Finché un cinque o un otto non compare ~
prompt: #051, honest mistake
«È tutto sbagliato. È stato
un errore. Ma io non ho fatto niente di male, davvero, avevo le migliori
intenzioni possibili. Io volevo solo entrare, chiedergli scusa di tutto, posare
un bacio sulle sue labbra gonfie. Lei capisce, non è vero, dottore?»
«Naturalmente,
signorina Wittle.»
«Oh,
è un tale sollievo. Sa che il suo tè è davvero squisito?
Voglio dire, mi rilassa proprio. Mi rende molto più facile parlare con
lei di queste cose.»
«Prosegua
pure, signorina Wittle.»
«Sì,
ecco, poi lo sa com’è andata. Ne hanno parlato tutti. I
pipistrelli, e io che correvo per la città urlando cose incomprensibili,
e mia madre che si è sparata in bocca e via dicendo. Se n’è
parlato tanto, se ne ricorda? Non siamo mai andate molto d’accordo, ma
quella cosa le fece crollare i nervi. Chissà, forse è per lei che
ho deciso di diventare una medium. Forse volevo chiedere scusa a lei e non ad Alan... Perché Alan
è stato fatto a pezzi da suo padre, non è vero, dottore?»
«Certo,
signorina Wittle.»
«Sì,
una cosa molto triste. Lo dissero tutti. Lo dicono tutti. Ma, pensi un po’,
io non riesco a smettere di sentirmi in colpa per quella storia. Non riesco a
non pensare che non ero lì ad aiutarlo. Eppure lei è stato
così chiaro, dottore: niente di quanto io abbia urlato quella notte
è vero, non c’era nessun pipistrello e nessun gioco da tavolo coi
tamburi e il suo tè è veramente
la cosa migliore che abbia mai bevuto, dottore, lei deve svelarmi il suo
segreto...»
«Lo
farò volentieri, signorina Wittle.»
«Sa,
ad Alan non piaceva molto il tè. Dev’essere
stata la ricchezza a renderlo insofferente verso tutto e tutti. Non sopportava di
essere figlio di due persone così importanti, lo faceva sentire molto
solo. Credo che mi piacesse per questo. Anch’io mi sentivo molto sola. Mi
sento molto sola...»
«La
capisco, signorina Wittle.»
«Sì,
lei capisce, non è vero, dottore? Capisce che è stato un errore. Che
è tutto sbagliato. Ma io non ho fatto niente di male, davvero, avevo le
migliori intenzioni possibili. Io volevo solo entrare, chiedergli scusa di
tutto, posare un bacio sulle sue labbra gonfie.»
[ 363 parole ]
Nota: Sognavo di scrivere
su Jumanji
da – beh, praticamente da sempre. Quello dei traumi e relative conseguenze
è un tema che mi affascina, e per questa flash il nonsense è
venuto praticamente da sé. Anche il titolo si è scelto da solo:
la frase che ha sancito la condanna di Alan mi è sembrata la cantilena
più adatta ad accompagnare la ‘follia’ di Sarah alle prese
coi suoi fantasmi e i suoi rimpianti. La figura dello psicologo, per contro,
doveva essere evanescente e poco vivida, perché alla fine nessuno
può davvero aiutarti in questi
casi – nessuno può mai riportare le cose come prima.