cinque anni dopo
PREMESSA
Questa fanfic è
dedicata ad uno dei miei cartoni preferiti: Magic Knight Rayearth, apparsa in tv
col titolo di “Una porta socchiusa ai confini del sole”. Non ho letto tutto il
manga, ma credo sia superiore, quanto a qualità, all’anime. Sto ancora reperendo
alcuni numeri.
Comunque la
mia storia è successiva alla fine della seconda serie, quando Luce, Marina e
Anemone ritornano sulla Terra. So che il manga è un po’ diverso, anche nel
finale. Io mi atterrò principalmente all’anime, anche se non escludo di tener
conto, nel corso della storia, di alcune parti del manga.
Come avrete
capito utilizzerò i nomi dell’anime sia per le protagoniste che per gli altri
personaggi.
Questa
fanfic sarà incentrata attorno alla figura di Anemone.
Spero possa
piacervi!
Magic Knight
Rayearth e tutti i suoi personaggi sono di proprietà delle Clamp. Questo spazio
è stato creato senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti
vorranno visitarlo. Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto,
intesa.
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Fantàsie -
DA TE….. SOLO
DA TE
CAPITOLO I
CINQUE ANNI DOPO SEPHIRO - Prima
Parte
Un terribile
senso di oppressione … è come se un macigno schiacciasse il suo petto …
comprimendo i suoi polmoni … impedendo all’aria di seguire il suo percorso
naturale …
Dalla fronte
piccolissime gocce di sudore scendevano lentamente, lasciando un senso di gelo
sulla sua pelle …
E davanti a
lei uno scenario terrificante: la terra spaccata da profonde ferite da cui
uscivano lingue di fuoco che avvolgevano corpi già dilaniati dalle spade; alberi
già spogliati dall’inverno più rigido; case ormai ridotte a pochi cumuli di
macerie.
Il respiro
diventava corto … ormai i sensi erano offuscati … la bocca arsa … le mani
tremanti.
“No… non è
possibile…qualcuno mi aiuti…fermi tutto questo…….vi prego!”
In quel
momento Anemone aprì gli occhi. Il sole era già sorto e con i suoi raggi non
ancora potenti dell’albeggiare penetrava dalle sottili tendine della sua
stanza.
Si toccò la
pelle del viso: ancora fredda; ancora addosso il ricordo di quelle sensazioni
dolorose; ancora il cuore che non riusciva a riprendere il suo ritmo
normale.
“Che strano
sogno” pensò fra sé e sé “sembrava così reale…beh forse del resto come tutti i
sogni.
I sogni…non
si era mai fermata a riflettere su quella parola che normalmente era usata per
indicare qualcosa di bello e desiderato.
“Chissà
perché…in fondo quelli brutti possono lasciare un senso di dolore e di sgomento
come quello che ho appena fatto…e quelli belli ti danno un attimo di finta
felicità…ma che ti lascia l’amaro in bocca quando ti rendi conto che era solo…un
sogno!”
Mah… forse
stava diventando un po’ troppo negativa! In fondo non era mai stata una ragazza
svampita o che prendeva le cose alla leggera…ma a 19 anni non poteva iniziare
quella bella giornata d’estate con i pensieri di una bacucca di ottant’anni,
inacidita dalle troppe delusioni della vita.
Decise così
di alzarsi, anche se erano le sei del mattino e cercare qualche rimedio per i
suoi sensi ancora intorpiditi. Spalancò la finestra e subito si sentì ferire
dolcemente dalla fresca brezza mattutina, che accarezzava con vigore la sua
pelle bianca e delicata. E di lì subito sotto la doccia; per portare via ogni
residuo di quella notte piuttosto tormentata.
Per il resto
fu un inizio di giornata come i soliti: Anemone, per sua buona abitudine,
preparò la colazione per la sorella e la madre, per poi uscire con passo svelto,
per non far tardi ai corsi che per quell’anno volgevano a conclusione.
Eh sì!
Chiunque l’avesse vista, con la sua aria semplice, ma allo stesso tempo
raffinata, con i suoi modi dolci e il suo sorriso gentile, avrebbe pensato che
proprio nulla le mancasse: quegli anni l’avevano trasformata da quattordicenne
adolescente in una giovane donna; avevano riempito la sua figura, ammorbidendone
le forme e donandole un’aria seducente, che non immaginava, neanche
lontanamente, di avere.
I capelli
erano diventati lunghi, anche se per lo più le piacevano raccolti in una coda
alta, quasi per camuffare quell’eccessiva femminilità che le donavano; il
magnetismo dei suoi occhi verdi e profondi poteva ora esprimersi in tutta la sua
forza, avendo detto addio, dopo l’intervento con laser, agli occhiali.
Bella sì… ma
anche intelligente: lo sapevano bene i suoi compagni di corso, che non
riuscivano però ad invidiarla e a malignare sul suo conto, come normalmente
capita quando ci si trova di fronte ad un intelletto superiore. La disponibilità
della ragazza, pronta sempre a dispensare consigli ed aiuti, tenevano a freno
anche le lingue più biforcute.
Ma come
spesso accade l’apparenza è spesso fonte di inganno: un senso di vuoto
attanagliava il suo cuore, il suo animo, la sua mente e l’incedere del tempo
acuiva il suo malessere. Qualcosa allora mancava nella sua vita.. o meglio
qualcuno!
Quel giorno,
al termine dei corsi, sapeva che avrebbe passato un pomeriggio diverso dal
solito.
“Ciao
Marina, che bello vederti!” esclamò la ragazza correndole incontro e
abbracciandola calorosamente.
“Anemone! Da
quanto tempo… sono quasi tre mesi che non ci vediamo. Grazie di averci concesso
questo onore!” disse Marina, accompagnando le parole con un inchino
reverenziale.
“Smettila,
dai!” rispose, ridendo e ricordandosi di come l’allegria di quella ragazza fosse
sempre estremamente contagiosa.
“Senti
Anemone” esordì Marina con un tono minaccioso “ti stai facendo troppo bella per
i miei gusti: insomma Luce è sempre stata il maschiaccio della situazione, tu la
cervellona e io la bomba sexy: non vorrai sconvolgere tutto e rubarmi la scena
per caso?”
“Non mi
permetterei mai, mia Biancaneve” ricambiando l’inchino prima ricevuto “resterai
sempre tu la più bella del reame”.
E
scoppiarono in una sonora risata, che fu però interrotto da un “hey, ragazze”
molto familiare che le aggredì non solo auditivamente, ma anche fisicamente.
Luce si lanciò addosso con la delicatezza di un elefante africano e le strinse
così forte da spezzar loro il fiato. “Calma Luce” esclamò Anemone ancora
soffocata da quell’abbraccio “altrimenti il nostro incontro si concluderà
all’ospedale”.
Erano
davvero contente di rivedersi: più divenivano grandi e più le occasioni di
passare un po’ di tempo assieme erano rare.
La loro
amicizia, in fondo era speciale: avevano sofferto e gioito assieme, avevano
corso pericoli inimmaginabili per il resto del mondo ed erano dovute crescere
più rapidamente delle loro coetanee. E ritrovarsi riportava inevitabilmente alle
menti i ricordi di Sephiro, di quel regno fantastico che aveva per sempre
cambiato le loro esistenze.
“Io propongo
un bel gelato” gridò Luce.
“Va bene” disse Marina “ma io lo prendo alla frutta: questa
settimana ho messo su400 grammi”.
“Cavolo”
fece Anemone con fare ironico “dicevo io che ti trovavo ingrassata!”.
Marina si
rivolse a lei con uno sguardo tagliente “Vedi, avevo ragione io, stai attenta ai
miei passi falsi perché vuoi rubarmi la scena!”
“Ormai mi
hai scoperta” disse con fare solenne Anemone portandosi le mani al volto per
simulare un atteggiamento disperato – ma in realtà solo a celare la risata
incombente-
“Hey
ragazze, mi sono persa qualche puntata?”disse un po’ imbronciata Luce, ma non
avrebbe avuto risposta, perché Anemone tirandola per mano esclamò: “Allora lo
andiamo a mangiare questo gelato?”
Le tre
ragazze entrarono nella più bella gelateria di Tokjo: era proprio il caso di
dire che ce n’era per tutti i gusti, tanto che gli intenti di Marina furono
subito messi da parte. Non sapevano che di lì a poco quelle leccornie sarebbero
state il loro ultimo pensiero.
Sedute al
tavolino, la logorroica Marina stava tenendo banco con uno dei suoi
interminabili monologhi sulle sue pene d’amore: “… e così amiche mie non so
proprio come comportarmi con lui, sono notti che non dormo e ora mi stanno
venendo pure gli incubi…ne ho fatto uno stanotte spaventoso… però non mi arrendo
voglio insistere con lui perché…”
Anemone che
fino a quel momento aveva ascoltato l’amica distrattamente, conoscendo la sua
incostanza in amore e il suo enfatizzare le cose, si fece immediatamente seria
ed attenta alla parola incubo e notò come lo stesso era accaduto a Luce,
anch’essa scossa come da un brivido lungo la schiena.
Le due
ragazze si fissarono negli occhi per alcuni secondi, mentre Marina continuava
imperterrita il proprio chiosare.
“Che genere
di incubo hai avuto?” la interrupe Anemone con un tono serio, dopo essersi
ripresa da quel momento di sbigottimento.
“Cosa?”
rispose Marina, che non era riuscita a capire subito a cosa facesse riferimento
l’amica. “Ah sì… il sogno di stanotte…strano e pauroso…ma forse dipende dalla
stanchezza e dallo stress di questi giorni…mi sono allenata parecchio per una
gara di scherma e…”
“Insomma che
hai sognato?” la incalzò Luce.
Vedendo lo
sguardo accigliato delle amiche, Marina abbandonando il suo tono ridanciano,
cominciò: “Ecco, non so bene come spiegare. Era piuttosto confuso non so dove mi
trovavo…era l’interno di un castello…c’erano delle figure avanti a me…non
riuscivo a vedere i loro volti…erano come sbiaditi…ma li vedevo parlare fra
loro…e, non so perché, ma per quanto non sentissi le loro parole mi incutevano
paura…fino ad allora sembravano non aver percepito la mia presenza. Uno di loro
però voltatosi cominciava ad avanzare verso di me, era mostruoso, e senza che me
ne rendessi conto mi si avventava addosso, gettandomi le mani alla gola,
impedendomi di respirare…mi sembrava di soffocare. Quando mi sono svegliata ero
sudata e il cuore mi batteva a mille”.
“Sai” disse
Luce “te l’ho chiesto perché anch’io ho fatto un sogno strano. Ero in un prato
bellissimo: gli animali correvano intorno a me, insieme a dei bambini che
gridavano felici. Ma ad un certo punto, tutti, nel medesimo istante si
fermavano. L’allegria che mi circondava, svaniva ed era sostituita da un senso
di angoscia”. Luce si fermò, con un’aria un po’ sbigottita. “Eh beh…il mio sogno
finisce come il tuo.. uno dei bambini mi si avventava contro.. cercando di
soffocarmi. Anche lui aveva subito una trasformazione mostruosa. Non c’è bisogno
che dica come mi sono svegliata”.
Per tutto
quanto il tempo Anemone era rimasta in silenzio. Nonostante fino a un attimo
prima stava gustando il suo gelato, aveva la gola secca; trasalì quando le due
compagne si voltarono verso di lei.
Raccontò
quanto la stessa notte aveva sognato, pur essendo stato anche il suo un incubo
confuso e indecifrabile: “E’ successo anche a me, anch’io venivo assalita da un
uomo con strane sembianze…un mostro, che stava per schiacciarmi con il suo
peso!”
Ci fu un
minuto di silenzio surreale, che Marina decise però di interrompere: “Dai
ragazze, non ne facciamo una tragedia…sarà stato un caso…in fondo il nostro
legame è speciale”. Ma quelle parole non convinsero neanche chi le aveva
proferite.
“Non può
essere una semplice casualità” fece Luce “un sogno… o meglio un incubo, molto
simile…fatto la stessa notte da tutte e tre…”
“E credo ci
siano altri due dettagli su cui riflettere e a cui credo anche voi stiate già
pensando” disse gravemente Anemone.
Marina
abbassò lo sguardo: “Non era un castello qualsiasi o una roccaforte medievale
quello del mio sogno…era il castello di Clef. Così come immagino fossero di
Sephiro i verdi prati del sogno di Luce. Allo stesso modo quella terra devastata
e sul punto della distruzione che hai sognato tu Anemone, l’abbiamo vista nel
nostro secondo viaggio… quando l’assenza della colonna portante stava mettendo a
rischio l’esistenza di Sephiro. Sempre e solo Sephiro!”.
Senza
soluzioni di continuità, Luce proseguì: “E proprio stanotte cadeva il quinto
anniversario del nostro ritorno da Sephiro e cioè da quando liberai per sempre i
suoi abitanti da quelle regole che già troppe vittime avevano fatto”.
Anemone
sospirò: “Già!”
-
continua -
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