Il
volo della civetta bianca
Capitolo 1
L’inizio
di
una fine
Driiiiiiiiiiiiin.
La
campanella annunciava l’inizio dell’intervallo.
Rachele
aspettò che qualcuno uscisse dalla classe prima di farlo
anche lei. Prese la
solita strada per andare dalla sua amica Daria: fece tutto il corridoio
davanti
a lei e poi salì le scale di un piano. La classe di Daria
era proprio davanti a
lei. La porta era aperta e la
professoressa era già uscita. Rachele entrò in
classe ma la sua amica dentro non
c’era.
<<
E’
già uscita >> le disse una ragazza vicino alla
lavagna.
<<
Dov’è
andata? >> chiese Rachele sorpresa. Daria non si
allontanava mai dalla
classe senza di lei.
<<
Non
lo so. Prova a vedere da Massimo >>
Rachele
annuì e poi si fiondò verso la 3°M, la
classe di Massimo.
Massimo era
il fidanzato di Daria. Occhi azzurri, capelli ricci color oro. Con un
po’ di
muscoli sulle braccia e una tartaruga appena accentuata. Frequentava il
terzo
anno di liceo scientifico e aveva sempre voti alti. Era il tipico
ragazzo della
porta accanto, solo con un abbigliamento casual e molto più
sexy. Quella sua
bellezza era il motivo per cui Rachele non capiva la sua relazione con
Daria.
La sua amica non era... molto bella. Anzi ad esseri sinceri era
alquanto
bruttina. Con quei suoi occhi e capelli marroni e la sua taglia 44 non
era
affatto all’altezza di Massimo. Questo Rachele non glielo
aveva mai detto
perché non voleva ferirla, ma comunque non perdeva occasione
di chiederle come
mai Massimo l’amasse così tanto. Stavano insieme
da quasi un anno,ma si
comportavano ancora come se fosse il primo giorno. Questo faceva
confondere
ancora di più Rachele.
<<
Dove
vai Rachel? >> chiese una voce alle sue spalle che lei riconobbe subito.
Era Massimo.
<<
Non
chiamarmi così Max >> fece lei. Odiava il suo
nome con la pronuncia
inglese, proprio come il ragazzo non sopportava essere chiamato Max,
per questo
si stuzzicavano sempre con quei due nomignoli ogni volta che potevano.
<<
Daria
è con te? >>
chiese lei.
<<
Pensavo
fosse con te >> rispose il ragazzo alzando un
sopracciglio.
Rachele
scosse la testa. “Forse sarà in
palestra” pensò. Fece spallucce a Massimo e poi
si girò verso la palestra. Durante l’intervallo
non si dovrebbe andare lì, ma
dato che non c’erano mai bidelli a controllare che nessuno ci
andasse succedeva
spesso che qualche studente si mettesse sugli spalchi per ripassare la
lezione
in pace, fumare o appartarsi con un altro studente.
Daria era
una ragazza molto solitaria, le piaceva il silenzio e la
tranquillità della palestra
durante l’intervallo, quindi ci andava spesso con Rachele per
stare un po’ in
pace e per poter parlare tranquillamente con l’amica.
Rachele
entrò in palestra di soppiatto facendo molta attenzione a
non farsi vedere. La
palestra era vuota e silenziosa come un cimitero. “Forse si
sarà nascosta negli
spalchi” pensò. Salì le scale per
arrivare in cima per poi vedere meglio da
quell’altezza.
Quello che
vide alla fine della salita non se lo sarebbe mai aspettato. Un corpo
inerme
giaceva sul pavimento. Rachele
si
avvicinò piano. Era una ragazza con il volto coperto da un
quaderno blu. La
maglia della ragazza era intrisa di sangue, non si riusciva neanche a
capire
quale fosse il colore iniziale della maglia. Il pantalone della vittima
era
stracciato sulle cosce e macchiato da un po’ di sangue sulle
caviglie. C’erano
intere ciocche ti capelli scuri
vicino
alla faccia della ragazza. Rachele si inginocchiò vicino al
corpo si fece
coraggio e tolse il quaderno dal volto della vittima. Il suo cuore
mancò un
battito. Daria. Si alzò di scatto, mise una mano davanti
alla bocca, poi la
tolse.
Il grido che
lanciò Rachele fece svegliare i morti dalle viscere della
terra.
***
16 Aprile
2011. Era passata una settimana.
Tra
interrogatori e condoglianze Rachele aveva saltato già una
settimana di scuola,
ancora non era pronta per andarci, era decisa di mancare ancora qualche
giorno.
Il funerale di Daria non era ancora stato fissato, la polizia voleva
fare
ancora qualche accertamento. L’autopsia non rilevò
niente d’importante. Daria
non era stata drogata per essere condotta in palestra. Era morta con
una
semplice pugnalata, che per Rachele tanto semplice non era. Come si
spiegavano
le macchie di sangue sulle caviglie? E le ciocche di capelli sul
pavimento? La
polizia parlava di queste cose solo con la madre e il padre di Daria,
che per
via dello shock erano
diventati talmente
solitari che non
voleva dire niente né
a Rachele, né alla sua famiglia, né a Massimo.
Questo fece una visita di
condoglianze che durò massimo un’ora, i genitori
di Daria sapevano tutto della
relazione delle figlia con Massimo, e lui veniva anche spesso a casa
loro per
qualche cena importante, si conoscevano bene, ma nel giorno di quella
visita
seppero dirsi solo: “Chi mai avrebbe potuto farle
questo?” e “Era una ragazza
straordinaria”.
La visita di
Rachele a Massimo fu ancora più breve: una
mezz’oretta appena, perché Massimo
non aveva voglia di parlare di Daria a Rachele, e lei non voleva
parlare di
come l’aveva trovata. Infatti glielo disse subito:
<<
Non
ho alcuna intenzione di parlare del giorno della sua morte
>> disse
schietta sulla soglia di casa del ragazzo.
Massimo
annuì e la invitò dentro. Le offrì dei
biscotti al cioccolato e un succo di
frutta all’arancia rossa.
Nonostante i
due ragazzi non si sopportassero molto non c’era lo stesso
imbarazzo nell’aria
delle visita di Massimo ai genitori di Daria.
Parlarono
solo esclusivamente di lei. Perché Massimo
percepì che Rachele ne aveva un
disperato bisogno. Infatti era vero. Rachele voleva parlare di Daria
con
qualcuno che la conoscesse veramente, voleva ricordarla anche
attraverso i
ricordi degli altri. In realtà era per questo che era andata
a casa di Massimo.
<<
Era...
>> incominciò Rachele, ma fu interrotta
bruscamente da Massimo.
<<
...una
ragazza stupenda >>
Rachele
sorrise. << Quando era in una stanza non si sentiva la
sua presenza, ma
quando non c’era... >> Massimo la interruppe di
nuovo << ...si
sentiva la sua assenza più di ogni altra cosa
>>
Rachele
avrebbe dovuto sentirsi offesa dalle continue interruzioni del ragazzo,
invece
sorrise nuovamente e continuò il suo elogio.
<< Portava con se un
pezzettino di cuore quando se ne andava. Era una ragazza che si faceva
amare
facilmente. >>
Una lugubre
lacrima rigò il volto di Massimo. <<
Però ritornava sempre. Adesso no.
Lei non ritornerà. >>
disse con un
singhiozzo alla fine << Si è portava via tutto
il mio cuore >>
Rachele era
piena di compassione nei confronti di Massimo. Gli mise una manso su
una spalle
cercando di dargli tutto l’appoggio di cui aveva bisogno.
Avrebbe voluto dire
qualcosa, ma non le vene niente di confortante, solo i ricordi di
Daria, allora
pensò di usare quelli per aiutare il
ragazzo davanti a lei.
<<
Ti
ricordi quando mi fece una torta per il mio compleanno?
>>
Massimo
ridacchiò.
<< Come potrei scordarlo. Ho avuto il mal di pancia per
una settimana! >>
Il resto del
tempo lo passarono così: ricordando gli aneddoti legati a
Daria e al suo
particolare carattere.
***
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