Fear greys the world.
Gli occhi si chiudono un po’, lasciando solo una fessura da cui filtra una striscia di luce in mezzo al grigio polvere; le ciglia sono nere e aggrovigliate, sporche come lei – cola giù un po’ di mascara. Le braccia sono intorno al corpo sempre troppo freddo, le mani coperte quasi del tutto dalla felpa grigia si chiudono a pugno, le unghie stanno quasi per ucciderla. Tutto il corpo sottile trema, poi un’ultima scossa e si accovaccia ancora di più, lo stomaco che stringe. E’ tutto finito, adesso. Riapre le palpebre – gli occhi azzurri vengono illuminati eppure continuano ad essere spenti, le lacrime rigano, spezzano, profanano, devastano il bianco del viso. Tutto quello che vede è uno spazzolino, una tazza del cesso, un mucchio di capelli sporchi di vomito, un buco con la sua anima che continua a vorticare su sé stessa, beffarda.
And every day / I got someone bringing me down I got the eyes of a madman / I'm chasing round And how does it feel / To live your life where nothing is real? So just send me / Down the river.
Tutte e due le parti di me. La canzone che vedete giusto lì sopra è La Fée Verte, dei Kasabian, da un po’ entrata nella schiera delle mie preferite. E no, non voglio fare la rompicoglioni buonista del cazzo con questa roba, anzi, è moltissimo autobiografico. Vado ad affogarmi nel thè bianco. Cià. |