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Avviso numero 1: pubblico
oggi anziché domani, perché domani ho un esame e
volevo concedermi almeno un momento di svago in questa tediosa giornata
di ripasso u.u
Avviso numero 2: questo
capitolo contiene scene spinte fra persone dello stesso sesso, seppure
non descritte nel dettaglio così come da rating. Se
l’argomento vi disturba, non leggete.
Evvai
che mi sono giocata la sorpresa XD
Capitolo
9 – La tomba di Regulus
Stasera,
ripensandoci, con il cuore e lo stomaco in subbuglio, mi dico che forse
in fondo la vita umana è così: molta
disperazione, ma con
qualche istante di bellezza dove il tempo non è
più lo
stesso.
(Muriel Barbery, L’eleganza
del riccio)
Marzo
1979
Era ormai
divenuta
un’usanza, per Lily e i Malandrini, trascorrere almeno una
sera a
settimana a casa di Sirius. L’idea era stata di James, che
aveva
insistito per mantenere costanti i rapporti nonostante la situazione
attuale, fatta di continue missioni per l’Ordine, di
matrimoni e
di responsabilità nuove, rendesse spesso difficile
ritrovarsi
tutti insieme; ogni tanto, su timida insistenza di Peter, veniva
invitata anche Mary. Sirius si divertiva a prendere in giro
l’amico, che gli domandava sempre il favore di contattare la
ragazza al
posto suo, sostenendo che così non ci avrebbe mai combinato
niente;
Peter per un po’ faceva finta di rimanerci male,
dopodiché
l’atmosfera tornava ad essere distesa e scherzosa per tutti.
La
verità era che, in
quei momenti, a Sirius sembrava di ritornare ai tempi di Hogwarts,
quando le preoccupazioni principali erano costituite dal non farsi
beccare da Gazza in giro per i corridoi di notte, mentre tutto il resto
erano soltanto risa, scherzi e bravate. Ora che erano stati spinti a
diventare adulti non eccedevano più come in quegli anni, ma
il
clima che tutti insieme riuscivano a ricreare era più o meno
lo
stesso.
Più o
meno,
perché Sirius non poteva evitare di lasciarsi tormentare
ogni
tanto dai pensieri che il rapporto fra lui e Remus gli procuravano.
Per quanto si
sforzasse di
mostrarsi sorridente e sereno, certe volte sentiva
l’impellente
bisogno di cedere a quei turbamenti. Si isolava e diveniva di colpo
taciturno, rendendosi così la vita molto più
difficile;
era complicato nascondere agli altri quegli strani atteggiamenti ed era
solo per miracolo che James non se ne fosse già accorto.
“Hai
due minuti?”
sussurrò quindi a Lily, non appena le capitò
vicino. La
ragazza sulle prime si mostrò sorpresa, ma poi
annuì con
convinzione.
“Certo,”
rispose,
e seguì Sirius in cucina, lasciandosi alle spalle James e
Remus
che giocavano a scacchi in mezzo al tifo di Peter e Mary.
“Che
succede?”
domandò quindi lei mentre Sirius le dava le spalle, intento
a
versarsi un bicchierino di Whiskey Incendiario. Si vergognava come un
cane per essersi rivolto a lei, ma era l’unica che era al
corrente di come
stessero realmente le cose e, dopotutto, l’altra volta
parlargliene gli aveva fatto bene.
“Volevo
solo sapere se
ti sembra che ci sia qualcosa di strano,” rispose infine, con
una
stretta di spalle fintamente noncurante.
“Beh,
non mi hai spiegato nei dettagli come avete sistemato la
questione...”
“Ma
sì invece, ti
ho detto che abbiamo messo le cose a posto. È la
verità.
Gli ho chiesto di lasciar perdere quello che era successo e di restare
amici, perché rompere i rapporti per una sciocchezza del
genere
sarebbe stato stupido.”
Sirius
versò due dita
di Whiskey in un altro bicchiere, poi lo porse a Lily, ignorando la sua
espressione lievemente perplessa. Sapeva che lei beveva raramente
alcolici, ma era tutto ciò che aveva da offrirle in quel
momento.
“E lui
ha
accettato?” domandò lei, prendendo il bicchiere.
Sirius
vuotò il suo in un attimo: il familiare bruciore alla gola
lo
aiutò ad eliminare rapidamente le sue reticenze nel
confidarsi.
“Sì,
ha detto che gli stava bene.”
“Ma...?”
“Ma
credo che non sia vero. C’è qualcosa di strano.
Certo, abbiamo ricominciato a parlarci, però... non lo so,
sembra che
faccia comunque di tutto per non rimanere solo con me. Non si
è
più fermato a dormire da me, ad esempio – ok, io
non
gliel’ho più chiesto, ma gli avevo già
detto che
avrebbe potuto farlo quando preferiva e non ho mai revocato l’invito – e poi,
quella volta che
avremmo dovuto essere di turno insieme, si è inventato una
balla
e ha fatto cambio con Peter...”
“E qual
era questa balla?”
“Stava
male suo padre.”
“Oh,
Sirius, magari era vero!”
“È
la scusa che
mi propina da mesi, ormai, quando vuole svicolare da queste
situazioni... non me la bevo più.”
Sirius
posò il
bicchiere sul tavolo piuttosto rumorosamente, con tutte le intenzioni
di far trapelare la sua nobile stizza. Lo irritava che Remus lo
prendesse in giro, ma ancora di più che lo credesse
così
tonto da cascarci.
“Beh,
se questa...
faccenda dell’amicizia non funziona tanto bene, forse non
avete
affrontato la questione nel modo giusto,” osservò
Lily, in
tono pacato. Il giovane Black fissò ardentemente i suoi
occhi
grigi in quelli della ragazza, domandandosi che diamine volesse
insinuare.
“Era
l’unico modo
per non perderlo,” obiettò, allargando le braccia.
Era
vero, anche lui avvertiva costantemente la sensazione che quel nuovo
rapporto fosse tremendamente finto. Ma era giunto alla conclusione che,
comportandosi come se tutto fosse normale, le cose sarebbero migliorate
e magari anche tornate come prima – nonostante la parte
più
profonda di se stesso gli suggerisse che, con quel gesto sconsiderato,
si fosse giocato per sempre la possibilità di riparare la
frattura tra lui e Remus.
E quel pensiero
lo mandava tremendamente in bestia.
“Purtroppo
non ci sono dentro, quindi non posso sapere cosa passi esattamente
nella testa di Remus.”
“Ma
come, tutto il tempo che avete passato insieme quando eravate
prefetti... avrai imparato a conoscerlo, no?”
“Non
quanto si possa
credere,” obiettò Lily, con un sorriso pensieroso.
“Sai com’è fatto Remus, preferisce stare
sulle sue.
Non mi ha mai detto molto di lui. E in ogni caso, se vogliamo stare a
cercare il pelo nell’uovo, sei tu che sei uno dei
suoi migliori amici da una vita, non io.”
Sirius fu
profondamente
tentato di domandarle come potesse esserci un pelo dentro a un uovo, ma
poi scosse la testa e lasciò perdere; quella era tutta matta
e
solo James avrebbe potuto sposarsela.
“Beh,
voi donne non vi vantate mica di essere quelle che capiscono sempre
tutto?”
“Andiamo,
Sirius, non
fare il bambino. Se cerchi un consiglio sono pronta a dartelo, ma non
ho intenzione di farmi trascinare in discorsi sessisti.”
Sirius
fissò con
intensità l’angolo del tavolo, passandosi
distrattamente
una mano sul collo. Gli seccava profondamente dover chiedere aiuto a
qualcuno per risolvere un problema così imbarazzante, ma
doveva
riconoscere che, tutto sommato, parlare con Lily la scorsa volta era
stato piacevole. Non si era sentito giudicato, offeso o deriso,
né lei l’aveva mai guardato come se fosse un
alieno; se
avesse dovuto confessarsi con James, era certo che la notizia
l’avrebbe quantomeno gettato in un profondo stato di shock
per un
paio di giorni, per quanto fosse il suo migliore amico. Per James i
Malandrini erano sempre stati un gruppo di veri amici – amici
e
basta, nient’altro; non era una persona capace di scorgere
malizia in rapporti come quello che condivideva con lui, Remus e Peter.
Mentre Lily, forse, aveva visto
qualcosa di più a cui nessuno aveva mai fatto caso. Sirius
sapeva che qualcosa, in effetti, c’era sempre stato; solo
l’aveva capito troppo tardi e troppo bruscamente.
“Sentiamo,
di’ quello che hai da dire,” borbottò
infine, arrendendosi. Lily sospirò.
“Forse
dovreste cercare
di passare un po’ di tempo insieme, da soli, per capire cosa
passa per la testa di Remus. So già cosa stai per dire, ma
tu
prova a chiederglielo esplicitamente, così se si
rifiuterà saprai se cerca realmente delle scuse per non
stare
con te.”
“Se lo
faccio penserà male,” obiettò Sirius,
incupito.
“Dato
che avete scelto
di rimanere amici, non avrebbe nessun motivo di farlo. Gli amici
passano del tempo insieme, no? Con James lo fai.”
Il primogenito
Black
annuì in silenzio. Effettivamente, il ragionamento di Lily
non
faceva una grinza. Avrebbe potuto sfoderarlo contro Remus come
un’arma assolutamente invincibile. Tuttavia c’era anche qualcos’altro
che lo tormentava...
“Pensi
che dovrei dirlo
a James?” domandò, a voce bassa. Lily sorrise
lievemente,
sorseggiando il suo Whiskey.
“Se non
ti sembra questo
il momento, puoi sempre aspettare. James non scapperà. Non
aggiungere altra carne al fuoco se non è
necessario.”
“Mentre
torniamo di
là mi spieghi che diavolo significhi, questo e
quell’altra
storia del pelo nell’uovo,” replicò
Sirius, mentre
si incamminava verso il salotto. James e Remus stavano ancora giocando;
nessuno si era accorto di niente, per fortuna. Sirius sapeva bene che
Remus era praticamente imbattibile a Scacchi Magici e in circostanze
normali
si sarebbe seduto a fianco a lui con noncuranza, per poi cominciare a
fargli mille dispetti allo scopo di distrarlo e farlo perdere; in
quell’occasione, però, si limitò a
restare seduto
alle sue spalle, fissandogli intensamente la nuca, come se da un
momento all’altro il suo cranio potesse scoperchiarsi e
mostrargli cosa passasse esattamente per la testa del licantropo.
Si era
decisamente rammollito.
*
Se solo avesse
intuito quello
che stava per scoprire, quella mattina Remus si sarebbe ben guardato
dall’aprire il giornale mentre consumava la sua scarna
colazione.
Aveva mille
problemi per la
testa; suo padre si stava ammalando piuttosto seriamente e per ricevere
le cure necessarie avrebbe dovuto lasciare il lavoro, cosa che avrebbe
implicato la necessità che fosse Remus a trovarsene uno,
nonostante le prime richieste per un’occupazione inoltrate
nei
mesi precedenti non avessero dato alcun frutto; sua zia si era
gentilmente offerta
di prendere il fratello in casa con lei, ma se non fosse riuscito a
mantenersi da solo Remus avrebbe dovuto vendere la dimora paterna e si
sarebbe ritrovato in mezzo a una strada, senza un posto dove andare. I
pochi risparmi che avevano da parte servivano per le cure, questo era
assolutamente fuori discussione. Tuttavia, già era difficile
trovare un impiego con degli orari che gli permettessero comunque di
prestare servizio all’Ordine, ma ancora peggiori erano le
speranze di farsi assumere nonostante la sua licantropia. Erano diverse
notti che l’angoscia lo tormentava e non gli faceva prendere
sonno, perciò quello di sfogliare la Gazzetta del Profeta
appena alzato fu un gesto totalmente automatico, in cui forse si
augurava inconsciamente di trovare un certo sollievo, constatando di
non essere l’unico a cui le cose andavano male.
La prima pagina
era
sovrapponibile a quella di qualsiasi altro giorno degli ultimi mesi: un
omicidio nel Sussex, un Marchio Nero avvistato al limitare di una
foresta, una casa bruciata, l’inarrestabile perdita di
credibilità del primo ministro, le rubriche L’Auror del mese
e Tecniche di
autodifesa contro i Maghi Oscuri. All’interno,
un’inchiesta sui Vampiri: realtà e leggenda.
Chi sono veramente? Si uniranno a Colui-che-non-deve-essere-nominato?
Poi la terza pagina, quella dei necrologi.
Remus era
abituato a leggere
tutta la Gazzetta da cima a fondo ma, anche se così non
fosse
stato, era impossibile che l’occhio non cadesse su
quell’annuncio. Era scritto con caratteri molto
più grandi
degli altri e a fianco si stagliava una fotografia incorniciata da
mille ghirigori.
Aveva ripensato
di rado a
quella fredda nottata d’inizio gennaio, preso
com’era da
tutti i suoi crucci personali; non si aspettava, perciò, di
ritrovarselo davanti agli occhi in quel modo. La famiglia annunciava
con dolore la prematura dipartita del tanto amato figlio ed erede
– quello che Sirius non era più da molto tempo.
Non aveva
nemmeno compiuto diciotto anni.
Remus si
passò una mano
tra i fini capelli castani, osservando le parole sbiadirsi e diventare
sfuocate man mano che il suo sguardo si perdeva nel vuoto. Ingenuamente
aveva sperato davvero che Regulus ce la facesse, dopo che
l’aveva
portato in salvo dalla sua amica. Forse avrebbe dovuto insistere
anziché lavarsene così precocemente le mani,
avrebbe
dovuto tornare e farlo sedere di fronte a lui e spiegargli in tono
perentorio che stava sbagliando tutto, senza lasciargli una scelta ma
vessandolo finché non si fosse convinto pienamente.
O forse era
comunque
inevitabile che finisse in quel modo, perché Voldemort era
il
Mago Oscuro più potente che fosse mai esistito e
probabilmente
l’aveva trovato senza troppi sforzi.
Magari era stato
lo stesso
Regulus a tornare da lui, consapevole di avere di fronte, in
alternativa, soltanto un’onta familiare difficilmente
sopportabile.
Remus
sospirò. Doveva
avvisare Sirius, anche se la sua reazione sarebbe stata, probabilmente,
un’ostentata indifferenza o un’aria seccata per
averlo
svegliato a quell’ora del mattino. Non gli aveva mai
raccontato
di ciò che era successo tra lui e Regulus durante la
battaglia
di quella notte, ma dopo averci riflettuto qualche istante decise che
quello non era il momento; meglio non fornirgli altri appigli per
insultare un morto, almeno temporaneamente.
*
Buffo come,
trascorsi diversi
anni dall’ultima volta che aveva visto quel luogo, Sirius si
fosse quasi scordato di come era fatto.
Ritrovarcisi dopo
tanto tempo,
per di più praticamente contro la sua volontà,
accrebbe
ancora di più il suo fastidio.
C’era
davvero bisogno di
costruire quell’imponente mausoleo attorniato da gigantesche
statue? Che se ne facevano di un simile lusso architettonico i morti
della sua famiglia che giacevano lì dentro? Assolutamente
niente, si rispose. Ma la necessità di rimarcare lo sfarzo e
la
nobiltà di sangue per potersi ergere e distinguere da tutte
le
tombe comuni del cimitero era stata sicuramente più forte,
quando i suoi trisavoli avevano pensato a quella costruzione.
Per quanto lo
riguardava, era solo un modo inutile di occupare spazio.
“Dobbiamo
entrare per
forza?” domandò, senza preoccuparsi di celare
troppo
l’astio. Sapeva che Remus l’avrebbe odiato per quel
suo
atteggiamento, ma sul momento non gli interessava granché.
“Beh,
siamo venuti fin qui ormai. Prenditi un minuto.”
“Oh,
no, non credere di lasciarmi andare lì dentro da solo. Tu
verrai con me.”
Lo
trascinò per un
braccio, quasi strattonandolo; lui non oppose resistenza e, se
provò fastidio, non lo diede a vedere. Forse pensava che in
simili frangenti si potesse essere più pazienti con lui, ma
Sirius si disse che l’avrebbe fatto pentire di averlo portato
lì. Perché non era stata una sua proposta, aveva
acconsentito soltanto perché Remus si era fatto insistente
ed
era il modo migliore di farlo tacere, ma quando Lily gli aveva
suggerito che trascorressero del tempo da soli non aveva certo pensato
che l’ideale fosse fare una gita al cimitero sulla tomba di
suo
fratello.
Pareva che non
avessero
neppure ritrovato il corpo, dato che vi erano annunci di ricompense da
parte della sua famiglia per chi avesse fornito informazioni in merito.
Regulus doveva averla fatta grossa per arrivare a tanto. Quando Remus
gli aveva dato la notizia inizialmente non ci aveva creduto, poi
però i giornali si erano interessati della vicenda e in
tutta la
settimana successiva erano stati pubblicati fantasiosi articoli sulla
storia della famiglia Black; sua madre aveva addirittura lanciato un
lacrimoso appello affinché chi sapeva qualcosa sulla
scomparsa
del figlio si facesse avanti. Tuttavia, il mistero si era risolto in un
nulla di fatto. Probabile che il suo stupido fratello si fosse cacciato
in qualche pasticcio per conto di Voldemort e ci avesse rimesso le
penne, molto semplicemente.
Di malavoglia,
Sirius si
guardò intorno. L’interno del mausoleo non era
certo meno
sfarzoso dell’esterno: le tombe erano disposte secondo un
perimetro circolare e ognuna era sormontata da una statua a grandezza
naturale raffigurante il defunto. I nomi erano incisi in oro, lo stemma
di famiglia troneggiava al loro fianco e sulla parete, in fondo, faceva
bella mostra di sé una copia dell’arazzo con la
genealogia
di famiglia molto simile a quella che si trovava in casa sua.
Anche
lì, ovviamente, il punto in cui avrebbe dovuto trovarsi il
suo nome era ridotto a una bruciatura nerastra.
Per lui non ci
sarebbe mai stato posto lì dentro, era chiaro.
Si
sentì pervadere da
un moto di disgusto verso tutto ciò che quella tomba
rappresentava; per qualche strano motivo, improvvisamente, si mise a
pensare alla famiglia di James. Che l’aveva accolto come un
figlio, ma che non era la sua vera
famiglia. Nessuno avrebbe mai potuto cambiare il suo cognome o i suoi
tratti somatici. La sensazione di repulsione si estese anche contro se
stesso quando si ritrovò a pensare che non era giusto il
modo in
cui stavano le cose per lui: in tutte le case avrebbe dovuto esserci il
clima che regnava dentro casa di James, tutti i bambini avrebbero
dovuto avere il diritto di essere viziati e adorati com’era
stato
per l’amico. Si sentì uno
schifo per aver provato quel moto
d’invidia, perciò lo represse bruscamente
affinché
Remus non si accorgesse di nulla.
“Ti
sembra una cosa sana
di mente costruire un posto come questo?” gli
domandò
quindi, con il proposito di mettere da parte quelle riflessioni.
“Suppongo
che sia una cosa abituale se appartieni a certi ranghi...”
“Non ti
ho chiesto che
cos’è abituale, Remus, ti ho chiesto una tua
opinione.
Possibile che tu non ti sappia mai esporre?” lo
attaccò,
trafiggendolo con lo sguardo. Ripensò a quel maledetto
giorno in
cui aveva rovinato tutto fra loro, al modo in cui lui aveva preso ed
era fuggito di corsa da casa sua. Remus aveva fegato per tante cose, ma
non quando si trattava di dire la propria: avrebbe potuto fermarsi,
urlargli contro, dirgli che era completamente ammattito oppure anche
che gli era piaciuto, sarebbe bastato dire qualcosa.
E invece ora
giocavano di nuovo ad essere amici, soltanto perché
l’alternativa era smettere di parlarsi.
“Senti,
non ti ho
portato qui per farti un dispetto o qualsiasi altra cosa tu stia
pensando. Tuo fratello è morto e, che ti piaccia o no, era
comunque tuo fratello. Pensaci per un paio di minuti, poi potremo
andarcene.”
“Oh,
andiamo, Remus, che
senso ha? Non gli parlavo da mesi, ci odiavamo e per
di più era un Mangiamorte! Cosa dovrei fare, mettermi a
piangere? In teoria non faccio più parte della loro
stramaledetta famiglia, visto che come puoi vedere il mio nome
è
stato cancellato,
che cosa diamine dovrebbe importarmene?”
Si rese conto che
stava
gridando, e un po’ gli dispiacque di essere la causa di
quell’espressione contrita che si era dipinta sul volto di
Remus.
Ma lui non capiva, non poteva capire.
“Non
era mia intenzione
farti un torto portandoti qui,” gli rispose lui,
semplicemente.
Sirius si avvicinò un poco.
“Lo so
che non è
una situazione facile da afferrare, ma riesci a capire
perché
non me ne importa niente?”
“Hai
ragione, forse non ci arrivo. Ma non credo che davvero non te ne
importi niente.”
A dispetto del suo tentativo di calmarsi, a quelle parole Sirius si
sentì di nuovo assalire dalla rabbia.
“Per
la barba di
Merlino, Remus, perché dovrebbe?! Regulus era soltanto un
idiota!” esclamò, voltandosi per un attimo ad
osservare la statua che raffigurava suo fratello. Ricordava bene i
tratti del suo viso, eppure gli sembrò di averlo visto per
l’ultima volta un’infinità di tempo
prima e
realizzò che probabilmente era così impegnato ad
ignorarlo che non l’aveva neppure guardato veramente. Si era
abituato a ragionare come se non esistesse, perché loro si
comportavano come se lui fosse morto anziché semplicemente
fuggito.
“Era
molto giovane,” replicò Remus, ancora con
quell’aria grave sul volto.
“Era un
idiota,”
ripeté Sirius, con voce spezzata. Avrebbe dato qualsiasi
cosa
per averlo davanti in quel momento e poterlo prendere selvaggiamente a
pugni, senza risparmiargli un solo colpo, fino a farlo crollare a terra
talmente malridotto da non riuscire neppure a parlare; a quel punto,
urlando di rabbia, gli avrebbe intimato di smetterla con quelle
stupidaggini e mollare Voldemort subito per venire con lui. Quello
sciocco ragazzino non aveva scelto la sua strada perché era
malvagio, ma soltanto perché faceva sempre tutto
ciò che
gli altri si aspettavano da lui, senza battere ciglio; era solo un
vigliacco servile e incapace, che aveva giocato a fare
l’adulto
ed era finito in un pasticcio che gli era costato la vita. Sirius
sentì di odiarlo con forza, provò disgusto
all’idea
che un suo consanguineo stretto potesse essere così diverso
da
lui, così estraneo, così totalmente opposto, ma
se solo
avesse potuto prenderlo da parte e pestarlo con tutta la forza che
aveva forse avrebbe potuto fargli cambiare idea. Era questa
l’unica cosa che Regulus aveva sempre compreso, le
imposizioni. E
lui che era il fratello maggiore, nonostante per la sua famiglia ormai
fosse soltanto una macchia bruciata su un arazzo, non aveva
forse il diritto di farsi valere?
Ma era tardi per
pensarci. Non c’era più nulla da salvare, neppure
i resti di un corpo morto. Aveva fallito.
Quel pensiero gli
rimase fisso
in testa per diversi minuti, mentre rimaneva lì immobile a
fissare le lettere incise impietosamente sulla pietra. Si chiese se
fossero mai stati felici insieme, come sarebbe stato giusto che fosse;
magari quando erano molto piccoli, ancora troppo sciocchi per capire
cosa imponesse loro un cognome che nessuno dei due, in fondo, aveva
esplicitamente chiesto di ricevere.
A un certo punto,
però, Sirius si voltò e si accorse di una cosa.
Di fianco a lui
stava Remus,
un Remus che sembrava sentirsi fuori posto e quasi in colpa per averlo
trascinato fin lì, che si tormentava l’orlo del
mantello
rattoppato talmente tanto che prima o poi l’avrebbe scucito,
che
si mordeva il labbro inferiore e si guardava attorno con sguardo perso,
mentre chissà quali pensieri gli affollavano la mente.
Sirius
avrebbe voluto strattonarlo e dirgli di parlare, una volta tanto, di
aprire bocca e rivelargli cosa lo angustiava tanto, su quali argomenti
stesse riflettendo di fronte a un luogo che non gli apparteneva, in cui
stavano sepolte persone che non avevano nulla a che vedere con lui.
Però
Remus era lì, insieme a lui.
Era
l’unico che gli
stava a fianco in un momento del genere. L’unico che
l’aveva costretto ad affrontare una situazione che lui
avrebbe
volentieri ignorato.
Era sempre stato
così.
Remus che insisteva perché facesse i compiti delle vacanze,
Remus che lo allontanava quando stava per fare a botte con qualche
Serpeverde, Remus che gli stava a fianco quando doveva vomitare, Remus
che si assumeva la colpa per tirarlo fuori dai guai. Non capiva
perché si desse tanto da fare per lui, né
riusciva a
comprendere come questo si conciliasse con i loro continui battibecchi,
le loro diversità e l’allontanamento che si era
creato tra
loro dopo l’episodio con Mocciosus, ma Remus non aveva mai
smesso
di occuparsi di lui, anche se nessuno gliel’aveva mai
chiesto.
Questo era il dato di fatto. Alle volte era fastidioso, pungente e
supponente e Sirius l’avrebbe preso
a schiaffi se non fosse stato suo amico, ma c’era. C’era sempre.
Non
poté fare a meno di
reprimere quel qualcosa che improvvisamente gli diede la forza di
reagire e neppure ci provò. Dopo avergli piantato in faccia
due
occhi grigio ardente, lo spinse di colpo verso la parete e quasi lo
soffocò con un bacio disperato.
*
Il battito del
pendolo
suonò le quattro mentre Sirius e Remus entravano in casa,
pochi
secondi dopo essersi Smaterializzati sulla soglia; il primogenito Black
si passò una mano fra i capelli, con un sospiro e uno
sguardo
ancora stravolto.
“Va
bene, sediamoci e parliamone,” disse, dopo un enorme sforzo.
“Tutto si può risolvere, no?”
Il licantropo lo
guardò corrugando la fronte e scuotendo la testa,
rassegnato.
“No,
questo no. Ci
abbiamo già provato e non si può
risolvere,”
replicò. Sirius sgranò gli occhi e per un attimo
sembrò precipitare dentro un baratro di disperazione, come
se
quella fosse l’ultima risposta che volesse sentirsi dare;
allora
Remus gli prese il viso fra le mani tremanti e lo baciò, per
sancire con i fatti le sue stesse parole. Era inutile tentare di
seppellire quel qualcosa che si era inevitabilmente creato tra loro
sotto una coltre di menzogne.
Sirius
sembrò
alleggerirsi di colpo sotto il suo tocco, come se quel gesto
l’avesse liberato da un’apprensione che gli gravava
sul
cuore; anche questa volta, Remus lo lasciò fare. Accolse la
sua
lingua e le sue mani senza protestare o tirarsi indietro, gli permise
di accarezzargli proprio quella zona così sensibile dietro
l’orecchio e di insinuarsi fra i capelli sulla nuca, scendere
lungo la schiena e poi risalire sul petto fino a scivolare sul fianco.
Questa volta aveva molta più consapevolezza di
ciò che
stava succedendo, sia fuori che dentro il suo corpo, perciò
non
si impietrì, anche se gli fu impossibile non sentirsi in
tensione per ciò che stava capitando, e nonostante tutto
lasciò ancora che fosse Sirius a fare le prime mosse, con il
timore che si tirasse indietro di nuovo non appena lui avesse osato
controbattere. A un certo punto, però, Padfoot
s’incagliò ad armeggiare con la chiusura del
mantello e
Remus, sbuffando, si staccò da lui per avere campo libero e
dargli una mano.
“Questo
accidenti di...”
“Lascia.”
Scostò
le mani di
Sirius con un gesto perentorio, poi con calma e rapidità gli
allentò il mantello e lo gettò sopra alla
poltrona di
fronte al caminetto.
Sirius lo
guardò e gli
sorrise, e a Remus vennero i brividi. Erano sempre gli stessi occhi
grigi di Sirius, quelli che conosceva da una vita e che da anni si
posavano su di lui con le più svariate espressioni
possibili, ma
in quel momento pensò che non l’aveva mai visto
così, le guance arrossate, i capelli scarmigliati, le labbra
tirate a scoprire i denti con un’aria quasi infantile. Rimase
a
contemplarlo per qualche secondo, poi qualcosa scattò in lui
e
in pochi secondi gli aprì la veste, tirando e strappando.
L’aveva già visto più che mezzo nudo
altre volte
– Sirius non era uno che si vergognava del suo corpo
– ma
l’idea di averlo lì soltanto per sé,
senza che ci
fosse nessun altro a interromperli o a tenerli d’occhio, gli
diede improvvisamente alla testa.
Quando anche
Sirius si gettò su di lui per ricambiare, Remus lo
intercettò con un’occhiata.
“Non
hai un posto
più comodo dell’anticamera?”
domandò,
affannosamente, nonostante le mani dell’altro
s’insinuassero dappertutto.
“Bastava
chiedere,” replicò lui, e senza che Remus facesse
in tempo
ad accorgersene gli prese la bacchetta dalla tasca e
Smaterializzò entrambi in camera da letto.
Il resto,
nonostante l’eccitazione di entrambi fosse allo stremo,
successe con molta lentezza.
Nella penombra
della stanza
Remus lasciò che Sirius lo spogliasse e lo toccasse con una
maestria che nella sua immaginazione gli aveva sempre conferito, forse
per via della grazia innata con cui si muoveva in ogni situazione e in
ogni gesto, dalle più elaborate alle più banali:
Sirius
non era mai goffo o fuori tempo, non inciampava, non pestava i piedi a
nessuno. Per questo, incantato com’era da
quell’assurda
naturalezza, Remus si scordò di provare imbarazzo fino al
momento in cui l’altro non si accorse che non gli riusciva a
staccare gli occhi di dosso.
“Che
c’è?” domandò, brusco,
interrompendosi. Il licantropo arrossì.
“Nulla...”
mormorò, poi d’istinto gli mise una mano sulla
nuca,
esercitando una leggera pressione. Sirius oppose una veemente
resistenza e gli imprigionò il polso in una stretta; Remus
reagì con un colpo di reni, ribaltando le loro posizioni, e
per
un po’ lottarono come due bambini, rotolandosi fra cuscini e
coperte. In circostanze normali Sirius sarebbe risultato decisamente il
più forte tra i due ma, forse perché la luna
piena era
pericolosamente vicina – e con essa il vigore del lupo
–
Remus riuscì invece ad imprigionarlo sul materasso a pancia
in
giù, bloccandogli i polsi con le mani e le gambe,
semplicemente,
sedendoglisi sopra.
“Moony,
ti prego, sto
soffocando!” si lamentò Sirius, ma lui lo
ignorò,
perso nell’ammirare quel corpo prigioniero sotto di lui che
tante
volte, invece, gli era sembrato distante e intoccabile. La bestia
dentro di lui reclamava di più, perciò
finì di
svestirlo e cominciò a toccarlo, in silenzio, chinandosi poi
per
disseminare leggeri morsi sulla sua spalla sinistra; Sirius smise di
opporre resistenza e Remus avvicinò il volto al suo per
udirne i
gemiti e i respiri accelerati. Chiuse gli occhi, stringendolo con una
mano e con l’altra accarezzando i punti più
sensibili,
portandolo quasi al limite; lasciò poi che Sirius lo
fermasse
all’ultimo e che lo ribaltasse supino per scendere con la
bocca
esattamente dove lui desiderava, rompendo finalmente ogni barriera.
Si persero in
quei giochi
nuovi per entrambi per un tempo di cui nessuno dei due
riuscì a
tenere il conto, senza lasciarsi un attimo di respiro; sapevano
entrambi che, se si fossero ritrovati a riflettere in un momento morto,
questo li avrebbe condotti a fermarsi. Perciò,
all’insaputa l’uno dell’altro, tutti e
due fecero il
possibile per colmare ogni secondo con carezze eccitanti, baci avidi,
segni di unghie sulla pelle, gemiti soffocati e imprecazioni quando i
canini affondavano troppo nella carne, esplorando una dimensione fisica
dell’altro che non conoscevano, imparando rapidamente i gesti
che
davano maggior piacere, i punti più sensibili. Sirius non
lasciò in pace Remus nemmeno nei secondi che seguirono il
primo
orgasmo; lo costrinse a voltarsi e a piegarsi alla sua voglia, ma
nonostante tutto lui non aprì bocca per protestare a quella
dolorosa forzatura. Mentre Sirius era dentro di lui, finalmente tutto
gli sembrò giusto: aveva cercato di non desiderarlo, ma era
quello che voleva, quello che il suo istinto reclamava a gran voce fin
da quando Sirius l’aveva colto alla sprovvista con quel bacio
un
paio di mesi prima. Quel sentimento smise di colpo di fargli paura per
lasciar posto ad un piacere che mai aveva provato e Remus sorrise
silenziosamente sotto le spinte, perché se era
così
significava che la paura non era abbastanza forte e che non lo era
nemmeno per Sirius, che gli stava strattonando ciocche di capelli con
tutta la forza che aveva.
Non ci furono
più
angosce e timori finché tutto non finì e Remus si
ritrovò raggomitolato su un fianco, con il braccio sinistro
di
Sirius intorno al torace, avvinghiato in una stretta decisa che non
accennava a volerlo liberare.
La sua pelle
scottava e il suo respiro nell’orecchio era profondo, a volte
lievemente spezzato.
A quel punto,
giunta finalmente la calma, Remus ebbe il tempo per riflettere.
Si
domandò che razza di
folli pensieri fossero scattati nel cervello di Padfoot nel momento in
cui aveva deciso di infrangere quel veto che entrambi si erano posti di
comune accordo. Possibile che davvero provasse qualcosa? Che si fosse
reso conto di aver proposto un’assurdità, quando
gli aveva
chiesto di ignorare tutto e restare amici?
O forse era
più
probabile che si fosse sentito solo e abbandonato in un momento
infelice, senza che nessun altro a parte lui l’avesse aiutato
ad
affrontare la morte di suo fratello?
Si disse che era
stupido
rovinare un simile momento di pace con inutili elucubrazioni, ma dopo
svariati tentativi di assopirsi fu costretto ad arrendersi. Il bisogno
di ritrovarsi in solitudine, a riflettere con la sola compagnia di se
stesso, prevalse su tutto.
Si
liberò quindi
dall’abbraccio di Sirius per cominciare a rivestirsi,
cercando di
ignorare il suo sguardo assonnato.
“Scusa
ma si è
fatto tardi, devo andare a fare rapporto a Moody,” gli disse
quindi, inventandosi la prima sciocchezza che gli venne in mente.
Sirius corrugò la fronte con evidente disappunto, poi si
voltò freddamente dall’altra parte.
“Come
desideri. Fatti vivo.”
Remus
annuì,
accorgendosi che il cuore gli batteva pesantemente nel petto. Quando
uscì di casa, lasciò che il vento fresco
del
crepuscolo gli scompigliasse ancora di più i capelli. Dopo
essersi accertato che nessuno lo potesse vedere si pizzicò
una
guancia, per avere la conferma di non trovarsi nel bel mezzo di un
sogno troppo vivido.
In che razza di
disastro si erano cacciati, non riusciva neppure a immaginarlo.
Come
on fallen star, I refuse to let you die.
‘Cause
that’s wrong and I’ve been waiting far too long
It’s
wrong, and I’ve been waiting far too long
For
you to be… be mine.
(Placebo, Centrefolds)
Nota di fine capitolo:
di
norma non è nelle mie corde domandare recensioni, ma devo
ammettere che mi piacerebbe ricevere un po’ di commenti sulla
parte sconcia XD (vabbé, sconcia si fa per dire, visto che
mi
sono attenuta al rating arancione). Ho fatto bene/non ho fatto bene ad
inserirla ora?
È uscita bene o è una schifezza? Ogni commento
sarà prezioso per me, dato che è la prima volta
che mi
cimento con quest’impresa.
Non è
un caso,
comunque, che io abbia fatto tacere a Remus quell’episodio su
Regulus. Tra Sirius e Remus si deve costruire man mano un rapporto in
cui la sincerità fra i due viene sempre meno, fino al punto
che
sospetteranno entrambi che l’altro sia la spia... e in questi
casi si comincia sempre con le piccole bugie, che l’uno crede
innocenti ma che l’altro interpreterà come gravi
omissioni.
Ho un altro appunto da fare riguardo alla storia di Regulus, dato che
qualcuno me l'ha domandato nelle recensioni: Dorcas non ha mai
detto degli Horcrux a nessuno, per il momento, l'ha fatto
soltanto
con Regulus perché ha visto che era solo un ragazzo
cacciatosi
in un pasticcio più grande di lui e ne ha avuto
pietà.
Dorcas, nella mia idea, è un personaggio in cerca di una
vendetta
solitaria, che riguarda soltanto lei e la sua famiglia, per questo si
è tenuta per sé quel ricordo. Nonostante
ciò, il
primo a scoprire qualcosa di concreto è stato proprio
Regulus,
ma non ha avuto né tempo né modo di comunicarlo a
Dorcas:
sia perché era troppo rischioso mettersi in contatto, sia
perché Regulus scopre l'Horcrux e contemporaneamente ci
rimette
le penne. Per questo tutta la storia finisce sepolta con lui e quello
di Dorcas resterà, alla fine, un sospetto senza prove,
perché tutto sommato lei ha soltanto origliato una
conversazione, anche se è convinta che quella sia la vera
essenza di Voldemort, ciò che davvero gli interessa, e per
questo ha voluto mostrarlo a Regulus, che invece credeva di seguire
degli ideali stando al suo servizio.
Secondo ciò che sta nella mia testa, poco prima di morire,
Dorcas accennerà qualcosa
a Silente, insinuando in lui il sospetto (che dovrà pur
essere
nato da qualcosa, non credo che un giorno il buon Albus si sia
svegliato e si sia detto "Oh, cominciamo a fare ricerche difficili e
lunghe anni per vedere se quel vecchio volpone di Voldemort non si
è per caso creato un Horcrux..."). Poi però, come
sappiamo, Dorcas
viene uccisa direttamente da Voldemort e quindi Silente
inizierà
le sue ricerche praticamente dal nulla, finendo con ciò che
avviene in HP6.
Spero
che così sia
più chiaro, mi rendo conto che avrei dovuto specificarlo la
scorsa
volta. Dovrei scrivere uno spin-off su Dorcas, in effetti XD
Continuerò
ad
aggiornare una volta al mese, lo so che è un tempo piuttosto
lungo ma almeno così sono piuttosto sicura di riuscire a
finire
il capitolo e di avere il tempo di riguardarlo con calma. In ogni caso,
lascerò degli aggiornamenti sulla mia pagina autore, se a
qualcuno
possono interessare per sapere a che punto sono.
Un
grazie sincero a chi ha commentato lo scorso capitolo,
ricordandosi dell’esistenza di questa storia. Mi ha
fatto un immenso piacere rileggervi ^_^
A presto!
S.
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