The Quest…
Forse vi farà venire in mente le avventure dei Cavalieri
della Tavola Rotonda alla ricerca del Santo Graal…
Ma la Ricerca non sarà la
stessa.
E neanche i personaggi.
Privet Drive- L'inizio
Era una mattinata nuvolosa.
Nuvolosa e oscura, carica di cattivi presagi.
Una fitta coltre di nuvole oscurava il cielo facendo credere
ai più che fosse ancora piena notte.
Sonnacchiosi, gli abitanti di Privet Drive
si svegliarono, senza fretta.
Poi, come tutti si aspettavano, una goccia bagnò l’asfalto.
Poi ne cadde un’altra, e un'altra ancora.
In breve cominciò a piovere a dirotto.
Da una finestra di quella stessa via, un ragazzo occhialuto
guardava lo spettacolo che gli si profilava davanti.
Aveva l’aria di chi era cresciuto tanto in poco tempo, sia
nell’anima che nella mente, come anche nel corpo.
I suoi occhi verde smeraldo aveva
un che di strano, se non addirittura di enigmatico.
Il suo nome era Harry Potter, e stava meditando su quanto la
pioggia riflettesse il suo stato d’animo.
Poi, inevitabilmente, il suo pensiero corse agli avvenimenti
di fine anno scolastico.
Sirius era morto.
Un vuoto, ecco cosa aveva lasciato in sé quella morte, un
vuoto incolmabile.
Chi lo aveva lasciato rappresentava ciò che non aveva mai
avuto: un genitore.
Ma Sirius non era stato solo
quello: era qualcuno con cui potevi confidarti, un fratello.
E adesso…
Adesso non c’era più.
Sparito dietro a quel velo.
Sparito per sempre.
Prima i suoi genitori, ora Sirius: quanti avrebbero
dovuto morire per lui? Quanti ancora sarebbero morti prima che Voldemort
fosse ucciso?
Il suo pensiero cadde inevitabilmente sulla profezia:
Nessuno dei due può
vivere se l’altro sopravvive …
E questo significava, come si era ripetuto milioni di volte,
che la sua vita avrebbe dovuto includere, o concludersi
con, un omicidio…
Poi la mente volò in direzione della sua scuola: Hogwarts.
Cosa sarebbe successo l’anno
successivo?
Cosa sarebbe successo, se fosse
tornato?
Ovvio, avrebbe messo nuovamente in pericolo la vita di
tutti, per il solo fatto di essere li.
Ma voleva ancora vedere morire le
persone che gli erano vicine?
No…
Voleva veramente vedere altre persone sacrificarsi per lui?
No…
Oh, no che non lo voleva.
E fu così che nella mente del ragazzo passò un pensiero su
cui non si era mai
veramente soffermato, ma che aveva solamente sfiorato…
Non tornare ad Hogwarts.
Certo, quella sarebbe stata la soluzione perfetta.
Nessun amico da mettere in pericolo, nessun
esame a cui pensare.
Sarebbe stato solo, con l’esclusiva compagnia di sé stesso.
E ricordò.
Ricordò di essersi trovato in una situazione simile a
Grimmauld Place, durante il periodo natalizio, quando credeva di essere l’Arma.
E si rammentò di come ne era
uscito: grazie ai suoi amici.
E di nuovo il ricordo di Sirius…
“Tu scendi dalle stelle, o Fierobe-e-ecco”
Accennò appena un triste sorriso.
Ma questa volta…
Il pensiero persisteva.
Doveva andarsene.
Certo, la vita non sarebbe stata il massimo, ma… era quello
che doveva fare.
Il suo dovere.
Ma più ci rimuginava sopra, più
vide che l’idea era pazza.
Scappare dai Mangiamorte e dall’Ordine?
Pensava veramente di potergli sfuggire?
Forse no.
O forse sì.
E fu allora che decise
definitivamente.
Non sarebbe tornato a casa.
***
Harry aveva messo tutto quello che gli poteva servire dentro
un enorme zaino peloso che Hagrid gli aveva regalato il natale scorso.
Aveva incorporato un utile incantesimo che faceva in modo
che, nonostante tutto quello che ci si potesse mettere dentro, rimanesse
leggero.
Issò lo zaino sulle spalle e scoccò un
occhiata all’orologio: era quasi mezzanotte.
Era rimasto tutto il giorno nella sua stanza, a rimuginare
su quel folle piano che aveva escogitato e sui passi che avrebbe dovuto fare.
La gabbia di Edvige giaceva
inutilizzata, piena di cacche e piume, ai piedi del suo letto.
Gli dispiaceva dover lasciare la sua candida civetta, ma
doveva farlo.
Ora stava consegnando una lettera all’ordine: gli assicurava
che tutto andava bene.
Prima
di tre giorni non sarebbero venuti a controllare.
E lui sarebbe stato già lontano.
Aprì la porta con un cigolìo.
Quello che sentiva fu il russare dei Dursley.
Era così che Harry li preferiva: addormentati.
Svegli, come si era già detto,
non erano di alcuna utilità.
Riportò immediatamente la mente al suo obiettivo: non era il
momento di divagare.
Ma c’era un altro fattore che,
nonostante avesse preso in considerazione, rischiava di mandare a rotoli il
suo piano: lui era sorvegliato.
Harry, per tutto l’anno appena trascorso, era stato tenuto
costantemente sotto controllo: perché adesso non avrebbe dovuto esserlo?
Scese lentamente e cautamente le scale, evitando con cura il
secondo gradino, quello scricchiolante.
L’ultima volta chi aveva avuto il compito di sorvegliarlo aveva un mantello dell’invisibilità.
Harry avrebbe potuto gabbarli allo stesso modo.
Ma come faceva a sapere che sotto
quel mantello non ci sarebbe stato Malocchio Moody?
In quel caso lo avrebbe visto…. e
sarebbe stato scoperto.
Posò un foglietto sul tavolo.
Un messaggio di addio.
Quindi, spiando dalla finestra,
attese.
Che cosa stesse aspettando non lo
sapeva nemmeno lui.
I minuti passarono.
E l’inquietudine di Harry cresceva.
Era troppo tranquillo.
Forse valeva la pena rischiare.
Ma come a voler aiutare il ragazzo,
un CRACK squarciò l’aria, seguito da vari rumori che potevano essere individuati
come il clangore di cassonetti che cadono per terra e un miagolio.
Harry sapeva cosa significava quel suono, quel
crac.
Qualcuno doveva essersi smaterializzato.
Forse Mundungus doveva comprare
un’altra partita di calderoni, o più probabilmente c’era stato il cambio di
guardia.
Od ora o mai più.
Fu allora che agì.
“O forse era solo un gatto
particolarmente rumoroso”penso’ con un sorriso
Col mantello sul capo, che lasciava a
intravedere i piedi, partì.
E corse.
Attraversò la soglia della casa
che per undici anni lo aveva imprigionato, attraversò,
senza degnare di uno sguardo il giardino tanto curato dei Dursley.
Corse, mentre le luci della città lo abbagliavano ad intermittenza
la visuale di Harry.
Una strada buia davanti a se; buia
come il suo futuro.
Le strade ben curate sul suo fianco.
Le auto che passavano.
Avrebbe corso finché non avrebbe più sentito le dita dei piedi.
Avrebbe corso finché il fiato non lo avrebbe tradito.
Avrebbe corso finché il fegato non gli avrebbe fatto così male da
impedirgli di continuare.
E lo fece.
Era fuggito… ma ce l’aveva fatta.
Era fuggito dalla protezione del suo sangue.
E da quella di Silente.
E tutto gli sembrò di nuovo così folle…
Una
morsa gli attanagliò lo stomaco.
Il vuoto, il grande, immenso vuoto
che la morte di Sirius aveva lasciato dentro di sé.
Chi sarebbe stato il prossimo se lui fosse tornato?
Hermione? Ron?
Voleva davvero mettere nuovamente in pericolo la vita di chi
gli era vicino?
La risposta se l’era già data.
E non sarebbe più tornato
sull’argomento.
Mai più.
Si voltò risoluto verso l’oscurità.
Era davvero il momento di andare.
***