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BABYSITTING
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"Grazie dell'aiuto, Zen-kun! Se non
ci fossi stato tu, non avremmo saputo come fare!"
Con un sorriso stanco e indebolito
rivoltole da sotto il futon, Zen osservò il volto pieno e arrossato di Wakana,
che cullava tra le braccia un piccolo Rikuo assonnato e addormentato, mentre
Rihan, il marito, stava seduto accanto a lei,osservando l'amico con un misto di
orgoglio e gratitudine.
"Sono io che dovrei ringraziare il
piccoletto." notò lo yokai più anziano, fissando il bambino appisolato con
tenerezza: "Però ti sei offerto di tenere Rikuo-chama mentre noi eravamo fuori."
replicò testardamente la donna, sfregando la guancia contro quella paffuta del
figlio prima di alzarsi, "Vi lascio da soli, io porto Rikuo-chama a fare la
nanna" trillò lei, uscendo dalla stanza.
Il Secondo e il suo sottoposto
rimasero in silenzio, con le orecchie tese a percepire l'allontanarsi del passo
lieve della donna e il vociare indistinto degli yokai del clan Nura in
lontananza.
"Ogni volta ti conci in modo
peggiore, è incredibile quanto accudire un moccioso come Rikuo possa
sfiancarti." ridacchiò Rihan, aspirando il fumo della sua pipa accesa: "Però a
lui piaci, quindi dovrai prepararti ad altri incontri ravvicinati col più
terribile yokai che tu abbia mai incontrato." scherzò lui con una leggera
risatina.
"Ho l'impressione che sarà sempre
peggio." provò a scherzare lui, venendo però interrotto da un improvviso e
violento accesso di tosse, che sparse sulla trapunta candida un grumo di sangue
scuro, lasciandolo al contempo spossato.
Rihan si sporse in avanti,
sorreggendolo per impedirgli di strozzarsi con la propria saliva, e scrutandolo
con preoccupazione mentre lo yokai si poggiava contro di lui: "Non dovresti
sforzarti più del necessario, in fondo ieri sera sei rimasto coinvolto in un
combattimento." notò il Secondo con serietà mentre lo aiutava a distendersi e
gli passava un fazzoletto sulla bocca per ripulirla dai residui di sangue.
Zen sorrise appena, reclinando il
capo sul cuscino: "Erano degli scarafaggi molesti. Aotabo e Kurotabo li hanno
scacciati all'istante." lo rassicurò: "Si, ma a proteggere Rikuo dal loro capo
sei stato tu.", "E lui ha protetto me."
Lo scambio di battute tra i due si
concluse con il suono gorgogliante della risata del bimbo di casa, e il suo
caratteristico zompettare sulle assi di legno poco fuori dalla porta scorrevole,
che precedette la comparsa della sua ombra sulla carta sottile, seguita dal
picchettio leggero della sua manina paffuta sull'intelaiatura in legno.
"Tou-chan! Niisan!" pigolò lui da
fuori: "Entra, mocciosetto!" esclamò Rihan con entusiasmo, nascondendo la pipa e
allargando le braccia per accogliere il figlio, che incespicava nei propri
piedini avvolti dai calzini; il bel bimbo dagli occhioni color caramello
s'aggrappò alle spalle del papà, ridendo allegramente e cercando di afferrargli
i capelli con le dita tozze e grassocce.
"Ora fai il bravo, Rikuo, che
Zen-san deve riposare." gli disse, prima di depositare semplicemente il
fagottino in tutina rossa in grembo all'altro yokai, che lo fissò con stupore.
"Sono un paio di giorni che il mio
vecchio non si fa vivo, credo sia il momento di andare a cercarlo. Chissà,
magari qualche massaia l'ha pescato in casa propria e l'ha buttato dalla
finestra con un colpo di scopa." rise il Secondo mentre si alzava, con il kimono
disordinato al suo solito: "Rikuo-kun, ti affido Zen. Vedi di non farlo alzare."
Il volto del bimbo si accese di
determinazione mentre si sedeva sul petto del più anziano con l'intento di farlo
stare sdraiato; questi lo squadrò con accondiscenza: "Gaurda che pesi." gli
disse con tono di finto rimprovero.
Rikuo scosse la testa,
accomodandosi meglio: "Zen-niisan deve stare sdraiato come dice papà!" esclamò
lui con maggiore entusiasmo, puntando i grandi occhioni color caramello su di
lui, con tale intensità che, per un momento, allo yokai più anziano parve di
rivedere quello sguardo raggelante di furia che lo scricciolo aveva sfoderato
solo poche ore prima nel tentativo di difenderlo.
Era successo tutto forse troppo in
fretta, a fatica Zen riusciva a ricordare la sequenza degli eventi: dall'uscita
di Wakana e Rihan, che avevano lasciato il loro primogenito in custodia sua e
degli altri yokai di casa, all'appisolarsi del bimbo sulle sue ginocchia dopo
aver giocato a lungo sotto l'albero di ciliegio del cortile, poi il vociare
continuo degli altri abitanti della casa, fino all'esplosione che aveva
squassato le fondamenta della grande casa e gettato scompiglio tra loro.
E il rumore del clan Nura che
scendeva in battaglia.
Ricordava vagamente che Rikuo si
era svegliato, sfregandosi un occhio mentre lui cercava di portarlo in salvo
prima di correre ad aiutare in battaglia, salvo essere colpito alle spalle da un
corto pugnaletto che era stato infisso tra le sue costole.
Il dolore, poi la sensazione del
sangue che scorreva, lasciandolo prostrato, e quei vermiciattoli che provenivano
dalle campagne, Zen aveva riconosciuto l'odore nauseabondo di palude e
acquitrini all'istante, ma la volontà ferrea di trascinarsi verso il piccolo, e
terrorizzato, fagottino in tutina rossa che lo pungolava.
Lo aveva stretto tra le braccia,
promettendo a sè stesso che sarebbe morto piuttosto che lasciarlo a quei
vigliacchi.
E poi...
Rikuo gli era sgusciato via dalle
braccia, parandosi davanti a lui: e pur se era ormai privo di forza, Zen aveva
visto chiaramente la figuretta del suo protetto mentre, con sguardo fermo e
incredibilmente crudele anche per gli standard degli yokai, cercava di
difenderlo. Era incredibile l'aura demoniaca che sembrava provenire da quel
corpicino così minuto e goffo, che scalciava disperatamente tanto più le dita
fangose e callose di quello che sembrava essere il capo si stringevano attorno
alla sua testa, strappandogli un gridolino di dolore.
Come se quelle urla lo avessero
rinvigorito, Zen semplicemente era scattato e, dalla tasca del kimono, aveva
tirato fuori uno dei suoi contenitori in legno, spargendone il contenuto sopra
gli avversari, con tale rapidità che questi si erano ritrovati ricoperti dal
veleno in pochissimi istanti.
Il liquido venefico luccicava
minaccioso alla luce delle lanterne e della Luna piena sopra di loro, e ci volle
poco meno di mezzo minuto perchè questi facesse effetto, facendo collassare gli
avversari, ormai privi di vita, al suolo mentre un Rikuo singhiozzante
precipitava tra le braccia di Zen.
Il chiasso della battaglia al
cancello centrale sembrava essersi acquietato, seguito dalle grida di giubilo
del clan mentre un sorriso sollevato andava allargandosi sul viso del più
anziano allo stesso modo della macchia di sangue sul kimono.
Prima di svenire, l'ultima cosa che
ricordava fu la paura che saettava negli occhi del piccolo.
Si era risvegliato nella stanza che
solitamente occupava quando restava lì, con Rihan che gli fumava allegramente
accanto.
"Zen-niisan starà bene?
La vocetta preoccupata del bambino
lo strappò dai suoi pensieri, costringendolo a puntare su di lui uno sguardo il
più possibile rassicurante, malgrado si sentisse peggio di uno straccio; allungò
una mano a sfiorargli i capelli soffici e spettinati: "Dammi un paio di giorni e
sarò di nuovo in piedi." gli disse.
Pur se con qualche dubbio, e con
infinita cautela, Rikuo scese dalla sua posizione, gattonando fino ad arrivargli
a pochi centimetri dal naso.
"La prossima volta tocca a te
correre!" esclamò lo scricciolo con un grande sorriso, zompettando poi fuori
dalla stanza.
Chissà, forse Rihan aveva proprio
ragione, si ritrovò a pensare con un fremito: probabilmente, avrebbe dovuto fare
ancora a lungo da babysitter a Rikuo, e non era proprio certo di uscirne tutto
intero.
Oh beh, si ritrovò a pensare, prima
di addormentarsi e cullato dalla voce del moccioso che gridava a gran voce il
nome di Kubinashi: poco male, si disse, ciò che non uccide fortifica.
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