- Certo che
proprio a te doveva succedere, eh Jack? -
Il ragazzo sospirò, sistemandosi alla bell'e meglio sulla
sedia spartana che aveva trovato nel corridoio di fuori.
- Insomma, voglio dire, c'ero anch'io là, sarebbe dovuto
succedere a me -.
Accennò una smorfia che sarebbe dovuta essere un sorriso
tranquillizzante e scosse la testa. Chiuse gli occhi e
respirò a
fondo, riaprendoli pochi secondi dopo. Aveva sperato così
tanto
che quello fosse solo un brutto sogno, ma aveva dovuto ricredersi ogni
volta che si era guardato attorno. Una grigia stanza d'ospedale
impregnata dal puzzo di malati, una macchina che emetteva continuamente
un bip bip preoccupante, mobili pieni di medicine e per ultimo, il
particolare più doloroso: Jack.
Si morse il labbro e giocò un po' con le mani, tenendo lo
sguardo basso. Guardare il suo migliore amico era ancora
così
dannatamente difficile, anche dopo tutto quel tempo. Ogni volta pensava
di potercela fare, di poter battere le lacrime, ma la verità
è che non avrebbe mai superato il trauma, come temevano i
suoi
compagni e il suo manager. Era andato a far visita a Jack
più o
meno tutti i giorni da quando aveva avuto l'incidente ed era finito in
coma, ma ancora faceva fatica a credere che l'amico non fosse
più accanto a lui.
''Andiamo Alex, non fare lo scemo. Abbiamo qualcosa d'importante da
fare oggi, non puoi semplicemente prendere e andartene
perché
è l'ora delle visite giù all'ospedale. Voglio
dire, non
è mica detto che si risvegli proprio questo pomeriggio!
Cerca di
capire, è importante per le vostre carriere, per il vostro
futuro, non per me. Non mandare tutto all'aria anche stavolta, porca
puttana!''
La voce del suo manager gli rimbombava ancora in testa. In poche parole
gli aveva chiesto di abbandonare il suo migliore amico per pensare ai
soldi, e Alex non riusciva a capire come si potesse essere
così
cinici. Si alzò dalla sedia senza fare rumore e si
avvicinò al letto, il cuore che batteva veloce come la prima
volta che l'aveva visto. Sembrava così angelico e dolce
rispetto
al solito Jack, sempre pronto a fare qualche stupida battuta sulla
madre del prossimo e a fare qualcosa di pericoloso. Scosse lievemente
la testa. Per una volta non era stato lui il coglione della situazione.
Strinse le labbra e inspirò amareggiato, sbuffando.
- Sai Jack, se avessi fatto il deficiente come al solito, forse ora
saresti qui al mio fianco. Buffo, no? Fai come ti pare e stai bene, poi
quando decidi di dar retta ai tuoi amici finisci male - storse le
labbra e spostò i capelli dalla fronte del ragazzo.
- Non posso fare a meno di pensare che sia tutta colpa mia - ammise,
accarezzandogli la guancia.
- Se ci fossi io al tuo posto sarebbe decisamente meglio -
sospirò. Tacque qualche istante e il rumore del respiratore
riempì la stanza, facendo sentire Alex molto più
sofferente e solo. - Mi manchi, Jack. -
Pronunciò l'ultima frase con estrema lentezza e
sofficità, respirando a fondo e stringendo la mano
dell'amico.
- Mi manchi come non mi è mai mancato nessuno prima d'ora.
Sai,
sono venuto qui praticamente tutti i giorni da quando sei stato
ricoverato e non me ne sono ancora pentito. Vederti stare male
è
una coltellata al cuore, ma non vederti è ancora peggio..
Manchi
a tutti, Jack. Vorremmo tanto rivedere un tuo sorriso o arrabbiarci
un'ultima volta con te. Così è troppo.. troppo
sbagliato.
Dobbiamo portare fino in fondo il nostro sogno, ricordi? Tutto quello
per cui abbiamo lottato fin'ora è finalmente a portata di
mano e
non dobbiamo lasciarlo scappare, lo so, ma senza di te è
così difficile.. Tutto quello che faccio sembra essere
sbagliato
e tutte le mie certezze sono crollate come castelli di carta sotto la
spinta del vento. Tu sei una delle poche persone che so che non mi
tradiranno mai, eppure sei così lontano ed io ho montagne di
cose da dirti. Davvero, potrei parlarti per ore e ore, molto
più
di quanto non faccia ultimamente. Mi manca terribilmente la tua voce e
il fatto che tu non sia realmente qui con me, ora. Vorrei poterti
stringere, baciare e dirti, 'brutto coglione, mi hai fatto
preoccupare', per poi scoppiare a piangere contro il tuo petto e
sentire la tua mano correre lungo la mia schiena. Vorrei poter tornare
alla vita che facevamo prima, ai tour, a tutte quelle cazzate che ci
facevano sentire così vivi. Vorrei che tu potessi annuire e
dire
'Sì, Alex, hai proprio ragione', o farmi capire che in
qualche
modo mi stai ascoltando, perché non so più in
cosa
credere.. -. Tacque qualche secondo, come a recuperare il fiato, e si
strinse le sopracciglia con due dita, ricacciando indietro le lacrime.
- Diamine, Jack, perché fa tutto così schifo? -
mormorò con voce rotta. - Perché deve sempre
esserci
qualcosa che va male? Merda. Avrei tanto bisogno di uno dei tuoi
scherzi, ora - aggiunse, accennando un sorriso e scuotendo la testa.
- Sono sempre i migliori che se ne vanno, Alexander -
commentò
l'infermiera. Alex sussultò, voltandosi di scatto. Non
l'aveva
sentita arrivare.
- Andiamo, Gaskarth, l'orario delle visite è finito - lo
avvertì la donna, indicandogli gentilmente la porta con il
capo.
Aveva una voce dolce e calda e cercava sempre di fare la cosa giusta,
ma con il ragazzo non sapeva che pesci pigliare. Perdere il proprio
migliore amico non è una cosa facile, specialmente se
l'amico in
questione è qualcuno di importante come Jack Barakat era per
Alex. Non aveva idea di come aiutare il chitarrista a emergere da
quella spirale autodistruttiva nella quale si era rintanato, ma
più volte gli aveva permesso d'intrufolarsi nella stanza
quand'era buio, in modo da passare più tempo con l'altro, e
quei
piccoli gesti le avevano dato l'impressione che il castano non sarebbe
mai stato in grado di staccargli la spina. Erano mesi che non lo vedeva
andare in vacanza o fare qualcosa che non riguardasse la band e
Barakat; più volte lo aveva sentito discutere col manager a
causa delle sue visite continue e ancor più spesso lo aveva
visto piangere. Bastava guardarlo in faccia per capire che stava
crollando, ma non sarebbe certo stata lei a fare la differenza nella
sua vita, quindi si era tenuta abbastanza alla larga da lui e lo aveva
sostenuto da lontano. Alex se n'era accorto, ma sapeva che per quella
donna non significava molto e che si muoveva per pietà,
così aveva deciso di evitare ogni contatto con lei, per
quanto
fosse possibile.
Alzò lentamente gli occhi dal suo migliore amico e la
squadrò, la vista offuscata dalle lacrime che aveva
soppresso
fino a quel momento.
- Solo altri cinque minuti - la pregò. - Cinque minuti e me
ne vado -
La donna sospirò, impietosita, e mosse la mano come per
approvare. Uscì silenziosamente dalla stanza e si mise ad
aspettare in corridoio, lanciandogli qualche occhiata attraverso la
porta a vetri. Alex storse la bocca.
- Hai visto, Jack? Sono già passate due ore -
commentò. -
Il tempo vola, qui con te - mormorò, abbassando lo sguardo.
Aspettò qualche secondo, poi si alzò e si
riavvicinò al letto, guardando attentamente il viso
dell'amico.
- Ti stai sciupando, sai? - scherzò con aria affranta,
giocherellando con i suoi capelli lunghi.
- Quando ti sveglierai ti porterò da un parrucchiere e
sistemeremo i tuoi amati spinaci, va bene? - Sorrise da solo,
tranquillizzandosi.
- Con il mio discorso di prima non volevo farti preoccupare Jack.
Ovunque tu sia, pensa solo a te stesso e a guarire, okay? Io me la
caverò, in qualche modo; ma ti prego, ti prego, torna in te
e
apri gli occhi - tacque nuovamente, rimuginando sul da farsi. Diede un
buffetto sulla guancia al chitarrista e sorrise impercettibilmente,
mentre le sue labbra scandivano un ''Buonanotte, Jack''.
|