Salve
a tutti! Questo racconto non vuole essere né accurato
né “vero”
dal punto di vista mitologico. Solo, ho voluto raccontare qualcosa di
una dea che amo molto, Ecate, donandole una storia che la vede il
più
vicina possibile al dio al quale fa riferimento il suo potere.
Buona
lettura.
…
… ...
Ecate
Siamo
centinaia ai piedi del trono. Centinaia tra creature, ombre e
divinità. Tutti prostrati al suo cospetto, tutti in attesa
di
eseguire i suoi ordini.
C'è
movimento. Un'onda eterna di membra agitate. Un essere notturno mi
striscia davanti, ma io lo blocco e gli dilanio un'ala coi miei
artigli. Calpesto una ninfa e guadagno un metro, no, solo quindici
centimetri. Strazio un'ombra. Mi faccio più vicina. Ecco,
ora sono
quasi arrivata ai suoi piedi.
Il
trono del Signore degli Inferi è posizionato nel centro del
Tartaro,
sulla terrazza più alta della piramide a gradoni. Tutto
intorno alla
struttura sprofonda un abisso in cui il dio precipita le anime dei
defunti. Sui gradoni c'è un vorticoso brulichio. Siamo tutti
sui
servitori. Obbedire ai suoi ordini, anticipare i suoi desideri
è il
nostro dovere. Noi tutti lo adoriamo e lottiamo per essere notati.
Nessuno
è mai stato costretto a servirlo, siamo qui per nostra
volontà. Io
per prima.
Sono
la dea degli incantesimi e dei lupi, la Regina degli Spettri.
Proteggo le Arti Magiche e accompagno i viaggiatori tra i diversi
mondi. Sono da sempre, per così dire, una habitué
dell'Aldilà.
Per
un'eternità sono stata l'unica divinità alla quale
Ade abbia mai concesso
l'onore di un dialogo, di una semplice chiacchierata.
Il
Signore dei Morti è molto potente, più dei suoi
divini fratelli.
Per paura è stato confinato con l'inganno nel Regno di
Sotto, ma la
sistemazione si è rivelata incredibilmente congeniale:
poiché egli è
l'Unico quaggiù, e le regole del Tartaro sono sciolte da
ogni
vincolo con quelle della superficie.
Per
un'eternità mi sono beata
delle sue parole, ansiosa di abbandonare la volta celeste e fargli
visita. Così a lungo ho riso delle sue trame ai danni di
muse,
ninfe, driadi e umani che non ho creduto di poterne essere io stessa
vittima. Del resto, a me rispondeva la magia. Non sarei mai stata
sfiorata da alcun incanto, pensavo con divina superbia.
Ho
continuato a godere della sua augusta compagnia fino a quell'infausto
giorno in cui lo vidi rapirla. Ade il Glaciale irretito da una bella
bambolina.
Accecata
da un sentimento fino ad allora sconosciuto corsi da Demetra, madre
della giovane rapita. La avvertii della triste sorte a cui era stata
condannata la figlia e, di fronte alla collera di Zeus, credetti di
aver vinto la mia battaglia.
Ma
forti sono le arti del mio Signore. Ottenne che Proserpina
vivesse tra due mondi, lei stessa in grado di viaggiare tra vita e
morte. Ora che una nuova creatura era in grado di portare notizie e
novità riguardo il mondo dell'Olimpo, la mia presenza era diventata
inutile
e sgradita.
Gli
chiesi quindi udienza, la ottenni. Ma non mi accolse più col
solito
ghigno velato, no. Quando mi inchinai per l'ennesima volta al suo
cospetto non udii alcuna frase di benvenuto.
“Traditrice”,
mi disse. E i suoi occhi erano neri come le profondità
dell'Abisso.
Fuggii
sulla terra, ma la lontananza dal mio Signore mi uccideva. Sbagliai
le malie, persi il controllo sulle creature notturne, mi trovai senza
alcuno scopo. A chi raccontare le malefatte e i malefici? Con chi
trattare delle Materie Oscure?
Tredici
mesi vagai senza meta.
Quindi
tornai nel Tartaro. Guardai la moltitudine strisciante ai suoi piedi.
“Bentornata” fu il suo saluto. Quindi
alzò lo scettro e venni
scaraventata sul primo gradino del trono. Grida, sibili e stridii mi
avvolsero, ma non poterono nulla contro di me: conservavo ancora il
mio potere. Alzai gli occhi verso il dio. Avrei potuto combattere,
magari sarei riuscita a fuggire. Ma la volta celeste non era
più
nulla per me. Sarei sempre voluta tornare.
Con
lo sguardo fisso sul suo volto mi inchinai. Mi inchinai per le sue
labbra, per il suo viso, per i suoi capelli, le sue mani, i suoi
occhi.
Quindi
attesi gli ordini.
Una
nuova eternità è passata. La nuova regina
Proserpina viene quaggiù
per sei mesi, quindi scappa nel suo mondo profumato. Io languo nel
fetore della morte, con gli occhi invasi dall'orrore e dalla
putrefazione, ma con il cuore stravolto e l'anima colmata
dall'immagine del dio.
Sono
sempre qui ai suoi piedi, pronta ad anticipare ogni suo desiderio.
Lui si è dimenticato di me ormai. Ma io gli sarò
sempre accanto. E
forse, in un'altra eternità, si ricorderà di una
strega, una dea,
con la quale amava discorrere nella fredda oscurità del
Tartaro.
…
… …
Come
penso sia per tutti gli scrittori, gradirei poter leggere i pareri di
voi lettori. Quindi fatemi sapere se il racconto vi è
piaciuto o
meno... sono aperta alle critiche, purché costruttive.
Grazie.
Bacioni a tutti!
NRB
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