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*non
ci crederete ma ci siamo…siamo al famoso fatidico ultimo capitolo…gioite con
me. Ultimamente mi trovo spesso a scrivere la premessa per finire le storie a
cap che faccio…quasi quasi mi commuovo, significa che le cose che inizio
riesco anche a finirle! Yeah! Comunque…questo diciamo che è un regalo un
po’ per tutti i romanticoni…ognuno va per la propria strada, chi da solo,
chi in coppia, chi continua la vita di sempre, chi la cambia radicalmente, chi
invece solo in parte…infine la scena fra Genzo e Karl la dedico a Slanif che
ci teneva tanto per vederla! Ringrazio anche gli altri che hanno letto, seguito
e commentato questa storia con poche pretese e ammetto molto sadismo(nonché
molto yaoi!!!), fra cui cito: Lady Fire, Sally, Sanzina89, Slanif,
Kiramars, Chy, Sanzina89, Kurama87, Chy-cahn, Parsifal, Yukino, Yama An. Penso
che più avanti farò il seguito, ma sarà una incentrato su Kojiro e Jun che mi
piacciono troppo insieme! Se nel frattempo sperate io scriva di nuovo su CT non
so che rispondervi, non credo lo farò ma non lo escludo…io sono
imprevedibile! Ci sono comunque molte fanfic e storie che scrivo e che ho in
mente di iniziare, ce n’è sempre per tutti i gusti…ora vi saluto e spero
questo ultimo capitolo piaccia a tutti. Questo
è il link di un disegno che ho fatto su Jun nella versione di questa fic,
l’ho personalizzato disegnandolo col mio stile e non quello del suo autore
originale, per cui forse nemmeno ci somiglia, al vero Jun, ma poco importa, a me
soddisfa: http://img237.imageshack.us/img237/4972/secretcryet6.jpg.
A presto e buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
8:
PER
NOI QUALCOSA ANCORA
L’aeroporto
gremito di gente che andava e veniva era un punto d’incontro e saluto per
molta gente, troppa per alcuni, non abbastanza per altri. L’andirivieni era
impossibile da seguire senza farsi venire mal di testa. La voce metallica
dell’annunciatrice iniziò in tutte le lingue possibili a richiamare i
passeggeri del volo diretto in Francia, poco dopo richiamarono quelli della
Germania.
Fra
tutti non si sarebbero distinti facilmente 5 ragazzi giunti a Narita per
salutarsi e separarsi, per andare ognuno nella propria strada, nuova vita o
tornare a quella vecchia.
-
Sarà strano…-
Aveva
iniziato a dire Hyuga lasciando però la frase a metà per non sembrare
sentimentale.
-
Cosa?-
Chiese
quindi Genzo strafottente con l’intenzione di farsi l’ultimo battibecco
prima di andarsene e non vederlo per chissà quanto!
-
Penso che intendesse: sarà strano sapere Tsubasa in Francia con Taro!-
Tradusse
per lui Misugi vedendo il compagno in difficoltà, tutti li guardarono
contemporaneamente, incuriositi e stupiti dal vedere per l’ennesima volta Jun
che veniva in soccorso a parole a Kojiro. Solo Genzo sapeva che si erano messi
insieme, gli altri, probabilmente, non l’avrebbero mai saputo ma anche se la
cosa si fosse sparsa fra il giro stretto, a nessuno dei due sarebbe dispiaciuto,
entrambi erano tipi menefreghisti a modo proprio…Kojiro per la serie: ‘non
me ne sbatte un ca**o di nessuno!’ Invece Jun era più: ‘Io vado avanti lo
stesso per la mia strada!’
-
Bè, la cosa più strana sarà che non giocherò più a calcio, no?-
Aveva
improvvisamente detto Tsubasa stesso, togliendo dall’impaccio chiunque
pensasse la stessa cosa senza osarla dire. Tutti l’ammirarono in quel momento,
anche se l’aveva detto con un aria molto tirata e malinconica. Aveva fatto dei
grandi passi in avanti rispetto a pochi giorni prima, si era ripreso in parte e
sentirlo parlare in quel modo era una buona ricompensa dopo tutto quello che
avevano passato!
La
paura di non saper cosa dire però ormai era viva in loro e cercando di dosare
sempre le parole, finivano sempre per parlare solo Jun e Taro.
-
Ora?-
Chiese
improvviso Genzo, facendosi serio.
-
Ora si ricomincia…-
Aveva
risposto Taro serenamente, il solito sorriso era tornato e a tutti parve di
riuscire a respirare meglio.
- Già…-
Fecero eco gli altri
con una giustificata tristezza nella voce e nello sguardo. Le cose erano
cambiate molto per tutti, perfino per Hyuga e Misugi che sarebbero semplicemente
tornati alla vita di prima, in realtà le cose erano cambiate anche per loro,
non solo per quanto accaduto a Tsubasa che li aveva resi coscienti di una
visione di vita diversa, specie alla tigre, ma soprattutto per il sentimento che
era nato e si stava sviluppando fra loro stessi. Non si chiamavano ancora
fidanzati, prima di farlo ce ne sarebbe voluto un bel po’ visto il
caratteraccio di Hyuga, ma il frequentarsi e ammettere che il lato fisico
c’era, eccome, era un gran passo in avanti che cambiava quindi molto. Anche
per Jun era nuovo quel rapporto ma lui gestiva le situazioni decisamente meglio,
dopo la malattia si era sempre preparato subito a ricevere qualunque novità,
era molto più adulto degli altri e sapeva accettare sia le cose belle che
quelle brutte, Kojiro era fra quelle belle anche se insolite, strane e
pesanti…sarebbe stata una nuova vita anche per lui, tutto sommato…una nuova
vita difficile ma piacevole.
Genzo? Bè, lui
pensava già insistentemente a quando avrebbe rivisto Karl all’aeroporto, non
vedeva l’ora, cominciava ad essere terribilmente impaziente anche se avrebbe
dovuto lasciare quegli amici con cui stava bene. Era sincero, però. Stare con
Tsubasa, da ora in poi, sarebbe stato ancor più difficile di quanto non lo
erano stati quei giorni. Tsubasa doveva ancora risollevarsi e scoprirsi, capire
cosa fare della propria vita, rinascere e risalire, diventare qualcuno…era
alla ricerca di sé stesso e di una ragione di vita, non era facile, specie
quando si passa tutti gli anni a convincersi che sarà una che invece ora non
puoi più percorrere. Di strade, però, ce ne sono tante per ognuno.
Tutti hanno mille
possibilità nella propria vita, così come ci sono più di una persona che
potrebbe vivere con ciascuno, ma se ne sceglie solo una, basta saperle
riconoscere e accettare, dedicarsi anima e corpo prima che fuggano e non tornino
più, prima di perdere il treno.
Genzo non avrebbe
cambiato una virgola della propria vita, aveva trovato subito la sua strada e la
persona giusta con cui percorrerla, non avrebbe cambiato nessuna delle due
nemmeno per tutto l’oro del mondo ed anche se a volte ci si deve fermare per
aiutare gli altri, l’importante è saper ritornare in carreggiata, recuperare
i propri bagagli e il compagno di viaggio e continuare a camminare andando
avanti e mai indietro. Genzo era per questa filosofia e per quanto bene volesse
a Tsubasa, Misaki, Hyuga…e perché no, ora perfino al poco più che estraneo
Misugi, non avrebbe mai cambiato l’oro che aveva trovato in Germania, per
qualcos’altro.
Tsubasa e Taro si
apprestavano per lo più ad una vita completamente diversa, sia perché
finalmente la percorrevano insieme con la scoperta di nuovi sentimenti, sia
perché Tsubasa dovendo cambiare ogni cosa di sé stesso, aveva coinvolto in
questo inevitabilmente anche il compagno. Tsubasa non avrebbe mai preteso che
Taro rinunciasse al calcio per lui, gli chiedeva solo di stargli accanto, così
sarebbe stato e chissà cosa il futuro avrebbe posto sul loro cammino…l’ex
numero 10 avrebbe atteso poiché era l’unica cosa che gli rimaneva. A volte
con uno sguardo spento, altre triste e malinconico, altre ancora piangendo di
nascosto…altre però riuscendo addirittura a sorridere, non come un tempo ma
comunque qualcosa sarebbe riuscito a fare…senza bugie. Solo ciò che si
sentiva. Fra tutti lui ce l’avrebbe avuta più dura però il sollievo,
l’unico che poteva avere, veniva dalla persona che mai più l’avrebbe
lasciato.
Alla fine è così.
Sono i sentimenti con
cui si affrontano le cose, ciò che cambiano, non cosa si fa e nemmeno se lo si
fa bene o male…solo se quando lo si fa si è felici e si sta bene. Come si fa
ad esserlo? Amando ed essendo amati. Il tipo di amore non ha importanza, ce ne
sono molti e per molti, ma sempre di amore, alla fine, si tratta.
- Allora alla
prossima, ragazzi…-
Disse Genzo
interrompendo il silenzio pesante in cui erano calati, un sorriso tirato, non
strafottente, e uno sguardo sinceramente dispiaciuto di lasciarli…ma fino ad
un certo punto. Si capiva che era anche contento di poter tornare nel suo angolo
di paradiso, da qualcuno che in un modo o nell’altro tutti avevano capito
essere Karl.
- Si, alla
prossima…è meglio che ci avviamo o chiudono il chek in…-
Aveva detto Taro
pratico di viaggi, prese l’iniziativa salutando tutti con una stretta di mano,
un abbraccio e un bacio ciascuno, come era nel suo stile, qualcuno si salutò
con una semplice stretta, altri addirittura con uno scambio di sguardi ed un
‘ciao detto fra i denti, ma tutti si salutarono e quando Tsubasa ebbe
concluso, disse con un filo di voce e occhi lucidi, l’ultimo consiglio da
capitano della squadra:
- Ragazzi, fate ciò
che io avrei voluto fare ma non come l’avrei fatto io, bensì come lo fareste
voi…-
Nessuno ebbe il
coraggio o la forza di dire niente, nessuno tranne Jun che con una nobile
espressione e un controllo ammirevole, rispose:
- Realizzeremo le
nostre aspirazioni anche per te. -
- Certo, detto da te
suona come una barzelletta, sai?-
non era riuscito a
trattenersi Kojiro, anche se non aveva parlato con un ghigno sadico, tanto meno
con l’intenzione di sdrammatizzare…però tutti risero accentuando la battuta
involontaria del moro che fece una smorfia sentitosi preso in giro.
- So bene che io sono
l’ultimo che può pronunciare un concetto simile, ma dal momento che nessuno
di voi la proferiva, ho risolto io la situazione! -
Ribattè quindi
pronto il compagno senza scomporsi. Tutti apprezzarono lo scambio, sicuri,
ormai, che fra loro le cose erano proprio cambiate!
- Grazie…-
Concluse così
timidamente Tsubasa e con un ultimo cenno ricambiato da sorrisi diversi fra
loro, fu condotto via da Taro sulla sedia a rotelle con cui avrebbe dovuto fare
più che amicizia!
Poco dopo fu seguito
da Genzo che dopo un pugno amichevole a Hyuga si congedò lasciando la nuova
coppia, o quanto più di somigliante ci fosse, a vedere anche la sua schiena
forte allontanarsi. Nessuno dei due avrebbe mostrato occhi lucidi, tanto meno
emozione e tristezza per il termine di quel periodo a tratti doloroso, altri
felice.
- Bè, ora tocca a
noi…-
Mugugnò con una
certa sicurezza nella voce il tenebroso Kojiro.
- Già…avviamoci
anche noi.-
Fece eco Jun
lanciandogli una fugace occhiata, ogni volta che ammirava il suo bel profilo
deciso, differente dal suo più delicato, di attimo in attimo gli piaceva sempre
di più, sarebbe stato un crescendo di consapevolezza e sentimenti veloce e
piacevole, era contento di aver riscoperto Hyuga, l’unico che in quella
situazione poteva in effetti stargli concretamente accanto. Si avviarono verso
l’uscita del grande aeroporto, entrambi non erano tipi da manifestare il loro
affetto reciproco, soprattutto in pubblico, pur essendo diversi, erano uguali in
alcuni punti, anche se comunque distinti in
quelle date uguaglianze!
Una volta a casa,
ormai era quasi sera, Jun invitò a cena Kojiro con fare disinvolto, questo lo
fece arrossire ed imbarazzare anche se non quanto, una volta rifiutato, sempre
il bel principe gli aveva detto con un fondo di malizia:
- E non mi saluti
prima di andartene?-
La tigre si era messa
a tossire e scomposto come se fosse appena tornato da una corsa di 10 ore
filate, si guardò intorno a disagio, sentendo gli occhi ancora puntati su di sé,
i suoi occhi, lo guardò di sottecchi studiandolo, prendendo tempo, cercando di
capire che diavolo fare, cosa intendesse con quella frase. Aveva uno sguardo
cristallino eppure così adulto ed ironico, misterioso quasi, si spostò sulle
labbra e su quell’inclinazione saccente e sorniona che avevano, si notava il
pallore della pelle anche alla luce fioca del crepuscolo ma nonostante tutto lui
era sempre composto e tranquillo, non un capello in disordine. Quel tipo amava
provocare gli altri affinché raccogliessero le sue sfide! Bè, di per sé non
era male…se le sfide si fossero limitate al calcio! Non era preparato a quel
genere di cose…tuttavia anche se non aveva proprio ben sviluppato il senso
della bellezza, cioè non la distingueva più di tanto, riusciva a sentirsi
attratto da quel ragazzo particolare di cui si vedeva solo la punta
dell’iceberg. Sarebbe stato interessante trovare anche il resto. Finì di
imbarazzarsi e sempre rosso come un pomodoro si assicurò che non ci fosse
nessuno nei paraggi, poi gli si avvicinò e chinandosi leggermente, non avevano
una grande differenza d’altezza, gli posò un leggero e velocissimo bacio
sulle labbra, senza soffermarsi ed approfondire…era il meglio che potesse fare
per ora! L’altro ridacchiò divertito e mutando la malizia in qualcosa di
enigmatico ed intraducibile, quando Kojiro si stava allontanando per poter
scappare da quella scena, lo fermò prendendogli la mano, il contatto bloccò
all’istante l’altro tanto che catalizzò totalmente la sua attenzione sulle
loro dita allacciate, cos’era poi quel fastidioso tamburo che rullava nei suoi
timpani? E perché il fiato non gli veniva più a pieni polmoni? Faceva una
fatica…era nervoso? Agitato? Non lo capì, non capiva mai che gli succedeva,
soprattutto ultimamente! Però anche se si vergognava gli sembrava bello, una
cosa giusta, gli ricordò quando si erano baciati la prima volta…ora era
diverso. Mentre lui era attento alle loro mani sentì poi le sue labbra che si
avvicinavano al proprio orecchio e istintivamente si ritrasse di qualche
centimetro, sentendolo troppo vicino, tanto da avere il suo fiato addosso, ma
non lo allontanò, Jun gli andò ancor più vicino e gli sussurrò:
- Ci vediamo domani?-
Gli vennero i brividi
e i peli del corpo si drizzarono, come se gli fosse passato del ghiaccio lungo
la spina dorsale, si dimenticò quindi di ascoltare le sue parole tanto che
dovette dire:
- C-che?-
Lo sentì sorridere
lieve ed aumentare di poco la stretta della mano, mentre l’altra la posava sul
petto…certo, se questo era il suo modo per riportarlo alla realtà allora
erano a posto!
- Ho detto se ci
vediamo anche domani…non vorrei che ora che non ci sono più loro, tu torni a
sparire…-
Forse era una sorta
di accertamento su quanto stava accadendo fra loro, anche se Jun non ne aveva
bisogno, in effetti…magari voleva solo che Kojiro l’ammettesse. Chissà…a
volte, anzi sempre, il bel giovane era incomprensibile!
A fatica, molta,
l’altro capì lontanamente il senso della frase e piegando la testa verso la
spalla per togliersi quei formicolii sulla pelle, arrivando così più vicino al
volto del compagno, rispose balbettando:
- B-boh, c-che n-ne
so…s-s-si, dannazione!-
Misugi accentuò il
sorriso divertito e staccandosi gli lasciò un bacio sulla guancia in fiamme,
poi lo lasciò definitivamente andare beandosi un ultima volta del suo volto
imbronciato e scontrosamente imbarazzato.
Sarebbe stata molto
lunga, con lui…dura e difficile, ma a lui le sfide piacevano eccome!
Anche le ore del
viaggio gli sembrarono interminabili, con forte, fortissima impazienza, però,
arrivò anche l’atterraggio dell’aereo e dopo un altro paio di minuti,
nemmeno pochi in effetti, il bel tenebroso riuscì ad uscire dalla porta degli
arrivi fuori dalla quale familiari ed amici aspettavano la gente appena giunta a
destinazione. Si fermò un attimo per trovarlo ma non gli ci volle molto anche
se erano quasi tutti biondi. Sapeva dove l’avrebbe aspettato, indietro
rispetto alla folla, appoggiato ad una colonna o qualcosa di simile, dove
rispetto al resto dell’edificio, c’era meno gente. Infatti eccolo là. Lo
vide e senza volerlo, i suoi occhi si illuminarono come ancora in quei giorni
non era successo. L’istinto gli disse di precipitarsi da lui ma siccome era
uno che il sangue freddo lo manteneva fin troppo bene, riuscì a domarsi, anche
se a stento, e semplicemente gli andò incontro, lui fece a sua volta qualche
passo e quando si incontrarono si chiesero se potessero mai abbracciarsi in
mezzo a tutta quella gente…lasciando che la loro già labile privacy svanisse
a quel modo. L’avrebbero fatto. Oh, se l’avrebbero fatto! Anche se avevano
quei caratteri così controllati e tutti d’un pezzo che non amavano
manifestazioni sdolcinate d’affetto, anche se si sarebbero sentiti un po’
stupidi, anche se c’erano molti motivi per non farlo l’avrebbero fatto se
non fosse stato veramente per tutta la gente che improvvisamente li osservava
riconoscendoli. Presi singolarmente poteva essere una coincidenza, una
somiglianza con quei calciatori popolari quali erano, ma insieme si capiva
benissimo che dovevano essere proprio loro…così ci volle una grande forza di
volontà per non mandare tutti al diavolo, non si toccarono nemmeno per non
accendere strane voglie d’abbracci e simili…dissero solo:
- Ehi, ciao…-
- Sei tornato,
allora…-
- Pensavi che non
venissi più?-
- No, pensavo che
l’aereo non atterrasse più!-
- Uhm…è meglio però
se andiamo…-
Così il dialogo
terminò anche perché perfino le parole sarebbero presto state
compromettenti…il desiderio di dirsi che si erano mancati era grande, in
fondo!
Svincolandosi
abilmente dagli ammiratori che si erano raccolti per guardarli(e chiedere
autografi)Genzo si chiese come mai lì erano stati notati mentre in Giappone
erano passati inosservati!
Nemmeno quando
giunsero in auto poterono lasciarsi andare, sempre sguardi, sempre occhi…era
snervante e man mano che la loro relazione procedeva, lo era sempre più…ma
potendo farci poco, Karl con una sgommata lasciò il parcheggio e con pazienza
che non pensava di avere fu subito in autostrada…il silenzio era calato, del
resto sulla permanenza a Tokyo avevano già abbondantemente parlato per
telefono e dirsi romanticherie non era nel loro stile, stavano bene anche
senza parlare in continuazione, il punto era che ora avevano la testa rivolta
così tanto verso il compagno accanto che dovevano rivolgere le loro attenzioni
allo stare fermi.
La cosa, però, non
durò a lungo. Quando Karl si fermò improvvisamente su un area d’emergenza,
Genzo non ebbe il tempo di capire che accadesse, si girò verso il compagno e si
trovò subito le labbra sulle sue. Fu così che si rilassò tornando a
respirare.
Gli era mancato.
Baciarsi con lui,
stare con lui, sapere che una volta a casa avrebbero fatto l’amore, stare bene
seppur in silenzio con lui…gli era mancato ogni singolo particolare purchè
fosse fatto con lui, Gli era mancato Karl ed ora se lo sarebbe goduto in tutti i
modi possibili.
Per assicurarsi che
fosse lì portò la mano al volto del biondo affondandoli sui capelli nella
nuca, poi scivolò sulla spalla e l’esplorazione continuò scendendo giù,
giocò un po’ con la sua mano e le sue dita, poi il bisogno di toccargli le
gambe fu grande, andò sulle cosce e senza fretta le percorse leggero. Non era
un istinto sessuale, era una ricerca, ricerca di sicurezza. Sicurezza che Karl
non sarebbe mai crollato, sarebbe stato sempre lì come l’aveva conosciuto, lì
con lui, senza cambiare, senza allontanarsi, senza soffrire.
Il compagno capì
quel bisogno che era arrivato improvviso, capì anche che avrebbe potuto
colmarlo meglio a casa così a malincuore, dopo aver lasciato libero sfogo alle
loro lingua che si toccavano giocando con cura e lentezza, per gustarsi meglio,
si staccò da lui guardandolo finalmente meglio, come avrebbe voluto fare prima.
Ora l’aveva vicino e solo con lo sguardo poteva assorbire quei lineamenti
orientali così delicati ma allo stesso tempo decisi, gli occhi neri dallo
sguardo tenebroso, ora pieni di desiderio e anche un po’ smarriti. Si accorse
così del reale stato d’animo del compagno e lasciò le proprie mani andare su
quel volto dall’aria tirata, lo sfiorò arrivando ai capelli neri che spettinò
ulteriormente, poi disse:
- Non ne potevo più.-
Genzo non riuscì a
sorridere o a mostrare la sua espressione di sempre, parve improvvisamente
insicuro.
- Anche io…ho
bisogno di toccarti, sentirti di più…-
Non lo scambiò come
sesso. Aveva perfettamente capito cosa intendeva. In fondo era bello così, che
Genzo si lasciasse andare solo con lui. Smarrito, ecco cos’era. Lo vide del
tutto smarrito, senza bisogno di farlo spiegare, farlo parlare, l’aveva capito
subito e semplicemente l’abbracciò. Gli fece nascondere il volto
nell’incavo del suo collo e gli carezzò impacciato il capo. Non tremava
esteriormente ma nell’animo sì.
Si era trattenuto in
maniera spasmodica ed ora la sua paura si ingigantiva, diventava quasi
insostenibile, pressione che lo schiacciava. Genzo si aggrappò con tutte le sue
forze al ragazzo che gli donava quel rifugio che aveva cercato in quei giorni.
- Karl…promettimi
che non baserai la tua esistenza su qualcosa di fragile…qualcosa che se di
sfugge ti distrugge…promettimelo…-
Karl rafforzò la
stretta sentendo tutta la tristezza e il dolore del fidanzato. Non era bravo a
parole, non avrebbe saputo dire grandi cose, ma una poteva:
- Si…sono con te,
non ti lascio…-
Sentirlo, ascoltarlo,
sapere che non parlava tanto per fare, farsi stringere, rassicurare, curare da
lui, averlo finalmente lì, riempirsi di quel contatto, cedere, crollare, farsi
accogliere, sentirsi deboli, fragili e pieni di bisogni, avere qualcuno che
riempie quei vuoti e quel caos, sentirsi finalmente a casa, sé stesso, poterlo
essere fino in fondo, sfogarsi anche lui, farsi consolare.
- Grazie…-
Solo sentendo quelle
braccia intorno a lui con fare protettivo, riuscì a liberare i sentimenti che
aveva trattenuto violentemente, insieme ad essi le sue lacrime. Lacrime per il
fato che aveva travolto il suo migliore amico Tsubasa, per la disperazione che
aveva colto tutti, il cambiamento in cui ora avrebbero dovuto andare avanti lo
stesso, i sogni infranti, i sogni mai realizzati, i sogni che sarebbero dovuti
cambiare…lacrime di cui si vergognava, lacrime prive di senso, forse, o magari
terribilmente sensate, lacrime per una forza esaurita ed un sostegno dato a
quanti ne avevano avuto bisogno.
Solo semplicemente
lacrime.
Le sue.
E nessuno
all’infuori di Karl avrebbe potuto vederle, scatenarle, riceverle ed
asciugarle.
- Ti amo, voglio che
tu lo sappia perché non voglio andarmene senza avertelo mai detto…solo perché
ho un ruolo da ricoprire!-
- Ti amo e te lo dico
perché lo sento.-
Sentimentali? Cose
non da loro?
Certi momenti possono
cambiare radicalmente le persone e i reciproci rapporti.
Se ne era andato
senza rilasciare interviste di alcun genere, ne aveva parlato solo coi genitori
e le persone a lui strette, poi semplicemente aveva fatto le valigie e
accompagnato dal compagno aveva preso l’aereo che l’avrebbe portato lontano,
verso la riscoperta di sé stesso.
- E’ buffo, sai? Il
calcio quando ero piccolo mi salvò la vita…ed ora me l’ha quasi
tolta…come se volesse riprendersi ciò che mi aveva dato…sembra una storia
comica…-
Tsubasa aveva detto
così mentre l’aereo entrava in territorio francese, con aria malinconica e
pensierosa, come se le nuvole che aveva ammirato fino a quel momento, gli
avessero suggerito quell’idea. Taro accanto a lo guardò non molto sorpreso, a
pensarci poteva essere come diceva lui…oppure no. Oppure con un po’ più
d’ottimismo poteva essere anche diversa:
- Oppure come se
volesse farti tornare alla realtà…in un certo senso noi vivevamo in un mondo
tutto nostro dove chiamavamo ‘migliore amico’ il pallone…ma una cosa
inanimata non può tentare di toglierti la vita…come non può nemmeno
salvarti…forse c’è stato ‘qualcuno’ che ha voluto farci rivalutare le
nostre vite, le priorità ed i valori. Assegnare tanta importanza ad un oggetto,
a qualcosa di inanimato come è il calcio, è qualcosa di irreale. Non avevamo i
piedi per terra e questo va bene ma solo fino ad un certo punto. Questa
esperienza mi sta insegnando questo…ed anche che il tempo corre e noi
aspettando il momento giusto, a volte, perdiamo qualche treno…-
La visione completa e
matura delle cose avrebbe potuto dargliela solo lui, Tsubasa ricambiò così lo
sguardo mutandolo in uno di gratitudine…gli sarebbe dispiaciuto riporre nello
sport tanto amato, tutto il suo risentimento e le colpe di quanto gli era
accaduto…la realtà era che pur sforzandosi non ci sarebbe riuscito, non
avrebbe mai potuto dare la colpa a qualcuno o qualcosa se non a sé
stesso…perché era stato lui a correre per le strade col pallone ed anche se
l’aveva fatto milioni di volte, avrebbe dovuto saperlo che in mezzo a tutta
quella gente una percentuale di pericolosità c’era sempre; perché era stato
sempre lui a perdere il controllo di quella palla e ad andare a prenderla con la
testa rivolta all’allenamento che avrebbe fatto di lì a poco, senza
controllare le auto, con una leggerezza tale da identificarsi in stupidità;
perché era stato lui che si era fatto prendere sotto da quella macchina e dare
la colpa al calcio o a qualcun altro, al fato addirittura, era infantilismo
bello e buono.
Taro aveva ragione,
fino a quel momento aveva vissuto con la testa fra le nuvole, senza considerare
la vita come realtà da affrontare, pensando solo ed unicamente allo sport, a
dedicarvi tutta la sua vita senza esclusioni di forze. Perché era stato lui
l’avventato che aveva dato così tanta importanza a qualcosa di immateriale ed
insicuro.
Che riuscisse già a
dirselo nonostante fosse passato così poco dalla tragedia, era un buon passo in
avanti, un buon segno. Anche se aveva vissuto con la testa altrove, avvolto
nella bambagia, le capacità per mostrarsi veramente maturo e non solo per
quanto riguardava il calcio e gli amici, le aveva e toccava a quel momento
tirarle fuori. Diventare adulto e forte, crescere dove non era mai riuscito fino
ad ora.
Da solo forse non ci
sarebbe riuscito, l’ammise. Ma con lui, con Taro, si.
Fu una lunga e
faticosa trafila per arrivare nell’appartamento di Taro, ma ci riuscirono, una
volta entrati la prima cosa che notarono fu il pallone abbandonato insieme al
borsone di calcio, si fermarono guardandolo, poi l’amico guardò Tsubasa
chiedendosi se non fosse stato indelicato portarlo proprio a casa sua,
chiedendosi di nuovo se non fosse il caso di abbandonare il calcio anche lui,
se…e i dubbi aumentarono di secondo in secondo. Poi proprio l’ex numero 10
disse improvviso e serio:
- Scusa…mi puoi
dare quello?-
Indicando con gli
occhi proprio il pallone. Ci fu un attimo di stasi generica in cui il ragazzo si
chiese se avesse capito bene, poi semplicemente si mosse e decise di fare come
diceva. Una volta avuto fra le mani, Tsubasa, trattenne il respiro. Era da quel
giorno che non ne vedeva uno e non ne toccava nemmanco. Aveva uno sguardo molto
concentrato, come se cercasse di leggervi qualcosa in quell’oggetto sferico,
per un attimo Taro credette che sarebbe scoppiato di nuovo, che sarebbe caduto
in una seconda crisi, che…ma poi lo vide alzarlo e portarlo alla fronte,
appoggiarlo proprio in mezzo agli occhi, chiuderli a loro volta ed espirare per
poi inspirare nuovamente. Capì che stava solo ricordando tutti i momenti
passati in sua compagnia, tutte le partite giocate, dalla prima all’ultima, le
evoluzioni e le persone incontrate grazie ad esso, capì che in quell’istante
stava rivivendo la sua vita, sempre in perenne contatto col calcio…e che gli
stava dando il suo addio, il suo saluto. Chiedendosi se ci sarebbe riuscito a
starci lontano veramente. Chiedendosi se anche per lui ci fosse qualcos’altro.
Ci fosse qualcos’altro oltre quello sport.
Dopo interminabili
attimi in silenzio dove a Taro vennero le lacrime agli occhi ma non si mosse,
Tsubasa mormorò staccando la testa dalla palla:
- Per me qualcosa
ancora…ci sarà…ne sono sicuro…-
Si poteva però
catturare tutta l’immensa tristezza, smarrimento e pesantezza con cui diceva
quelle cose. Una parte della sua vita era andata, l’aveva salutata, ora doveva
chiudere quel capitolo definitivamente ed aprirne un altro. Doveva. Si chiese se
ce l’avrebbe effettivamente fatta, poi sentì la mano tiepida del compagno
accanto a sé e il respiro, un po’, tornò.
- Penso anch’io. La
troveremo…-
Fu così che posò
una mano sopra la sua facendosela stringere a sua volta, mentre l’altra che
ancora teneva la palla di calcio, lentamente l’alzò fino a farlo cadere a
terra, lo vide scivolare e rotolare nel pavimento di quell’accogliente
appartamento, poi quando si fermò in un angolo si dissero entrambi che il
sipario sul calcio era calato.
Ora avrebbero cercato
e trovato quel qualcos’altro che aspettava Tsubasa.
FINE
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