Capelli neri
A Vannagio,
perché trovi sempre il suo fluff quotidiano
Aro seguì col dito la curva della coscia formosa,
tratteggiata in carboncino con un’unica flessuosa linea. Sul
foglio accanto, una donna dallo sguardo malizioso si sistemava la
chioma sui seni. La stessa donna, con un vestito vaporoso e
coi capelli raccolti sotto una veletta, stava davanti alla sua
scrivania.
- Ve l’ho detto, mio signore, un uomo di rare
capacità.
- Davvero, Adelaide. Grande dono per la tua bella Vienna. Certo, non
che rimanere affascinati dal tuo corpo… - fece una pausa,
fulminato da un’ispirazione – Mi domando se riesca
a cogliere anche fiori più modesti. Come diceva la graziosa
Emily? “Le ombre sono importanti quanto la luce”.
Corin aveva una certa esperienza di vampiri. Propri di queste
affascinanti creature erano l’erotismo decadente, il morso
fatale eppure sensualissimo, la bellezza del predatore.
Il fatto che a Palazzo dei Priori ci fosse poco di tutto ciò
l’aveva sconcertata.
Caius non versava il sangue nei teschi dei suoi nemici, le finestre non
erano adombrate da tende nere e ragnatele, l’organo
c’era ma il signor Marcus non ci suonava cupe melodie
tutto il giorno. C’era pure la bacheca degli
annunci! E non erano nemmeno scritti in minacciosi caratteri gotici.
Insomma, Corin era preparata a una svolta decisamente più
gotica nella sua vita, con la sua trasformazione.
- Tesoruccio, basta chiederlo. Cosa desideri? Tende rosso cupo?
Acqueforti di Goya? Statue di gargolle che fissano chi entra dalla
porta? Vuoi dormire in una bara di cipresso?
Le proposte di Aro le parvero uscite dal catalogo Casa Gotica del Nuovo Milennio
e cancellarono tutti i rimasugli di magia che ancora sopravvivevano.
Non si sarebbe mai aspettata che il decandentismo sarebbe piombato su
di lei all’improvviso, qualche anno dopo il suo arrivo a Volterra.
- Cosa ti turba, bimba?
- Oh insomma! Dovevate proprio usare questa occasione per decidervi a
fare i sensuali decadenti?
Santiago posò il giornale e fissò Corin con
discreto sconcerto. Lei gli prese di bocca la sigaretta e la spense nel
posacenere sul tavolino.
- Non potevate dormire in bare di cipresso rivestite di velluto? O
entrare in una stanza con una risata sguaiata e terribile?
- Bimba, tu eres loca.
Ma, si quieres,
basta che chiedi ad Aro.
Corin non lo ascoltò nemmeno. Andava avanti e indietro per
la stanza, i capelli le si agitavano inquieti sulla schiena. Se ne
portò una ciocca davanti e la pettinò con le dita.
- Non voglio fare brutta figura, – sbottò come se
ricominciasse un discorso interrotto – sono qui da
così poco tempo…
Santiago tirò fuori la scatola dei fiammiferi e si
portò alla bocca una seconda sigaretta. La ciocca di capelli
neri gliela prese e la buttò fuori dalla finestra prima che
riuscisse ad accenderla. Santiago sbuffò.
- Bimba, continui a non spiegarti.
La ragazza si fermò e si sedette su un’altra
poltroncina della sala comune. Si tormentava la ciocca e pareva
trovare molto interessanti i disegni del tappeto persiano.
Santiago accennò a tirare fuori dal pacchetto la terza
sigaretta: i capelli le rimasero buoni sulla schiena, a parte la ciocca
tormentata dalle dita.
Si accese la sigaretta e ancora nessuna mossa.
- Adelaide mi ha chiesto di andare con lei a Vienna e di posare per un
pittore, perché lo vuole Aro. Però… -
Corin sollevò lo sguardo e lo riabbassò subito
sul tappeto - …devo, devo posare in condizioni
particolari…
La guardò senza parlare. Lei riprese a voce bassissima.
- Devo… Aro desidera che posi secondo i costumi di questo
pittore, senza… senza vestiti…-
Corin rialzò lo sguardo e lo fissò.
- Sarebbe molto grave rifiutare?
Santiago tacque, tirò una boccata dalla sigaretta e si fece
serio.
- Un ordine di Aro è sacro. Ed è stato anche
molto comprensivo, perché non ti ha ancora parlato
dell’altra consuetudine tipica della Guardia. Per ora sei
stata perdonata perché sei nuova, ma non so quanto
durerà.
Corin diventò se possibile ancora più pallida e
riprese a tormentarsi i capelli. Aveva una faccia impaurita.
- Di che parli? Cielo, qui mi sembra sempre di fare la cosa sbagliata!
Santiago prese un’altra boccata dalla sigaretta, con
movimenti lenti e studiati, finché la tensione non fu
palpabile nell’aria.
- Il vincolo di sangue con colui che ti ha creato è sacro,
tra vampiri, – la guardò – e impone
obblighi altrettanto sacri.
Corin si sporse in avanti, gli occhi spalancati. Santiago spense il
mozzicone.
- Devi concederti a lui ogni qual volta egli lo desideri.
Lo schiaffo lo fece quasi cadere dalla poltroncina.
- Sei-un-gigantesco-IDIOTA!
- Dice che puoi girare come più ti pare, non vuole forzarti,
- Adelaide tradusse in fretta dal tedesco la frase del pittore. Corin
annuì, sbirciando da sotto i capelli lo studio. Vide il
vestito leggero di Adelaide scivolare in terra e le gambe lunghe della
vampira che si allontanavano. Alzò lo sguardo fino a
intravedere una donna con i capelli corti e ricci, seduta sul divano.
Nello studio c’erano anche altre due ragazze, coperte solo da
vestagliette. Corin si strinse nel suo vestito, desiderando di essere
più invisibile del solito. Almeno quel pittore strano pareva
assorto nella contemplazione di Adelaide, di cui stava riproducendo, in
tratti marcati e sensuali, le ciglia lunghe e le palpebre pitturate di
ombretto. Era davvero bellissima.
Distolse lo sguardo dal lavoro e riprese a guardarsi attorno. Pur con le
sue bizzarrie, l'ambiente con i quadri era suggestivo: la villa con
l’atelier era poco fuori città, circondata da un
giardino bellissimo. Corin lasciò il pittore con Adelaide e
la riccia e andò a guardare i fiori dalle vetrate. Si
passò i capelli sopra la spalla e prese a pettinarli con le
dita.
Adelaide si chinò, ancora nuda, sul tavolo della stanza.
Prese gli ultimi disegni di Gustav e rimirò la sua figura
impressa sui fogli bianchi. Gustav si stava alzando dal letto in quel
momento.
- Sono davvero così bella?
- Lo chiedi solo perché non sei mai sazia di sentirtelo
dire, tanto sei sicura della mia risposta.
- Ma certamente, mio caro.
Adelaide vide con la coda dell’occhio che Gustav aveva preso
in mano un foglio e la stava ritraendo così, china sul
tavolo.
- Sono solo questi i disegni di oggi?
- Sì.
C’era lei in quattro disegni, poi uno di Emilie e
l’ultimo con le due ragazze abbracciate.
- E la mia amica?
- La tua amica?
- Seguimi.
Lo prese per mano e lo accompagnò di sotto. Corin stava
leggendo un libro, seduta composta vicino alla finestra. Lo studio era
ormai vuoto e quieto, il sole verso il tramonto. Gustav la
rimirò da lontano, fermo sull’ultimo gradino della
scala. Poi prese un foglio e cominciò a schizzare una lunga
e serpentina massa di capelli neri. Aggiunse l’aria assorta
del viso e uno sbuffo del vestitino bianco.
Dopo l’ultimo tocco di carboncino, si avvicinò a
Corin e le porse il disegno. La ragazza sussultò quando
l’ombra di Gustav coprì il libro, ma un attimo
dopo guardò con ancora più stupore il suo
ritratto.
- Sono così bella? – mormorò. Gustav
rise.
- Impara a dirlo con questa faccina, Adelaide, e te lo
ripeterò tutta la notte.
- Chiede se puoi coprirti solo con i tuoi bei capelli, oggi.
Erano tornate anche il giorno successivo. Lo studio era più
affollato, una specie di arcadia piena di ninfe scapigliate e ridenti.
Ma la domanda di Adelaide la spiazzò.
- Se potessi, io rimarrei così…
Il pittore disse ancora qualcosa in tedesco, poi tirò fuori
un foglio da un raccoglitore e glielo porse. C’erano
disegnati un uomo e una donna incinta. L’uomo le cingeva le
spalle con affetto, lei guardava il suo pancione come se al mondo non
esistesse altro. Adelaide tradusse di nuovo.
- Dice che è tuo, se lo desideri.
Corin guardò ancora il disegno, poi il pittore. Lui
lasciò la presa sul foglio e fece un’espressione
supplichevole e furba allo stesso tempo. Lentamente, con i
capelli che le cadevano in faccia, abbassò la spallina del
vestito.
- Però, guarda la nuova che culetto d’oro!
Santiago non stava facendo molto caso ai disegni che Adelaide aveva
sparso sulla scrivania, regali di quel pittore viennese. Ma dopo
l’esclamazione di Felix, scoccò
un’occhiata al tavolo. C’era Adelaide in varie
pose, morbida e sensualissima, assieme al suo mare di onde rosse. Felix
invece aveva un mano un disegno che ritraeva una modella diversa:
puntava il naso verso l’alto, guardando qualcosa di
bello a giudicare dagli occhi sereni e stupiti. Teneva i capelli,
lunghi e neri, tirati sopra una spalla, la mano sinistra affondata
dentro. Il corpo magro era preso di tre quarti, una posizione che
metteva in bel risalto un – come diceva Felix –
“culetto d’oro”.
Santiago aspetto che Felix si concentrasse di nuovo sui disegni con
Adelaide. Allora prese la morena e se la rimirò.
Si rigirò nel letto e appoggiò la testa contro il
braccio. Corin si era alzata poco prima e stava in piedi davanti alla
finestra, ancora nuda, con i capelli tirati da una parte e uno
sguardo sereno rivolto verso la luce.
Santiago scivolò fuori dal letto senza far rumore e la
raggiunse alle spalle. Le baciò il collo dove i capelli lo
avevano lasciato libero. Con la mano le percorse il fianco fino alla
curva del sedere.
- Il señor
Klimt ci sapeva fare, ma dal vivo è molto meglio.
Corin gli prese l’altra mano e la appoggiò sulla
sua pancia.
- Cosa intendi?
Santiago si sciolse dall’abbraccio e andò verso un
cassettone. Il foglio era ingiallito, ma la figuretta a carboncino
aveva la stessa freschezza di cent’anni prima.
Corin guardò la se stessa del disegno.
- Quando lo hai preso?
- Appena siete tornate da Vienna, nel 1906.
- Lo conservi da così tanto tempo?
- Avevi gli occhi belli, - Santiago le mise una mano tra i capelli e si
avvicinò con la bocca al suo orecchio - ma anche il culo.
Gli arrivò uno scappellotto in testa.
- Cretino.
Corin tornò a guardare il disegno.
- Sono davvero così bella?
- Molto di più, bimba.
La tana di Otto
Data la produzione immane di storie che mi vengono su questi due, ho
deciso di inaugurare con questa storiella una raccoltina a parte,
così faccio ordine e non tedio chi non si interessa alla
coppia.
Io e la signorina Dragana ci siamo recate a vedere la mostra di Klimt a
Milano. Affascinate dai bozzetti esposti, ecco che la storia
è venuta fuori.
Il titolo significa, in tedesco, "capelli neri": Klimt ha fatto molte
figure di donne con capelli neri lunghissimi e sinuosi. Ovviamente la
modella è stata Corin. Heidi (che nella storia ho scelto di
chiamare Adelaide, fa più inizio secolo) si è
prestata per le rosse. Emilie (la donna nell'atelier con i capelli
ricci) era la compagna di Klimt. Per le modelle nude, ebbene, pareva
che il signor pittore avesse queste usanze, tanto da lasciare 14 figli
in giro per Vienna. Bravo lui.
Emily Jane Brontë è la Emily citata da Aro. La
frase viene dal suo romanzo Jane Eyre.
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