Stella Meravigliosa 1962-2004
Nota: Il titolo è chiaramente un omaggio a Yukio Mishima,
che pubblicò nel 1962 sulla rivista Shinkou il romanzo “Stella Meravigliosa”.
Con questo breve racconto intendo suggerire un’immagine dal significato
metaforico.
Dal finestrino la vedeva allontanarsi sempre di più. In
realtà sembrava essere sempre alla medesima distanza, ma era cosciente che ogni
secondo che passava si allontanava da lei in modo inesorabile e terribilmente
rapido. Molte altre persone come lui avevano il naso incollato al finestrino,
nonostante fosse stato loro vivamente sconsigliato nelle settimane che avevano
preceduto la partenza. Era veramente impossibile resistere a quella visione,
fors el’unica in grado di infondere allo stesos tempo rabbia, pietà e una
nostalgia che eruttava da ogni poro.
La signora seduta davanti a lui teneva in braccio il
figlioletto e lo allattava. Avvertì una sensazione molto forte mentre osservava
sorridendo la scena, avea come l’impressione che se il piccolo fosse stato capace
di parlare e camminare, avrebbe preso a urlare quanto più selvaggiamente e
avrebbe ripudiato quel latte. Ma allo stesso tempo, aveva l’impressione che per
quel bimbo quel momento sarebbe stato l’ultimo a disposizione per sorbire
l’essenza della propria origine. Attraverso il nettare saporito che sgorgava
dalla madre, come una fontana inesauribile e disponibile ogni qual volta la
desiderasse, avrebbe verosimilmente memorizzato ogni angolo conosciuto della
sua stella meravigliosa. Sarebbe stato come bagnarsi nell’Oceano pacifico e per
analogia conoscere anche tutti gli altri mari, volare via insieme alla bora più
devastante e ricordare la violenza del più potente uragano che si fosse mai
registrato negli Stati Uniti, assaggiare la prima fragola primaverile e
disprezzare ogni prodotto della biotecnologia alimentare. Avrebbe sognato per
anni la casa in campagna della nonna, ne avrebbe ricordate persino le delicate
tende ricamate, completamente inutili nelle giornate di sole pieno.. le stesse
giornate, che erano solite vedere il nonno al lavoro nei campi tornare portando
tra le mani grandi tralci di vite, dai quali pendevano grappoli variopinti.
Avrebbe visto chiaramente anche il sorriso stanco del nonno in sogno, quel
sorriso di chi ha vissuto e combattuto, e soffrendo ha compreso quanto sia
importante sapersi accontentare della semplicità e di osservare un tramonto
dietro la vigna. Avrebbe visto molto nitidamente quel sorriso, e probabilmente
non se lo sarebbe ricordato il mattino dopo; di conseguenza avrebbe scambiato
per un deja vu la sensazione di familiarità provocata dal sorriso del proprio
padre una volta che sarebbe stato adulto. Avrebbe in ogni caso cercato
un’interpretazione a quel sogno, avrebbe tentato di evocare quella casa in
campagna dagli occhi di tutte le persone che avrebbe incontrate nel corso della
sua vita, forse anche per trovare il sorriso beato del nonno che non aveva –
infondo- mai conosciuto. Ogni volta che si sarebbe trovato fuori casa si
sarebbe scoperto a vagare per i luoghi più impensati e inesplorati, con la
speranza di vedere il sipario dell’orizzonte sollevarsi improvvisamente per
rivelare la scena dell’opera, quella casetta di campagna. E vi avrebbe trovate
le mucche, le galline che tanto lo spaventavano nei suoi sogni di bambino, le
oche, i pesci nel laghetto! Con un po’ di fortuna , poi, sarebbe arrivato
proprio nel momento in cui la nonna stava sfornando la torta ai mirtilli con la
panna, quella di cui ricordava il sapore. Avrebbe compreso allora quello che un
sapore vero e proprio può essere, e avrebbe definita tale la sensazione
provocatagli dalla torta nel sogno, portandola sempre con sé nell’era dove i
sapori non sono più parte del mangiare.
Avrebbe incontrato l’anziano nonno, e vedendolo sorridere
avrebbe capito cosa dovesse essere il principio di somiglianza e discendenza…
l’avrebbe trovato molto simile a suo padre, ma avrebbe riscontrato in lui
quell’alone particolare che lo distingueva inequivocabilmente e che lo
accompagnava nelle vigne dei suoi sogni.
Secondo Lui, quel bambino tramite il latte materno
avrebbe creato un’immagine indelebile della stella meravigliosa, e l’avrebbe
portata con sé attraverso il mondo dei sogni, l’unico luogo sicuro per
custodire un’eredità affettiva che minaccia di esplodere da un momento all’altro.
Distolse lo sguardo da quella famiglia, per volgerlo nuovamente verso la stella
meravigliosa. Si domandò cosa stesse
succedendo a una quantità imprecisata di chilometri di distanza. Non seppe
rispondersi subito, per questo si sforzò di osservare la superficie. Notò
subito che l’abituale coltre bianca che in Tv aveva sempre visto a protezione
della stella meravigliosa, era ridotta quasi al minimo. “ Infondo” pensò “ Se
non fosse così consumata io adesso non mi troverei qui”.
Una scossa fece sussultare tutti i passegeri.
Istintivamente, chi poteva si incollò al finestrino per osservare quella scena
pazzesca. Pensò che infondo per molte di quelle persone non era molto diverso
che essere al cinema, e che infondo erano proprio questi i più fortunati, coloro
che avevano perso la cognizione del confine tra realtà e finzione, tra sadismo
e divertimento.
Per quanto riguarda quello che aveva provocato la scossa,
un centinaio di occhi continuavano a fissare febbrilmente fuori dai finestrini,
mentre voci femminili invitavano tutti alla calma e promettevano di rendere
note prima possibile le cause della turbolenza. Anche un bambino avrebbe
compreso che tali cause dovevano essere note da un bel po’.
Si levarono cori paragonabili a quelli che si levano da
un gruppo di ragazzi che aspettano l’apertura di cancelli di un concerto rock,
immaginò che d’ora in poi avrebbe dovuto essere pronto a vedere qualsiasi cosa.
Sentì in qualche modo di essere vicino alle malebolge dantesche, aveva
l’impressione che la temperatura stesse aumentando a dismisura, tanto che
dovette allentarsi la cravatta e togliersi la giacca. Dallo sguardo che gli
rivolse una signora poco distante capì di essere visibilmente rosso in volto.
Qualcuno urlò richiamando l’attenzione generale ai
finestrini. Adesso anche quelli che non avevano un posto al finestrino furono
attratti dalla visione come oggetto di magnetismo. Istintivamente Lui si
ritrasse, e solo dopo qualche secondo potè accostarsi al suo oblò. Stava per
rassegnarsi che quell’urlo fosse l’ennesimo falso allarme di chi scambia un
riflesso del finestrino per una detonazione nucleare, quando la sua attenzione
fu fatalmente attirata dalla stella meravigliosa. Non riuscì a realizzare
immediatamente, e per questo fu essenziale che qualcuno pronunciasse il
sostantivo “ Esplosione” seguito dall’aggettivo “nucleare”. Comprese allora
quello che stava realmente accadendo alla stella meravigliosa. Una cortina nera
faceva bella mostra di sé in bassò a destra nella sua visione, come un serpente
si avviluppava a quell’ultimo ramo di umanità e lo trascinava in una danza dove
prendere fiato non è concesso e dove la morte sopraggiunge lentamente e condita
dai molti sapori della sofferenza. Si aggiustò nuovamente la cravatta. Tutto
sommato, non era stupito di quanto stava succedendo a quella distanza, immaginò
che fosse colpa della vicinanza del popolo dei cinema e dei videogiochi, che
adesso stava brindando alla stupefacente visione.
Quello che però lo aveva subito colpito nel subconscio –
e che solo adesso riusciva a tradurre in pensiero lineare- era stato il fatto
che avessero risentito della detonazione anche da molto lontano. Dovette
ritrattare quando aveva finora pensato, con tutta probabilità non erano affatto
lontani quando credeva, le scosse provocate dai lamenti tellurici dell’astro ne
erano la prova inequivocabile. Gli sovvenne di un racconto di Sciascia, nel
quale l’autore raccontava di un gruppo di siciliani che credendo di essere
imbarcati per gli Stati Uniti sono in realtà condotti in un altro anfratto dell’isola
sicialiana. Appena sbarcati, fanno di tutto per convincersi che quella che
vedono è la costa statunitense, arrivano persino a convincersi che gli americani viaggino con macchine
italiane per puro diletto. Sostanzialmente, non conoscendo la meta e non
avendone la più pallida immagine in testa, un essere umano può sentirsi
arrivato a destinazione in qualsiasi luogo. Sarebbe andata a finire così anche
per quel viaggio? Scrutò per qualche secondo le facce che lo circondavano. Era
un bel mosaico di vita umana, e c’era un esauriente riassunto di tutto ciò che
era stato detto fino a quel momento riguardo ai sentimenti propri di quella
razza. C’era terrore negli occhi della ragazza accanto a Lui, muta e incapace
di fissare il contorno sferico che si delineava fuori dal finestrino.
C’era rabbia nell’uomo di mezza età nelle fila opposta,
il quale probabilmente rimpiangeva i suoi terreni che era stato costretto ad
abbandonare con la promessa di colture autoirriganti e autoseminanti. Per
l’auto-mietitura – gli avevano detto- sarebbe stato necessario aspettare un
paio d’anni, per ora erano certi che le funzioni già presenti gli sarebbero
bastate e avanzate.
Si leggeva curiosità nel bambino che correva di qua e di
là. Lui sarebbe stato il meno colpito di tutti, poiché nutrito dal primo giorno
di vita con immagini fantastiche di terre lontane.
Osservando bene inoltre, si sarebbero incontrati amore,
frustrazione, eccitazione, speranza, tristezza, disperazione, voglia di morire
senza far rumore.
Osservò la sua stella meravigliosa, adesso sembrava
cantare la sua ultima canzone , prima di scendera muta nel gorgo dal quale era
arrivata. La sua voce era suadente e melodiosa, quasi un ultrasuono.
Una voce distante spiegò che gli ultrasuoni che i
passeggeri stavano avvertendo erano dovuti all’avvicinamento alla stazione di
rifornimento, e che l’operazione di carico di carburante sarebbe durata due
ore. Aggiunse poi che la partenza dalla terra era avvenuta 37 ore prima, e
ricordò che le scosse avvertite erano nella norma.