaroth. Kakaroth era l’unica cosa che lo legava ancora ad un vecchio mondo
che se n’era ormai andato, era l’unico che potesse capire quella sua strana
sentimentalità. In poche parole, anche lui aveva amato Kakaroth.
Ma Kakaroth era
sempre stato crudele nei confronti delle persone che più amava. Molto spesso
infatti, con la piena conoscenza di quanto significasse per lui, Kakaroth gli
era scivolato tra le dita. La sua morte, la prima volta, nello scontro con
Cell. La seconda, quando si era unito alle sfere del drago… per amore di quelle
sfere di pietra, aveva lasciato la sua famiglia, gli amici... e soprattutto
aveva lasciato lui. Solo. Spaventato.
Nessuno era mai
riuscito a capirlo come Kakaroth. In qualche modo, Kakaroth sapeva che
l’avrebbe fatto, che sarebbe sopravvissuto in quella spaventosa landa desolata,
e che avrebbe trovato uno scopo e una ragione di vita, sebbene il suo spirito
si fosse infranto.
Camminò oltre, e si
imbatté in una lapide ricca ed elegante, e allo stesso tempo semplice.
La terza lapide.
Bulma Briefs.
Una terrestre. Una
donna terrestre.
Non avrebbe mai
capito cosa l’avesse spinto a legarsi a lei, anche nella sua morte. Non era
altro che una debole donnicciola… ma lui lo sapeva bene. Bulma non era mai
stata debole. Era sempre stata forte. In fondo, non era stato proprio suo
figlio Trunks venuto dal futuro a raccontargli di lei e della forza con cui si
portava il peso del mondo sulle spalle, quel mondo in cui lui era stato ucciso
dai cyborg?
Lei lo aveva capito.
Bulma. Una seccante, eccentrica, saccente piccola strega.
Ad eccezione di Kakaroth, era stata l’unica persona con cui era riuscito ad
identificarsi. Ma non era solo questo, lei era identica a lui: altrettanto
egoista e altrettanto orgogliosa.
Era il suo scopo e la
sua ragione di vita. In un mondo fatto di spaventosi incubi, di strane visioni
e, cosa più importante, terribilmente reale, lei era stata l’unica cosa che
aveva potuto tenersi stretto. Era stata lì per lui, anche se non lo aveva mai
dato a vedere, dopo che Kakaroth se n’era andato.
Lui la amava. Non
glielo aveva mai detto, eppure queste erano le uniche parole che lei aveva
aspettato per lungo tempo di sentirsi dire. Pensò di dirglielo, un giorno. Ma
non lo fece mai. La amava. Le cose stavano semplicemente così.
Ma ormai se n’era
andata, per sempre. Tutto ciò per cui lui aveva vissuto, era morto.
Si inginocchiò sul
terreno bagnato. La pioggerellina si era ormai tramutata in un forte
acquazzone. Ma si. Lasciamo pure che piova, tanto ormai nessuno avrebbe potuto
notare la differenza tra la pioggia e le lacrime.
Andato. Tutto ciò per
cui lui aveva vissuto se n’era andato, andato. Quale poteva essere adesso una
ragione di vita? Come poteva continuare a vivere in un mondo che non aveva
obbiettivi o scopi da raggiungere? Un mondo che aveva il potere di distruggere,
se solo avesse voluto, ma non poteva farlo, e il mondo, molto lentamente, come
un veleno, lo stava uccidendo. Il mondo non aveva più bisogno di guerrieri.
Tutto ciò per cui lui aveva vissuto in quel mondo, era morto.
Perché? Perché se
n’erano dovute andare? Perché ogni sua singola ragione di vita aveva dovuto
scivolargli tra le dita?
“Papà…”
Si voltò e vide Bra
in piedi di fronte a lui.
“Immaginavo di
trovarti qui papà” disse con un sorriso. Con i suoi luminosi capelli color
lavanda e gli occhi blu, era il ritratto di sua madre. Tranne che per lo
sguardo corrucciato, in quello somigliava a lui. Molte volte Trunks l’aveva accusato
di preferire Bra, ed era così. Trunks era il risultato di una notte, Bra era
figlia dell’amore. Inoltre, Bra assomigliava moltissimo a Bulma… e a cinquanta
anni, mostrava la stessa eleganza e la stessa bellezza che aveva Bulma alla sua
età.
Non è più giovane
ormai. Ha vissuto a lungo, e quando Kakaroth e Bulma l’hanno lasciato molti
molti anni fa, molto tempo fa, egli ha perso tutte le sue ragioni di vita.
Tutte tranne una.
“Allora, papà, vieni
con me?” gli porse l’ombrello invitandolo a ripararsi dalla pioggia, “o vieni
più tardi?”
Si alzò. “Andiamo
Bra.”
Nota: ho avuto
l’ispirazione per scrivere questa fic ascoltando la canzone “Kiss from a rose”
da cui il titolo. Mi rendo conto anche, che questo non è proprio lo stile
tipico di DBZ. Niente violenza né azione, ma solo un melodramma. Scusatemi se
ciò non sarà di vostro gusto!
E'
giusto per chiarire un paio di cose… alcune persone hanno detto che Goku la
prima volta è morto nello scontro con Radish; è vero. Ma quando in questa
storia io ho detto “la prima volta”, mi riferivo alla morte di Goku che
colpisce Vegeta, appunto durante lo scontro con Cell. Sarebbe impossibile
infatti per Vegeta, rimanere colpito da un’eventuale morte di Goku accaduta
prima della sua venuta, dato che non c’era ancora. Perché ho detto che Vegeta è
rimasto colpito da questo particolare avvenimento? Bè, dopo quell’incidente,
lui dice “Non combatterò mai più…” (o qualcosa del genere!) quindi deve
essergli successo qualcosa. Penso che solo Toriyama sappia cosa intendesse Vegeta
con quel “Non combatterò mai più…” –se si tratta del suo ego distrutto magari,
o qualcosa di simile- ma io l’ho inteso come se Vegeta avesse sentito di aver
perso l’oggetto principale delle sue ossessioni.
Katharin A.R. Chung
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