Era vero. Terribilmente vero. Lo ammetteva senza indugio e, anzi, pure con
un quintale di spudorato orgoglio: ne aveva combinate tante nei suoi sette
anni di vita, ma così tante che, sicuramente, i poliziotti non erano ancora
venuti a prenderlo per sbatterlo in prigione solo perché avevano troppa
paura di confrontarsi con lui e la sua incommensurabile perfidia (e
anche perché Radish era certo che il suo papà li avrebbe massacrati di botte
se solo avessero provato a torcergli un capello, ma quella era una
motivazione secondaria ovviamente, e non che avesse bisogno che quel
vecchiaccio rincretinito venisse a dargli una mano in caso di problemi,
comunque).
Quelle che prolificava quotidianamente non erano certo semplici e banali
birichinate da moccioso inesperto, oh no. Giusto quella mattina, a scuola,
aveva preso di mira come di consuetudine l’enorme sederone (che più che
deretano pareva un transatlantico, ma vabbé) della maestra, bersagliandolo
senza pietà alcuna con fionda e sassolini fino a non avere la certezza di
averlo ridotto ad un grosso, flaccido scolapasta (e la vecchia befana
l’aveva poi buttato fuori dalla classe strepitando come un’aquila, giurando
di spedirlo dal preside, ma non che a lui gliene fregasse più di tanto). Nel
pomeriggio, quando teoricamente doveva scattare in cucina, frugare tra
stracci, scope e scoponi e dare una mano a pulire in casa, Radish aveva
avuto la genialmente geniale idea di cospargere meticolosamente
l’intero ingresso della sala di olio extravergine d’oliva (e dio solo sapeva
come Bardack fosse riuscito a non sfracellarsi contro lo spigolo del tavolo
scivolandoci artisticamente sopra), ottenendo come soddisfacente conseguenza
un urlo belluino da parte del padre e un vero e proprio inseguimento con
tanto di padelle e mannaia alla mano di circa tre ore e mezzo. Ciò senza
escludere, ovviamente, i pannolini di Goku vari ed eventuali che aveva
clandestinamente levato al loro paffuto proprietario per disseminarli
allegramente in giro per casa, desideroso di esprimere tutta la propria
discutibile indole artistica. Come ne fosse poi uscito incolume era
un mistero amletico, ma non era quello il punto. L’importante era che le sue
bravate erano degne del grande Bart Simpson!
... E forse, fondamentalmente, era proprio quello il problema. I poliziotti
non erano venuti a prenderlo perché era troppo forte per loro, dunque era
probabile che avessero deciso di affibbiargli una punizione a distanza.
Maledetti!
Tossicchiò sofferentemente, accoccolandosi alla bell’e meglio sotto le
lenzuola. Man mano che i minuti passavano, la sua ipotesi non faceva che
accrescere in maniera vertiginosa nella testa, costringendolo ad una
soffocante stretta al cuore che, insieme alla terribile atmosfera che
permeava nella stanza, gli rendeva impossibile concedersi al sonno. Doveva
essere così, per forza. Quello doveva essere l’impietoso modo di punirlo per
le sue terribili malefatte. Conosceva un sacco di torture terribili a cui
sottoporre i criminali, qualcosa tipo una frustata, un sacco di botte,
l’iniezione letale o la sedia elettrica, ma quello... quello no.
Santo cielo, no.
La consapevolezza che sarebbe stato costretto ad una morte lenta e dolorosa
gli sparò in tutto il corpo una brutale scarica di brividi, costringendolo
ad un tremolio incontrollato sul materasso. Si era coperto con le lenzuola
fino alla punta dei capelli ed ora cominciava a sentire caldo, ma l’aria
fuori dal suo guscio di stoffa era oscura, spaventosa ed irrespirabile, e
Radish sapeva che non vi sarebbe sopravvissuto per nemmeno cinque di minuti.
Strinse convulsamente a sé il suo fido orsacchiotto color viola melanzana,
compagno di tante avventure ed ora, probabilmente, pure di una morte lenta
ed inesorabile. Nel momento in cui se lo premette addosso, Radish ebbe come
la netta sensazione che il pupazzo lo abbracciasse a sua volta,
accoccolandoglisi con disperazione contro lo stomaco –
probabilmente sentirà quest’aria anche lui, pensò, mordendosi un labbro
–, e la cosa non fece che terrorizzarlo ancora di più.
Ne aveva combinante tante nei suoi sette anni di vita, ma così tante che i
poliziotti non erano ancora venuti a prenderlo per sbatterlo in prigione
solo perché avevano troppa paura di confrontarsi con lui e la sua
incommensurabile perfidia. Era rimasto illeso fino a quel momento,
Radish, ma ora, evidentemente, era giunto l’infausto momento di scontare la
propria pena. La propria, terribile, spietata, brutalissima pena.
« Io... io... credo che morirò
qui », esalò, annaspando sofferentemente tra le lenzuola, mentre Goku,
dormicchiando beato nella sua culla lì a fianco, rilasciava nell’aria già
altamente tossica l’ennesima, terrificante puzzetta.