Stelle filanti

di sweet_hyra_97
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Stelle filanti

-Prologo-


La ragazza stava preparando le ultime cose per andarsene per sempre da quell’orfanotrofio che l’aveva ospitata dalla sua nascita: infatti, pochi giorni prima era arrivato un uomo con delle cicatrici in volto, più precisamente sulla guancia destra e sulla fronte, dicendo di essere il padre adottivo. Non si fidava tanto di quell’uomo, ma d’altronde era l’occasione buona per potersi trovare un posto nella società.
Lei si chiamava Irene e a poche settimane avrebbe compiuto diciassette anni; indossava degli occhiali spessi e grossi e aveva dei capelli lunghi e scuri, ma poco curati, perché non le importava tanto dell’aspetto: voleva solo proteggersi dal mondo esterno, e pensava che rendendosi brutta ci sarebbe riuscita.
Cercando nell’armadio le ultime cose, aveva trovato un piccolo coniglietto che le avevano regalato i suoi pochi amici per il suo nono compleanno, e che lei aveva conservato con tanta cura: lo abbracciò come se stesse salutando qualcuno prima di partire e lo mise nella piccola valigia che stava di fronte a lei.
Nonostante tutto, le dispiaceva molto lasciare quel posto che l’aveva vista crescere, e le suore che l’avevano gentilmente accolta quando era solo un piccolo dolce fagotto.
-Irene… Sei pronta? Lucius ha chiamato e ha detto che arriverà a momenti per prenderti: ha detto che vuole trovarti pronta.- disse con voce dolce la suora avvicinandosi lentamente verso la porta.
Senza girarsi, Irene rispose:
-Sì, sono quasi pronta… Se devo essere sincera con lei, però, ho paura di quell’uomo…-
La suora non rispose, ma continuò a guardarla, indaffarata con la valigia che non si chiudeva. Quindi si avvicinò e sussurrò:
-Lascia fare a me.-
E come se avesse fatto qualche magia, riuscì a chiuderla: non si può dire che la ragazza non la guardò stupita.
-Tieni. Adesso sei pronta. E non ti preoccupare, andrà tutto bene.- disse sempre con fare dolce la suora. –Io vado di là.-
Irene rimase di nuovo sola nella sua, ancora per poco, camera. Aprì un cassetto del comodino e ne uscì una specie di agendina, o meglio dire diario: in questo appuntava tutti i suoi pensieri, i suoi sogni e ciò che le succedeva giornalmente.
Lo mise nella borsa che le avevano regalato le suore recentemente e uscì dalle mura che le avevano sempre tenuto compagnia; nei momenti di tristezza erano stati gli unici a vederla piangere, e nei momenti di felicità gli unici a vederla gioire.
Camminando per il corridoio ebbe l’occasione di incontrare per l’ultima volta lo sguardo irato dei propri compagni, gelosi per il fatto che lei stesse andando a vivere in un'altra casa e loro no. Arrivata alla porta, si sedette sugli scalini, in attesa che l’uomo venisse a prenderla e portarla con sé in un mondo tutto nuovo. Stava lasciando alle spalle tutta la sua vita vissuta fino a quel momento, e non sapeva che sarebbe cambiata radicalmente da lì a poco. Una leggera brezza le accarezzava i capelli: chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla tranquillità che regnava in quel momento.
Un’anziana suora la raggiunse, e senza dire niente le si sedette accanto:
-E così te ne vai, eh?-
La ragazza sobbalzò di poco e poi disse con lo sguardo perso nel vuoto:
-Sì…-
All’improvviso si sentì un clacson suonare. Irene sentì il suolo mancare da sotto i suoi piedi: non era poi tanto sicura di voler cambiare le sue abitudini e il suo stile di vita.
Si alzò e salutò la suora, la quale non riusciva più a parlare: le parole le erano morte alla gola, le doleva molto dover salutare una ragazza così tenera e simpatica come lei. Allora si separarono.
Irene si stava dirigendo verso una nuova vita, verso una nuova casa, e quello che la spaventava era che non sapeva dove né perché stesse andando via da lì.
Appena arrivò davanti la portiera della Porsche, l’uomo uscì: le incuteva paura, forse per via delle cicatrici, forse per via della statura, ma fatto sta che non si sentiva a proprio agio; la suora, invece, continuava a guardarla da lontano con gli occhi pieni di lacrime, ma non ne fece cadere nemmeno una.
Egli prese la valigia e la caricò nel cofano di dietro della macchina; dopodiché invitò la ragazza a entrare, e poi entrò lui. Mise in moto e partirono; ci fu un periodo di silenzio che sembrò interminabile, poi l’uomo cominciò a parlare:
-Tu dovresti essere Irene, giusto? Io sono Lucius.-
Lei annuì leggermente; poi posò lo sguardo sull’asfalto, guardandolo come se non avesse mai visto niente di simile, ma d’altro canto era la prima volta che andava in quella città ancora a lei sconosciuta.
-Sei mai stata a Los Angeles?- chiese Lucius, e Irene, per risposta scosse la testa.
-Sei una ragazza di poche parole, eh?- continuò l’uomo, ma lei non rispose.
Dopo pochi minuti la macchina si fermò, e Lucius fece cenno a Irene di scendere; lei rimase pochi istanti a pensare: non credeva che quella sarebbe stata la sua casa per il resto della sua vita…

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Angolo autrice:

Buonasera a tutti ^.^

Come va?

Allora: innanzitutto inizio dicendo che voglio dedicare questa storia a niobe88 sul forum di Efp (onigiri su Efp) perché è grazie a lei che è nata.

Poi finisco dicendo che mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, se è di vostro gradimento o se c’è qualcosa da migliorare. :)

Comunque sia ci vediamo al prossimo capitolo ^.^





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