Per te
Lacrime. Migliaia di lacrime
rigavano ora il suo volto. Non ci poteva credere. Non ci voleva
credere.
***
Freddo, molto freddo. Il cielo
era di un blu scuro. Intenso e profondo. Le stelle brillavano alte e
belle. La luna invece era uno spicchio bianco. Anche il cielo
comunicava freddo.
***
- No! Arrivo! –esclamò decisa
la voce della piccola Kinomoto.
- è successo qualcosa? – chiese
l’amica mentre l’altra stava riponendo il proprio cellulare nella
tasca dei pantaloni.
- Nulla di allarmante. Però
devo andare!mi dispiace che ci siamo viste per così poco! Spero che
potremmo passare ancora del tempo insieme! – disse sorridendo alla
ragazza che non vedeva da tempo.
Quel pomeriggio avevano deciso
di rincontrarsi, ma poi quella telefonata.
Era inverno e il buoi scendeva
presto. Infatti erano circa le 18:00 ma sembrava notte inoltrata.
Tornò a guardare l’amica che le
sorrideva – Non ti preoccupare, ci vedremo un'altra volta! Mi ha
fatto molto piacere! – cercò di tranquillizzarla, si abbracciarono e
si avviò verso la propria casa lasciando Sakura davanti a una
fermata dell’autobus che portava all’ospedale.
"Non mi interessa se Touya ha
detto che non importa che vado e che sta bene. Io lo voglio vedere"
pensò, prima di notare l’autobus in lontananza.
***
Era pieno di persone e si
ritrovò appiccicata al finestrino. Notò nuovamente la luna bianca.
"Non so perché ma ho paura. Ti
prego, ti scongiuro, voglio salutarlo" .
Ripensò a quando suo padre si
era sentito male. Non si era più ripreso. I figli lo andavano a
trovare tutti i giorni, lo accudivano e gli stavano vicino.
Non potevano lasciarlo solo.
Non lui che era sempre stato li per loro. Lui che aveva fatto anche
il ruolo della madre. Lui che capiva i propri figli. Lui che era un
padre perfetto.
Lo sguardo vuoto di Sakura si
rianimò nel vedere la grossa struttura grigia che lentamente si
avvicinava.
Notò anche che la vettura si
era lentamente svuotata e che ora c’era lei e qualche anziana
signora con buste piene di mangiare.
Prenotò la fermata e una volta
scesa quel freddo pungente la colpì nuovamente. Mentre si avvicinava
all’entrata diede un ultimo sguardo alla luna. Fece un respiro
profondo "Ti prego" e una volta espirato spinse la grossa porta
dell’ospedale.
Ora un leggero tepore l’aveva
circondata e quell’odore di disinfettante così familiare, era
l’odore dell’ospedale.
L’odore che associava al padre
nell’ultimo periodo. Era brutto come paragone, ma si sentiva a casa
quando venendo dal gelo esterno, entrava in quel luogo.
Percorse il lungo corridoio.
Era in semi ombra perché qualche luce era spenta.
Il cellulare iniziò a vibrarle
insistentemente. Era Touya.
- Dimmi –
- Dove sei? –
- Davanti all’ascensore. A che
piano devo venire? – domandò
- Al 2°. Io ti aspetto li. – e
attaccò.
Si era un po’ tranquillizzata
nel sentire la voce di Touya. Lui era calmo.
***
Le porte dell’ascensore si
aprirono e una volta messo piede fuori, vide il fratello appoggiato
al muro.
La guardò dritta negl’occhi e
un lungo e freddo brivido le percorse la schiena. Il sangue le si
ghiacciò e vide il ragazzo scuotere la testa prima di abbassarla
rivolta verso il suolo.
Singhiozzi soffocati iniziarono
ad uscire dalla bocca di Sakura. Lacrime calde fuoriuscivano a
tratti dai suoi occhi smeraldo contratti dal dolore. La ragazza si
piegò e lentamente cadde a terra. Non respirava più tanti erano i
singhiozzi che le si fermavano nella trachea.
Il suo urlo disperato e
affranto rimbombò nel lungo e vuoto corridoio.
Anche il volto del fratello era
rigato dalle lacrime che scendevano libere e senza ostacoli.
I due si abbracciarono
stringendosi e dando sfogo alla sofferenza che gli univa. La stessa
che entrambi provavano.
Sakura emetteva suoni rotti
dovuto al fatto che aveva la bocca appoggiata contro la camicia
verde scuro di Touya. Stringeva quel tessuto così leggero e non
smetteva di lasciare un alone bagnato sulla spalla di lui.
Erano restati solo. Lui e lei.
Ce l’avrebbero fatta, insieme.
Ma ora questo non importava a
nessuno dei due, non importava cosa avrebbero fatto dopo.
L’unica cosa che gli spezzava
il cuore era il fatto di aver perso il padre. La loro figura di
riferimento. Colui che aveva saputo dargli l’affetto anche della
madre.
L’uomo che amavano più di
qualunque cosa al mondo.
***
- Sai qual è la cosa che mi fa
più male? – esclamò la giovane con esile voce dopo lunghi minuti di
silenzio.
Sentiva le guance accaldate e
appiccicose.
Avrebbe voluto sciacquarsi il
volto con acqua fresca, ma sarebbe stato inutile. Altre lacrime le
avrebbero bruciato sul viso durante il loro passaggio, rendendolo
così indelebile nella sua memoria.
Il ragazzo accanto a lei annuì.
Anche lui era stato zitto.
Rispettava la sua ragazza. Non voleva disturbare quel silenzio sacro
con stupide parole di compassione.
Lui le voleva soltanto stare
accanto in un momento del genere.
Appena Touya gli aveva mandato
un messaggio era corso, e ora, era in quella piccola sala d’attesa
già da due ore…
- Che non l’ho salutato. Io…non
ho…salutato mio…pa…- scoppiò in una nuova serie di singhiozzi.
L’abbracciò d’istinto.
La strinse forte, lui c’era.
Per lei ci sarebbe sempre
stato.
E lei lo percepì.
- Grazie Shaoran- sorrise e si
asciugò le lacrime che nonostante ciò continuavano dispettosamente a
scenderle dagl’occhi.
Questa volta però erano
silenziose, come tutto intorno a loro.
***
La porta si aprì lentamente e
il più grande dei Kinomoto apparse.
- Lo vuoi vedere? – chiese con
voce dolce alla sorella
- No. Preferisco ricordarlo da
vivo. –
Il fratello accettò la sua
decisione e rientrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Sakura aveva paura della
reazione che poteva avere. E il solo pensiero le faceva male.
Lacrime. Migliaia di lacrime
rigavano ora il suo volto. Non ci poteva credere. Non ci voleva
credere.
Non ancora.
***
- Scusate vado in bagno – disse
la giovane Kinomoto prima di alzarsi dal tavolo imbandito e
circondate da persone a lei care.
Si chiuse la porta alle spalle
e si sciacquò il viso.
Avevano avuto una bella idea di
organizzare una cena.
Tutti insieme.
Lei, suo fratello, Tomoyo,
Sonomi e c’era anche il nonno.
Si fermò a guardare la propria
immagine riflessa nello specchio. Aveva il volto rilassato, come se
tutta la giornata di pianto non fosse mai esistita.
Gli occhi erano belli come
sempre e nemmeno minimamente arrossati o gonfi.
Distolse lo sguardo e si
diresse verso la porta.
Girò la chiave a aprendo la
porta guardò davanti a se, e li, vi trovò il padre.
Stava bene, non era più malato.
Aveva il volto rilassato e
sereno.
Lei lo guardò contenta, felice.
Gli sorrise e lui l’abbracciò.
- Sono venuto per salutarti,
Sakura -
Strinse la figlia a se.
Per l’ultima volta.
Aprì gli occhi da cui
sgorgavano lacrime e che non si volevano fermare. Sentiva ancora il
cuore batterle forte nel petto e la sensazione e il calore del corpo
del padre che l’abbracciava.
Felicità e una sensazione di
completezza regnavano ora in lei.
Un sorriso apparve tra le
lacrime.
Si era sbagliata, era riuscita
a salutarlo.
***
Dedicata a mio nonno, che non
ho potuto salutare ma che è venuto a farlo lui in sogno.
Lau |