To
usher in the spring – Fare strada alla primavera
Da qualche tempo l’aria
aveva preso a scaldarsi e le foglie avevano smesso di cadere dagli
alberi.
Ancora un po’, e anche i ciliegi avrebbero preso a mostrare i loro
petali,
inondando le strade di rosa.
Da quando era finita la guerra, Naruto aveva preso l’abitudine di
camminare a
testa in su per ammirare tutte le cose che prima non era riuscito
nemmeno a
guardare: solo per questo si era accorto che la primavera stava
arrivando.
Ormai non aveva più nulla da fare, poteva solo starsene con le mani in
mano e
passeggiare per il villaggio senza meta. Era solo: Sasuke e Sakura
erano ormai
lontani, erano spirati uno nelle braccia dell’altra poco prima che
l’ultima
battaglia terminasse proprio per mano della sua compagna. Alla fine,
era stata
sempre quella la sua intenzione, andarsene con lui. L’avevano capito in
modo
così sconvolgente, ma, in un certo senso, nessuno
se ne era stupito tanto. Naruto era
sconvolto: riusciva a spiegarsi quel gesto disperato, ma non la
solitudine in
cui lo avevano lasciato. Non si erano preoccupati di lui, ma solo di
loro
stessi. Ormai la loro squadra continuava ad esistere soltanto nei suoi
ricordi,
lontana: Kakashi era stato assegnato ad una nuova squadra e non lo
vedeva da un
po’.
Era solo.
Invidiava le altre squadre, ancora attive ed intere: aveva preso
l’abitudine di
bighellonare tra i campi di allenamento e le osservava allenarsi,
invidiandole
tremendamente.
In tutte regnava una tenue allegria, l’allegria di poter condividere
ancora del
tempo, e di solito il vociare superava i momenti di silenzio. Non era
affatto
come loro, che, quando la squadra ancora era in vita, a stento si
parlavano,
perché sapevano di infastidirsi l’un l’altro: Naruto l’aveva scoperto
con
orrore negli ultimi tempi insieme ad altro migliaio di cose che non
aveva mai
neppure immaginato. Niente assomigliava alla squadra sette, niente
parlava di
loro e dei loro silenzi. Una strana armonia regnava soltanto nel campo
di
allenamento utilizzato dalla squadra otto: Hinata, Kiba e Shino
continuavano ad
allenarsi dalla mattina fino al calare del sole senza dire una parola,
riposandosi soltanto qualche volta, e non parlavano quasi per niente,
ma
sembravano così uniti da far male. I loro movimenti erano sempre
essenziali e
soppesati, in accordo con quelli dei compagni e a loro destinati.
All’inizio, quando per la prima volta si era appoggiato alla palizzata
che
delimitava il loro campo di allenamento, Kiba l’aveva aggredito come al
solito,
ordinandogli di andarsene. Avevano discusso, litigato, si erano offesi,
ma
Naruto non se ne era andato e da quel giorno nessuno di loro aveva
fatto più
caso a lui, stranamente silenzioso e appollaiato sullo steccato.
Soltanto
Hinata lo salutava sempre con un sorriso che covava qualcosa in più
della
solita timidezza.
Tempo prima, se lui fosse comparso all’improvviso dietro di loro, lei
sarebbe
arrossita balbettando, adesso, invece, riusciva persino a guardarlo
senza
abbassare lo sguardo, e nei suoi occhi c’era una certa sicurezza prima
assente.
Hinata era cambiata così tanto, pensò mentre la guardava piroettare
elegantemente sul terreno per schivare una pioggia di insetti neri.
Osservarla
gli faceva dimenticare brevemente tutti i suoi fallimenti. Ripensò di
nuovo
alla guerra, a quando lei gli aveva salvato la vita, alle sue parole
inaspettate, a Sasuke che cominciava a distruggere gli abitanti di
Konoha, a
Sakura che lo pugnalava con una lama di chakra per mettere fine ai
massacri, a
Sakura che poi si pugnalava e si sentì ancora un fallito: prima di
essere
colpita a morte sotto il suo sguardo attonito, Hinata gli aveva
snocciolato
tantissime cose in cui non si riconosceva più. Gli aveva detto di
averla
salvata, ma lui non sapeva di averlo mai fatto, anzi era
accaduto il contrario, lei lo aveva salvato. Lo
stava ancora facendo, perché guardarla allenarsi lo riempiva. La sua
determinazione e il suo sforzo infinito colmavano il suo vuoto, il suo
viso e
le sue parole prima di essere colpita da Pain gli davano una forma
nuova.
Hinata si fermò per asciugarsi il sudore sul volto e, da sopra
l’asciugamano, i
suoi occhi presero a cercarlo: quando lo vide, gli sorrise come al
solito e i
loro sguardi si incrociarono. Per la prima volta dopo giorni Naruto
sentì di
volerle dire qualcosa, ma gli mancarono le parole e le sorrise a sua
volta. Si
sentì strano quando lei gli diede le spalle per rimettersi in
posizione,
camminando come se stesse ballando: era come se qualcosa si fosse
sbloccato
dentro di lui, e tutto era accaduto in un secondo. Era bastato il tempo
di
cominciare a desiderarla e di sentirsi desiderato. Alla fine
dell’autunno, dopo
aver colorato l’esterno, finalmente la primavera cominciava a fiorire
anche
all’interno e lui le faceva strada.
Note:
Qualche giorno fa ho sentito l’esigenza di scrivere una NaruHina, come
non mi
capitava da molto tempo, ed eccola qui. La sento così intima che sto
tremando
solo al pensiero di pubblicarla, ma in qualche modo voglio condividerla
con
chi, come me, crede ancora in questa coppia e, in generale, in questa
serie che
mi ha dato tanto, avvicinandomi al mondo delle fanfiction. Spero possa
esservi
piaciuta e mi farebbe davvero piacere saperlo, per cui vi ringrazio se
vorrete
lasciare un parere, anche piccolo. ^^
Il titolo della fic è un prompt della community su Livejournal “31
days”, in
particolare quello del 29 febbraio 2012.
Grazie per aver letto. ^^
Ayumi
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